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Creazione, rivelazione, redenzione.

Parte seconda: Analogia-Logica.

7. Creazione, rivelazione, redenzione.

La prospettiva filosofica operante nella Parte Seconda della Stella inverte la supremazia dell’equilibrio logica- linguaggio in favore di quest’ultimo, favorendo un movimento speculativo che illumini, per così dire, “ dall’interno”270 i tre Urphänomene.

La logica della Parte Prima, che utilizzava come οργανον la formidabile simbolicità della matematica, viene ora supplita dalla realtà concreta del linguaggio che, mettendo in comunicazione le tre sostanze, si articola come οργανον interno della loro vita.

L’idea, che è all’origine del percorso filosofico tradizionale, per cui la perfetta trasparenza e traducibilità univoca del concettuale possa e debba essere indifferente al linguaggio, viene qui messa in discussione sin dalle sue fondamenta. La domanda che Rosenzweig si pone è la seguente: “ Cosa può essere il linguaggio per la filosofia?”. Se già infatti nella Parte Prima il dominio della logica deduttivo-metafisica ha comunque trovato nella capacità metaforica del linguaggio quella potenzialità errante e illuminante che ha mostrato il limite dell’impostazione oppositiva complice di ogni metafisica che si sia posta il problema della verità e che ha per questo relegato la metafora in un ambito separato, caratterizzato dal verosimile, ora esso come differimento, apertura di distanza in riferimento alla cosa, diviene sempre più risorsa, per dirla con Derrida, poiché non vi è filosofia che non sia detta, raccontata, all’interno dell’ espressività stessa. Il linguaggio, de factu limite invalicabile per la filosofia

270 “ […] mentre il primo libro affronta il reale( vale a dire le tre sostanze elementari) dall’esterno, il secondo lo descrive dall’interno”. S.Mosès, Système et Rèvèlation, op.cit., pag. 77.

dell’univocità, diviene luogo ermeneutico di incontro tra un’eccedenza e un φιλοσοφειν non più caratterizzato dall’esclusività.

Tale inedita impostazione filosofica, che mai tradisce il rigore e l’universalità che le compete, e che si tiene quindi ben lontana dalle spire di qualsivoglia prospettiva del “punto di vista”, diviene così espressione e custode della creazione.

Il problema, che è problema filosofico, di pensare ed esprimere in che modo la chiusura delle tre sostanze si apra a reciproche interazioni, così come avviene nella creazione, rivelazione e redenzione, attiene alla possibilità stessa di un pensare che sempre più si spogli di reiterate certezze e si ponga in ascolto del tempo. Ci dice argutamente Levinas a questo proposito

L’entrata in relazione si compie non per l’azione dello sguardo sinottico del filosofo, ma per la vita stessa degli elementi che straripa al di là della loro essenza, dando luogo al tempo. La vita, miracolo dei miracoli, fatto originale della religione! Dio entra in rapporto con il mondo e con l’uomo, l’uomo con il mondo. La religione non è qui una “confessione”, ma la trama o il dramma dell’essere, prima ancora della totalizzazione della filosofia. Ma questo rapporto instaurato dalla vita non è un legame formale o una sintesi astratta. E’ ogni volta specifico e concreto. Dio e i mondo: la congiunzione è per l’appunto Creazione. Dio e Uomo, il legame è per l’appunto Rivelazione. L’Uomo e il Mondo (ma l’uomo già illuminato dalla rivelazione e il mondo già segnato dalla creazione): è per l’appunto la Redenzione. Creazione, Rivelazione e Redenzione fanno così il loro ingresso nella filosofia con la dignità di “categorie” o di “sintesi dell’intelletto” per esprimersi in un linguaggio kantiano.271

Le parole di Levinas, anch’esse declinate secondo una metafora, la metafora dell’ordito dell’essere, ci rendono più chiaro l’intento rosenzweighiano nella Parte Seconda, che appare dunque orientato a render ragione della vitalità delle relazioni tra le sostanze attraverso un pensiero connotato temporalmente e inscindibile dalla viva esperienza religiosa. L’esperienza religiosa, diversamente dalla teologia secolarizzata e razionalistica, deve cogliere la correlazione tra Creazione, Rivelazione e Redenzione come Ereignis, ovvero nella sua dimensione temporale di evento; nello stesso tempo essa indica nella correlazione il nodo su cui la riflessione filosofica deve esercitarsi. La metafora levinasiana infine coglie un altro elemento

271 E. Levinas, Franz Rosenzweig: une pensée juive moderne, in « Revue de Théologie et de Philosophie », XCVIII (1965), n.4, pag.208-221 ; tr.it. a cura di F.P.Ciglia, Fuori dal Soggetto. Buber, de Waelhens, Jankélévitch, Leiris,

importante di questa impostazione: la ricchezza dei fili dell’ “ordito dell’essere” costringe la riflessione filosofica a passare dal piano della logica matematica e delle parole originarie a quello della logica grammaticale, della viva parola operante nel linguaggio, in grado di affrontare efficacemente le relazioni poste nel tempo.

