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Il soggetto utopico in transito: perché sopravvivere non è sufficiente

4. STATION ELEVEN

4.4 Il soggetto utopico in transito: perché sopravvivere non è sufficiente

Il gruppo della Travelling Symphony, nonostante si muova in uno spazio fortemente distopico, rappresenta per due elementi principali l’unico impulso utopico incarnato in dei personaggi presente nel romanzo: in primis per la sua scelta esplicita di intrattenere i superstiti con i drammi di Shakespeare e, aspetto più importante, per la propria spiccata scelta di un’esistenza diasporica.

Nonostante le difficoltà e i pericoli maggiori ai quali i suoi membri sono continuamente esposti nel mondo postpandemico, attori e musicisti perseguono il loro nobile compito di suonare, cantare e recitare Shakespeare per restaurare un senso di fiducia e comunione al loro stremato e improvvisato pubblico. Come ha sottolineato Philip Smith (2016) nella sua interessante ricognizione sui rapporti che il romanzo di Mandel intrattiene con l’opera di Shakespeare, in primis per l’attenzione al postapocalittico centrale in molte opere del famoso autore inglese, il ruolo positivo dell’orchestra è legato alla scelta del dramma da rappresentare in pubblico nelle prime pagine del romanzo, dal momento che la scelta di Sogno di una notte di mezza estate non è casuale. Oltre infatti ad essere stata la prima opera scritta da Shakespeare nel 1594, dopo due stagioni teatrali di chiusura forzata per un’epidemia di peste – cosa che dunque si ripete nel romanzo con la sua messa in scena dopo la pandemia della Georgiana – è anche un’opera che ha a che fare con la rinascita, soprattutto perché si pensa che sia stata scritta in occasione di un matrimonio e dunque quale augurio di un nuovo inizio:

It is not a play about the end, therefore, but about revival and, if the wedding thesis is true, new beginnings. The players of the Travelling Symphony decide against

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performing King Lear or Hamlet – Shakespeare’s two most apocalyptic plays – because, in a post-apocalyptic setting they are too “depressing” (44). They choose a Midsummer Night’s Dream because, in a time when the apocalypse is very much apparent, the staging of revival does not simply act as a form of escapism, but a catalyst for recovery. (Smith 294)

L’orchestra rifiuta di mettere in scena opere shakespeariane decisamente apocalittiche e cupe come Re Lear e Amleto, e preferisce un dramma che diventa veicolo non di mero escapismo ma di ‘recovery’ che significa non solo ‘ripresa’ ma anche, e più significativamente se pensiamo alla peste, ‘guarigione’. Smith non menziona nel suo articolo l’utopia, ma è chiaro che il gruppo di attori e artisti incarna già in questa scelta un impulso utopico, perché manifestamente si preoccupa di dare speranza a chi si ritroverà ad ascoltarli. Da questo punto di vista, il loro pubblico di superstiti si sovrappone idealmente a quello inglese del 1594.

Dunque, sin dalla sua apparizione nel romanzo, e nonostante si muova in uno spazio incerto e selvaggio, comprendiamo che il ruolo dell’orchestra è quello di essere depositaria di un desiderio di rinascita, di speranza. Una speranza che però viene restituita anche ai suoi stessi membri per i quali essere parte, a propria volta, del gruppo soddisfa il bisogno di appartenenza, di sentirsi sicuri e parte di una comunità. In una parola, la Travelling Symphony è la loro casa:

People left the Symphony sometimes, but the ones who stayed understood

something that was rarely spoken aloud. […] the Symphony was their only home. (Mandel pos. kindle 727 di 4941)

A fronte di questa dispersione dei sopravvissuti in condizioni estreme che li porta alla diffidenza più tenace, il fatto di partecipare e continuare a scegliere di essere parte dell’orchestra fa sentire i vari artisti protetti, tanto che la compagnia itinerante, più di ogni altro stanziamento incontrato, merita il fondamentale appellativo di ‘home’, casa, un termine che non viene coinvolto nemmeno all’aeroporto di Severn City. È grazie alla teorica del margine e femminista bell hooks però, che riusciamo ad

