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3. ON SUCH A FULL SEA

3.7 L’individuo utopico vs la comunità ideologica

Negli ultimi capitoli del romanzo, la voce narrante non solo racconta gli ultimi sviluppi delle avventure di Fan ma ci aggiorna anche sui cambiamenti avvenuti nella comunità durante l’assenza della ragazza. Dopo la sua partenza nessuno ha fatto domande su di lei o Reg, e non ha nemmeno iniziato a cercarli o a cercare di capire cosa fosse successo. Tempo dopo, l’allarme di un rischio di contaminazione del cibo si è diffuso nei Charter che hanno iniziato a sospendere le richieste alla colonia: improvvisamente, a B-Mor il pesce era diventato abbondante e economico. Dopo un primo momento di entusiasmo per l’improvvisa abbondanza, la comunità comprende che i Charter non vogliono comprare più il loro pesce. La popolazione, sorpresa, mette in relazione la crisi del mercato del pesce con la scomparsa di Reg e Fan, diventando impazienti e sospettosi della buona fede dei Charter, e via via convincendosi di esser stati volontariamente tenuti all’oscuro di qualcosa di importante. Iniziano così i primi accessi di ribellione della comunità. La popolazione così pacifica dello stanziamento sembra elaborare finalmente un impulso utopico che si manifesta in vari modi e momenti differenti:

We have noted the sundry demonstrations such as the chattering commentary on the web boards, snide and earnest and critical, if rarely outraged; the strange acting out at the ponds ad well as other, more disquieting, expressions, as seen in the plight of sorry Cousin Gordon; or the most recent sign, which is that a notable number of people are shaving their heads, men and women alike, some old and even few children (Lee 228).

Molti cittadini giovani e meno giovani, in una sorta di silenziosa ribellione impensata contro la direzione iniziano a rasarsi i capelli. Nessuno sa il perché, ma la voce narrante prova a immaginare l’effetto che farebbe, dopo il proprio turno di lavoro, tornare a casa e, davanti allo specchio del bagno, accendere il rasoio: “The first pass is horrid, as you would expect, though not for how awful it looks, but for how it feels, the sensation of an animal slowly prying itself from its shell” (229). Dunque, l’operazione viene associata a una sorta di nascita o rinascita, la presa di una nuova coscienza. E in

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effetti, più avanti, capiamo che questo era uno dei modi con cui la comunità stava gestendo tutti quegli episodi che traumaticamente – la scomparsa di Reg, la partenza di Fan, la morte di Joseph, la crisi del pesce – la stavano profondamente cambiando: “let everyone take in the alteration, let yourself become one more notation. For at some point each of us will be asked to embody what we feel and know” (229). Rasarsi il cranio diventa un modo per rappresentarsi il trauma, il cambiamento, e manifestarlo agli altri in un modo che esteticamente contrasta con la consueta anonimità dell’aspetto e del vestiario degli abitanti.

Ma la tensione a B-Mor non finisce qui. Iniziano infatti a comparire anche dei graffiti sui muri della colonia con scritte che chiedono di liberare Reg, accompagnate dal ritratto del ragazzo accanto a quello di Fan e sono sempre più frequenti:

Since they’ve been gone, B-Mor has not been the same place. We have mentioned the murals featuring their portraits, guerrilla-painted under cover of night, with other less prominent notations around the blocks becoming more and more a part of our everyday life (63).

Questi indizi sembrano dirci che la comunità abbia iniziato un processo significativo di critica dello status quo e di autoconsapevolezza, a partire da varie forme di manifestazione di disagio. Tuttavia, nonostante tale messa in discussione sia in fermento, forse non condiviso con lo stesso grado di consapevolezza da tutti e tutte (non ci viene detto), le fasi di totalizzazione e trasformazione successive alla trasgressione del processo utopico (Moylan), non conoscono un’evoluzione e la rivolta non esplode anzi, dopo un po’, rientra completamente. L’equilibrio di offerta-vendita del pesce viene infatti ristabilito e le agitazioni si affievoliscono fino a dileguarsi senza strascichi. Il processo di presa di coscienza e organizzazione non riesce ad articolarsi dunque in un movimento vero e proprio. La crisi si esaurisce, l’emergenza sociale rientra e qualunque traccia di un impulso utopico è completamente scongiurata e sedata. Gli abitanti del complesso tornano alle loro abitudini dopo che i Charter hanno certificato il buono stato delle vasche dei pesci.

