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II. Emozioni ed educazione

5. La competenza emotiva

La competenza emotiva si rivela quando un bambino cerca conforto nel grembo di un genitore quando viene sorpreso da un estraneo troppo amichevole. Si riflette nella capacità dei bambini di 9 anni di rispondere alle provocazioni di un pari in modo tale da mantenere l’amicizia o comunque sollecitare l’assistenza di altri pari. […] La competenza emotiva si rivela nella capacità di un adolescente di rispondere in maniera appropriata quando apre un regalo che non gli piace. […] La competenza emotiva è, in breve, l’efficacia nel realizzare traguardi adeguati nelle situazioni emotive che ci circondano.60

La competenza emotiva va intesa come l’insieme delle capacità che consentono di riconoscere, comprendere, rispondere coerentemente alle emozioni altrui e di regolare l’espressione delle proprie; tali abilità, che si costituiscono attraverso le relazioni che un individuo in via di sviluppo ha con gli altri, non solo durante la crescita ma durante tutta la sua vita, arricchiscono il senso di autostima e il senso di autoefficacia che deriva dal realizzare i propri traguardi nelle relazioni emozionali; sono costruite sull’auto-comprensione e, per tutto questo, sono un importante contributo al benessere psicologico.

60 R.THOMPSON, Foreword, in C.SAARNI, The Development of Emotional Competence, Guilford Press, New York

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Abbiamo già anticipato come, rispetto al concetto di intelligenza emotiva, il cambiamento stia nel focus d’attenzione: se l’intelligenza emotiva pone il suo interesse sull’individuo e le sue relazioni, la competenza emotiva privilegia l’analisi delle emozioni nel contesto sociale di riferimento e del loro senso morale.

L’autrice principale che ha dedicato attenzione alla definizione della competenza emotiva è

senz’altro Carolyn Saarni61, che la definisce come una risorsa personale la cui efficacia è

influenzata principalmente dalle domande dell’immediato contesto, dal supporto delle relazioni significative e dai valori della cultura, che implica la capacità di recupero e il senso di auto-efficacia, di auto-realizzazione che emerge dall’aver realizzato, in una situazione emozionale coinvolgente, ciò che ci si era proposti di fare. Il significato di tale situazione deriva dal contesto in cui l’individuo è cresciuto: quest’esperienza, quindi, è incarnata nell’esperienza sociale ed emozione, cognizione e contesto sociale s’influenzano a vicenda. Secondo Saarni, partendo da quest’idea di fondo, gli elementi che concorrono alla definizione della competenza emotiva e delle otto abilità su cui essa si basa sono: il senso di Sé, il senso Morale, in accordo con il quale sviluppiamo il nostro agire, e la propria storia evolutiva, che comprende sia gli aspetti cognitivi, legati allo sviluppo ontogenetico dell’individuo, sia gli aspetti sociali e personali, legati alle esperienze che egli ha vissuto durante la propria vita. Poiché la competenza emotiva è l’insieme di quelle capacità e abilità legate all’emozione di cui un individuo ha bisogno per affrontare le richieste di un ambiente che cambia, per poter emergere come meglio adattato e più fiducioso nei confronti di se stesso e degli altri, pur identificando l’autrice otto abilità di cui l’individuo ha bisogno per essere emotivamente competente, poiché esse si sviluppano in un sistema dinamico ed

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integrato esse non sono necessariamente esaustive, ma potrebbero, al variare del contesto, subentrarne altre.

Le otto abilità finora individuate, che hanno notevoli affinità con quelle già viste nelle due teorizzazioni di Salovey e Mayer e di Goleman, sono:

1) Consapevolezza delle proprie emozioni: include la possibilità che si stiano provando molteplici emozioni, e a un livello più elevato, la consapevolezza che si possa non essere consapevoli dei propri sentimenti a causa di meccanismi inconsci di disattenzione selettiva. È la competenza base perché riconoscere ciò che si prova significa riconoscere il significato di un evento.

2) Abilità di distinguere (e comprendere) le emozioni degli altri: utilizzando indicazioni situazionali e stimoli espressivi che godono in certa misura di consenso culturale circa il loro significato emotivo si può comprendere cosa provano gli altri, in congiunzione però con la consapevolezza dei nostri sentimenti, con la nostra capacità di essere empatici e con l’abilità di capire le cause delle emozioni e le conseguenti reazioni comportamentali.

