• Non ci sono risultati.

2. Le teorie sulle emozion

2.4. Le teorie psico-evoluzionistiche

Charles Darwin, biologo e naturalista britannico, è riuscito a raccogliere una serie di materiali fotografici e video-filmati nel suo famoso scritto “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” del 1872, che hanno permesso di confermare le tesi dello studioso, riguardo l’universalità delle emozioni. Sono state identificate dallo studioso otto emozioni

37

fondamentali quali felicità, sorpresa, imbarazzo, collera, paura, tristezza, disgusto e disprezzo, considerate di base o naturali e comunicate con espressioni facciali comuni a tutti gli individui, con lievi sfumature causate da fattori culturali; a teli emozioni di base si accompagnano quelle sociali o complesse, con caratteristiche diverse nelle diverse civiltà perché culturalmente determinate.

Lo studioso, individua cinque principi che definiscono e caratterizzano le emozioni:

– le emozioni giocano un ruolo cruciale nell’evoluzione della coscienza, influenzando l’emergere dei più alti livelli di cognizione durante lo sviluppo ontogenetico e determinando in larga parte il contenuto dell’attività mentale nel corso della vita;

– gli stati emotivi agiscono sia da causa scatenante del comportamento diretto a uno scopo, sia da processi concomitanti a esso: le emozioni costituiscono la principale componente motivazionale delle operazioni mentali e del comportamento manifesto;

– le emozioni di base aiutano a organizzare e a motivare azioni critiche per il benessere dell’individuo, permettendo un adattamento positivo alle variazioni ambientali contingenti. – i sistemi neurali coinvolti nel processo emotivo cooperano in modo dinamico generando e monitorando i pensieri e le azioni: tali interazioni dinamiche possono originare innumerevoli esperienze emotive;

– l’emozione che si manifesta in un dato momento dipende dall’interazione tra aspetto cognitivo, abilità comportamentali, sociali e cognitive dell’individuo.

Lo studio delle scimmie antropoidi condotto da Darwin sfata la certezza che le scimmie siano dotate di muscoli speciali utilizzati unicamente per esibire le loro smorfie: non è vero che le loro espressioni facciali non esprimono emozioni, anzi, utilizzano il loro viso per manifestare ciò che provano e questa tesi viene giustificata dalle ricerche condotte da Darwin accertando

38

che a tutti oa quasi tutti i muscoli facciali vengono attribuite funzioni specifiche, indipendentemente dall'espressione.

Darwin fece uno studio molto attento sulle espressioni facciali e corporali di diverse etnie e animali; il materiale raccolto permise al biologo di comprendere che l'espressione delle emozioni sottendono l'utilizzo di movimenti o cambiamenti di qualsiasi parte del corpo, ad esempio: alzare le spalle nell'uomo, dilatare i vasi capillari della pelle, lo scodinzolare del cane, il movimento delle orecchie all'indietro nel cavallo.

Secondo lo studioso, come abbiamo già visto, ci sono tre fondamentali principi che spiegano la maggior parte delle espressioni e dei gesti utilizzati involontariamente dall'uomo grazie all'influenza delle varie emozioni e sensazioni: il principio delle abitudini associate utili; il principio dell’antitesi; il principio degli atti determinati dalla costituzione del sistema nervoso.

Riassumendo possiamo dire che ogni volta che il sistema cerebro-spinale è stimolato si genera e si libera energia nervosa: la direzione che prenderà questa energia è determinata dalle vie che collegano le cellule nervose fra loro e queste con le varie parti del corpo; ma la direzione che prenderà questa energia dipende anche dall'abitudine, che esercita una grande influenza poiché creando una abitudine comportamentale si avrà maggiore probabilità che l'energia possa passare attraverso quel canale.

Il passaggio a una comprensione psicologica delle emozioni avvenne attorno agli anni Sessanta, a partire dai lavori di Robert Plutchike James Tomkins, che rifacendosi direttamente alla teoria evoluzionistica di Darwin, teorizzarono una stretta associazione tra le emozioni e la realizzazione di scopi universali, connessi con la sopravvivenza della specie e dell’individuo.

Questa posizione, sostenuta, fra gli altri, da Paul Ekman, Carroll Izard e Jaak Panksepp, asserisce che ogni emozione «di base» sia regolata da uno specifico «programma affettivo» nervoso,

39

evolutosi nel tempo per consentire alla nostra specie un adattamento efficace al proprio habitat. Siffatto programma «scatta» nel momento in cui l’individuo, di fronte a un certo evento, lo sente come rilevante per raggiungere uno degli scopi essenziali per la condotta umana (sopravvivenza in caso di minaccia, attrazione per un potenziale partner sessuale, protezione, esplorazione delle novità ecc.). Sono scopi specie-specifici, universali e invarianti fra gli individui. Nelle condizioni standard, una volta che il programma è avviato, si svolge in modo sequenziale e automatico, dando origine a specifiche espressioni motorie, comportamenti ed esperienze emotive.36

Sei sono le emozioni di base o primarie (collera, disgusto, paura, gioia, tristezza e sorpresa) individuate da tale prospettiva, da intendersi come processi unitari e precodificati, che si svolgono in modo automatico: per questo possiamo definire categoriale tale concezione delle emozioni; ad esse si accompagnano le cosiddette emozioni miste o secondarie, intese come una sorta di miscela e di composizione delle diverse emozioni di base (teoria della tavolozza).

Partendo da tali premesse, Ekman considera le espressioni facciali delle emozioni primarie come universali, in quanto configurazioni distinte del sistema nervoso autonomo,così come sarebbero secondo lui comuni a tutti gli essere umani gli antecedenti sottesi all’attivazione delle emozioni; le emozioni avrebbero un’insorgenza rapida e una durata breve e sarebbero accadimenti involontari e automatici, non richiesti, che capitano nella vita di un individuo ma che non possono essere scelti.

Tale concezione categoriale delle emozioni ha ricevuto aspre critiche da parte di numerosi studiosi che la reputano acontestuale, poiché privilegiando gli aspetti biologici ed evoluzionistici ignora la rilevanza degli indizi del contesto immediato e degli aspetti culturali.