CAPITOLO 1 I MASS MEDIA
5. IL GIORNALISMO IN ITALIA
Secondo Hegel (1820) la lettura dei quotidiani assume il ruolo della recita della preghiera laica mattutina dell’uomo moderno, secondo il filosofo è proprio attraverso la sua recita quotidiana che si mettono in atto processi di identificazione con i propri simili e si partecipa attivamente alla vita comunitaria, si diviene concretamente cittadini con diritti e doveri nei confronti dello Stato. Nella società contemporanea “il giornale non è più soltanto un contenitore passivo di fatti e di opinioni che lo raggiungono e lo usano, bensì un motore di ricerca attivo che promuove inchieste, rivela retroscena, suscita scandali.” (Gozzini , 2000, p. XIV).
I giornalisti divengono dei professionisti sempre più specializzati, dei cultori della materia trattata, rappresentano i garanti dell’informazione ovvero coloro che offrono all’individuo uno spaccato del mondo che a differenza delle altri produzioni materiali non è soggetto, o per lo meno per sua natura gnoseologica non dovrebbe esserlo, alle leggi stabilite dalle grandi lobby economiche.
Secondo Ong (1986) la stampa rappresenta un passaggio determinate nella storia dello sviluppo della civiltà umana un passaggio che segna uno spostamento da una cultura prettamente improntata all’oralità ad una cultura in cui deposita nella scrittura i suoi giacimenti di sapere. Illich (1994) sostiene che dopo secoli in cui il mondo occidentale era improntato da tradizioni di chiaro
rimando al cattolicesimo con l’invenzione della stampa si procede a una lenta e progressiva secolarizzazione dello Stato. Il libro diviene un oggetto domestico che può essere consultato anche a distanza di tempo, esso avvia la possibilità di poter accostarsi, previa l’alfabetizzazione, ad un documento in completa solitudine senza aver necessità di un mediatore. Esso accompagna, secondo lo studioso, il processo di individualizzazione che caratterizzerà l’assetto sociale realizzato dall’uomo moderno e postmoderno. Nei secoli scorsi la cultura della diffusione della notizia incontrò nelle autorità locali un ostacolo non trascurabile in quanto le notizie per poter essere pubblicate necessitavano del vaglio dell’autorità che governava il territorio, questa estensione temporale indusse ad una naturale perdita di affidabilità e di tempestività dell’evento narrato. Si avverte da parte dei detentori dei diversi poteri un certo grado di timore nei confronti della diffusione dell’informazione. Emerge già nel 1600 una riflessione che resterà aperta sino ai giorni nostri in merito alla preoccupazione che venga garantito al pubblico un certo grado di oggettività nella notizia riportata. Negli anni Sessanta la cronaca diviene sempre più presente nei giornali popolari e nei giornali d’élite riducendo in tal modo lo spazio dedicato alla politica, fu questo un motivo di aspra critica da parte della scuola di Francoforte.
Secondo Adorno e Horkheimer in quegli anni si assiste ad un progressivo appiattimento dell’industria culturale riducendo gli stimoli artistici e favorendo una crescita dirompente dell’industria di massa. Secondo questa scuola di pensiero i media avrebbero avuto come effetto secondario un potenziamento del processo di
asservimento alle correnti economiche dominanti. Marcuse (1967) l’industria della comunicazione che si avvale dei mezzi di comunicazione di massa si conforma a pieno titolo all’economia capitalistica e alla sua logica di consumo. Adorno e Horkheimer (1980) dichiarano che la televisione e la stampa, forniscano un’immagine unidimensionale della realtà ostacolando la formazione di una coscienza collettiva critica. L’ipotesi interpretativa di Marcuse si consolida nel riscontro di un crescente concentrazione delle testate giornalistiche, nel decennio compreso tra il 1975 e il 1984 il numero di quotidiani nel mondo cresce e passa da 7900 a 8500. In Italia l’arretratezza nei mezzi e nelle risorse oltre che alla manifestazione subordinazione dell’informazione alla politica che caratterizza gli anni Sessanta si esprime con un calo delle tirature contando poco più cinquemilioni di copie. La maggior parte delle testate è controllata da potenti gruppi industriali e una parte anche da istituti di credito e enti parastatali e clericali, un quarto delle testate è rappresentata da stampa di partito e solo un decimo di essa può essere definita stampa