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CAPITOLO 1 LA NORMATIVA ITALIANA: ART 167, TUIR

6. Determinazione e tassazione del reddito

6.2. Credito d’imposta

Come già accennato in sede di introduzione, la CFC legislation si può comprendere tra gli strumenti che gli ordinamenti utilizzano per avviare una politica di capital export neutrality. Questa si esplica attraverso l’utilizzo dell’istituto del credito d’imposta, che porta alla rimozione della doppia imposizione.

In particolare, con il Decreto internazionalizzazione è stato introdotto il c.d. credito d’imposta indiretto. Il comma 6, art. 167 del Tuir, da questo modificato, prevede infatti che “sono ammesse in detrazione, ai sensi dell’art. 165152, le imposte pagate all’estero a

149 “(…) non si considerano provenienti da società residenti o localizzate in Stati o territori a regime fiscale

privilegiato gli utili percepiti a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e maturati in periodi d’imposta precedenti nei quali le società partecipate erano residenti o localizzate in Stati o territori non inclusi nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 no vembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001. (…)”. [c. 1007, art. 1, L. n. 205 del 2017].

150 Committeri G.M., Dividendi esteri e criteri di individuazione dei paesi a fiscalità privilegiata, in Il Fisco,

2018, 42, p. 4058 e ss.

151 Avolio D., CFC: nel calcolo del tax rate conta solo l’IRES, in IPSOA quotidiano, 2 febbraio 2019 e Piazza

M., Speciale Telefisco/4 – Fisco leggero per gli utili fuori dalla black list, in Il Quotidiano del Fisco (il Sole 24 Ore), 7 febbraio 2019.

titolo definitivo”. Tale istituto è definito “indiretto” poiché prevede un credito d’imposta in capo al socio controllante153 per imposte pagate all’estero da un altro soggetto (CFC),

con l’obiettivo di eliminare un effetto distorsivo che altrimenti si veniva a creare.

È stato evidenziato infatti che, anteriormente alle modifiche apportate dal Decreto internazionalizzazione, si assisteva ad un differente trattamento nei confronti di un socio controllante italiano che applicava la CFC rule da una parte, e un socio controllante che disapplicava la CFC rule grazie alla prima esimente (lett. a), c. 5, art. 167, Tuir), dall’altra. Nel primo caso, veniva riconosciuto lo scomputo delle imposte estere pagate dalla CFC e, in caso di distribuzione degli utili, il socio non incorreva in alcuna ulteriore tassazione. Nel secondo caso invece, dimostrando l’esercizio di un’effettiva attività economica, il socio incorreva in una tassazione integrale per trasparenza qualora avesse distribuito gli utili, senza la possibilità di scomputare alcuna imposta estera scontata dalla controllata sui medesimi utili. In altri termini quindi, il socio controllante che si trovata a disapplicare la CFC rule per mezzo della prima esimente, scontava una tassazione più gravosa rispetto a colui che non la disapplicava. 154

L’effetto distorsivo non si è invece riscontrato nel caso di disapplicazione dovuta alla seconda esimente, poiché la stessa prevede che “dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato” (lett. b), c. 5, art. 167, Tuir). In tal caso infatti, se l’esimente è dimostrata fin dall’inizio del periodo di detenzione della partecipazione, rileva non solo ai fini della disapplicazione del regime CFC, ma anche per quella relativa all’integrale formazione del reddito del contribuente. Quest’ultimo infatti, può beneficiare dell’istituto della dividend exemption (art. 89, Tuir)155, che consiste nell’esenzione del 95% dei dividendi da imposizione. Nel caso

invece, la seconda esimente non sia dimostrabile a partire dall’inizio del periodo di possesso della relativa partecipazione, è previsto che il contribuente non possa usufruire del credito d’imposta.

Va precisato che, affinché il contribuente voglia usufruire del credito d’imposta indiretto, è essenziale che i requisiti che rendono la prima esimente applicabile, valgano sia nel

153 Ovvero in capo alle sue controllate italiane, nel caso in cui detenga partecipazioni di controllo in società

estere per mezzo di società intermedie italiane.

154 Albano G. e Iachini F., Il credito di imposta “indiretto” per gli utili provenienti da soggetti esteri Black

List, in Corriere tributario, 2017, 20, p. 1565.

155 Esenzione non prevista per le società controllate residenti in paesi a fiscalità privilegiata non soggette a

periodo d’imposta di distribuzione dell’utile al socio italiano, sia in quello di generazione dello stesso. Infatti, tale credito d’imposta, va calcolato proporzionalmente alla quota di controllo e alla rispettiva partecipazione agli utili (che potrebbe anche differire) e al periodo della sua detenzione.

Di conseguenza, il credito è ammesso nel limite dell’importo dell’imposta lorda italiana. Quest’ultima corrisponde al rapporto tra gli utili esteri realizzati e l’intero ammontare del reddito domestico al netto delle perdite dedotte nei periodi d’imposta precedenti.

In merito, l’Agenzia delle entrate nella Circolare 35/E del 2016, ha previsto che la regola da applicare sia quella del “per country limitation”156, ai sensi del comma 3, art. 165 del

Tuir, che dispone che la detrazione si debba applicare singolarmente per ogni Stato, indipendentemente “dall’unicità o dalla pluralità delle fonti di redditi ivi localizzate”. Inoltre, ha precisato che l’importo del credito d’imposta, il quale deve essere calcolato in aggiunta al reddito totale, deve essere individuato tenendo in considerazione non il credito effettivamente dovuto ma quello “teoricamente fruibile”. Ciò comporta che il credito sarà pari all’imposta pagata all’estero indipendentemente dal fatto che sia usufruibile nell’immediato, oppure che si crei un’eccedenza da riportare in avanti.

