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CAPITOLO 3 ANALISI DEI QUOTIDIANI

3. IL DISCORSO DEI MEDIA

I media esprimendo pubblicamente il linguaggio e le attribuzioni del reale forniti dal senso comune nella quotidianità svolgono la funzione di veicolare le informazioni, formalizzare schemi culturali, offrire uno spazio leggero e talvolta ludico, i piani su cui agisce la comunicazione mediatica sono molteplici. Essi variano per il contenuto, la forma e il grado di interazione con il pubblico. Secondo Mininni (2003) i gruppi sociali utilizzano i mezzi comunicazione di massa non solo in virtù della loro effettiva funzionalità diretta nel processo interattivo ma anche in quanto nel

contesto contemporaneo vengono legittimati ad essere l’agenzia primaria di informazione.

La lettura mitologica, basata sugli assunti simbolici, dei media (Barthes, 1957) permette di comprendere quanto il prodotto proposto dai media sia in grado di intraprendere un dialogo con il pubblico sfruttando la connotazione e la significanza. Si crea una sorta di doppio legame basato sulla partecipazione discorsiva, i media nelle loro narrazioni si rifanno in modo elastico ad argomentazioni e alla ripresa di fatti che oscillano dalla dimensione pubblica a quella privata. Il doppio legame, secondo Cremaschi (2001), delimita dei percorsi che generano spazi di pensiero e d’azione limitati e limitanti, l’autore ritiene che il doppio legame sia costituito e mantenga in modo rigido: “l’insistenza di una narrativa vincolante, il privilegiare certi spazi rispetto ad altri e l’ipotizzare legami deterministici tra pubblici e spazi. In definitiva, un eccesso di astrazione e la tendenza ad generalizzare prematuramente rendono la riflessione sullo spazio pubblico stanca e ripetitiva”. L’uomo pubblico non si avvale più degli spazi che hanno caratterizzato la riflessone e lo scambio di opinioni nel passato, per la civiltà Occidentale la piazza ha ridotto sensibilmente la sua connotazione simbolica di spazio in cui esprimere la propria opinione .

Nel contesto contemporaneo questa funzione si è spostata e radicata nelle agenzie di comunicazione di massa. Quasi nessun uomo politico che abbia un ruolo di rilievo nazionale si espone al comizio nella piazza, questa tipologia di esperienza ormai sembra essere rintracciabile solo nei libri di storia. Il politico, rilascia comunicati stampa e partecipa a trasmissioni televisive. L’estensione

delle reti sociali individua negli spazi virtuali la nuova agorà, uno spazio in cui una grande porzione della popolazione può scambiarsi informazioni, opinioni, sensazioni. Lo spazio virtuale riduce i confini tra la dimensione del pubblico e del privato, sempre più spesso vediamo che le notizie di interesse comune sul tema della pubblica amministrazione del bene comune è intrisa di narrazioni che secondo gli schemi interpretativi tradizionali appartengono a pieno titolo alla dimensione provata dei soggetti. La liquidità di cui parla Bauman (2000) si esprime in modo tangibile nei prodotti generati dai media, la presenza pervasiva dei media nella vita quotidiana generando attribuzioni di senso vengono utilizzate dal fruitore nei diversi contesti della propria vita quotidiana.

L’individuo nella post modernità diviene “possessore di un’inedita libertà ma chiamato ad onerose responsabilità, posto di fronte ad orizzonti illimitati, ma privato del suo prossimo orizzonte, di ogni ordine e certezza, proiettato in un futuro denso di innumerevoli promesse, ma costretto a scegliere nell’arco infinito delle possibilità” (Pulcini, 1996). Una identità che non si colloca più come nel passato in una rappresentazione monolitica e immutabile ma, che assume una molteplicità di fattori che si co-costruisce nell’agire sociale nel corso dello sviluppo individuale. La pregnanza della vita sociale e delle interazioni che caratterizzano l’individuo nella postmodernità rendono più labili i confini delle rappresentazioni di pubblico e privato. La costruzione dello stato moderno ha coinvolto un processo di riordino dei confini geografici degli Stati-Nazione e nel suo tentativo di ridefinire i paradigmi interpretativi del vivere comune e di costruire nuove euristiche in

