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CAPITOLO 1 I MASS MEDIA

4. LA COSTRUZIONE SOCIALE DEI MEDIA

A partire dalla fine degli anni Novanta in piena guerra fredda sullo scenario del mondo occidentale inizia a farsi largo un progressivo senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni politiche. In Italia ricordiamo fenomeni legati a tangentopoli e alla fine della prima repubblica. Il patto sociale non è più in grado di rappresentare in modo soddisfacente le esigenze e aspettative dei cittadini. La popolazione ormai disillusa dalle molteplici promesse della classe dirigente decide di riappropriarsi del proprio territorio, di unirsi per realizzare un progetto di convivenza condiviso. E’ in questi anni che si diffondono i concetti di cittadinanza attiva, di buone pratiche e che fiorisce una militanza associazionistica. A seguito di questa crisi di fiducia i media assumono un potere maggiore in quanto, mediante il loro utilizzo e le informazioni condivise con i cittadini, si è giunti a esprimere la necessità di rivedere i criteri di delega affidati ai rappresentanti politici e a riprendere posizione come individui attivi che desiderano staccarsi dal modello presente nella scena pubblica. Le informazioni giunte dai media hanno sollevato la coscienza civica dei cittadini e accelerato un processo di declino nella amministrazione del bene comune.

Secondo Livolsi (2000) la costruzione della realtà da parte dell’uomo contemporaneo è imperniata dagli stimoli prodotti dal mercato dei media. L’uomo post-moderno incontra i mezzi di comunicazione di massa fin dall’infanzia perchè essi sono integrati nel sistema relazionale, condividono gli spazi di privatezza delle

nostre case, i momenti di studio e informazione, i momenti di svago. Le immagini simboliche come la televisione come primaria agenzia di comunicazione della nostra società permettono, nel corso della crescita individuale e sociale, di affidare a dei modelli che plasticamente integriamo con le esperienze dirette di vita sociale. Nelle interazioni interpersonali si attingono immagini e schemi introiettati in seguito alla reiterazione del messaggio comunicato dai media. La legittimazione che viene affidata ai media favorisce il processo di pervasività e coesione nella costruzione dei nostri modelli esplicativi del mondo. Blumler e Guervitch (1990) sostennero, che le immagini simboliche offerte dai media mediante il ricorso di narrazioni basate sulla tipizzazione di alcuni ruoli e personaggi abbiano aderenza con le immagini del mondo delineate dal comportamento sociale degli individui. Una sorta di interdipendenza in cui i due agenti, ovvero i media e gli individui, co-costruiscono un mondo in cui agire e determinare cambiamenti. “La formazione della realtà è un processo complesso ed i relativi modelli devono essere in grado di rappresentare tale complessità” (Slader-Elliott, 1982, p. 79). Considerata la loro rilevanza nella determinazione di schemi generativi di realtà è importante osservare il potere esercitato dai mezzi di comunicazione di massa e i messaggi emessi per poter comprendere l’evoluzione e le tendenze dei nuovi assetti sociali. La tensione tra i saperi generati dall’interazione diretta e quelli sorti dal contatto informativo, educativo e di piacere effettuato mediante l’utilizzo dei mass media permettono di stabilizzare schemi interpretativi e al medesimo tempo di creare contesti fertili per dei potenziali cambiamenti. I mezzi di

comunicazione di massa si configurano come elementi in grado di fornire una narrazione centralizzata in grado di produrre in serie immagini che costituiscono la principale componente dell’ambiente simbolico comune (Tessarolo, 2005). L’informazione fornita dai massa media si struttura mediante processi di assimilazione e accomodamento (Piaget, 1958) e l’azione giornalistica di ricostruzione e presentazione dei fatti viene percepita come una “rappresentazione legittima dei fatti” (Tessarolo, 2005, p. 40). E’ proprio sul tema della legittimazione che ruotano tutti i dibatti inerenti all’eccessiva spettacolarizzazione o sull’obiettività dell’informazione. Il giornalista seleziona una porzione di realtà che rielabora narrativamente fino a tradurla in un prodotto distribuito al pubblico egli indica una chiave di lettura degli eventi.