indipendente. (Cavallari, 1990, p. 155). La Nazione e il Resto del Carlino nel 1966 fanno capo al petroliere Monti, la famiglia Agnelli acquista la Stampa, la famiglia Moratti assume la maggioranza del Corriere della sera. Negli anni Settanta nascono i quotidiani extraparlamentari come il Manifesto, Lotta continua e il Quotidiano dei lavoratori, oltre che La Repubblica e Indro Montanelli fonda Il Giornale e il Corriere della sera viene rilevato dal gruppo Rizzoli. I quotidiani italiani sono sempre più intrisi di relazioni con i dirigenti politici ed i rappresentanti del mondo della finanza ma a metà degli Novanta anni si assiste al collasso di questo sistema di controllo. In
seguito allo scandalo di tangentopoli e alla conseguente fine della prima Repubblica molti sono i giornalisti e direttori che esprimono una ferma opposizione al sistema di controllo della comunicazione da parte delle lobby dirigenti. Il progresso tecnologico, l’uso diffuso da parte del pubblico di strumenti di informazione di massa in grado di aggiornare e di collegare gli eventi indipendente dal luogo in cui avvengono mediante internet mette in crisi le vecchie politiche di diffusione. Molti quotidiani italiani si interfacciano al pubblico non solo fornendo informazioni a mezzo della carta stampata ma anche utilizzando i supporti elettronici. Questi tutti i quotidiani mantengono pressoché inalterata la loro struttura sia nel formato cartaceo che in quello elettronico. L’editoria elettronica dopo poco più di un decennio dalla sua comparsa nello scenario informativo italiano si colloca come una delle principali agenzie di informazione tra gli utenti abituali dei servizi informatici, va ricordato che nel contesto italiano l’abilità e la competenza nell’uso dei supporti informatici non è condivisa da tutta la popolazione e pertanto questo elemento di gap aumenta la forbice della fruizione informativa da parte della cittadinanza. Il giornalismo pone nella selezione la sua principale attività, osserva il mondo e seleziona gli eventi che riscontrano le caratteristiche di notiziabilità. “La selezione non è un processo negativo, ma positivo; esprime l’impegno attivo degli agenti sul loro ambiente.” (Giddens, 1994, p.48). La gerarchizzazione delle notizie e il loro collocarsi nelle pagine del quotidiano risponde a una chiara scelta redazionale. Il giornalismo che si esprime per mezzo della carta stampata costruisce eventi che sono collocati nel tempo passato, mentre l’informazione televisiva può avvenire in un tempo di
simultaneità, l’informazione che si riscontra nei quotidiani appartiene per sua natura agli eventi emersi il giorno prima. Si tratta di una ricostruzione delle vicende che viene scomposta e ricomposta in uno schema narrativo che la redazione ritiene adatto a catturare l’interesse del pubblico. Il giornalismo inteso come “quinto potere” è in grado di generare nuove tipizzazioni che guidano l’individuo nel suo processo di attribuzione del sapere. “Il giornalismo svolge pertanto una funzione fondamentale nel consentire all’individuo il processo ermeneutico d’approvazione culturale adattiva e attiva.” (Sorrentino, 2002, p.31). Le tipizzazioni che emergono dallo sfondo caotico degli eventi si formalizzano nella ristrutturazione e solidificazione delle relazioni sociali. Sorrentino (2002) dichiara, inoltre, che nel sistema mediatico il giornalismo si pone come ago della bilancia a cui il cittadino fa riferimento nel suo rapportarsi alla sfera pubblica. E’ l’istituzione che riesce nel tempo della mutevolezza che caratterizza la post modernità riesce a legare i bisogni e le aspettative individuali con il riconoscimento della società come ambito principe della condivisione interpersonale che permette di reggere e gestire la complessità (Giddens, 1994, Bauman, 2000).
La distribuzione del sapere consente all’identità collettiva di consolidare i suoi tratti costitutivi, ponendo nella fiducia la pietra miliare delle relazioni. “La società si disintegrerebbe in assenza di fiducia tra gli uomini.” (Simmel, 1989, p.263). La ristrutturazione quotidiana di tutti gli eventi avvenuti nel mondo mediante un processo di individuazione, selezione, gerarchizzazione e rendicontazione rassicura molto il soggetto che si interfaccia su di un
ordine sociale che da tempo ha smarrito i suoi confini territoriali per divenire sempre più globale e complesso.
