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2. IL CORPUS: LE DISTOPIE CRITICHE

2.2 IL GENERE DISTOPICO

2.2.3 Utopia, memoria e nostalgia critica

In un saggio in Utopia, Method, Vision: The Use Value of Social Dreaming (2007), Baccolini afferma come abbiamo visto – e come la studiosa afferma anche altrove5 – che i due tratti distintivi

fondamentali di questo nuovo sottogenere della distopia sono il mantenimento della speranza all’interno del testo attraverso il rifiuto del finale chiuso, e attraverso la commistione tra generi letterari, così da trasferire a questo aspetto formale quel rifiuto epistemologico di una fantomatica “purezza” e dell’univocità delle categorie proprio della critica femminista e funzionale alla messa in discussione di una conoscenza che pretende di essere obiettiva e neutrale.

[…] dystopia is traditionally a bleak, depressing genre with no space for hope within the story, where utopia(n hope) is maintained outside the story: it is only if we consider dystopia as a warning that we as readers can hope to escape such a pessimistic future. This option is not granted, for example, to the protagonists of George Orwell’s classical dystopia, Nineteen Eighty-Four, who are crushed by the totalitarian society. Conversely, recent novels such as Margaret Atwood’s The Handmaid’s Tale, Le Guin’s The Telling, or Butler’s Parable series allow readers and protagonists to hope by resisting closure: the ambiguous open endings of these novels maintain the utopian impulse within the work. (Baccolini, Finding 165)

Inoltre, la distopia critica apre la possibilità che soggetti non considerati nel discorso egemonico possano affermare una propria agency e articolare la propria identità.

Un terzo aspetto però che la studiosa ascrive come specifico di queste distopie critiche in particolare in quelle scritte da donne, è che l’impulso a resistere lo status quo della società distopica viene supportato in maniera significativamente evidente dal risanamento della memoria – individuale

5 Oltre al saggio “Gender and Genre in the Feminist Critical Dystopias of Katharine Burdekin, Margaret Atwood and

Octavia Butler” (2000) su cui mi sono soffermata nel paragrafo precedente, Baccolini torna in Dark Horizons (2003) sulle distopie critiche e il loro rapporto con la memoria nell’analisi del romanzo di Le Guin, The Telling.

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e collettiva – e dalla capacità dell’individuo di leggere e scrivere. In questi testi non sarà casuale trovare personaggi che assecondano un ritorno alla memoria ricorrendo alla scrittura, al racconto, ispirati dal desiderio di fornire una propria narrazione degli eventi ribadendo appunto la propria identità ed esercitando una propria agency.

Purtroppo, osserva Baccolini, il tema della memoria negli studi utopici non è stato adeguatamente studiato:

Despite the fact that, as Gayle Greene says, “memory is especially important to anyone who cares about change, for forgetting dooms us to repetition; and it is of particular importance to feminists,” the importance of memory in utopian studies has not been adequately underlined (291). I think, instead, that an emancipatory notion of memory is fundamental to our discussion of Utopia. (Baccolini, “Finding” 167)

È soltanto con Ernst Bloch e Walter Benjamin che Baccolini rintraccia finalmente un fondamentale legame tra le due: per entrambi i filosofi, solo se la memoria è riattivata insieme a una capacità di distinguere nel presente, può essere associata alla speranza. Come ha riconosciuto anche Vincent Geoghegan (1990, 58), Bloch infatti parla di anamnesis (‘recollection’) opposta alla anagnorisis (‘recognition’): la prima è conservativa e implica un recupero acritico del passato6, la seconda stimola

un confronto inesausto col presente, il quale introduce un elemento di novità con cui si rapporta al passato. Benjamin invece sottolinea quanto sia importante avere una presa cosciente sulla memoria mentre nuove minacce insidiano il presente, soprattutto in riferimento a chi è soggetto a discriminazione e dunque messo più sistematicamente a tacere, un’esclusione che come sappiamo

6 Baccolini osserva quanto sia fuorviante la metafora della memoria quale “deposito” (storage): un contenitore passivo

da cui prendere o lasciare, la cui neutralità è, come si può comprendere, dannosa e fuorviante. Come ci insegnano le distopie classiche, ogni gesto relativo alla memoria o al semplice ricordo è significativo anche quando è mancante, anzi proprio in tal caso si perpetra un rimosso politico sicuramente dannoso (come potrebbe essere la scelta, ad esempio, di non commemorare determinati anniversari o determinate vittime).