L’informazione è una forma di narrazione che si caratterizza per la sua tensione alla verosimiglianza, si strutturano racconti espressi sotto forma di report che riferiscono di un evento che è accettata dal pubblico secondo criteri di convenzione e di necessità più che di veridica empirica e scrupolosità logica (Ammaniti, Stern, 1991). Il processo di co-costruzione della realtà che avviene mediante il dialogo tra i media e gli individui, oltre che sul processo di legittimazione si regge sulla plasticità dell’identificazione e della proiezione. Sorrentino (2002) osserva che seppur gran parte dell’opinione pubblica creda che il giornalismo rispecchi, o dovrebbe rispecchiare, concretamente la realtà, tale dinamica di trasposizione dal reale alla narrazione non può essere attuata in quanto non esiste alcun atto comunicativo in grado di fare ciò.

Ogni atto comunicativo si colloca in un tempo e in uno spazio, il processo di informazione come ogni atto comunicativo è una ricostruzione dei fatti che si costituisce dall’interazione fra il sistema culturale e l’integrazione socio-culturale (Archer, 1988). Con il termine “sistema culturale” ci si riferisce ai valori e alle attribuzioni condivise dai membri di una comunità mentre con integrazione socio-culturale si intendono le pratiche sociali mediate dalle condizioni materiali e istituzionali. Il “quarto potere” in qualità di prodotto culturale si pone come mediatore tra le risorse, ovvero i fatti e il contesto sociale di riferimento. Esso rappresenta una forma di conoscenza della società, “è una realizzazione nel doppio senso della parola, nel senso della percezione della realtà sociale oggettivata, e nel senso dell’interrotta produzione di questa realtà” (Berger, Luckmann, 1969, p. 104) Una dimensione conoscitiva a cui non può prescindere l’uomo occidentale che vive nel tempo della postmodernità. I giornalisti si collocano in una posizione di mediatori tra gli individui e le porzioni di mondo riportate nei loro report narrativi. “Quanto è più forte la fede nell’informazione tanto è più dogmatico il ritorno al mito. I deficit razionali vengono sempre soddisfatti emotivamente e, in uno spettacolo, non si colgono più confini tra comprensione fruizione e tra funzione sociale e immaginazione” (Tessarolo 2005, p.41). L’immaginario collettivo si crea a partire dal consolidarsi dei fatti mediante resoconti giornalistici degli schemi di attribuzione che gli permettono di osservare e agire nel mondo. Il giornalismo diviene, secondo questi assunti, un prodotto culturale che ristruttura la realtà sulla base di una transazione continua e circolare tra i vari agenti che in modo diverso

contribuiscono al medesimo tempo sia a produrre sapere che a rielaborare gli eventi narrati, la costruzione del sapere diviene una produzione dai confini di tangibilità cangiante. La narrazione dei fatti rappresenta un patrimonio di risorse simboliche a cui attingere per poter elaborare nuovi schemi di attribuzione dell’agire. Hawkins e Pingree (1983) hanno individuato cinque livelli di analisi per comprendere la relazioni tra i media e il loro effetti diretti e indiretti e l’azione esercitata dalle Istituzioni tradizionali:

- Competenze

- Consapevolezza critica

- Esperienza diretta o altre fonti informative - Influenze di tipo socio strutturale

- Processo di coltivazione legato a contenuti specifici

Questo sistema tassonomico permette, ai due studiosi, di affermare che anche una visione passiva può produrre effetti nella costruzione della realtà e che talvolta la visione attiva può inibire l’influenza. “L’ipotesi sostenuta è che i processi quanto le esperienze non saranno mai completamente svincolate rispetto a quelle degli “inclusi” e che “l’esclusione da” […], gioca comunque un ruolo diverso dalla competa assenza” (Ionnne, 2007, p. 64)

McGuire e Gilbert (1986), rilevarono che un americano occupa il 20% del tempo di veglia davanti alla televisione, questo implica che al suo tempo di relazione sociale che di certo non copre il 100% dello stadio di veglia sottraiamo il 20% il soggetto limita in modo sensibile le proprie interazioni dirette e maggiormente costruisce sistemi di costruzione del monde sulla base di modelli

