CAPITOLO 2 IL RUOLO DELLE DONNE
8. DONNE E DISUGUAGLIANZA
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Seppur nelle odierne democrazie occidentali i diritti e i doveri dei cittadini sembrano aver abbattuto almeno formalmente lo scoglio della discriminazione sessuale nella prassi della quotidianità la partecipazione delle donne alla vita pubblica si connota per la sua adesione limitata . “La questione della disuguaglianza fra generi ha in ultima analisi a che vedere con la disparità a livello di libertà” (Sen, 2000, p. 175) non si tratta di una libertà che passi
esclusivamente mediante le forme del moderno diritto ma, di una configurazione di libertà che ridisegni i confini geometrici della mobilità femminile. Nello scenario geopolitico contemporaneo le parole di Lovenduski sembrano offrici in sintesi una valida prospettiva per districarci nell’insostenibilità logica della trama in cui si sono mossi i movimenti delle donne, ovvero nella simultaneità della difesa della loro uguaglianza e diversità al genere maschile. “L’uguaglianza è necessaria se si vuole compensare la differenza e la differenza va riconosciuta se si vuole raggiungere l’uguaglianza” (Lovenduski, 2005, p 30). Il contributo delle donne nel cambiamento paradigmatico attuatosi con la modernità è un elemento storico innegabile, tuttavia la forza propulsiva che aveva indotto la popolazione a unire i propri sforzi indipendentemente dalle differenze di genere, istruzione e ceto venne meno a seguito delle prime conquiste sociali.
I ruoli di genere ancor nel primo decennio del XXI secolo continuano a strutturare i rapporti sociali (Dolan, Deckma, Swers, 2006). La divisione del lavoro che caratterizza la morfologia delle società moderne si connota tutt’oggi per delle discriminanti connesse al tradizionale concetto di essenzialismo di genere. La donna non si descrive più come angelo del focolare, brava madre e moglie, essa nel corso degli ultimi trent’anni ha conquistato e consolidato un certo grado d’indipendenza economica e conseguentemente ha sperimentato il significato della propria presenta nella scena pubblica. La possibilità di auto sostenersi le permette di ideare un futuro in cui il patto di solidarietà familiare diviene una realtà voluta e costruita nel percorso biografico. Rimane comunque una
prerogativa al femminile l’occuparsi, direttamente o indirettamente, dei membri più deboli della famiglia e della società allargata. Alla donna viene delegata la cura e la gestione sia della famiglia che della casa. Nelle moderne società industriali spesso accade che la donna sia occupata non solo nel lavoro riproduttivo ma, anche nel lavoro produttivo che le garantisce sia un certo grado di indipendenza economica sia la possibilità di alzare la qualità della vita del proprio nucleo familiare.
Sebbene ci sia una certa concordanza nel registrare che la disparità di genere persista tra le mura domestiche anche nei Paesi maggiormente industrializzati è doveroso osservare che un mutamento di stile nella gestione del menage familiare si è lentamente attuato. Nella società contemporanea è ormai consueto che i partner condividano in modo interscambiabile le attività che garantiscono il mantenimento e il benessere del nucleo familiare. Rispetto al passato sempre più padri richiedono la possibilità di usufruire del congedo parentale per accudire la prole. L’uomo che si occupa delle pulizie della casa non desta più scandalo nel gruppo dei pari. “Nonostante una minima redistribuzione delle attività casalinghe tra le mogli e i mariti negli anni più recenti, la maggior parte dei lavori di casa, nonché la cura dei figli, sono ancora essenzialmente responsabilità della donna” (Kreith, Malone 2005 pp. 224-225). In questo scenario sociale appare tuttavia interessante verificare che, qualora il nucleo familiare avesse la necessità di delegare parte delle funzioni di accudimento dei figli e degli anziani e di governo della casa, la scelta sia affidata quasi esclusivamente alla donna, la quale perpetua un modello tradizionale da cui essa
stessa è impegnata a svincolarsi. In Italia, nel confronto con i dati dei Paesi europei3, la condizione della donna e della famiglia in genere, sono maggiormente sfavorevoli. Elemento trasversale in tutte le moderne forme di democrazia che caratterizzano i paesi maggiormente industrializzati è la scarsa capacità di inserite nei propri programmi di governo delle politiche di conciliazione tra i bisogni e le aspettative dei cittadini. L’Italia è, infatti, uno dei paesi a più bassa occupazione femminile perché le donne, più che in altri paesi, continuano ad abbandonare il lavoro alla nascita del primo figlio e talvolta anche solo dopo il matrimonio (Saraceno , 2003 e 2005). La conciliazione continua ad essere considerato un “affare di donne”. Nel nostro Paese le donne più degli uomini, soprattutto le donne con figli, continuano ad essere sovraccariche di lavoro famigliare (Sabbadini, 2005) e ad essere meno occupate (Saraceno, 2003). L’Italia è un paese che delega il lavoro di cura alle famiglie e quindi alle donne perché la cultura della condivisione del lavoro di cura non è sviluppata ed il sistema dei servizi sociali pubblici per l’infanzia non riesce a coprire il fabbisogno delle famiglie. Questo
3 Anche a livello europeo tuttavia vi sono scarsi segni di progressi
nell'eliminazione del divario retributivo tra i sessi, che rimane stabile nell'Europa a 15 a circa il 16% (Eurostat, stima 2003). La cifra stimata per l'Europa a 25 è leggermente inferiore (15%) tenendo conto del divario retributivo nei nuovi Stati membri. Anche la segregazione basata sul sesso nel mercato del lavoro non mostra particolari progressi e rimane elevata sia a livello occupazionale (17,5%), sia a livello settoriale (25,2 %). Il divario tra i sessi per quanto riguarda i rischi generali di povertà rimane limitato. Tuttavia, per le donne anziane vi è ancora un più elevato rischio di povertà che non per gli uomini anziani. Inoltre, i genitori soli, prevalentemente donne, tendono a subire svantaggi cumulativi e sono particolarmente vulnerabili all'esclusione sociale (Relazione della Commissione Europea al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni sull'uguaglianza tra donne e uomini 44 definitivo 2005- Bruxelles, 14.2.2005COM(2005).
