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3. ON SUCH A FULL SEA

3.5 Le Counties

Fuori dai due insediamenti delle facilities e dei Charter, chiusi e a sé stanti, si dispiega il paesaggio desolante delle counties: l’area abitata da coloro che sono stati esclusi dalle prime due zone abitative, e che a propria volta è molto temuta da entrambe. Bisogna considerare che le prime due ‘enclave’ sono pensate come un riparo dalla vita nella natura aperta, perché ormai quest’ultima è altamente contaminata e inospitale dal punto di vista climatico (e anche batteriologico), come ci viene detto nelle prime righe in cui questi luoghi ci vengono presentati:

Everyone knows it is rough living in the open Counties. In this region, where it can get very hot and very cold, it’s especially unpleasant. Though it seems that’s most places now! […] (Lee 12)

Sembra inoltre che le conseguenze del cambiamento climatico si stiano facendo sentire in generale ovunque e questo giustifica ancora di più la scelta dell’isolamento in comunità chiuse. Certo, questi

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spazi aperti presentano anche altre sfide, temute da entrambe le comunità recintate, sia le più povere che quelle più abbienti:

For there’s real struggle for open counties people, for in a phrase the basic needs are met but not much else; the power is thready, constantly cycling and off; housing is rudimentary, with shantytowns the rule; water is plentiful only during the wet seasons and should be boiled at any time. And talking about smell! The system of sewers in the open counties […] dates from nearly two hundred years before our people arrived from New China […] (Lee 13)

Nelle counties, i bisogni primari sono a mala pena soddisfatti: l’elettricità va e viene, le abitazioni sono rudimentali per cui la baraccopoli è la norma; l’acqua è abbondante durante le stagioni più piovose e va consumata solo se bollita, per non parlare del sistema fognario che risale a due secoli prima dell’arrivo delle popolazioni dalla Nuova Cina. Il panorama che si apre a chiunque si affacci su questi spazi costituisce dunque un’enciclopedia visiva dell’abbandono e della desolazione, con la natura che prende il sopravvento sulle strade impolverate:

It was – and is – a landscape of bushy weeds grown so thick and high their hollows are often used as rooms by wanderers and thieves. […] The derelict houses that anchored the streets have long been bulldozed and carted away, the once paved streets devolved to a more elemental state, the asphalt ground down to drifts of blackened dust. […] because of their poor condition, the truckers and Charters move about exclusively on the secured, fenced tollways (Lee 34).

Le strade sono accuratamente evitate sia da camionisti sia dai Charter, per i quali sono a disposizione strade a pagamento, recintate anch’esse ovviamente come le loro comunità.

Le counties sono il luogo dove la legge della direzione non è contemplata e varie storie di attacchi violenti (perfino di cannibalismo) sono diffuse per spaventare gli altri stanziamenti così da scoraggiarli dall’esplorare queste zone: una scusa chiaramente perfetta per impedire che le popolazioni fuoriescano dai rispettivi cancelli e vengano a contatto. Lo stesso meccanismo, come

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vedremo, lo ritroviamo nel romanzo MaddAddam, in cui similmente le popolazioni più agiate che vivono nei ricchi Compounds temono le pericolose e povere pleeblands.

Senza dubbio, gli abitanti delle counties vivono in povertà (come si è visto spesso non hanno nemmeno l’elettricità) ma attraverso la storia di Fan scopriamo che non sono così pericolosi come viene raccontato, soprattutto rispetto ai cittadini Charter. L’aspetto interessante è che vivono in ripari costruiti con i resti delle case di un tempo, o peggio: una famiglia addirittura vive nel tronco di un albero e nella galleria che è riuscita a costruire nel suolo sottostante adiacente.

Il tema della rovina e del senso di precarietà e perdita qui è manifesto proprio attraverso il decadimento di queste abitazioni, e torna anche negli altri romanzi analizzati, in Station Eleven come in MaddAddam, con una specifica equazione che vede le abitazioni tradizionali associate al decadimento e alla maceria urbana. In questa scelta possiamo ravvisare infatti un modo per articolare una crisi generale della città, proprio con quel ‘derelict houses’ di cui ci parla la comunità di B-Mor. Il testo però non si sofferma troppo sull’immagine delle rovine e delle macerie, ma sembra più interessato alle dinamiche di esclusione delle comunità. La presenza del relitto urbano, semmai, sembra più ascrivibile a quella colonizzazione dell’immaginario da parte degli eventi dell’11 settembre 2001, che si ripropongono attraverso la riarticolazione di quella distruzione del cuore della città – dove New York assurge a epitome della città occidentale e dell’idea del suo sviluppo e del progresso – che viene rappresentata con edifici quasi completamente crollati, dove calce e polvere non sono solo segni narrativi utili a indicare il tempo trascorso dal momento apocalittico – e i segni anche di una certa estetica della decadenza – ma efficaci e potenti agenti riattivatori del ricordo di quell’evento storico le cui immagini televisive sono per molti di noi ancora vividissime (e già allora, fin troppo simili ai vari film blockbuster americani sulla fine del mondo). Non casualmente le forme e le immagini di quella distruzione e delle macerie si ripropongono regolari nella letteratura e nella produzione cinematografica successiva in modi sempre nuovi ed estremamente interessanti che sono

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stati puntualmente indagati15, ma come sottolineavo nel caso del corpus di testi qui considerato, tale

immaginario della città in macerie e della città distrutta non è prevalente. Come dirò, anzi, i romanzi contemporanei ambientati dopo un evento catastrofico sembrano concentrarsi sulla fase successiva alla distruzione della città, come a chiedersi e a chiederci: cosa faremo dopo? Ci sarà ancora una città? Nelle counties, a differenza degli altri insediamenti, ovviamente non ci sono le telecamere, a sottolineare un’assenza di controllo e di caos inarrestabile. Parte di questo caos è collegato però come già accennavo, alle attività criminali con gli stanziamenti benestanti con i quali si è sviluppato una sorta di mercato nero in cui beni di prima necessità vengono scambiati con persone, spesso bambini delle colonie più povere che vengono rapiti o che si sono perduti fuori dai cancelli.

Vediamo ora invece come il personaggio di Fan, a fronte di questa configurazione distopica dello spazio caratterizzato dalla frammentazione delle comunità recintate, risponda con un gesto di rifiuto della propria comunità – e più in generale di questo sistema politico-spaziale distopico – che si articola nella decisione di lasciare il proprio insediamento e di mettersi in cammino.