proposti dai media. E’ plausibile ritenere che gran parte del processo di costruzione del sapere su larga scala del soggetto su temi quali l’economia, la politica, lo sport e la cultura sia veicolato dai media risulta interessante osservare quanto e quali siano i principali ricordi dei soggetti nell’accostarsi agli organi di informazione. Secondo alcune ricerche realizzate da Arcuri e alla fine degli anni Novanta il ricordo dei soggetti delle news risulta essere debole sia da un punto di vista quantitativo che di estensione temporale. Il nostro ricordo delle notizie si condensa in una piccola porzione rispetto alla stimolazione a cui siamo stato esposti. Stern nel 1971 osservò il ricordo dei soggetti che avevano seguito un telegiornale e ben il 51% dei soggetti intervistati non fu in grado di ricordare neanche una notizia di quelle esposte. La percentuale media del ricordo sull’intero campione fu del 6%, ciò significa che solo una notizia su 17, che in media componevano la trasmissione del telegiornale, veniva ricordata. Si constatò anche l’effetto montaggio ovvero la capacità di ricostruire una narrazione comprensiva di elementi appartenenti a eventi diversi. Ancor più limitato e la ricostruzione fedele delle notizie qualora il soggetto visioni il telegiornale in un ambiente naturale in cui l’esposizione è caratterizzata da diversi elementi di disturbo. Sparkes e Winter (1980) hanno constatato che il ricordo nei soggetti si concentra maggiormente sulle notizie di carattere internazionale rispetto alle vicende che caratterizzano lo scenario nazionale.

Secondo i dati rilevati da Schutz (1982) le caratteristiche più salienti per rendere il ricordo più efficace sono rappresentate da questi fattori:

- Che la notizia sia riferita alle vicende di un personaggio famoso

- La rilevanza delle conseguenze del fatto

- Che fossero enfatizzati i dettagli personali e emotivi della vicenda

- Che la notizia lasciasse diversi punti di incertezza e instabilità

Questi assunti ci permetto di comprendere perché nei nostri quotidiani nelle pagine dedicate alla politica e all’economia sino a divenire quasi dilaganti nella cronaca i giornalisti nei loro report dedichino molto spazio a elementi di tipo personale e emotivo, paventando sempre un clima di grande incertezza e dagli scenari tragici. Anderson (1974) riscontrò che con il passare del tempo la ricostruzione mnestica della notizia si riduce notevolmente sino a quasi dimezzarsi, inoltre risulta più incisivo associare al report delle immagini che dirigono l’attribuzione di significato. “Ciò fa sì che quando rimane sia l’interpretazione preconfezionata offerta dal giornale la quale spesso è addirittura incongruente con quanto percettivamente raffigurato, […] il rischio di mistificazione è assai elevato, anche quando queste descrivono eventi percettivamente disponibili a tutti.” (Arcuri, 1996, p. 183-184). L’universo simbolico si radica sugli schemi di rappresentazione dei singoli e ricostruisce parte dei percorsi narrativi proposti dai report giornalistici. E’ interessante notare che l’accessibilità ai mezzi di comunicazione produce nella società effetti diversi, alla stampa in quanto scritta possono accingervi solo quei soggetti che sono stati alfabetizzati e

che hanno un livello di cultura medio mentre la televisione mezzo orientato per eccellenza alla cultura orale possono accedervi tutti quei soggetti che conoscono la lingua. Alla televisione pertanto possono accedervi un numero molto più ampio di soggetti, essa racchiude un bacino di utenti che comprende professori, operai, immigrati, anziani, giovani, l’unica variabile di differenziazione consiste nella loro probabilità di sintonizzarsi su un telegiornale.

Anche se molti ritengono che se si incrementasse il numero di ascoltatori del telegiornale la cittadinanza godrebbe di un maggior grado di informazione ma potrebbe anche essere che “ la televisione costituisca una fonte di informazione poco efficace e poco capace di influenzare il patrimonio di conoscenze delle persone” (Arcuri, 1996, p.190). Oggigiorno integreremo tale affermazione aggiungendo una televisione libera, in quanto il controllo e il livellamento dell’informazione condiziona inevitabilmente lo schema di attribuzione del soggetto, in quanto se il soggetto possiede un unico elemento, un’informazione monodirezionale difficilmente potrà attingere a strumenti idonei che gli permettano di attuare ragionamenti, comportamenti e atteggiamenti figli di una propensione critica. Se si considera la limitazione di controinformazione viene meno di conseguenza la capacità di esercitare una forza retorica in grado di reggere argomentativamente una costruzione del reale che conduca ad un cambiamento fattuale dell’assetto politico-sociale. La logica del controllo tende ad ostacolare il naturale mutamento sociale e a allargare il gap tra i cittadini.

5.

Il giornalismo in Italia{ XE "Il