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Il metaetico, il metalogico, il metafisico e il nuovo sistema.

Parte Prima: Logica-Analogia.

4. Il metaetico, il metalogico, il metafisico e il nuovo sistema.

E così il positivum raggiunto dal Nostro utilizzando tale metodo trova esplicitazione e formalizzazione in tre figure, corrispondenti alle tre sostanze mondo, Dio, uomo. Quello che di nuovo val la pena di sottolineare, è che tale metodo è funzionale ad un render ragione, al dire concettualmente il “Nuneinmalsosein”119, nel rifiuto di qualsiasi ricorso all’irrazionale. Se è intervenuta una frattura nell’identità essere- pensiero e si è posto con forza un negativum, è di questa non identità che si deve dare giustificazione razionale. Ripudiando nozioni presenti “ in Schopenauer e nella tarda filosofia di Schelling”120 quali “ volontà”, “ libertà”, “ inconscio” volti al dominio di quegli spazi franchi dominati non dalla ragione ma dal caso, ma “ per dirla in termini assai grossolani, questa non identità di essere e pensiero deve apparire nell’essere e nel pensiero stessi e non già venir sistemata da un terzo che cala dall’alto come un deus ex machina, la volontà, la quale non è né essere né pensiero”121. Per Rosenzweig dunque dal momento che l’unità di essere e pensiero viene cercato nel pensiero, anche il fondamento della loro non identità va cercata nello stesso luogo.

119 F. Rosenzweig, La stella, op.cit, pag. 12. 120Ibi, pag.12-13.

La prima formalizzazione a cui Rosenzweig giunge è l’ “ ente metaetico”, non a caso un neologismo coniato dal filosofo.

Così l’uomo, anzi non l’uomo ma un uomo, un uomo ben determinato divenne una potenza al di sopra della filosofia, anzi della propria filosofia. Il filosofo cessò di essere una quantité négligeable per la propria filosofia.[…] essa ( la filosofia n.d.a.) doveva riconoscerlo, riconoscerlo come qualcosa che non arrivava a concepire e tuttavia, proprio perché dotato di potere su di lei, non poteva negare. L’uomo nella pura e semplice singolarità della sua essenza individuale, nel suo essere, contrassegnato da nome e cognome, uscì dal mondo che si sapeva accessibile al pensiero, uscì dal Tutto della filosofia.122

L’ “ente metaetico” che la filosofia con Nietzsche deve riconoscere seppur esso esca fuori dai suoi canoni e dunque dalla sua pretesa totalità, si contrappone ad essa come universo separato, poiché finalmente riesce a dire concettualmente questa sua collocazione. Il prefisso “meta” rende esplicito un nuovo concetto, quello che prende le distanze da ogni falsificazione ed occultamento dell’uomo nelle spire di un’Antropologia filosofica e di un’Etica123 che illuminano il κοσμος ontologico.

Il concetto metaetico nelle intenzioni di Rosenzweig dice, nell’approdo ad una “ nuova terra”, “l’essere più proprio dell’uomo”124 mostrando il novum che si situa fuori dal cerchio e che però trova le parole per parlare.

L’ente metaetico così ponendosi nei confronti del Tutto idealistico permette, come abbiamo già accennato nelle pagine precedenti, la fuoriuscita delle altre due realitates mondo e Dio: delle nuove possibilità del pensare si declinano così in direzione di un sapere metalogico e di un sapere metafisico.

La destituzione del paradigma ontologico della pensabilità del mondo, che per Rosenzweig corrisponde senza possibilità di scarto con la pensabilità del Tutto, dischiude al sapere il problema della autoevidenza, ignorata dalla filosofia, della contingentia mundi. E dato

122Ibi, pag. 10.

123 “ L’etica, benché volesse attribuire anche in modo assai radicale all’atto una posizione speciale nei confronti di tutto l’essere, nel far questo veniva ad introdurre di necessariamente nell’ambito del Tutto conoscibile; ogni etica veniva alla fine a sfociare in una teoria della comunità intesa come una porzione di essere”, F. Rosenzweig, La

stella, op.cit., pag. 10.

che, come abbiamo già potuto valutare, il nuovo paradigma deve essere trovato all’interno del pensiero per essere detto concettualmente, la strada da percorrere è un confronto diretto col ragionamento hegeliano che situa la non identità nell’identità interpretata come “ identità di identità e non identità”125.