Il linguaggio si arricchisce così di valenza speculativa, facendosi οργανον di conoscenza interna dei tre elementi, i quali a loro volta tramite quest’ultimo si aprono all’esistenza: il mondo racconta in terza persona la sua creazione, l’uomo dialoga con l’alterità nella rivelazione, il mondo e l’uomo vivono la parola messianica nella redenzione.

Le tre sostanze, definite da concetti teologici, come detto in precedenza, indicano il terreno teoretico in cui il linguaggio ottiene tale ruolo privilegiato: il rapporto tra fede e sapere.

Teologia e filosofia vengono ripensate nell’ottica dell’impostazione rosenzweighiana, che da una parte ha criticato alla filosofia il fine che si era proposta: la conoscenza pensante del Tutto fino a giungere alla “ produzione” del contenuto di verità di fede “ riconoscendolo come la propria stessa radice metodica” 272 , e dall’altra ha messo in discussione la teologia “storica” e quella “ della nuova epoca”, le quali hanno assolto un ruolo di protezione esterna ma non di fondazione della fede.273

Il nuovo filosofo e il nuovo teologo debbono innanzitutto convenire sull’ “infondatezza della diffidenza reciproca”274, come sul reciproco errore di valutazione, che ha abbassato la filosofia ad ancella della teologia e la teologia ad essere stata resa superflua dalla filosofia. La teologia rinnovata dovrà esprimere il legame dinamico tra i tre elementi utilizzando quei

272F. Rosenzweig, La stella, op.cit., pag. 111. Si legge infatti: “ L’unidimensionalità è la forma dell’unità e totalità del sapere che tutto include senza residui. Il manifestarsi, sempre molteplice, dell’essere è risolto assolutamente in quell’unità in quanto Assoluto; se un contenuto deve assumere una posizione particolarmente eminente, come la pretende la fede per il suo contenuto, allora in questo sistema tale posizione può essere una soltanto, quella del principio che, come metodo, connette e chiude il sistema stesso in unità; e proprio questa è la posizione che al contenuto della fede viene accordata al sistema hegeliano”.Ibidem.

273 “ […] la teologia aveva cercato di vivere senza autorictas; infatti la “ teologia storica” fungeva da corpo di polizia contro attacchi che minacciassero la sua viva coscienza del presente, ad esempio movendo dal “ morto passato” del verbum scriptum, o anche dalla ecclesia visibilis, ma non si poneva come fondatrice positiva, conforme a conoscenza, della sua verità, cioè come autorictas.[…] Anche la teologia della nuova epoca si era assicurata una protettrice esterna di questo tipo, ma essa credeva di potersi risparmiare il più importante, la fondazione di una

autorictas. Così essa era sospesa nell’aria, e questo era appunto quanto desiderava.”Ibi, pag. 113-114.

termini, che le sono propri, di creazione, rivelazione e redenzione, e la nuova filosofia dovrà essere in grado di approfondire gli aspetti logici e concettuali espressi dalla teologia.275

Quindi la filosofia viene oggi invocata dalla teologia al fine di gettare, teologicamente parlando, un ponte dalla creazione alla rivelazione, un ponte sopra il quale poi possa avvenire anche il collegamento tra rivelazione e redenzione, che è importante e centrale per la teologia odierna. Visto nella prospettiva della teologia, ciò che la filosofia può fare per lei non è già la costruzione a posteriori del contenuto teologico, bensì la sua anticipazione o anzi, più correttamente, la sua fondazione, l’indicazione delle condizioni preliminari sulle quali la teologia riposa. E siccome la teologia stessa coglie il proprio contenuto non già come un contenuto stabile, bensì come evento ( cioè non come vita, ma come esperienza di vita), allora per lei anche le condizioni preliminari non sono elementi concettuali bensì realtà presente; in luogo del concetto filosofico di verità, quindi, ora le si impone il concetto di creazione.[…] Nella creazione è “prevista” la rivelazione con tutto il suo contenuto, e quindi, secondo l’idea di fede dell’epoca attuale, inclusa la redenzione.276

La filosofia così declinata in rapporto alla teologia, diviene profezia sulla rivelazione, diviene, usando la metafora rosenzweighiana, “ antico testamento della teologia”277. Solo così è possibile soddisfare quel “ bisogno di filosofia che la nuova teologia porta con sé, il quale muove incontro al correlativo bisogno di filosofia da parte della teologia”278.

Tutto ciò ci mostra un interessante orizzonte ermeneutico, che permette anche di svelare l’intrinseco rapporto di questo piano teoretico con quello propriamente oggetto del nostro studio, ovvero il rapporto tra logica e metafora: infatti, come per quest’ultimo rapporto, anche quello tra filosofia e teologia risulta in questa Parte Seconda profondamente diverso da quello declinato nella Parte Prima; se infatti prima le questione teologiche in ambito meta-fisico erano state affrontate nell’ottica della preminenza della filosofia, ora la posizione preminente viene occupata dalla teologia, che indirizza e orienta la filosofia a ruolo di funzione della teologia, unica in grado di conferire concretezza alle tre sostanze.