Viene inoltre disposto che, affinché le imposte scontate all’estero siano detraibili, ai sensi dell’art. 165 del Tuir, è necessario che siano qualificabili come definitive, in relazione al reddito generato in ogni Stato estero ed in ciascun periodo d’imposta, entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi al quale si riferiscono le imposte medesime. Inoltre, il comma 5 dell’articolo in parola, prevede che sia possibile detrarre imposte non ancora pagate a titolo definitivo, ma il cui pagamento avvenga entro la data di presentazione della dichiarazione corrispondente all’anno d’imposta immediatamente successivo. In ogni caso, non sono considerate pagate a titolo definitivo le imposte versate a titolo provvisorio o di acconto ed anche quelle che prevedono un eventuale rimborso. Nonostante quanto detto, l’applicazione pratica dell’istituto del credito d’imposta indiretto ha suscitato dei dubbi in merito all’individuazione delle imposte estere detraibili. Dal testo della norma non risultava chiaro se, tra queste, si potevano includere anche quelle imposte pagate dalla CFC ma in un diverso Stato rispetto a quello di localizzazione.157

156 In contrappostizione alla regola del “per company limitation”.

157 Papotti R. e Zorzi G., La detrazione delle imposte assolte all’estero dalle CFC, in Corriere tributario, 2017,

Questi dubbi sono stati risolti dall’Amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 112/E dell’11 agosto 2017 riguardante il caso di una società residente italiana (Alfa) controllante in via totalitaria una società residente nello Stato di Hong Kong (Beta), assoggettata al regime CFC.

In breve, nonostante Alfa avesse provveduto a tassare per trasparenza i redditi di Beta, in capo a quest’ultima erano state applicate delle ritenute alla fonte su compensi da servizi che la stessa aveva prestato a società residenti in altri Stati. Ritenute per le quali, secondo le norme di Hong Kong non è previsto lo scomputo. Alfa quindi ha richiesto che le venisse attribuito il credito d’imposta, ai sensi del comma 6, art. 167 del Tuir, anche per queste ritenute.

Anzitutto, il riferimento alla definizione di “reddito prodotto all’estero”, ai sensi dell’art. 165 c. 3, non sembra avere alcuna utilità nel caso in esame, poiché il reddito della CFC inevitabilmente corrisponde alla totalità dei redditi realizzati dalla controllata estera ed assoggettati a tassazione per trasparenza. Di conseguenza, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che in tal caso debba essere applicato il diverso principio del per company limitation. Principio che prevede che il credito d’imposta sia determinato singolarmente per ogni CFC, relativamente ai redditi imputati per trasparenza ai soci.

È stato aggiunto inoltre che, nel testo del comma 6 dell’art. 167, non si rileva alcun limite in merito al luogo in cui la CFC versa le imposte, dovendo quindi riconoscere il credito d’imposta relativamente a qualsiasi imposta versata all’estero dalla CFC.

In ogni caso quindi, è previsto che i redditi della controllata estera siano da considerarsi nella loro unicità indipendentemente dal fatto che siano stati generati in diversi Stati esteri.

In conclusione, l’interpretazione data dall’Agenzia, condivisa anche dalla dottrina, prevede che tra “le imposte pagate all’estero a titolo definitivo” di cui all’ultimo periodo, c. 6, art. 167 del Tuir, si debbano comprendere tutte le imposte pagate all’estero dalla CFC, comprese quelle pagate in Paesi diversi dal suo Stato di localizzazione o residenza. Così facendo, si assiste ad un ampliamento del beneficio del credito d’imposta indiretto. 158

Nonostante i chiarimenti forniti dall’Amministrazione Finanziaria non si esauriscono le ulteriori problematiche applicative connesse all’individuazione delle imposte estere da scomputare in caso di regime CFC. Queste comprendono per esempio quale trattamento

si debba applicare nei confronti di una CFC che consegue redditi con fonte in Italia i quali sono assoggettati a ritenuta alla fonte oppure ad imposta sostitutiva. La dottrina ha reputato quale eventuale soluzione, l’applicazione della regola generale di cui all’art. 91 del Tuir159, ovvero la non inclusione dei suddetti redditi in quello complessivo della CFC.

Infine, è stato stabilito il metodo di imputazione del credito d’imposta indiretto in presenza di una catena partecipativa. La risoluzione n. 108/E del 24 novembre 2016, ha precisato che il credito d’imposta indiretto spetta anche in tale ipotesi. In altri termini, nel caso una partecipazione CFC sia posseduta attraverso una società intermedia CFC, che a sua volta imputa per trasparenza i propri redditi (inclusi quelli della CFC a valle della catena), il socio controllante residente può usufruire del credito d’imposta indiretto.160

159 Articolo rubricato “Proventi e oneri non computabili nella determinazione del reddito”.

160 Scifoni G., Holding intermedia e credito d’imposta indiretto su dividendi di fonte black list, in Corriere

CAPITOLO 2 - CRITICITÀ CFC LEGISLATION: COMPATIBILITA’ CON IL

DIRITTO COMUNITARIO, CON LE CONVENZIONI INTENAZIONALI E CON

LA LEGISLAZIONE INTERNA