Ammesso che il pensiero sia la forma unica ed universale dell’essere, il pensiero stesso allora ha a sua volta un contenuto, un così-e-non-altrimenti[Soundnichtanders]che non è meno tale per il fatto di essere solo pensato. Proprio questa sua “ specificazione”, questa sua ramificazione gli dà la forza di identificarsi con l’essere, altrettanto ramificato. L’identità di pensiero ed essere presuppone quindi una interna non-identità.126

In aperta antitesi con l’ argomentazione hegeliana, Rosenzweig afferma che il rapporto identitario di pensiero ed essere presuppone un’interna non identità. Quando il pensiero si applica all’essere nel processo di identificazione, si riferisce contemporaneamente anche a se stesso, ed in realtà questa autoreferenza unitaria si basa primariamente su di una ramificazione (un così-e-non-altrimenti, un contenuto) puramente pensata, non coinvolta nell’applicazione alla molteplicità dell’essere, la quale viene definita solo dalla razionalità “applicata” come “mondo”. Dunque Rosenzweig prospetta un lato oscuro nella luminosità del λογος: il fondamento dell’unità dell’essere, luminoso nel suo applicarsi, è situato nell’oscurità della sua inseità. Il fondamento dell’unità con l’essere da parte del pensiero, “ che è in sé unità della propria molteplicità interna”, è reso non in quanto unità, bensì in quanto molteplicità.

Tutto ciò ha naturalmente delle prevedibili conseguenze che vanno a rafforzare la riflessione del Nostro: l’unità del pensiero, poiché si riferisce immediatamente a se stessa e non all’essere, viene a trovarsi esclusa dal κοσμος essere- pensiero, il quale a sua volta possiede un’unità al di là della sua essenza che invece consta di due molteplicità.

125 G.W.F.Hegel Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling, in Primi scritti critici, Mursia, Milano,1971, pag. 79.

Quindi un Tutto, mi si passi l’espressione, che esclude.127

La confutazione del principio idealistico dell’identità di essere e pensiero rappresenta dunque il necessario passaggio per la fondazione di un nuovo pensiero che non abbia più intenzione di rifugiarsi nell’astrattezza del λογος.

In una lettera ad Hans Hess128 Rosenzweig definisce l’identità essere-pensiero come una sorta di μετάβασις εις αλλο γένος . Solo Kant, attraverso lo schematismo, continua il Nostro, è riuscito a gettare un ponte tra i due, senza peraltro riuscire a giustificarne l’identità, identità che verrà raggiunta con grande fatica, in uno sforzo di superamento del manicheismo kantiano, da Fiche, Schelling ed Hegel e dalla loro fondazione di identità tra generi diversi attraverso la differenziazione di ciò che è uguale in sè129.

Ad una metafora, la metafora della “parete cui è appeso un quadro”130, Rosenzweig assegna la ricchezza e polisemiosi del “ rapporto che lega l’unità del pensiero ed essere”. La visualizzazione multidirezionale garantita dalla metafora aiuta il Nostro in un passo molto delicato del suo procedere, laddove il concetto risulta insufficiente da solo, ed esclusivamente in un dialogo con la metafora potrà divenire, per così dire, esauriente. Rosenzweig definisce questa metafora “ ricca di suggestioni in molteplici direzioni”, cogliendo la sua capacità né univoca ( ed in questo perfettamente in linea con la critica all’ esclusività del Tutto) né equivoca ( con ciò garantendosi lontananza da ogni forma irrazionale), bensì pluri-voca.

E così aiutati dalla metafora si tenta una diversa formalizzazione, che prenda sul serio i continui rinvii a cui la metafora stessa allude. Val la pena di riportare interamente la lettera rosenzweighiana, per la sua chiarezza e suggestività:

127 F. Rosenzweig, La stella, op.cit., pag. 13.

128 Hess era un amico di famiglia che aveva deciso di dedicarsi alla filosofia e che a Rosenzweig era stato affidato per un iniziale orientamento. La lettera in discussione è datata al 30 settembre 1917.