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avvicinarci a questo nuovo significato di ‘casa’ per la comitiva protagonista, attraverso una prospettiva mobile, più articolata e che rinuncia alla fissità del singolo spazio:

At times, home is nowhere. At times, one knows only extreme estrangement and alienation. Then home is no longer just one place. It is locations. Home is that place which enables and promotes varied and everchanging perspectives, a place where one discovers new ways of seeing reality […]. (hooks 205)

Se, come afferma hooks, unitamente all’alienazione e allo straniamento che si possono provare, ‘casa’ non coincide con alcun luogo – come è il caso dei sopravvissuti di Station Eleven – allora ciò che consideriamo casa può non ritrovarsi in un luogo, ma in varie ‘locations’: quelle tra le quali la Travelling Symphony si sposta per recitare Shakespeare, occasioni utili tra l’altro per scoprire nuove prospettive e nuove interpretazioni della realtà, ma anche le carovane stesse, riconvertire a riparo e abitazione nei momenti di pausa di un viaggio e durante la notte. Infine, in un senso molto vicino a un impulso utopico che è insieme desiderio e processo, bell hooks contribuisce a intrecciare la dispersione, come la diaspora intrapresa da Kirsten e la compagnia, con la proiezione verso un nuovo orizzonte:

One confronts and accepts dispersal and fragmentation as part of the construction of a new world order that reveals more fully where we are, who we can become […] (205)

Dunque, l’accettazione dello sradicamento è funzionale per il raggiungimento di una realizzazione di ciò che saremo o di ciò che potremo essere: le parole di hooks paiono confermare l’ipotesi di un impulso utopico intrecciato inestricabilmente con uno status diasporico.

Nel contrasto con la vita sedentaria nelle ‘non-città’ del postpandemia in cui non c’è fiducia nel prossimo e si condivide uno stato di pericolo, l’orchestra, in costante movimento, viene infatti caratterizzata come unico riparo sicuro, dunque la sua attività itinerante, di gruppo dedicato alla diffusione della bellezza delle opere di Shakespeare, viene rappresentata come preziosa e necessaria:

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What was lost in the collapse: almost everything, almost everyone, but there is still such beauty. Twilight in the altered world, a performance of a Midsummer Night’s Dream in a parking lot in the mysteriously named town of St. Deborah by the Water. (Mandel pos kindle 865 di 4941)

Dopo l’estinzione di massa e le difficoltà di sopravvivenza legate al cibo, alle malattie e alla violenza, sembra quasi un miracolo poter ancora assistere allo spettacolo di un dramma di Shakespeare. Nell’era in cui si è privati di internet e del volo aereo, poter ascoltare e guardare di nuovo Sogno di una notte di mezza estate sembra tutto sommato una fortunata circostanza. In questi passaggi si evince quanto la speranza sia incarnata dal gruppo di musicisti e attori, in forte contrasto con il mondo circostante, in cui la pericolosa deriva violenta è quasi all’ordine del giorno, in particolare con il gruppo del culto post-apocalittico del Profeta.

Nonostante i contrasti interni, tipici per qualsiasi gruppo umano che viva a stretto contatto, la comitiva mantiene una certa serenità e determinazione, riassumibile nell’inequivocabile monito scritto sui loro carri:

All three caravans of the Traveling Symphony are labelled as such, THE

TRAVELLING SYMPHONY lettered in white on both sides, but the lead caravan carries an additional line of text: Because survival is insufficient. (pos. kindle 880 di 4041)

“Perché sopravvivere non è sufficiente”: una citazione da Star Trek che Kirsten, non casualmente, si è anche tatuata su un braccio. Nel mondo post-apocalittico dove i bisogni primari faticano ad essere soddisfatti, è possibile ancora contemplare un momento di bellezza: abbiamo ancora Shakespeare.

