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III. Il valore educativo del linguaggio musicale

1. La musica come oggetto educativo: un breve excursus storico

1.1. Che cos’è la musica

La musica non è solo un’attività artistica, ma un linguaggio per comunicare che evoca e rinforza le emozioni, e come il linguaggio è uno dei fondamenti di ogni civiltà, tanto che Darwin ne sottolineò l’utilità dal punto di vista evolutivo: secondo lo studioso il canto precede infatti il linguaggio, che si sviluppa a partire dai cosiddetti canti di richiamo, primo dispositivo verbale utilizzato dagli uomini ed emessi dai primi ominidi quando qualcuno si allontanava dal gruppo.

È dall’alba dei tempi che l’uomo “fa musica”, tuttavia a questa lunga convivenza non si accompagna una vera e propria consapevolezza su cosa sia la musica, forse proprio perché ne siamo così tanto circondati da darne per scontato lo statuto.

Giannattasio riflette su come sembri regnare

un’implicita consapevolezza su cosa è o non è musicale, e tale consapevolezza sembra basarsi sull’assunto, sostenuto già quindici secoli fa da Boezio, che “chiunque scenda in se stesso sa di che cosa si tratta”. Forse per questo il termine “musica” è assente, come lemma, dalla maggior parte dei trattati e dizionari musicali. E forse per questo non capita spesso di riflettere sulla varietà di significati che esso assume nel linguaggio corrente […] La mancanza di sinonimi e la conseguente polisemia del termine sono sintomi eloquenti di come la sfera dei comportamenti “musicali” appaia ai più alla stregua di un’unica nebulosa dai contorni incerti, carica di fascino e di misteriose suggestioni per coloro che se ne considerano dei profani e suscettibile di sottili distinguo o di drastiche quanto contestabili delimitazioni da parte di colore che se ne ritengono a vario titolo esperti o iniziati.64

Lo studioso sottolinea come le definizioni più diffuse del concetto di musica, tutte ruotanti intorno al significato di arte di combinare i suoni in modo piacevole e/o secondo regole,

64F.GIANNATTASIO, Il concetto di musica. Contributi e prospettive della ricerca etnomusicologia, La Nuova Italia

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esprimano una concezione colta e troppo specifica di musica, riconducendo questa visione agli inizi del Medioevo, quando il termine musica divenne sinonimo di autonoma scienza dei suoni , e non più la parole con cui si indicava, nell’antica Grecia, l’unione tra musica, poesia e danza, derivata dal vocabolo greco mousikè, cioè «arte delle Muse», le mitiche protettrici delle arti. Tale restrizione di significato ha secondo lui permesso di «circoscrivere e controllare un tipo di comportamento che invece, nella nostra come in tutte le altre culture, è comune a ogni individuo e gruppo sociale, evitando che si sviluppasse una riflessione sulla sua reale natura e riducendo la distinzione tra musicale e non-musicale a considerazioni di

carattere prevalentemente estetico».65 Necessario sarebbe dunque allargare la nostra

visione di cosa sia o non sia musicale e riformulare il concetto di musica, evidenziando come non esista la musica, ma una molteplicità di musiche, di fatti musicali.

Nella raccolta di saggi Il significato della musica Marius Schneider tenta di indagare proprio l’essenza originaria dell’arte musicale e teorizza la priorità del suono nel cosmo, addirittura attribuendogli, rifacendosi alla letteratura cinese, un ruolo cosmogonico: il suono sarebbe infatti la sostanza originaria di tutte le cose e contemporaneamente ciò che ordina e mantiene in armonia il mondo, tanto da avere in tantissimi culture uno stretto legame con la magia.

Quanto più antico è il passato a cui risaliamo nella storia dell’umanità, tanto più vediamo la musica comparire non in forma di divertimento o di manifestazione artistica, ma come elemento legato ai particolari più umili della vita quotidiana o connesso agli sforzi ostinati tesi a stabilire il contatto con un mondo che possiamo chiamare metafisico.

In tali circostanze la musica costituisce un substrato di tanta importanza da essere quasi onnipresente. Si canta durante una discussione, si canta per salutare o ringraziare una persona, si canta anche davanti ai tribunali, per meglio appoggiare la tesi che si difende. Nel culto ogni azione svolta senza musica o senza il concorso della parola sonora permane debole, poiché è al suono che i riti devono la loro efficacia. […] Nella sua essenza metafisica la società umana è una polifonia.66

65 Ivi, p. 41.

66M.SCHNEIDER, Il significato della musica. Simboli, forme, valori del linguaggio musicale, Rusconi, Milano 1996,

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Già da queste riflessioni introduttive si comprende perché nel presente lavoro la musica è accostata alle emozioni: come l’uomo deve imparare ad ascoltare se stesso e la polifonia della propria esperienza emotiva in tutta la sua varietà, così per avere un’esperienza musicale piena è bene aprirsi ad un ascolto umile e obbediente, attento a tutti gli aspetti e non imbrigliato in regole e griglie valutative di tipo estetico. Avere un approccio simile è importante perché aiuta anche a conoscere se stessi, infatti «l’uomo stesso è l’oggetto del proprio ascolto. Ma ciò che conta è il modo in cui si ascolta: se cioè si lascia afferrare da ciò che ascolta, oppure se si lascia soltanto sfiorare da esso. L’ostacolo più grande all’influenza

del ritmo è frapposto dalla nostra mente troppo analitica».67

L’analiticità, la tentazione dell’uomo moderno di spiegare ogni cosa e ridurre tutto a modelli semplificati, sembra essere quindi l’ostacolo condiviso tra musica ed emotività, entrambe minacciate da chi tenta di eliminare i conflitti e le ambiguità che sono loro consustanziali:

In musica però la gioia e il dolore esistono simultaneamente e di conseguenza ci permettono di vivere un senso di armonia. La musica è sempre contrappuntistica, nel senso filosofico della parola. Anche quando è lineare, in essa coesistono sempre elementi opposti, a volte persino in conflitto tra loro. […] In musica, il conflitto, il rifiuto, l’impegno coesistono sempre.

La musica non è separata dal mondo; può aiutarci a dimenticarci di noi e al tempo stesso a capirci. In un dialogo tra due persone si aspetta che l’altro abbia finito di dire quello che ha da dire prima di rispondere o commentare. In musica due voci dialogano simultaneamente, ognuno si esprime nella forma più piena, e al tempo stesso ascolta l’altra. Da ciò nasce la possibilità di imparare non solo la musica ma dalla musica – un impegno che dura una vita. Ai bambini si può insegnare l’ordine e la disciplina attraverso il ritmo. I giovani che conoscono la passione per la prima volta e perdono ogni senso di disciplina possono capire attraverso la musica come passione e disciplina possano coesistere – persino la frase più focosa deve avere alla base un senso dell’ordine. In definitiva, quella che forse è la lezione più difficile per l’uomo – imparare a vivere con disciplina e nondimeno con passione, nella libertà e nondimeno nell’ordine - traspare con chiarezza da ogni singola frase musicale.68

È alla luce di tale modo di intendere la musica ed il suo potere che possiamo parlare di valore educativo del linguaggio musicale e giustificare il senso di questo lavoro.