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conobbe Benjamin stesso e che determinò la sua fine. Per lui e per Bloch, dare voce alla memoria è dare voce alla speranza. Con parole che oggi acquisiscono una nuova e necessaria urgenza, Baccolini sottolinea e avvisa: “Historical amnesia therefore leads us toward Anti-Utopia and creates a false sense of the past as a better time” (171).

Se la memoria può dunque avere un utilizzo positivo e negativo, possiamo dire lo stesso della nostalgia? Solitamente la nostalgia è associata a una memoria conservativa e reazionaria7 e come

osserva Baccolini, non sorprende che gli studi femministi non l’abbiano eletta al centro delle loro attenzioni – “feminists have little to be nostalgic for” (Baccolini, “Finding” 173) – e generalmente molte studiose (Baccolini cita Greene, Rich, Doane e Hodges) riconoscono che è uno strumento utilizzato spesso a scopo reazionario, per obliterare le conquiste storiche delle minoranze e invocare il ritorno a vecchi rapporti di potere in un passato dichiarato desiderabile, ma in realtà oppressivo e discriminatorio. In tal senso, a sottolineare la specificità cruciale della prospettiva di genere nello studio della memoria è in particolare Rita Monticelli8, la quale sottolinea:

[…] l’immissione del parametro del gender potrebbe aiutare ad illuminare i meccanismi di formazione della memoria culturale tra pubblico e privato, ideologia individuale e delle collettività. In questa prospettiva, la storia identitaria delle donne è una counterhistory, una contro-storia, un ricordare attivo che riporta alla luce storie dimenticate mettendo in discussione la Storia come spazio neutro, oggettivo. (90)

Una prima riconsiderazione della nostalgia, tuttavia, è quella tentata da Fredric Jameson, il quale afferma che la nostalgia può costituire uno “stimolo rivoluzionario” (Marxismo 99), solo se

7 Baccolini ne ricorda la specificità italiana per cui col nome di “nostalgici” com’è noto, ad esempio, si identificano gruppi

simpatizzanti del regime di Mussolini che ancora oggi ne auspicano un ritorno sotto varie forme.

8 La studiosa auspica un’interconnessione tra women’s studies e studi della memoria che si arricchisca di una prospettiva

postcoloniale (grazie tra gli altri, a Bhabha e Spivak) e che contribuisca alla decostruzione della memoria ufficiale, statica e monolitica che discrimina, rimuovendole, le diverse identità e soggettività effettivamente coinvolte.

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autoconsapevole, “una insoddisfazione, lucida e senza rimorsi, del presente, motivata da un ricordo di pienezza” (99). La distinzione inoltre proposta da Boym tra nostalgia ristorativa – una nostalgia come recupero indiscriminato del passato – e una nostalgia riflessiva, appare già lucida nel comprendere l’eventualità di una nostalgia finalmente positiva che è allo stesso tempo infusa dal desiderio e da un pensiero critico.

Ecco dunque che è proprio a partire dal desiderio che, secondo Baccolini, possiamo ripensare la nostalgia legata all’utopia, dal momento che il desiderio è non solo presente ma costitutivo di ciascuna di esse:

Both are informed by desire: it is desire for a better change that moves Utopia, and it is desire for a lost place and a lost time that characterizes nostalgia. In addition, nostalgia and utopian tradition are connected through displacement: while a utopia leaves its readers/visitors displaced, suspended between the knowledge of their society and the discovery of the new one, nostalgia similarly evokes displacement, the loss of a place or a time, in those who experience it. Nostalgia, then, can be seen as the refusal to let go of the past in its attempt to recover the irretrievable and to open a space for the possible. (Baccolini, “Finding” 175)

Il passato viene in tal modo posto sotto esame, non recuperato acriticamente e così facendo, nel presente, è in grado di funzionare da stimolo per il cambiamento.

Chi è giunto più vicino, per Baccolini, a mostrare il legame tra nostalgia e utopia è Elspeth Probyn che definisce la nostalgia “not as a guarantee of memory but precisely as an errant logic that always goes astray” (176), e che suggerisce di utilizzare la nostalgia nel racconto della propria storia “with the fervor of the possible, not the implacability of truth-telling” (176). Se la nostalgia, nel senso più comune di desiderio di ritorno acritico al passato, è una nostalgia regressiva lo dimostrano le distopie classiche, come nel caso di Winston, il protagonista di Nineteen Eighty-Four che vorrebbe un ritorno a una fantomatica “età dell’oro”: è proprio invece nel passato che andrebbero indagate le cause della condizione che ora lo opprime.