129 “ L’identità dell’autocoscienza ( divisione di ciò che è uguale) può costituire il fondamento per l’identità di pensiero ed essere nella coscienza ( Io=Io il fondamento per Io=Non Io, A=A il fondamento per A=B- il celebre inizio della Dottrina della scienza di Fiche; detto alla maniera della logica formale: il principio d’identità come premessa del principio della superata contraddizione”, lettera ad Hess, in Gesammelte Schriften, op.cit., pag.454. 130 Si veda anche F.Fusilli, Il quadro appeso alla parete ovvero una nota critica sull’ “ In philosophos” di Franz

Questa parete, quanto al resto vuota,è un’immagine non inadeguata di ciò che resta del pensiero quando lo si separa dalla sua molteplicità correlata al mondo. Non è che non rimanga nulla, bensì qualcosa di completamente vuoto, la nuda unità. Se la parete non ci fosse, non si potrebbe appendere il quadro, ma essa non ha proprio nulla in comune con il quadro. Essa non avrebbe nulla in contrario se oltre a quello si appendesse anche un altro quadro, oppure se se ne appendesse uno in luogo di un altro. Mentre da Parmenide fino ad Hegel, secondo la concezione dominante, la parete era considerata dipinta ad affresco, cosicché parete e immagine venivano a costituire un’unità, ora invece la parete in sé è un’ unità, l’immagine in sé è molteplicità infinita, totalità che esclude al suo esterno, il che però significa: non un’unità bensì un uno, “una” immagine.131

La strumentalità della metafora per la ricchezza di rinvii, e soprattutto per la possibilità di contemporanee e intrecciantesi formalizzazioni, permette addirittura un’ulteriore esegesi di quei fili lasciati “intuiti” da Rosenzweig. Il quadro è metafora del mondo razionalizzato ed articolato dal λογος che domina il molteplice nella sua accezione etimologica di “raccogliere insieme secondo unità”, la parete è metafora dell’inseità che inerisce lo stesso λογος, condizione potremmo dire “trascendentale” di applicabilità al mondo e dunque condizione di possibilità del quadro stesso.

La separazione tra essere e pensiero, im-pensabile dalla tradizione filosofica “ da Parmenide fino ad Hegel”, e che rinvia alla prolifica immagine della parete “vuota” senza il quadro, è resa possibile dall’idea, che sorregge questa fase della riflessione rosenzweighiana e che verrà meglio esplicitata in seguito, del permanere del “ qualcosa” e non del “nulla” postulato dalla vecchia filosofia.

Se la parete non ci fosse, non avrebbe senso neanche il quadro, secondo l’idea poc’anzi esplicitata dell’ indispensabilità della parete per l’ “affissione”, ma ciò non implica assolutamente una comunanza di essenza tra la parete e il quadro; anzi, dice Rosenzweig, nulla potrebbe impedire di appendere un altro quadro, ovvero più quadri contemporaneamente. Ciò sarebbe indifferente alla parete, non avendo con il quadro nulla in comune se non una compenetrabilità, che in linea di principio è possibile anche con altri, diciamo noi, paradigmi. Se

il mondo fosse internamente articolato da differenti modi di pensare ciò non comporterebbe l’annichilimento della “parete” o l’impossibilità di procedere oltre: si tratta, dice Rosenzweig, di “concezioni dominanti”, e se prima, secondo quella concezione dominante nella storia della filosofia, tale metafora era declinata come un’affresco, che diceva dell’impossibilità dell’indipendenza della due parti, ora invece la parete è unità, il quadro in sé molteplicità infinita che significa non unità ma “una” immagine. Ciò che questo comporta trova nella dimensione metalogica una sua introduzione.

Quell’unità, a cui è connessa la vecchia idea di logica, appare ora risiedere “ non all’interno ma fuori delle sue mura”132. Il pensiero, dice Rosenzweig ha qui diritto di cittadinanza ma non intrattiene col mondo il noto rapporto totalizzante, bensì quest’ultimo deve apparire al pensiero come una “patria”133. L’ulteriore metafora utilizzata dal Nostro non necessita di illuminanti chiarificazioni: il pensiero si declina in modo inedito come ingrediente del mondo, come componente (essenziale) non più come “ logicamente determinante”, bensì come determinante solo per la logica. E dunque la critica di Rosenzweig si svolge su due fronti : da una parte cercando un’aggancio esterno attraverso la critica alla caratteristica tautologica del principio formale dell’identità pensiero-essere, e dall’altra in una riflessione interna al meccanismo, attraverso il coglimento della profonda problematicità del percorso logico tradizionale che tenta la giustificazione di se stesso, ma che non riesce a centrare l’obiettivo pur utilizzando gli strumenti mutuati dalla logica tradizionale. Secondo Rosenzweig infatti il pensiero (che nella dialettica hegeliana diviene principio come ragione) fonda se stesso per essere poi fondamento della realtà, ma il νόησις νοησεως non sfugge all’accusa di tautologia.134

