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III. Il valore educativo del linguaggio musicale

3. Il legame tra mente e musica

Nel paragrafo precedente, parlando dell’universo sonoro dei bambini, abbiamo già introdotto il tema del legame sussistente tra mente e musica, ipotizzando anche che sia uno dei meccanismi che sta alla base del legame tra musica ed emozioni:

La capacità della musicadi emozionare e far muovere avrebbe quindi la sua origine primitiva insistemi del tronco encefalico che si sono evoluti per permettere all’organismodi reagire ai rumori forti, improvvisi e di bassa frequenza[…]. Il dato importante che si ricava dagli studi sui primati non umani ealtre specie di mammiferi è che, nonostante le similitudini nell’organizzazioneneurale per la percezione dei suoni, il godimento della musica inquanto oggetto estetico sembra essere una caratteristica esclusivamenteumana. Tale specificità sembra dipendere dalla capacità di trattare strutturesintattiche gerarchiche e ricorsive, come quelle musicali e linguistiche, oltre che dalla maggiore capacità temporale della memoria a brevetermine umana (Scott, Mishkin e Yin 2012). Alcune specie di primati anoi vicine, come tamarini e uistitì, preferiscono il silenzio alla musica,e benché in grado di percepire la differenza fra intervalli consonanti edissonanti, non mostrano alcuna preferenza per gli intervalli consonanti.86

La percezione e l’elaborazione della musica da parte del cervello e, in generale, le correlazioni neurali con la musica rappresentano un campo di ricerca di grande interesse e importanza nell’ambito delle scienze cognitive, come dimostrano le pubblicazioni specializzate dedicate all’argomento, uscite a partire dai primi anni del ventunesimo secolo.

È noto, grazie agli studi effettuati con la fMRI,87che negli adulti la percezione e

l’elaborazione della musica avvengono attraverso sistemi neurali complessi, in maniera predominante a livello dell’emisfero destro, specializzato in funzioni che permettono di decodificare i toni, il timbro, la melodia, l’armonia, la struttura e il significato della musica.

86 M.C.SACCUMAN,G.ANDREOLLI, Tra cultura e biologia, cit., pp. 440-441.

87 La Risonanza magnetica funzionale (fMRI): essa permette di registrare l’attività del sistema nervoso centrale,

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Questi sistemi neurali specializzati comprendono non solo le aree uditive primarie, ma anche

quelle secondarie, di più alto livello integrativo, nel lobo temporale, parietale e frontale.88

La musica è quindi uno stimolo uditivo articolato in maniera complessa, poiché molti processi percettivi si svolgono contemporaneamente in diverse aree cerebrali, ed è psicologicamente olistica nel senso che coinvolge tutto il cervello in quanto le sue differenti componenti sono processate attraverso circuiti diversi.

Come abbiamo anticipato,si suppone che sia l’emisfero destro quello che in un primo momento riconosce/capta la melodia nel suo complesso; tuttavia è poi l’emisfero sinistro che esegue un’analisi più precisa: non a caso negli ascoltatori inesperti l'ascolto della musica attiva la parte destra del cervello,quella più intuitiva, mentre nei musicisti si attiva la parte più razionale,cioè quella sinistra.

È stato inoltre dimostrato che a tipologie di musica diverse corrispondono reazioni diverse: ascoltando musiche allegre o sentimentali, esaltanti o rilassanti, otteniamo modifiche del sistema nervoso vegetativo che regola la pressione arteriosa,il ritmo cardiaco, la respirazione, la sudorazione e altre reazioni fisiologiche; altri tipi di musica possono, invece, provocare soprattutto risposte respiratorie o cardiovascolari: il respiro rallenta e il cuore riduce la sua frequenza. Brani musicali come i ballabili o le marce per orchestra provocano risposte soprattutto di tipo motorio, portandoci, quasi nostro malgrado, a segnare il tempo con il piede o con l'oscillazione delle spalle.

La musica induce quindi reazioni del sistema vegetativo,variazioni del ritmo cardiaco e del respiro, ma anche motivazioni al movimento, proprio come le emozioni: è sempre l’amigdala infatti ad attribuire il significato emozionale degli stimoli.

88 Per le informazioni riportate nel seguente paragrafo si fa principalmente riferimento a E. GRANIERI,

Fondamenti neuro scientifici della musicoterapia, reperibile in:http://www.unife.it/dipartimento/medico- chirurgiche/sezioni/neurologia/allegati/Cervello%20e%20Musica-%20Pavia-%2023%20marzo%20%202012.pdf

e alla voce “Musica e cervello” dell’Enciclopedia Treccani:http://www.treccani.it/enciclopedia/musica-e- cervello_%28Dizionario-di-Medicina%29/.

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Un quesito d’estremo interesse per le neuroscienze è se esista una predisposizione neurobiologica, evolutasi con la specie umana, che ha permesso la produzione e la comprensione della musica, o se invece tutto ciò sia il risultato culturale dell’esposizione alla musica, come avviene nella vita delle singole persone, dall’infanzia in poi, fino agli alti livelli d’esperienza che riguardano i musicisti.