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Per le distopie critiche invece scritte da donne, come The Handmade’s Tale di Margaret Atwood, o il racconto When It Changed di Joanna Russ, Baccolini mostra9 che la nostalgia non ha

una funzione regressiva, ma chiama in causa il passato per rileggere il presente, pensando a cosa sarebbe potuto accadere, mettendo a fuoco le responsabilità che hanno portato agli eventi del momento critico che si sta vivendo. Questo aspetto è presente nelle protagoniste dei romanzi che analizzerò: il ritorno della mente al proprio passato, non è mai ingenuo e scevro da contraddizioni, né certamente motivo di sollievo o allegria, per esempio per Kirsten in Station Eleven. Spesso vi è un senso di malinconia, quest’ultima riconosciuta da Baccolini in quanto tipicamente presente in questo tipo di protagoniste che, mantenendo la speranza, rimangono comunque vigili e perfettamente consapevoli degli errori del passato.

È dunque con un approccio di tipo femminista che la memoria e la nostalgia cessano di essere considerate delle modalità di recupero, passivo e idealizzante, del passato, anche perché è proprio nel passato che si sono sviluppate le condizioni che hanno portato allo status quo. Semmai ciò che è auspicabile, oltre al desiderio, per una nostalgia che sia davvero critica è un’analisi delle azioni precedenti, utile a non ripeterle nel futuro, con particolare riguardo per quelle che vanificherebbero nel presente le nostre conquiste fondamentali.

Contestualmente all’analisi dei romanzi, e in particolare di Station Eleven, mostrerò come il tema della memoria legata all’impulso utopico viene esplicitamente preso in carico da uno dei personaggi principali, la giovane Kirsten. Kirsten vive in un presente distopico in cui la sua vita e

9 Baccolini ha esplorato estensivamente le distopie critiche scritte da donne, oltre che negli studi già citati, anche in

“Journeying through the Dystopian Genre: Memory and Imagination in Burdekin, Orwell, Atwood, and Piercy” (Baccolini 1996). Come ho cercato di mostrare, l’apporto critico di questa lunga ricerca a più riprese è la messa a fuoco di una specificità delle distopie critiche quale recente e fervidissimo laboratorio per l’utopia, ora mantenuta all’interno del testo (gli altri elementi, come si è detto, sono ascrivibili a una lettura critica di stampo femminista: il finale aperto, l’erosione dei confini tra generi letterari, l’attenzione per la scrittura e la lettura, la nostalgia critica).

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quella delle persone a lei vicine è costantemente a repentaglio, nonostante abbia ritrovato una parvenza di normalità grazie al gruppo della Travelling Symphony, a cui ora si è affiliata, e per le relazioni che sono nate all’interno del gruppo. Come si confronta però col proprio passato? Da un lato, è presente una nostalgia positiva nei confronti di una determinata parte del proprio passato, unita alla volontà di ricostruire la propria identità obliterando attivamente la parte di sé con cui non si riesce a fare i conti. In tal caso si conferma l’aspetto della scrittura legata positivamente alla memoria rilevata da Baccolini nelle distopie critiche scritte da autrici donne: nel romanzo di Mandel, il personaggio principale (Kirsten) ha la possibilità di raccontare la propria storia, e proprio leggendo la sua storia un altro personaggio può entrare in contatto con lei. La scrittura è legata a una nostalgia per il passato della propria civiltà, ma serve anche come proiezione di sé, e come memoria scritta per i posteri. Inoltre, va menzionato che in relazione alla memoria, il Museum of Civilization ideato dal personaggio di Clark, come vedremo, è un altro elemento che lega positivamente la memoria con la speranza, riuscendo a mostrare come nonostante un sentimento di nostalgia per il passato, ciò non impedisca di rideclinare il desiderio verso nuovi orizzonti futuri: è proprio dall’aeroporto infatti che una nuova città viene avvistata.

La ricostruzione teorica del genere distopico che ho cercato di realizzare in questo capitolo, è stata necessaria per fornire un importante orizzonte di riferimento del genere prima dell’analisi dei testi che condurrò nei prossimi capitoli, dal momento che mi ha permesso di individuare quelle specificità estetico-formali e di contenuto che ritroveremo ampiamente nei romanzi.

Infine, è fondamentale sottolineare quanto la ricchezza del genere distopico, soprattutto nella sua più recente evoluzione nella forma delle distopie critiche, dimostri quanto il testo utopico – inteso in senso più generico – non solo non cessi mai di rinnovarsi, ma soprattutto, non smetta mai di permettere inedite riarticolazioni della propria materia prima: la speranza. Come si vedrà, i romanzi contemporanei considerati nella presente ricerca costituiscono una testimonianza di tale tendenza.

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