Dunque l’unidimensionalità dell’autofondazione che determina la conseguente identità gnoseologica e che appare come obiettivo e forza del pensiero, è in realtà anche la sua

132 F. Rosenzweig, La stella, op.cit., pag. 14. 133 F. Rosenzweig, La stella, op.cit., pag. 14.

134 “ Il pensiero deve fondare se stesso per poter fondare l’essere; l’autofondazione del pensiero è quindi necessaria soltanto in vista della pensabilitàdell’essere; ma contro di essa permane il sospetto che, a prescindere da questa sua relazione all’essere, l’autofondazione del pensiero sia semplicemente un giochetto logico”, in “Urzelle” des Stern

debolezza, secondo anche una prospettiva ermeneutica che noi sosteniamo e che sorregge, per così dire, la nostra riflessione: a tale unidimensionalità si deve sostituire la pluridimensionalità della metalogica.

Tale espressione, ci ricorda il Nostro, è stata coniata da Hans Ehrenberg135 e ci mostra la volontà dei fautori del Nuovo Pensiero di evidenziare, attraverso un percorso che sia teoretico, l’autoreferenzialità della sostanza mondo da sempre garantita di intelligibilità ed indifferente a qualsivoglia rimando, invece necessario ora per liberare il mondo da un’ipoteca ontologica. Il mondo allora, come dicevamo, deve divenire “patria” del pensiero, che ne costituisce sì la componente “ più essenziale”, ma che è salvaguardato nella sua esistenza da un campo di “ applicabilità”. Il carattere metalogico applicato all’ipertrofia del vecchio mondo identificato con il Tutto, diviene allora unità internamente articolata che non si qualifica però come legge, bensì come contenuto.

Per il mondo la verità non è legge, ma contenuto. Non la verità invera la realtà, ma la realtà contiene e preserva la verità. L’essenza del mondo è questo preservare ( e non “ inverare”) la verità. Il mondo allora fa a meno di quella protezione verso l’ “ esterno” che la verità aveva garantito al Tutto da Parmenide fino ad Hegel;

Ed il discorso si approfondisce attraverso una metafora

siccome alberga la sua verità nel proprio grembo, il mondo è privo di quello scudo della Gorgonie che era la sua intangibilità dall’esterno; esso deve lasciare che avvenga del suo corpo ciò che ne può avvenire, si trattasse pure della sua creazione.136

135 In Hans Ehrenberg, Die Parteiung der Philosophie. Studien wider Hegel und die Kantianer, Felix Meiner, Leipzig 1911. “ Questa ( la filosofia) ha sì per argomento l’essenza della ragione, ma non nella domanda di carattere logico sul principio di verità, bensì nella posizione metafisica del problema relative al valore che ha la verità, e in forza di questa combinazione di un elemento non- logico quale fine ella domanda con il λογος quale oggetto della domanda può essere indicata come metalogica”, ibidem, pag.79. Ci dice infatti Rosenzweig: “ Il mondo non è alogico,ma con un’espressione coniata da Ehrenberg, meta-logico.” La Stella, op.cit., pag.14. Sul rapporto tra Rosenzweig ed Hans Ehrenberg si veda AA.VV.Franz Rosenzweig und Hans Ehrenberg. Bericht einer Beziehung, 8 Arnoldshainer Texte. Schriften aus der Arbeit de Evangelischen Akademie Arnoldshain, Bd.42, hrsg. von W. Licharz und M.Keller, Haag + Herchen, Frankfurt am Main, 1986; H.-J. Görtz, Franz Rosenzweig und Hans Ehrenberg. Jüdlisch-christliche Religiongespräch als “ Entdeckungsreise” in ein “neues Denken”in AA.VV. Das

jüdisch-christliche Religiongespräch, Stuttgard/Bonn, 1988, pag.99-113; S.Semplici Esposizione, conflitto e catastrofe dell’idealismo. La “ nuova scienza” di Hans Ehrenberg, in “ Dialeghestai. Rivista telematica di

filosofia”, II, 2000.

Lo scudo della Gorgone, che anticipa una dimensione mitica che verrà tosto approfondita dal Nostro, che preservava il mondo da qualsiasi attacco esterno e che nell’autoreferenzialità aveva trovato materiale invincibile, viene ora abbandonato poiché l’idea di bewähren ( inveramento) viene sostituita da quella di bewahren ( preservare) la verità, ed il mondo deve presentarsi nella sua passività e possibilità con ogni tipo di relazione, compresa quella di creazione.