La combinazione di questo forte senso di speranza unito al rifiuto di stanziarsi rende la vita della comitiva un’alternativa utopica alla vita distopica nei vari stanziamenti, nei quali, in nessun punto del romanzo, fatta eccezione per Charlie che deve partorire, i membri vogliono fermarsi a vivere. Significativamente, non vogliono infatti stanziarsi nemmeno nell’aeroporto di Severn City,

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per quanto esso costituisca in effetti un’eccezione rispetto al resto degli accampamenti. Inoltre, nonostante vogliano dirigersi a vedere la città avvistata dall’aeroporto alla fine del romanzo, quando si congedano affermano che andranno in luoghi che potrebbero essere pericolosi, mantenendo dunque uno stato itinerante e senza il progetto di rimanere nella città scoperta in lontananza, una volta raggiunta. La Travelling Symphony, sin dal nome, sembra ricalcare in questa scelta di deliberato sradicamento quanto Deleuze e Guattari affermano non solo sul nomadismo, ma significativamente sul nomadismo in relazione al compito dell’artista:

In questo modo Deleuze/Guattari, prendono le distanze da una lettura del nomadismo che, irrigidendo la polivocità semantica del verbo nemein, ne rileva, come ha fatto C. Schmitt, solo il senso dell’appropriarsi, dell’occupare la terra secondo la maniera tipica di un nómos sedentario che fonda la sua sovranità sulla radicale discriminazione del diverso. Un nómos al quale essi contrappongono la dinamicità e la pluralità di un abitare che non appropria né funzionalizza lo spazio. […] una tensione che si attua in una relazione creativa col mondo e con l’ambiente che ci circonda e che ci induce ad assumere il nostro spazio, come luogo aperto per un abitare rischioso e transitorio. Un’inquietudine dell’essere propria dell’uomo passionale, la “virtù” di chi fa del viaggiare non una fuga dal mondo ma la messa in atto di un’incessante ricerca di sé e dell’altro, poiché è dall’altro, dal non-ancora che ci viene quel doloroso senso di spaesamento e di insoddisfazione che abbiamo, da sempre, tentato di mascherare nelle rappresentazioni della coscienza e che dobbiamo invece affrontare, facendo dello sradicamento la nostra propria possibilità d’essere. (Di Marco 271)

In questo passaggio l’importanza dello sradicamento quale premessa per una ricerca di sé e dell’altro, sembra convergere con la linea di pensiero di hooks che abbiamo visto, e con la generale affermazione dell’importanza di uno status diasporico, uno status mobile riconosciuto anche nella formulazione del

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‘soggetto nomade’ auspicato da Rosi Braidotti (2011). Deleuze e Guattari proseguono, sempre nella ricostruzione di Di Marco, sul ruolo dell’artista che dovrebbe fare proprio tale sradicamento:

Per questo il compito proprio dell’artista, oggi, è quello […] di far sì che la stessa razza umana divenga un “popolo cosmico” raccolto e distribuito in una “terra cosmica, è questo il voto dell’artista-artigiano, qui o là, localmente”, attraversare, errare, aver cura del territorio, dunque, e non dominarlo per produrre, praticando, così, un nuovo modo d’esistere, un indecidibile esser-col-mondo-nel-mondo. (271)

Ed è proprio un nuovo modo di esistere che la Travelling Symphony e Kirsten con lei, sta cercando di praticare, incarnando in questo proposito un impulso utopico: proprio nel suo essere indissolubilmente legato a uno stato di mobilità, a sottolineare che l’obiettivo non è fondare un nuovo stanziamento, ma continuare a mantenere alta la fiducia in una possibilità di felicità condivisa più a lungo termine che ancora deve arrivare.

Potrebbe accadere con la città avvistata? Non ci viene detto. In tal senso viene ribadito il nucleo centrale delle distopie critiche, in quanto depositarie di una speranza all’interno del testo che si associa a un’idea di utopia come processo in divenire, da farsi, e dunque da raggiungere mettendosi in cammino. L’utopia, svincolandosi da un’idea statica che la soggioga a modello e progetto, si rinnova nel romanzo come processo incarnata nella maniera più efficace in un soggetto in transito.