275 Ecco cosa dice A. Fabris in proposito: “ Secondo Rosenzweig la filosofia, modificata attraverso la disponibilità ad accogliere concetti teologici, è in grado di offrire alla teologia dell’ Erlebnis la profondità prospettica del richiamo al passato, alle condizioni di possibilità del mondo attuale, esplicitando la propria vocazione fondativi con il ricorso alla tematica della creazione. Disponendosi all’uso che ne può fare la teologia, il pensiero filosofico permette di ancorare saldamente, al di là e prima di ogni fede vissuta nell’intimità della coscienza, l’evento sperimentato della rivelazione ad un atto di Dio già sempre deciso, ad una condizione di realtà già sempre operante al di là dell’orizzonte umano”. A. Fabris, Linguaggio della rivelazione, op.cit., pag. 98.

276 F. Rosenzweig, La stella, op.cit., pag. 114-115. 277Ibi, pag. 115.

Seguendo questa linea, Rosenzweig imposta il suo procedere e affronta nell’Introduzione alla Parte Seconda il problema del miracolo. “ Sulla possibilità di esperire il miracolo” si contrappone evidentemente, e con un’ evidenza sistematica, all’Introduzione del precedente libro279 , poichè l’esperire, erleben, un evento sempre nuovo, il miracolo, mostra un punto di partenza per la riflessione differente dal conoscere, dal θεορειν. Ma nello stesso tempo l’esperire il miracolo evidenzia la necessità di una dimostrazione del singolo evento, così come prima il θεορειν aveva pagato cara la sua indifferenza per la singolarità.

La metafora che apre queste pagine è la metafora della madre-fede che non assolve i suoi doveri materni nei confronti del figlio-miracolo280 e che inaugura una puntuale analisi storica dei diversi sviluppi del problema del miracolo che via via sono confluiti in altrettanti modelli teologici.

Da una vera e propria “ teologia del miracolo”, in cui i Padri della Chiesa avevano fatto ricorso alla “ misura del portentoso”281 sottolineando del miracolo lo statuto di diverso livello di realtà, non regolato da leggi determinate, e mostrando l’interno nesso provvidenziale tra profezia ed adempimento attraverso una “testimonianza oculare”, Rosenzweig prosegue la sua riflessione parlando di una messa in crisi di tale modello ad opera dell’Illuminismo sino a giungere all’elaborazione teologica luterana ( sviluppata da Schleiermacher e dalla “teologia storica”), che conferisce centralità ad una fede intesa come Erlebnis del miracolo, vissuto nell’intimità della coscienza e che “ nega il valore durevole del passato”282. Questa impostazione, a detta di Rosenzweig283, trova il suo limite proprio nell’aver reso inefficace il passato: completamente assorbita dalla questione della rivelazione, questa teologia ha dimenticato la creazione.

279 “ Sulla possibilità di conoscere il Tutto”, pag. 3-25.

280 Naturalmente nella traduzione italiana la metafora è rovesciata nella dimensione materna, mentre in tedesco, essendo Glaube maschile si parla di paternità.

281 F. Rosenzweig,La Stella, op.cit., pag. 100.

282Ibi, pag. 107. Si legge di seguito della “teologia storica”: “ Il passato doveva infatti essere irrilevante per la fede. Ma siccome esso le stava tuttavia ancora dinanzi, si trattava di interpretarlo in modo che, almeno, non fosse di peso alla fede. Ed è quanto poi avvenne con la massima ricchezza. Una volta posto davanti agli occhi questo traguardo, la via era perfettamente chiara: il passato deve assumere i tratti del presente.”

283 Questa critica era stata precedentemente sviluppata nel suo Ateistische Teologie, in Gesammelte Schriften III,

Il concetto di creazione deve essere ricollocato e rivalorizzato nella sua dimensione di evento e la filosofia, Rosenzweig si avvale di un’altra metafora, deve vedere la creazione come “ il portale attraverso il quale la filosofia entra nella casa della teologia”284. La filosofia deve raccontare la creazione.

Dio parlò. Questo è il secondo momento. Non è l’inizio. E’ già l’adempimento, il compimento sonoro del silente inizio. E’ già il primo miracolo. L’inizio è: Dio creò.

Dio creò. Questo è il nuovo. Qui si spacca la dura scorza del mistero. Tutto ciò che fin qui sapevamo di Dio era puro sapere di un Dio nascosto, di un Dio che celava sé e la sua vita in un proprio territorio mitico, in una cittadella degli déi, una montagna degli déi, un cielo divino. Questo Dio di cui sapevamo era ormai alla fine. Ma il Dio creatore è in principio.285