E così l’affinità creata da Rosenzweig tra metaetico e metalogico come essere stesso o suo aspetto, suo carattere, apre la porta, attraverso l’idea del mondo metalogico come antefatto del mondo come creatura, all’idea di Dio che è meta-fisica.

Il ritrarsi dell’unità dal Tutto riduce e collega il Tutto alla contingenza del mondo accanto a cui sussiste in piena separazione la sostanza uomo e la sostanza Dio. Procedendo nella metafora del quadro e della parete Rosenzweig mostra come la nuova dimensione guadagnata dal metalogico riesca a concedere accanto a sé spazio per il metaetico ed il metafisico: il quadro, ci dice il Nostro, ha così potuto esprimere il suo disinteresse nel caso che, ad esempio, allo stesso muro potesse venir appeso un bassorilievo (mentre l’affresco non avrebbe potuto permetterlo), giacchè suo unico interesse e preoccupazione ora sono “ le quattro assicelle della sua cornice”137. La metafora ci indica chiaramente il prezzo pagato al fine di giungere alla compatibilità di queste dimensioni: l’indifferenza. L’indifferenza del mondo nei confronti della tirannia della logica diviene così l’unico atteggiamento capace di guadagnare l’indipendenza e lo statuto di creaturalità. L’in-differenza del quadro nei confronti del bassorilievo e della stessa parete diviene dunque paradigmatica del fatto che viene scoperto ed attuato un atteggiamento posto di fronte a delle pre-esistenti differenze nei confronti delle quali assumere questa inedita “tolleranza”. L’in- differenza nasce dalle ceneri dell’unità del Tutto.138L’esplosione dell’unità del Tutto che ora si riduce alla contingenza del mondo, apre la possibilità di differenti relazioni: come dicevamo, perfino la creazione. E se un tempo il κοσμος era “ securos adversos deos”, almeno da quando

137F. Rosenzweig, La stella, op.cit., pag.16.

Talete lo dichiarò “ pieno di dèi”, in quanto includente in sé l’assoluto, ora il cosmo post- hegeliano non gode più di questa sicurezza. La creaturalità del mondo, “ al fine di salvare l’ipseità propria dell’uomo, fa sì che anche Dio sfugga dal mondo”.139

Ed ecco che Rosenzweig, prima di affrontare il concetto meta-fisico, che poi è in realtà il tentativo di dire, come è stato per le due dimensioni precedenti, “meta-concettualmente” l’esserci di Dio che prorompe dalla totalità frantumata, si sofferma brevemente sulle caratteristiche di questa breve introduzione e sente il bisogno di chiarire i suoi propositi.

Questo passo è a nostro avviso molto interessante, poiché mostra chiaramente il momento dell’integrazione tra il momento logico e quello analogico, tra il momento allusivo che si esprime per metafore e il momento più propriamente filosofico, giacchè se quest’ultimo venisse meno nel tentativo di distacco da parte di questa “rivoluzione post-hegeliana della filosofia” da tutto ciò che è definito e contenuto nel pre-, si correrebbe il rischio di essere tacciati di “ dilettantismo filosofico”140.

L’andamento di questa introduzione, andamento allusivo e comparativo se da una parte ha il merito di indicare molteplici fili e di rinviare ad una trama “inedita” per il concetto, dall’altra corre il rischio di trasformare l’analogicità in equivocità. E così anche e soprattutto nell’introduzione al metafisico Rosenzweig teme “ che questi concetti vengano confusi con gli antichi concetti della filosofia, una confusione che a questo punto è ancora più difficile evitare.”141 E così se già nelle notazioni sul “sé” metaetico era stato difficile evitare la confusione con il concetto di personalità morale, anche nel concetto metalogico di mondo il rischio è stato la confusione con il concetto di natura.

Anche in questo caso abbiamo dovuto porre mano a quello strumento discutibile che è la comparazione, discutibile perché al punto in cui siamo non possiamo ancora mettere in chiaro l vrità più profonda del paragona, il suo esser-più che paragone.142

139Ibidem.

140F. Rosenzweig, La stella, op.cit., pag 17. 141Ibidem.

La comparazione, ora diviene più chiaro, non è discutibile nella sua strumentalità, bensì lo è a questo stadio del percorso, stadio in cui l’allusione non può essere “ chiarificata”, in cui