Inoltre, in questo persistere nel loro viaggio di intrattenimento e in qualche modo di educazione dei superstiti, possiamo associare questo gruppo di personaggi al concetto di utopia come ‘education of desire’, discusso da Ruth Levitas: non vi è solo un desiderio, una speranza, ma la necessità di coltivare, educare quel desiderio per trasformarlo in un momento di radicalità e di cambiamento in un futuro non troppo distante dal presente nel quale siamo soggetti desideranti.

Infine, il personaggio di Kirsten, un po’ secondariamente rispetto all’Orchestra, sembra ribadire questa positività legata alla mobilità, anche se mantiene un certo dissidio interiore e relativo

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al proprio passato. Ha pochi distinti ricordi della sua vita prima del collasso e conosce presto la violenza. È un personaggio che vive tra due mondi e due epoche:

Enter Lear,” Kirsten said. Twenty years earlier, in a life she mostly couldn’t remember, she had had a small nonspeaking role in a short-lived Toronto production of King Lear. Now she walked in sandals whose soles had been cut from an automobile tire, three knives in her belt. (Mandel pos. kindle 510 di 4654)

Kirsten vive un contrasto doloroso tra presente e passato, col quale ci abituiamo a collegarla da qui in avanti: la stessa persona che anni prima era stata un’attrice bambina, ora è costretta a camminare su sandali ricavati da copertoni e indossa una cintura con tre pugnali che ha usato e userà ancora per difendersi.

Dopo la diffusione della Georgiana, da vero e proprio ‘soggetto nomade’ Kirsten ha passato un anno spostandosi con suo fratello da Toronto a una città dell’Ohio dove si sono fermati fino alla morte accidentale di lui, dopodiché si è unita all’orchestra. Dalla sua storia, comprendiamo che Kirsten ha attraversato momenti molto traumatici e la cosa che il suo personaggio sembra comprendere più di ogni altra è che si può sopravvivere a un trauma e perfino uccidere, ma è difficile convivere con la propria parte assassina. Ma ecco che rispetto al proprio passato ‘distopico’, Kirsten si configura come un soggetto utopico e in grado di affermare la propria agency.

Come abbiamo visto (cfr. 4.3) infatti, Kirsten chiede espressamente a Diallo di non scrivere che ha ucciso delle persone. In tal senso, la giovane agisce sulla memoria che vuole lasciare ai posteri.

A ulteriore conferma del proprio status di soggetto che persegue una forma di resistenza, Kirsten ha il tatuaggio, menzionato in precedenza, che dice: ‘Because survival is insufficient’, la frase apposta anche sui carri del gruppo. È il segno inequivocabile che il suo personaggio incarni lo stesso spirito della comitiva itinerante, quella stessa speranza che, seppur fievole e conscia di un passato che vuole in parte dimenticare, la spinge a perseverare nella ricerca della bellezza e delle proprie memorie, come abbiamo visto nell’episodio della sua ricerca nelle case abbandonate insieme a August. Inoltre,

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la vita in transito con l’orchestra le permette di recitare, cosa che riesce ad emozionarla in maniera speciale:

The audience rose for a standing ovation. Kirsten stood in the state of suspension that always came over her at the end of performances, a sense of having flown very high and landed incompletely, her soul pulling upward out of her chest (Mandel pos. kindle 886 di 4941).

Come ho già sottolineato, il romanzo si chiude con la scoperta della rete elettrica in lontananza, un ‘indizio’ di città, come il suo gruppo non è impaziente di andare a vederla, così Kirsten non manifesta questo desiderio e conferma la scelta del gruppo per una mobilità permanente. Vedremo ora come nel terzo ed ultimo romanzo del corpus di analisi MaddAddam (Atwood 2013), seppur articolata in maniera differente tale condizione accomuni anche le figure dei Gardeners e dei MaddAddamites (cfr. 5). Anche per loro lo sradicamento sembra costituire una formula di resistenza, oltre che gesto più spiccatamente politico ugualmente funzionale all’utopia.

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