grado di formalizzare la nuova forma di governo e di stabilizzare il contratto sociale ha ridefinito il ruolo e il linguaggio utilizzato nel processo di comunicazione (Mattelart, 1997). Le scoperte tecnologiche e il riordino dello stato moderno, orientato alla democrazia e al riconoscimento della transazione dallo status di suddito a quello di cittadino, ridefiniscono la sociabilità. Come sostiene Goffman (1956) gli individui e i gruppi sociali mettono in scena relazioni, le forme di sociabilità si modificano a seconda dello spazio e del tempo in cui recitare il proprio ruolo. La modificazione del sistema di comunicazione e della riconcettualizzazione di spazio pubblico e privato determinano una modificazione della sociabilità espressa dai gruppi sociali.

Sennett (1974) ricorda che la distinzione concettuale tra pubblico e privato, seppur sia un rappresentazione categoriale presente in molte civiltà, è un costrutto paradigmatico indispensabile per comprendere la radicale trasformazione dell’agire comune nella società occidentale. Nel contesto contemporaneo la linea di demarcazione tra i due concetti sembra essere molto labile, nelle narrazioni che coinvolgono l’apparire nello scenario pubblico. Rispetto alla dimensione politica e partitica sarebbe oggigiorno impensabile che un leader sostenesse che la propria vita privata non debba rappresentare un oggetto di interesse da parte della cittadinanza. Si è ormai radicata l’imprescindibilità del pubblico e del privato nell’interesse collettivo, in particolar modo se tale dimensione di sapere si rifà a un personaggio di spicco. “Noi ci entusiasmiamo se un presidente francese conservatore cena con una famiglia operaia, anche se pochi giorni prima ha aumentato le tasse

sui salari degli operai. Oppure riteniamo un presidente americano più autentico e affidabile del suo impopolare predecessore perché si prepara la colazione da solo. Questa credibilità politica deriva dal trasferimento dall’universo privato a quello pubblico” (Sennett, 1974, pp. 29-30). L’espressione pubblica nel secolo scorso viene riconosciuta come espressione di rappresentazione personale, nel tentativo di ridurre la distanza tra le elite politiche e la cittadinanza si è attuato un processo di estensione nelle narrazioni di aspetti connessi alla quotidianità, privatezza e sensibilità, in tal modo si è cercato di guadagnare maggiore consenso da parte dell’elettorato.

I media propongono questi repertori narrativi, i fatti di interesse comune spesso sono intrisi di elementi di scarsa pertinenza rispetto alle dinamiche e alle conseguenze dell’impatto che le decisioni degli amministratori dello Stato potrebbero avere nella vita comunitaria. Spesso si strutturano, anche nelle più autorevoli agenzie di diffusione informativa, degli schemi interpretativi legati a stereotipizzazioni e a modelli che tendono a confermare i ruoli secondo modalità interpretative tradizionali.

I mezzi di comunicazione di massa e la loro accessibilità incidono sulla costruzione del sapere, il senso comune fruisce dei significati simbolici proposti dai media e li usa come elementi su cui costruire il proprio sapere e agire (Briggs, Burke, 2007). Le industrie del sapere tendono a irreggimentare la vita sociale mediante l’utilizzo di tecniche e di contenuti che vincolino gli individui a una costruzione del reale che trae la sua origine da una teorizzazione preoridinata da parte dei media (Mumford, 2005). Sino alla modernità l’informazione era strettamente collegata all’individuo, era

