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L’analisi dell’Intrigo ci permetterà di cogliere, nel pensiero levinasiano, tutta la portata della grande ambizione di problematizzare la relazione con una differenza davvero intesa come tale. L’intrigo dell’Altro nel Medesimo infatti descrive una soggettività che non soggiace alle regole intenzionali, sempre correlative ad un tema, ad un presente rappresentato, ad un fenomeno e diviene per Levinas la significazione genuina della relazione con la Differenza. Il percorso levinasiano, coadiuvato da una rigorosa metodologia esasperante, permette di comprendere l’attenzione da noi posta sull’ “intrigo” e solo secondariamente sulla metafora in Levinas. Seppur la sua scrittura sia costellata di riferimenti metaforici e la sua prima produzione trovi effettivamente nella metafora il primo accesso alla trascendenza, l’equilibrio logica-analogia troverà la sua produttiva e definitiva significazione nell’Intrigo, che giunge ai limiti del dicibile fino a fondersi con l’enunciazione stessa della sua significazione, ma che però - ulteriore passaggio fondamentale - continuamente necessita di nuovo di espressività e di ulteriori reti e costellazioni metaforiche nel linguaggio. L’importanza di tale movimento deve apparirci chiara: dunque l’intrigo si avvale del rapporto logica-analogia nel suo movimento di ritorno al linguaggio. Se infatti il metodo iperbolico levinasiano mostra, in ultima analisi, una significazione καθ’αυτό dell’intrigo dell’Altro nel Medesimo - in profonda affinità con le più- che-metafore rosenzweighiane che giungono al silenzio - , dove non vi è più necessità di rinvio e dunque di intelligenza analogica, l’intrigo tuttavia abita il linguaggio e deve allora garantirsi “espressione” e dunque reti polisemiche che producano continuamente scarti e tracce della sua diacronia.

Per giungere allora ad una soddisfacente analisi di ciò che l’intrigo significa nel pensiero levinasiano, abbiamo optato per un approccio “per tappe” del percorso levinasiano, che si snoda

lungo tutte quelle tematiche che si condenseranno significativamente intorno alla convinzione della legittimità di poter giungere ad una dimensione significante pre-filosoficamente, che trovi espressione all’idea di “essere come molteplice”.

Il percorso levinasiano procederà dunque ad un’iniziale incontro con la dimensione ontologica, intesa come luogo del senso nella sua trasparenza nell’essere e già tuttavia declinata in maniera critica, permettendoci, nella ricognizione dei suoi primi scritti, di segnare i contorni di questo incontro con il paradigma logico-epistemico, il quale troverà in Husserl ed Heidegger interlocutori privilegiati.

La “scoperta” di luoghi al di là di ogni declinazione intenzionale infatti, assieme ad una crescente attenzione nei confronti del linguaggio, permetterà al Nostro di rinvenire delle possibilità inedite per la filosofia tradizionale, che troveranno nell’idea di apertura analogica un accesso appunto a quell’ “essere come molteplice” notoriamente vietato in termini logico- epistemici.

La densa metaforica contenuta in De l’existence à l’existant ci indica chiaramente come, senza rinunciare al rigore filosofico, il Nostro cominci a cercare espressione per l’alterità non ricondotta al medesimo dall’appropriatezza del λεγειν ontologico (che Levinas in seguito chiamerà Detto). Il limite della fenomenologia husserliana, ovvero il suo inevitabile ritorno al medesimo, viene radicalmente superato da Levinas nel suo preciso intento di assumere la metafora in quanto non rinviante all’idea di riconduzione alla dinamica univoca.

Attraverso poi l’analisi condotta in Totalitè et Infini, sarà possibile notare un primo superamento del rapporto ontologia-metafisica, ancora operante in quest’opera, attraverso il “Volto”. Esso, che anticipa la dimensione del suo filosofare più maturo, orienta l’approccio analogico in una significazione di volto paradossalmente esasperata sino alla sua significazione di “volto senza contesto”, laddove sia impossibile qualsiasi rinvio in favore di una concreta prossimità, che significa καθ’αυτό, ma che si avvale, nel suo abitare il linguaggio, di una densa metaforica come inesauribile possibilità di significazione della relazione con Altri.