Abbiamo già visto come una risposta a tale quesito è facilmente resa disponibile da studi condotti sui neonati: utilizzando la fMRI durante la presentazione di brani di musica occidentale, si è indagato l’attività del cervello dei neonati con poche ore di vita e una conseguente esperienza uditiva ancora minima o nulla. L’esperimento ha dimostrato che la musica di Mozart, Schubert, Chopin, attiva un circuito a livello dell’emisfero destro come negli adulti esposti da tempo alla musica, evidenziando che già alla nascita sono presenti un’architettura neurale e una specializzazione emisferica destra per l’elaborazione di processi musicali: la musica richiede sistemi neurali complessi per essere elaborata nel cervello umano, e questa possibilità esiste già alla nascita, quale risultato della nostra evoluzione. Questa è una caratteristica che la musica condivide con il linguaggio e con l’emotività, anch’essa legata a primordiali meccanismi di sopravvivenza e da sempre presente come nostra caratteristica fisiologica.

Certo è che la capacità di ascolto può essere migliorata, infatti studi di neurofisiologia hanno dimostrato l’esistenza di una specializzazione cerebrale nei musicisti: le risposte elettriche cerebrali alla presentazione di stimoli musicali sono più ampie rispetto a quelle dei non musicisti, e ciò avviene anche nel caso in cui siano presenti irregolarità musicali (dissonanze, alterazioni, violazioni di accordi), se pur complesse e difficili da percepire; nei musicisti esperti, la fMRI ha dimostrato che l’elaborazione delle musica coinvolge, oltre ai sistemi dell’emisfero destro, anche altri a livello dell’emisfero sinistro, legati a capacità più estese.

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Un altro aspetto interessante riguarda la stretta correlazione con il sistema sensorimotorio: l’attivazione di questo è sempre presente nei musicisti anche durante il semplice ascolto di brani musicali, in quanto nel loro bagaglio di esperienze racchiudono anche quelle motorie, riguardanti la padronanza nell’uso di uno strumento musicale, tanto che si sono evidenziate modifiche plastiche del cervello, legate all’esposizione alla musica e all’utilizzo di strumenti, rappresentate da incrementi del volume della sostanza grigia dovuti a una maggiore connettività a livello delle aree uditive e motorie.

La musica avrebbe perciò caratteristiche proprie che la distinguono, quanto alla sfera cognitiva e a quella delle emozioni, anche dalle altre attività artistiche, rispetto alle quali impegna in modo coordinato funzioni percettive e motorie.

Robert Zatorre, uno dei fondatori del canadese laboratorio di ricerca Brain, Music and

Sound, ha studiato i meccanismi neuronali di percezione musicale: sappiamo che dal

momento della loro percezione da parte dell'udito, i suoni vengono trasmessi al tronco cerebrale prima e alla corteccia uditiva primaria poi; gli impulsi viaggiano quindi in reti cerebrali importanti per percepire la musica e per immagazzinare quella già ascoltata. Quello che Zatorre sottolinea è che la risposta cerebrale ai suoni è condizionata dai suoi uditi in passato, in quanto nel cervello sono contenuti i dati relativi a tutte le melodie: esistono infatti nella corteccia cerebrale circuiti che percepiscono, codificano, immagazzinano e costruiscono gli schemi astratti che rappresentano le regolarità estratte dalle nostre esperienze musicali anteriori.

La costruzione di aspettative e la sua possibile violazione è la chiave per una risposta emotiva, così come, parlando di emozioni, avevamo visto che sono gli stimoli desueti, interpretati come possibili pericoli, ad innescare elementari meccanismi emotivi come ad esempio la paura.

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Questa capacità di stimolazione neurologica della musica è sfruttata, ad esempio, dalla musicoterapia

La musicoterapia si rivela particolarmente utile nel caso di pazienti affetti da disturbi motori o da demenza e di bambini con capacità speciali: dal momento che attiva quasi tutte le regioni del cervello, la musica serve soprattutto per recuperare attività linguistiche e motrici. Quando si fa o si ascolta musica si mettono in azione regioni del cervello coinvolte nelle emozioni, nella conoscenza e nel movimento. La musicoterapia favorisce la neuro-plasticità, compensando così i deficit delle regioni cerebrali danneggiate. In generale, la cosiddetta arte delle Muse incoraggia le persone a muoversi, induce stati d'animo positivi e aumenta l'eccitazione, tutte cose che possono condurre il paziente alla riabilitazione.89

Nel presente capitolo abbiamo cercato, per sommi capi, di ripercorrere le prospettive teoriche che ci permettono di parlare della musica come di un oggetto con qualità emotive, pedagogiche e terapeutiche, che può aiutare il singolo in percorso di riscoperta ed accettazione di se stesso e degli altri.

Ci soffermeremo ora, nel capitolo che segue, sui risvolti pratici di tali caratteristiche della musica, approfondendo il rapporto tra musica ed emozioni e riportando alcuni esempi di come essa sia stata utilizzata come strumento pedagogico in una prospettiva di educazione all’emotività.

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