nonostante che in anni recenti si siano visti alcuni segnali positivi, primo tra tutti l’approvazione della L. 53/2000 sulla conciliazione al fine che le politiche di welfare sostengano o per lo meno non aggravino ulteriormente le famiglie e la donna stessa. Se osserviamo però i dati forniti dall’Istat nel 2009 notiamo che in media l’incidenza degli occupati per settore di attività economica e genere indicano chiaramente che le donne si collocano con maggior frequenza in quel settore del marcato che si riferisce ai Servizi saturando il 49,2 % della popolazione femminile lavoratrice. La disparità di genere legata a schemi interpretativi tradizionali si esprime in modo ancor più vistoso se analizziamo la presenza maschile nel mercato del lavoro, infatti verifichiamo che la distribuzione si caratterizza per la presenza dell’80% degli uomini nell’impiego industriale rispetto al 21% femminile. Nelle moderne democrazie, seppur le donne si siano orientate a ottenere una maggior indipendenza economica, il loro ruolo sociale rimane ancorato a vecchi schemi interpretativi del mondo ed è singolare che spesso essi siano alimentati proprio dalla donna stessa. In merito a ciò va ricordato che secondo i dati offerti dagli osservatori dell’Eurispess la partecipazione della donna nel mercato del lavoro non si distingue per diversi aspetti dal percorso di carriera affrontato dai maschi. La donna interrompe in più fasi della sua età lavorativa il suo percorso, inoltre la sua presenza nella forza produttiva di mercato satura quasi totalmente le professionalità individuate come attività di cura, ad esempio l’insegnamento, l’accudimento dei minori, l’impiego con anziani, disabili e in attività domestiche. Anche la distribuzione nella gestione di contratti full e part time si caratterizza
per una maggiore incidenza delle donne nella modalità part time. Tale elemento potrebbe sembrare agli occhi del senso comune il giusto compromesso per conciliare i carichi domestici con quelli professionali. Osservando con maggiore cura le dinamiche prodotto dall’impiego part time risulta semplice notare che in realtà questa formula ostacola lo sviluppo del percorso di omogeneità tra i generi. Il contratto part time fornisce ovviamente un reddito ridotto che non consente alla donna di godere dell’indipendenza economica, inoltre tale modalità impiego ostacola lo sviluppo di una carriera verticale. Il processo di supremazia maschile si conferma in questo modo inalterato, alla donna viene concessa la possibilità di inserirsi in qualsiasi settore sociale e professionale purché non alteri l’equilibrio nella classe dirigenziale. Si tratta pertanto di una gestione del potere che viene mantenuta salda dalla popolazione maschile.
La sola accessibilità al mercato del lavoro non rappresenta una garanzia di miglioramento dello status femminile in quanto se è pur vero che permette un certo grado di indipendenza economica d’altro canto sovraccarica la donna che già è impegnata in modo spesso iniquo nelle cittadinanza non si esprime esclusivamente attraverso l’estensione del suffragio ma, attraverso le tutte quelle politiche che abbatto formalmente e operativamente le discriminazioni tra la popolazione. Agire come cittadini significa essere di fatto compartecipi dell’attuazione nel territorio delle pratiche sociale e istituzionali. Nonostante il valore della famiglia, nelle sue polimorfe espressioni, sia un elemento riconosciuto con una rilevante valenza comunitaria in tutti i Pesi del mondo spesso tale istituzione non viene trattata come sociale, diretto destinatario di
politiche di intervento. La sua presenza e di fatto, la sua esistenza e problematicità sono spesso trascurati in quanto si sussume che tale dimensione sociale sia talmente radicata nel tempo che ci si possa permettere il lusso di considerarla in modo solo “residuale negli interventi di politica sociale e trascurandone il ruolo di mediazione nelle relazioni interindividuali: la stessa politica sociale per la famiglia è stata considerata come un sottoprodotto delle altre politiche sociali” (Donati, 1996). Ancora nel primo decennio del XXI secolo si denuncia la disparità tra uomini e donne nell’accedere a dei percorsi di vita simili. In tutti i Paesi europei la partecipazione nel mercato del lavoro con orario par- time o lungo rimane un privilegio ad appannaggio maschile come si può verificare dalle tabelle riportate a seguito Tab 1 e Tab 2 .