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L’ordine antecedente al momento di insurrezione è stato restaurato, i capelli ricresciuti, e i poteri delle parti coinvolte, nel loro squilibrio, vengono forse anche più rinsaldati. Successivamente vengono approntati dei cambiamenti da parte della direzione ma questi non costituiscono innovazioni strutturali, anzi corroborano lo status quo e la sua stabilità anziché rompere i ‘legami esistenti’ di cui parla Mannheim: piccole riforme contestuali che non intaccano le reali relazioni di potere, anzi ricevono il plauso della popolazione che crede di vedere soddisfatte le proprie richieste.

La comunità degli abitanti a questo punto afferma che Fan sarebbe stata fiera di loro. Ora, ci viene detto, le cose sono migliorate e forse miglioreranno ancora per il bene collettivo, anche se non viene specificato cosa effettivamente adesso ci sia di diverso, ma la comunità può conservare il ricordo di Fan, non più utile però come esempio propulsore di rivolta, ma più simile a un ricordo statico scollegato dal loro presente. Appare evidente dunque che la popolazione non è mai riuscita a emanciparsi davvero dall’ideologia che permea la vita collettiva e individuale. Dopo un unico momento di potenziale irruzione dell’utopia, sono stati reintegrati nel sistema. Seguendo Mannheim, il teorico che ha diffusamente discusso il rapporto tra utopia e ideologia:

Only those orientations transcending reality will be referred to by us as utopian which, when they pass over into conduct, tend to shatter, either partially or wholly, the order of things prevailing at that time. In limiting the meaning of the term “utopia” to that type of orientation which transcends reality and which at the same time breaks the bonds of the existing order, a distinction is set up between the utopian and the ideological states of mind. One can orient himself to objects that are alien to reality and which transcend actual existence – and nevertheless still be effective in the realization and the maintenance of the existing order of things. […] Such an incongruent orientation became utopian only when in addition it tended to burst the bonds of the existing order (Mannheim 173).

L’utopia è tale, per Mannheim, solo se interrompe e scioglie i legami principali dell’ordine corrente, quelli che il teorico individua come “the bonds of the existing order” (173). Ogni atto minore rispetto

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a questo è un cambiamento solo fittizio che anzi rafforza, nella convinzione della propria radicalità, proprio quell’ideologia che aveva l’obiettivo di smantellare. Tale ‘colpo mancato’ è quanto avviene nella comunità di B-Mor, la quale, convinta di aver innescato il cambiamento, è ben lontana dall’averlo iniziato e anzi rafforza il sistema esistente dei rapporti di subordinazione rispetto ai Charter e alla direzione, in una testarda convinzione di essere invece riusciti a ottenere un cambiamento fondamentale.

È chiaro dunque che a questo punto soltanto la giovane Fan è riuscita a infrangere quell’ordine attraverso il proprio deliberato allontanamento. La scelta di partire per un motivo personale e privato – trovare il proprio compagno – ha permesso a Fan di evadere dalla realtà passiva e subordinata della sua colonia d’origine e di non farvi più ritorno. Dal racconto indiretto delle vicende che riguardano la protagonista, offerto dalla voce collettiva narrante della comunità, possiamo comprendere che Fan – a partire da quella forma di saggezza che la sua gente le riconosce – durante il suo percorso cerca di fare tesoro di quelle contraddizioni, delle ambiguità e delle menzogne di cui fa esperienza via via nei vari stanziamenti, dalle counties ai Charter, dopo ovviamente aver constatato che nel suo stesso stanziamento non solo nessuno l’avrebbe aiutata a ritrovare Reg, ma che la direzione stessa non aveva nessun interesse a farlo e anzi potrebbe essere coinvolta nella sua sparizione. Fan potrebbe aver iniziato semplicemente con un dubbio sulla bontà delle intenzioni di chi gestisce il suo complesso, ma man mano che si sposta nella sua ricerca della verità, accumula esperienze e conoscenza di come il mondo realmente funziona fuori da B-Mor, smascherando anche luoghi comuni e verità date per assodate: gli abitanti delle counties non sono tutti dei cannibali ma persone estremamente impoverite spinte all’illegalità ma capaci di aiuto disinteressato e di empatia, e quelli dei Charter sono tutt’altro che perfetti. Ovviamente, giunta a questo punto non può tornare indietro, il velo di Maya è caduto per lei – e con lei quello del lettore – dunque l’unica strada possibile è quella ancora da scrivere.

