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CAPITOLO 1 LA NORMATIVA ITALIANA: ART 167, TUIR

5. Aspetti procedimentali

5.1. L’interpello disapplicativo

Prima dell’intervento legislativo ad opera del Decreto internazionalizzazione (D.Lgs. n. 147/2015) era previsto che, affinché venisse riconosciuta la disapplicazione della CFC rule, ai sensi dei commi 5 e 8-ter dell’art. 167, Tuir (le c.d. esimenti), il contribuente dovesse obbligatoriamente presentare istanza di interpello preventivo. Successivamente, invece, all’intervento del legislatore l’obbligatorietà è divenuta facoltà. Oggi infatti, la dimostrazione delle esimenti suddette, può avvenire, su scelta del socio italiano, in due differenti momenti: prima della dichiarazione dei redditi, tramite interpello preventivo; oppure successivamente, ovvero in sede di eventuale controllo da parte dell’Amministrazione.

117 Moretti M., Controlled foreign companies: alcune riflessioni di carattere sistematico alla luce delle

modifiche introdotte dal decreto internazionalizzazione e dalla legge di stabilità 2016, in Diritto e pratica tributaria internazionale 2017, 3, p. 773.

Il passaggio all’interpello facoltativo compiuto dal Legislatore è il recepimento di un’interpretazione che ha preso piede negli anni. Inizialmente, il testo originario di cui al comma 5 dell’art. 167118, non dava adito a dubbi, era infatti presente l’espressione “il

contribuente deve interpellare preventivamente”. Quindi, nel caso in cui non fosse stata fatta istanza l’imputazione per trasparenza dei redditi della controllata estera black listed avveniva automaticamente. Tale orientamento era stato confermato più volte nelle circolari dell’Agenzia delle entrate119, che non avevano mai messo in discussione la

perentorietà della procedura.

Con il tempo però, sono state espresse delle considerazioni critiche riguardo l’obbligatorietà della disposizione, affiancate inoltre dal dibattito inerente agli effetti e alla natura delle risposte date dall’Amministrazione negli interpelli. Il dibattito si concentrava soprattutto sulla preclusione, nei confronti del contribuente, della dimostrazione delle esimenti in fase giurisdizionale, in caso di omesso adempimento dell’obbligo. Si è così venuto ad evidenziare come una restrizione di questo tipo avrebbe portato a violare i diritti del contribuente riguardanti la difesa e la tutela giurisdizionale. Inoltre, ciò comportava che una norma di natura procedimentale trasformasse la disposizione di cui al comma 1, art. 167 del Tuir, in una presunzione assoluta, con un’evidente penalizzazione in capo al socio italiano.120

Questa nuova decodificazione è stata così successivamente adottata dall’Agenzia delle entrate, in particolare nella Circolare 32/E del 14 giugno 2010, dove viene espresso che “l’obbligatorietà dell’istanza, (…), non muta il carattere non vincolante della risposta, (…), né tanto meno preclude all’istante la possibilità di dimostrare anche successivamente la sussistenza delle condizioni che legittimano l’accesso al regime derogatorio”121. In altre

parole, l’Agenzia ha affermato che l’omessa presentazione dell’istanza di interpello non impedisce al contribuente di poter dimostrare la sussistenza delle esimenti, in fasi successive, come in sede di accertamento o di giudizio.

Tale indirizzo è poi stato riconfermato anche nelle successive Circolari dell’Agenzia, 51/E del 6 ottobre 2010 e 23/E del 26 maggio 2011, proprio con riguardo alla CFC rule.

118 E successivamente anche il testo di cui al comma 8-ter dell’art. 167, TUIR. 119 Circolari n. 18/E del 2002, n. 29/E del 2003, n. 23/E del 2005 e n. 5/E del 2009.

120 Albano G. e Marani M., Nuove CFC senza obbligo di interpello preventivo, in Corriere tributario, 2015,

23, p. 1774.

È quindi in questo contesto che si colloca la modifica introdotta dal Decreto internazionalizzazione. Inoltre, questa trasformazione risulta in linea con le CFC legislation degli altri Paesi membri UE.

Per di più, la dottrina122 ha sottolineato che la modifica apportata dal Legislatore è da

accettare con favore in quanto così facendo, l’interpello riacquista la sua natura di diritto in capo al contribuente e non più di obbligo, come invece prima veniva percepito.

A risultato di ciò, oggi l’interpello non è più individuabile tra quelli “ordinari”, bensì è stato incluso tra quelli di carattere “probatorio”, cioè istanze volte ad ottenere un giudizio in merito alla sussistenza delle condizioni o all’idoneità delle prove presentate ai fini dell’ottenimento di un regime fiscale specifico.123

Il contribuente può presentare istanza entro la scadenza ordinaria prevista per la presentazione della dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta al quale si riferisce. A questa deve essere allegata la documentazione necessaria per provare la sussistenza delle esimenti previste dall’art. 167, Tuir, in modo da fornire una rappresentazione completa della situazione. In tal senso, la documentazione oltre a dimostrare l’esistenza effettiva della struttura societaria nello Stato estero, deve comprovare “l’effettività sostanziale della struttura ovvero – nel caso dell’interpello di cui al comma 8-ter (…) - la non artificiosità delle CFC”.124 In merito, l’Agenzia delle entrate, nella Circolare 51/E/2010,

fornisce un elenco esemplificativo dei documenti da allegare in base all’esimente che si vuole dimostrare. In ogni caso ciò non esime il contribuente dal presentare ulteriore documentazione e l’Agenzia di richiederne di diversa.