L’alfabetizzazione della popolazione è il prerequisito affinché il soggetto possa accedere all’informazione diffusa dalla carta stampata. I quotidiani hanno contribuito in modo sensibile a costruire un senso di identità comunitaria che fosse legata ai confini, valori, legislazione dello Stato. Il parlare la stessa lingua, l’interessarsi agli eventi che si compiono in un dato territorio e l’essere informati sulle tendenze di mercato e politiche guida la popolazione a condividere o a individuare le criticità di un appartenere a un determinato gruppo sociale, l’essere parte di uno Stato-nazione.
Secondo i dati della Fieg in Italia dal 2007 si assiste a un progressivo decremento delle vendite dei quotidiani sino a giungere a una vendita pari a 4.498.961 del mese di giugno del 2009 con una perdita corrispondenti al -4,1% rispetto ai dati relativi nello stesso periodo dell’anno precedente. Tale calo è imputabile anche al crescente numero di fruitori dei servizi d’informazione elettronici, tuttavia non va trascurato che vi sia anche un manifesto sentimento di inclinazione rispetto alla legittimazione giornalistica. Negli ultimi anni l’individuo si è trovato a ridefinire i confini dei propri schemi interpretativi del mondo anche a seguito delle profonde fratture nell’asse politico e finanziario che hanno travolto gli scenari internazionali lo scenario di catastrofe prospettato dai media ha contribuito ad accrescere un sentimento di progressivo disinvestimento nei confronti degli organi deputati alla garanzia e alla tutela del soggetto. Secondo Luhmann (1996) il concetto di rischio si interfacciò prepotentemente nel dialogo dell’agire
comunitario quando nella modernità si consolidò la logica del capitalismo la quale sostituì, secondo l’autore, la fortuna e la provvidenza con tale assunto come appendice del progresso. La fiducia nel progresso scientifico ed economico è divenuto il nuovo credo laico dell’uomo moderno, questo assunto presupponeva che tutto o quasi potesse essere calcolato statisticamente e che il monitoraggio delle variabili fosse possibile il controllo della realtà.
Nella post-modernità l’idea che possa essere immaginabile un controllo totale da parte dell’uomo sul mondo circostante viene meno. Si prende consapevolezza che non si possa più sostenere un trend di sviluppo analogo a quello che aveva caratterizzato il passato la percezione del rischio si incarna nelle esperienze quotidiane delle società contemporanee iper-tecnologiche Il clima sociale in questo scenario si delinea secondo parametri legati alla consapevolezza di vivere in un momento di grande incertezza storica e di insicurezza costante nei confronti del futuro, la percezione della paura si configura in un elemento imprescindibile del contesto contemporaneo (Sennett, 1998) La paura mina la fiducia nei confronti delle Istituzioni e delle agenzie di informazione, essa è espressione di un atteggiamento, o per meglio dire il prodotto del pensiero organizzato attraverso l’esperienza, che esercita un’influenza direttiva o dinamica sulla risposta dell’individuo nei confronti (Allport, 1935) alla propria comunità di appartenenza. Quest’ultima rappresenta l’asse su cui costruire il patto sociale tra gli individui. In un contesto così delineato è interessante osservare come i media in quanto in grado di influire sul processo di costruzione degli schemi di attribuzione e di azione del e nel mondo offrano
spazi interpretativi orientati al mutamento verso nuovi scenari. (McLuhan 1964, Jenkins 2006).
Il confronto pubblico sui rischi ai quali la società si sente abbandonata e incapace di fronteggiare, come nel caso delle guerre, delle crisi economiche, del terrorismo internazionale, ha esteso e cristallizzato il senso di incertezza e di timore nell’opinione pubblica. I media nel contesto contemporaneo tendono a sovradimensionare gli aspetti drammatici e critici al fine di incrementare il proprio bacino di utenza, nella società dei consumi la spettacolarizzazione degli eventi tragici intrisi di dinamiche personali e emotive accoglie un ampio consenso. Questa dinamica avvolge il soggetto in una spirale protesa alla tensione emotiva e al timore. Il soggetto percepisce una sorta di caos informativo, in particolar modo nelle agenzie stampa italiane la politica interna, la cronaca nera, e la comunicazione di eventi drammatici dagli esteri monopolizzano quasi tutta l’informazione. Secondo Lombardi (2005) questi motivi dovrebbero indurre i ricercatori e gli amministratori del potere mediatico ad operare congiuntamente elaborando una strategia di diffusione dell’informazione che garantisca al cittadino la possibilità di costruire il reale secondo degli schemi interpretativi di più ampio respiro, promuovendo la circolarità tra i vari attori coinvolti nella costruzione del sociale.