Analizzeremo dunque il fortissimo interesse per il Talmud che verrà dunque preso in considerazione al fine di mostrare questo orientamento verso la possibilità di ricognizione in una sfera linguistica che continuamente trasgredisce attraverso metafore ed analogie e che intrattiene un rapporto di “indiscrezione”con la trascendenza.

Nel ripensamento di una filosofia del soggetto, attraverso una positiva affermazione di possibilità di senso da parte di una soggettività ormai persuasa del fatto di non potersi auto- fondare, di non poter trovare in sé il senso, Autremet qu’être inaugurerà “ il metodo del dire e disdire” che andrà a garantire il suo caratteristico movimento all’Intrigo: il linguaggio dell’essere è disdetto non appena lo si è pronunciato al fine di produrre uno scarto, traccia della non completa riducibilità del dire al detto. Chi s’ addentra nella lettura di quest’opera, infatti, deve “porsi in ascolto” degli incessanti rimandi ai capitoli precedenti che come onde52 si ripropongono arricchite via via delle riflessioni che le precedono e le seguono. Ecco l’intrigo nell’indissolubilità delle sue parti e nell’impossibilità di riduzione alla linearità. Cercheremo dunque di sottolineare come il continuo riproporre temi già trattati alla luce di nuovi acquisiti livelli della riflessione porti alla creazione di sempre nuovi nodi, di nuove connessioni che si fanno eco l’un l’altro, richiamandosi a vicenda in una dimensione allusiva caratterizzata da continui rinvii metaforici. L’andamento analogico dei rimandi, che continuamente rinviano gli uni agli altri nella ricerca di costellazioni semantiche in grado di dire e di interpretare l’inesauribile capacità significativa che inerisce loro, deve tuttavia difettare di trasparenza, nella sua costitutiva trasgressione dal tracciato logico.

La riduzione dal Detto al Dire, come l’analisi della “traccia” e dell’ “enigma” andranno ulteriormente ad arricchire la declinazione dell’Intrigo: se l’identità degli enti rinvia infatti ad un Dire, che nella sua correlazione con il Detto, si assorbe in esso fino a farsi dimenticare, assolvendo tuttavia alla funzione di dominazione dell’ente nella luce che lascia apparire il fenomeno- è infatti solo nel Detto, nell’epos del Dire che il tempo si sincronizza in maniera

memorabile e si fa dunque tema- ma la significazione del Dire va al di là del Detto: ci dice infatti Levinas che “ non è l’ontologia che suscita il soggetto parlante”53; al contrario, è la significanza del Dire che va al di là dell’essenza raccolta – λογος – nel Detto, il quale a sua volta giustifica l’ontologia. Il Dire si coaugula nell’immemorabile refrattario al tempo che si raccoglie- λεγειν- in presente, verso una diacronia insuperabile, al-di-là del Detto. Certo, continua Levinas, le formulazioni che indicano questo al-di-là dell’essere è necessario che si mostrino nel Detto, “in ragione della gravità stessa dei problemi che l’assillano”54. Il Dire deve esporsi e raccogliersi in essenza, laddove nel Detto trova luogo di nascita l’ontologia, enunciandosi come anfibologia dell’essere e dell’ente. E proprio per questo, è altrettanto necessario che il Dire si affidi alla filosofia “affinchè la luce che si è prodotta non irrigidisca in essenza l’al di là dell’essenza, e l’ipostasi di un eone non si ponga come idolo. La filosofia rende intelligibile questa sorprendente avventura- mostrata e narrata come un’essenza- alleggerendo questa influenza dell’essere”55. Lo sforzo del filosofo deve tendere alla riduzione dal Detto al Dire, ma anche alla conservazione, malgrado la riduzione, nelle forme analogiche dell’espressione diacronica, il Detto di cui il Dire è, di volta in volta, affermazione e ritrazione. Questo l’intrigo al di là del λογος, dell’essere e del non essere, del vero e del non vero, riduzione all’uno-per-l’altro della responsabilità e alla sua diacronia non sintetizzabile.

53 E. Levinas, Autrement qu’être ou au-delà de l’essence, Nijhoff, La Haye, 1974, tr.it. a cura di S.Petrosino e M.T.Aiello, Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, Jaca Book, Milano, 1983. pag. 48.

54Ibi, pag. 55. 55Ibidem.

CAP. II