3) Abilità di utilizzare il “vocabolario” emotivo: è l’abilità di saper usare le espressioni verbali comunemente disponibili nella propria cultura e, a un livello più elevato, di saper acquisire script culturali che collegano le emozioni con i ruoli sociali ed aiutano a comunicare le proprie esperienze emozionali agli altri attraverso lo spazio e il tempo. Inoltre, aver accesso alle rappresentazioni delle nostre esperienze emozionali permette di elaborarle, integrarle con il contesto e compararle con altre rappresentazioni.

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4) Capacità di coinvolgimento empatico: in termini di competenza emotiva, la responsabilità empatica può essere una delle componenti più significative per promuovere legami sociali tra le persone e per incoraggiare comportamenti pro-sociali. È presente precocemente nel bambino e consiste nella capacità di riconoscere e produrre segnali emotivi per contagio. Senza empatia una persona potrebbe dimostrare tutte le altre abilità della competenza emotiva, ma in un modo socio-patico, poiché essa è fondamentale per metterci in relazione con gli altri.

5) Abilità di differenziare esperienze emozionali soggettive interne dall’espressione

emozionale esterna: è la capacità di realizzare che stati emozionali interni non

necessariamente corrispondono all’espressione visibile, sia per sé che per gli altri, e, ad un livello superiore, l’abilità di capire che il comportamento espressivo può avere un impatto su un’altra persona e che quindi se ne può tener conto per quanto riguarda le strategie di auto- presentazione. Essere in grado di separare la nostra esperienza emozionale soggettiva dal comportamento espressivo osservabile, facilita la competenza emotiva quando essa è intesa come una strategia che permette di raggiungere i propri obiettivi interpersonali e emozionali in maniera più efficace.

6) Capacità di far fronte alle emozioni a valenza negativa e alle circostanze stressanti: è la capacità di utilizzare delle strategie di auto-regolazione che intervengono sull’intensità o sulla durata temporale di alcuni stati emozionali. Più va crescendo la capacità di auto- riflessione, dai bambini, agli adolescenti, agli adulti, più probabilmente le strategie per far fronte alle situazioni includeranno più livelli, e terranno da conto più variabili e più prospettive.

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7) Consapevolezza del ruolo della comunicazione emotiva nelle relazioni: la consapevolezza che la struttura e la natura delle relazioni è in larga misura definita dal modo con cui le emozioni sono comunicate all’interno della relazione, così come dal grado d’immediatezza emotiva o genuinità dell’espressione e dal grado di reciprocità emotiva o di simmetria nelle relazioni.

8) Autoefficacia emotiva: significa che l’individuo accetta le proprie esperienze emotive, sia che siano uniche ed eccentriche sia che siano culturalmente convenzionali, e questa accettazione è un allineamento con le credenze del soggetto circa ciò che costituisce un desiderabile “equilibrio” emozionale. Un individuo vive in accordo con le proprie personali teorie delle emozioni quando dimostra auto-efficacia emotiva e quando è in accordo con il proprio senso morale. Quest’ultima competenza ci riporta al sé: l’auto-efficacia emotiva si riferisce al proprio modo di vedersi come capaci di provare ciò che si vuole provare, implica quindi la conoscenza di Sé e la disponibilità a “guardarsi dentro”.

Gli effetti della competenza emozionale possono essere visti nell’abilità di gestire le proprie emozioni, sentendosi generalmente più padroni dei propri sentimenti:la competenza emotiva quindi è un costrutto utile ed efficiente su cui appoggiarsi per progettare un intervento educativo che voglia potenziare le abilità dell’individuo in campo emozionale e di conseguenza nelle sfere che da questo sono influenzate, ovvero il benessere socio-psico- fisico, le relazioni sociali, la realizzazione in generale di un proprio progetto esistenziale che miri a realizzare un proprio equilibrio nella vita. È un concetto più comprensivo dell’Intelligenza Emotiva proprio perché è orientato anche ad osservare l’importanza delle relazioni dell’individuo con l’ambiente, dell’individuo con gli altri e le conseguenze che tali

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interazioni hanno sull’individuo stesso, sul suo concetto di Sé, sul suo senso morale e sul suo senso di autoefficacia.