Per dimostrare la prima esimente (lett. a), comma 5, art. 167, Tuir),tra la documentazione che il contribuente deve allegare all’istanza o in alternativa giustificarne la mancata esibizione, si trova (sempre con riferimento alla controllata estera e suoi locali): il bilancio inerente all’esercizio cui l’istanza si riferisce ed eventuale sua certificazione; un prospetto che descriva la struttura organizzativa e le sue modalità operative; tutti i contratti di locazione di lavoro e di assicurazione in essere, con specifica indicazione del luogo; conti correnti ed estratti conto bancari; prospetto riportante la composizione dell’organo di amministrazione indicando anche se gli amministratori ricoprono altre cariche all’interno

122 Albano G. e Marani M., Op. Cit., p. 1775.

123 Articolo 11, comma 1, lett. b) dello Statuto del contribuente.

del gruppo; prospetto riguardante i principali mercati di sbocco e approvvigionamento con relative liste fornitori e clienti per ogni area geografica e volume d’affari.

Per quanto riguarda invece la seconda esimente (lett. b), comma 5, art. 167, Tuir), l’istante è tenuto ad esibire la documentazione fiscale atta a dimostrare che i redditi della controllata estera sono assoggettati ad imposizione ordinaria nel periodo d’imposta per il quale si fa istanza, insieme anche ad un prospetto riguardante il sistema di imposizione previsto nel Paese nel quale i redditi vengono generati. Inoltre, il contribuente deve allegare anche la documentazione contabile per dimostrare il superamento della soglia del 75 per cento.

Se il contribuente decide di richiedere l’applicazione della seconda esimente provando l’idoneità del “carico fiscale complessivo di gruppo”, dovrà fornire documenti riguardanti le modalità con cui è stato calcolato il reddito della società residente nel Paese a fiscalità privilegiata di livello più alto, nonché la sua composizione. Inoltre, gli è richiesto di fornire ulteriore documentazione riguardante l’eventuale distribuzione del reddito suddetto alle società sovraordinate, fino ad arrivare a quella residente in Italia, e anche il livello di tassazione a cui è stato sottoposto il reddito generato dalla CFC.125

Infine, riguardo l’interpello previsto dal comma 8-ter, art. 167 del Tuir, volto a dimostrare che la controllata estera non sia una “costruzione artificiosa”, viene disposto che i soggetti che partecipano al regime di adempimento collaborativo126 possono presentare istanza

di interpello a prescindere dalla sussistenza dei requisiti previsti dalle lett. a) e b), comma 8-bis, art. 167 del Tuir. In questo modo, il contribuente può presentare istanza di interpello senza effettuare il tax rate test e il passive income test.

L’Agenzia delle entrate specifica anche che nel caso l’istanza sia accolta favorevolmente, il contribuente dovrà predisporre la medesima documentazione anche per gli anni successivi, in modo da comprovare il permanere di tali condizioni in sede di eventuale accertamento.

Per quanto riguarda le tempistiche di risposta da parte dell’Amministrazione, è previsto un termine pari a 120 giorni, fatta salva l’eventuale interruzione per effetto della richiesta

125 Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 51/E del 6 ottobre 2010 così come spiegato da Avolio D. e

Santacroce B., L’interpello in materia di CFC, in Corriere tributario, 2010, 42, p. 3464.

126 L’istituto dell’adempimento collaborativo ha come obiettivo quello di statuire un rapporto di fiducia tra

amministrazione e contribuente volto ad un incremento del livello di certezza sulle problematiche fiscali. Questo obiettivo viene raggiunto tramite l’interlocuzione regolare e preventiva con il contribuente su determinati fatti. Include l’adesione volontaria da parte del contribuente al ricorrere di determinati requisiti. Definizione disponibile su: www.agenziaentrate.gov.it

di ulteriore documentazione. Una volta ricevuta tutta la documentazione, la risposta deve essere data entro 60 giorni. In caso di inerzia dell’Agenzia delle entrate entro i termini stabiliti, opera il silenzio assenso. Inoltre, viene esclusa la possibilità di impugnare l’eventuale risposta negativa data dall’Amministrazione, con la conseguenza che il socio italiano dovrà necessariamente aspettare l’emanazione dell’eventuale atto impositivo (con annesse le sanzioni) per far valere le condizioni di esclusione dal regime CFC. In linea con l’interpretazione dell’Agenzia, espressa nelle circolari sopracitate, è stato stabilito che la risposta all’interpello non produce effetti diretti ed immediati nei confronti dell’istante, poiché con questa, l’Agenzia esprime semplicemente la sua posizione in merito al caso sottoposto alla sua attenzione. Di conseguenza, questo carattere non vincolante permette al contribuente di dimostrare anche successivamente la sussistenza dell’esimente in caso di parere non favorevole espresso in risposta all’istanza.

Infine, il comma 8-quinquies dell’art. 167 del Tuir dispone che nel caso in cui il controllante italiano abbia fatto ricorso all’interpello e abbia ricevuto parere favorevole, sia dispensato dall’onere di dimostrare nuovamente la sussistenza delle esimenti durante la fase successiva del controllo, fatto salvo però, il potere dell’Ufficio fiscale di accertare i fatti e le informazioni forniti in tale sede.