Tab. 1 Tassi di impiego, impiego part time e contatti a tempo determinato, EU 27(%) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Tasso d’impiego 15-64 anni –totale- 62.2 62.6 62.4 62.6 63.0 63.5 64.5 65.4 65.9 64.6 Tasso d’impiego 15-64 anni – uomini 70.8 70.9 70.4 70.3 70.4 70.8 71.6 72.5 72.8 70.7 Tasso d’impiego 15-64 anni – Donne 53.7 54.6 54.4 54.9 55.6 56.3 57.3 58.3 59.1 58.6 Tasso d’impiego 55-64 anni –totale 36.9 37.7 38.5 40.0 40.7 42.3 43.5 44.6 45.6 46.0 Impiego part time, in
relazione al totale d’impiego 15-65 anni 15.8 15.7 15.7 16.1 16.7 17.3 17.5 17.6 17.6 18.1 Quota si contatti a tempo determinato 15- in sù 23.3 12.4 12.3 12.7 13.3 14.0 14.4 14.5 14.0 13.5 *Fonte: Eurostat 04-08-2010
Tab. 2 Tassi di impiego per Paese, impiego part time e contatti a tempo determinato, EU 27(%) nel 2009
Tasso d’impiego 15-64 anni Tasso d’impieg o 55-64 anni Impiego part time, in relazione al totale d’impiego 15-65 anni Quota si contatti a tempo determin ato 15-in sù
Paese Tolate Uomini Donne Totale
*Fonte: Eurostat 04-08-2010
Osservando questi dati appare evidente che anche nei Paesi in cui le politiche di equità sociale si sono consolidate nel tempo la parità o l’inversione di polarità nell’occupazione non è ancora stata raggiunta. Infine in riferimento al mondo del lavoro e alla possibilità
femminile di accedere agli stessi percorsi di carriera e di indipendenza economica riservati agli uomini è importante considerare il gender pay gap. Con il termine gender pay gap grezzo s’intende la risultante delle statistiche attuate dalla Commissione Europea per confrontare tra i paesi membri la differenza salariale sulla base della diversità di genere. Tale indice si stabilisce sulla base della differenza tra il salario orario medio degli uomini e delle donne in rapporto al salario medio orario degli uomini. Riprendendo le variabili occupazioni nell’industria e nei servizi in cui si condensano la maggior parte della forza lavoro in Italia verifichiamo che nel 2006 la retribuzione lorda oraria media è di 12,09 € e precisamente di 12,83 € per gli uomini contro i 10,70€ per le donne. La differenza salariale ammonta del 16,6 % rispetto al 25 % circa rilevato dai paesi membri dell’UE27. E’ importante ricordare che le retribuzioni orarie medie delle donne sono sistematicamente più basse di quelle degli uomini indipendentemente dalla tipologia di contratto di lavoro, dall’età, dalla professione svolta e dal settore d’impiego. Nel caso in cui si considerasse il livello annuale della retribuzione procapite il tasso del gap incrementa il suo valore in quanto tale dato risente anche dal numero di lavoro maturate. E’ constatato che le donne maturino mensilmente un numero di ore lavoro retribuite inferiori rispetto agli uomini. La spiegazione di tale fattore è determinata dalla scelta della tipologia lavorativa in cui si concentrano le donne, esse scelgono lavori con orari più brevi, sono maggiormente occupate in lavori parttime e sono meno disponibili al lavoro straordinario.
Pertanto, se consideriamo il reddito lordo annuo, in Italia le donne impiegate nell’industria e nei servizi (esclusa la pubblica
amministrazione) percepiscono in media 24.359 euro, ovvero 5.486 euro all’anno procapite in meno di ciò che guadagnano gli uomini. Considerando il dato in parità di potere di acquisto (PPA), si può osservare che il livello della retribuzione annua procapite delle donne italiane è in linea con il livello registrato nei paesi della UE a 27, mentre quello degli uomini è inferiore. tab 3 Secondo Sevenhuijsen “i governi dovrebbero considerare loro compito primario rendere possibile agli uomini di costruire rapporti di intimità e di cura con le donne e i bambini agevolandoli in termini di tempo, spazio e risorse (1998, p. 111).
Tab 3 Retribuzione lorde annue-procapite per genere per i Paesi UE27, anno 2006 (valori PPA)