L’introduzione di questo concetto ci permette di riunire in chiave unitaria tutti quei suggerimenti per una buona educazione emotiva che abbiamo affrontato nei paragrafi precedenti, perché le otto abilità individuate da Saarni ripropongono tutti quei temi che abbiamo messo al centro di un’adeguata educazione emotiva, come l’individuazione e l’accettazione del proprio vissuto emotivo e di quello altrui e l’importanza della comunicazione e della regolazione emotiva.

Le riflessioni sviluppate sinora ci hanno permesso di approfondire il ruolo della nostra mente emozionale e contemporaneamente di sottolineare quanto importante sia padroneggiare i nostri vissuti emotivi, senza la pretesa di annullarli e senza il rischio di diventarne schiavi, ma con la consapevolezza che le emozioni possono essere modulate, come afferma Anna Gorrese, sulla base del vissuto soggettivo e della dimensione sociale e culturale, al fine del benessere psichico e relazionale:

Nulla sembra più spontaneo e immediato del “sentire un’emozione”. Provare gioia, avere paura o andare in collera hanno un impatto diretto sia sulla nostra mente sia sul nostro corpo. Le emozioni sembrano possederci;frasi del tipo: «Sono pazzo di gioia» o «sono fuori di me dalla rabbia» mostrano come ogni nostro pensiero, ogni nostro gesto ne siano intrisi.

Padroneggiarle risulta pertanto un’impresa ardua. Eppure altre espressioni del linguaggio comune, come «far sbollire la rabbia», segnalano che è possibile, e il più delle volte, auspicabile fronteggiare o meglio, “modulare” le emozioni, incanalandole in attività e comportamenti volti a salvaguardare il benessere psichico dell’individuo. Se modulate, le emozioni possono trasformarsi in strutture di conoscenza. […] In questo processo, ad essere coinvolta è anche la dimensione sociale e culturale dell’evento emotigeno, nonché le attribuzioni inconsce e il vissuto soggettivo dell’individuo, inerente sia la memoria delle esperienze passate sia le attese per il futuro.

Elementi colti dal mondo esterno, dal mondo «viscerale» e dal mondo interno, in base al proprio modo di sentire, che peraltro non rimane fisso e immutabile, si combinano tra loro, configurando il fenomeno emozionale come una «variabile» di natura dinamica e relazionale.62

62F.O

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Nella seconda parte del presente lavoro cercheremo di analizzare la stretta relazione tra emozioni e musica, dimostrando come, sulla base di essa, sia possibile delineare percorsi di educazione all’emozionalità che vedono la musica come protagonista.

Le parole di Maria Antonella Galanti possono aiutarci a comprenderne il perché:

La musica ha un valore educativo unico, nella pedagogia delle emozioni, proprio perché porta con sé e rappresenta tutti i nostri volti: quello animale e quello spirituale, quello contemplativo e quello cinetico, quello astratto e quello sensoriale e percettivo e, infine, quello razionale- riflessivo e quello emozionale-sentimentale.

È attraverso la musica che possiamo comprendere come quando si esce dal regno della pura logica e si entra in quello analogico degli affetti e delle emozioni tutto sia collegato e perciò ambivalente. Sono collegati il suono e la pausa, come nel respiro l'atto dell'inspirare e quello del restituire espirando. Sono collegati il pieno e il vuoto, l'armonia e la disarmonia, il ritmo e la melodia. Viviamo in un'epoca di analfabetismo emozionale, essendo sospinti a considerare in maniera settaria e manichea emozioni e affetti anziché a imparare a leggerli nella loro ambivalenza creativa, a cercare il bello nascosto in ciò che appare brutto o a vedere anche le ombre e il lato meno nobile in ciò che ci viene invece presentato come uno sbrilluccicante e attraente luna park. La musica ci insegna la bellezza del dialogo tra voci diverse, del contrasto che può essere declinato anche in maniera armonica e diventa germe di creatività. Attraverso una pedagogia delle emozioni che se ne sappia ben servire possiamo tentare di sostituire, al vociare disordinato e assordante cui siamo soggetti, l'affascinante bellezza della polifonia.63

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