L’unico dato del quale, insieme alla protagonista, anche noi che leggiamo possiamo dirci certi, è la perseveranza necessaria per procedere verso un orizzonte ancora non completamente immaginato e la vertigine che implica il fatto di non conoscerlo. Il vuoto di questa vertigine è senza dubbio

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incarnato dal finale aperto del romanzo – come già sottolineato, in tal senso è una distopia critica a tutti gli effetti – mentre il fatto che Fan sia incinta rimanda (forse anche troppo didascalicamente) alla speranza, in quanto iniziatrice di una generazione per la quale tutto è effettivamente possibile e che rimane solo annunciata.

La sua distanza dalla popolazione di appartenenza è anche sottolineata in maniera significativa dalla voce narrante, su cui vale la pena soffermarci di nuovo brevemente. Dal mio punto di vista, è probabile che Chang-rae Lee abbia scelto la voce della comunità come megafono narrativo degli eventi per rendere ancora più evidente il livello di compromissione con l’ideologia incarnata e promulgata dalla direzione e i suoi apparati operativi. La mentalità della popolazione sembra impermeabile a qualunque dubbio o afflato di speranza, anzi come si è visto sono convinti che, nonostante la loro scarsezza materiale, il loro stile di vita sia invidiabile anche dal più ricco dei Charter. La scelta narrativa di presentare le vicende dal loro punto di vista sembrerebbe una buona strategia per consentire all’autore di aggiungere un livello ulteriore di complessità alla relazione tra individuo e società, portando in superficie l’ambigua adesione della popolazione al sistema di controllo e manipolazione a cui è sottoposta.

Non solo: la voce narrante favorisce l’ingresso di chi legge nella dinamica utopico-distopica del romanzo, perché qui si palesa l’attrito tra come la comunità si percepisce in relazione agli eventi narrati, contribuendo tra l’altro a un certo livello di ironia del testo. Un esempio è quando la comunità commenta il fatto che Fan era sempre sembrata a tutti una concittadina e lavoratrice devota e che quindi la sua partenza improvvisa equivale, dal loro punto di vista, a un rifiuto non solo della vita a B-Mor, ma anche della comunità stessa, dimostrando l’incapacità di compiere qualunque sforzo empatico e un’ottusità tale che impedisce di decifrare la personalità della ragazza, un’insufficienza di immaginazione che si ripercuoterà sulla loro incapacità di leggere anche la propria condizione. Per loro, la versione migliore di se stessi è stata già raggiunta: “And have we not lasted long enough to dare to say all the hopes of our forebears have come true? Have we not done the job of becoming our bestselves?” (Lee 21). La consapevolezza critica della posizione in cui ci si trova, quella componente

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dell’utopia che ci permette di leggere lo status quo individuandone i difetti, necessaria per iniziare a formulare una possibile alternativa, non appartiene alla comunità di B-Mor, che in tal senso fallisce come soggetto utopico.

Nel prossimo romanzo, Station Eleven, incontreremo invece una comunità particolare – la cosiddetta Travelling Symphony – che contrariamente alla popolazione di B-Mor rifiuta la chiusura e l’esclusione riuscendo a coltivare la speranza, a ‘educare il desiderio’ diremmo con Levitas, innanzitutto riconoscendo lo stato distopico del proprio mondo al quale il gruppo oppone un progetto molto particolare: la lettura e la messa in scena delle opere di Shakespeare.

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