l’uomo che si spostava informando la popolazione e portando notizie ai governatori, lo spazio diveniva pertanto una varabile importante. Il valore dello spazio si stabiliva dal tempo necessario per percorrerlo, i costrutti di tempo e spazio, secondo questi assunti, si legano vicendevolmente. Nell’epoca in cui la tecnologia permette di comunicare senza ricorrere allo spostamento umano e in modo pressoché simultaneo in gran parte del mondo il concetto di tempo e spazio assumono un ruolo diverso. Bauman (2002) ritiene che nel contesto contemporaneo la rappresentazione di istantaneità “denota l’assenza del tempo in quanto fattore dell’evento e dunque in quanto elemento nel calcolo di valore. Il tempo non è più “la strada da fare per conseguire certe cose” e dunque non conferisce più valore allo spazio. La quasi istantaneità dell’epoca software inaugura la svalutazione dello spazio” (pp. 132-3). Lo spazio perde il suo valore mentre il tempo ridefinito con il concetto di velocità assume un ruolo determinate, una velocità che come spoglia l’informazione del suo contenuto (Virilio, 2000). L’essere il primo a dare la notizia assume un valere determinante, significa poter apparire sulle prime pagine, apparire nei video ed imporre la propria versione dei fatti, di ciò che l’opinione pubblica definisce come Verità. La velocità garantisce la forza nell’imporre il proprio pensiero nell’agenda.

Le pratiche discorsive si esprimono talvolta in espressioni seriali e stereotipate che promuovono una tensione all’identificazione e alla rassicurazione,i media divengono una sorta di produttori di ricordi simili che compartecipano nel processo di costruzione delle memorie comuni (Jedlowski, 2000). Secondo quanto sostiene Giddens (1994) la possibilità di poter usufruire di molteplici

supporti, di delegare parte del nostro sapere egli esperti, fiducia nella correttezza dei sistemi informativi favorisce un legame di dipendenza e di fragilità in cui l’essere umano e i gruppi sociali si diseducano all’essere attivi e severe critici del sapere e del comportamento pubblico delle élite decisionali.

La capacità di selezionare, ricordare e dimenticare le informazioni risulta essere una competenza che vincola l’agire sociale. “Assistiamo con vigile attenzione al diffondersi di Youtube e dei nuovi Social Networks, quali, tra i tanti, Myspace, Facebook, Asmallworld, che consentono a milioni e milioni di persone di scambiarsi notizie, informazioni, immagini, destinate poi a restare per sempre sulla rete” (Garante per la Protezione dei Dati Personali, 2008, cit. in Corriere della Sera 16-07-2008). La dimensione del privato diviene ancor più pubblica e aumenta esponenzialmente la possibilità di accedere ad informazioni sino a delinearsi come una estremizzazione del concetto di Panopticon di Bentham (1794) e successiva rivisitazione di Foucault (1975) in merito alla relazione di potere. Il controllo dell’informazione, della costruzione degli eventi e delle espressioni personali degli individui esternalizzate mediante l’apparire pubblicamente in social network rappresenta un importante elemento che permette l’esercizio del potere.

Bauman (1998) ritiene che uno dei tratti distintivi della fine del XX secolo, e potremmo ragionevolmente sostenere sulla base dell’osservazione delle dinamiche politiche che si possa estendere anche all’inizio del XXI, è da rintracciarsi nell’esercizio del potere mediante il rinforzo del costrutto di incertezza. Secondo l’autore i soggetti non colgono direttamente il dominio, ma distinguono li

potere in quanto ad esso attribuiscono la rappresentazione dell’ essere in condizione di fare o non fare qualcosa, una sorta di estensione del concetto di libertà. Bauman sostiene che la riflessione dovrebbe concentrarsi maggiormente sul concetto di dominio in quanto il suo grado di esercizio nei contesti sociali si potrebbe intendere come indirettamente proporzionale al grado di libertà. Il dominio esercitato dai mass media si regge sulla abilità nella costruzione di narrazioni.

Il ricostruire i repertori narrativi proposti dai media permette di comprendere le dimensioni di significato che orientano l’agire comune, di interpretare i possibili scenari in divenire e le dinamiche di controllo e di mantenimento implicite.