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CAPITOLO 3 DAL PROGETTO BEPS AL D.LGS 142/2018

2. Action 3: regolamentazione delle controllate estere

2.2. Ulteriori considerazioni

2.2.1. Potenziali conflitti tra raccomandazioni BEPS e diritto comunitario

Come esposto in precedenza, nel capitolo 1 del Final Report dell’Action 3, dopo essere stati individuati i punti in comune a tutte le CFC legislation, vengono riportate le principali cause atte ad influenzare la progettazione di una norma CFC, che si distinguono in base alle giurisdizioni considerate. Mentre la prima è stata già esposta271, la seconda riguarda

il caso della progettazione delle CFC rules in Stati membri dell’Unione Europea.

Anzitutto, gli Stati membri UE nel disegnare le proprie normative CFC devono tenere in considerazione quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, in primis, come è stato visto, la sentenza Cadbury Schweppes.

La Corte infatti, con questa sentenza ha imposto delle limitazioni nell’applicazione delle CFC rules. Pertanto, l’OCSE rileva che, nonostante le raccomandazioni fornite dall’Azione 3 debbano essere sufficientemente ampie per essere efficaci nella lotta alle pratiche BEPS, queste devono anche risultare adattabili a quanto già stabilito in passato a livello comunitario in modo da consentire agli Stati membri UE di rimanere coerenti.

Inoltre, tali considerazioni devono riguardare tutti gli Stati coinvolti nel progetto, e non solo i membri UE, poiché si potrebbero verificare problemi di competitività. Infatti, per esempio, le multinazionali con sede in Stati extra-UE potrebbero trovarsi svantaggiate rispetto a quelle con sede in uno Stato UE, poiché queste ultime godrebbero di norme CFC più solide.

270 OECD (2015), Action 3 - 2015 Final Report, cap. 7.

271 Cfr. par. 2, cap. 3, riguardante la scelta, adottata da ciascun ordinamento, tra un sistema di tassazione

In ogni caso, l’OCSE, pur riconoscendo che ogni Stato membro dell’UE sia libero di elaborare le proprie norme CFC, sempre rispettando quanto sancito dal TFUE, fornisce delle raccomandazioni utili al fine di progettare norme CFC durature.

In primo luogo, consiglia di includere un’analisi sulla sostanza dell’attività svolta dalla CFC (come descritta nel terzo building block), in modo da applicare la normativa CFC solo a quelle società controllate che non esercitano un’effettiva attività economica.

La dottrina272 su questo punto nota che, affinché tali norme contrastino le pratiche di

BEPS ma siano allo stesso tempo compatibili con il diritto comunitario, dovrebbero avere natura anti-abusiva e non di contrasto al tax deferral.

In secondo luogo, in considerazione di quanto previsto dalla sentenza Cadbury Schweppes, l’OCSE suggerisce l’applicazione uniforme delle norme CFC sia alle società controllate localizzate all’estero, sia anche alle società controllate localizzate all’interno dello Stato di residenza. Infatti, una norma siffatta non dovrebbe essere ritenuta discriminatoria con quanto disposto dalla giurisprudenza comunitaria.

Gli ulteriori suggerimenti forniti dall’OCSE si basano su considerazioni fatte dalla dottrina sempre riguardo la sentenza Cadbury Schweppes.

Il primo concerne l’applicazione delle norme CFC anche a quelle attività “partly wholly artificial”273. Sebbene la giurisprudenza comunitaria considerasse l’applicazione delle

norme CFC proporzionata solo se limitata a strutture totalmente artificiose, l’OCSE segnala che ci sono state delle sentenze che hanno suggerito che tali norme potrebbero essere ritenute proporzionate e giustificate anche qualora applicate a strutture parzialmente artificiose. Infatti, nel caso riguardante la thin cap legislation,274 la Corte ha

affermato che questa legislazione antiabuso può essere legittimata dal fatto che l’operazione in esame, possa essere considerata totalmente o parzialmente come una “costruzione di puro artificio”, volta ad eludere la legislazione fiscale. Da qui, quindi, viene dedotto che una norma CFC può essere applicata non solo a quelle società controllate aventi una struttura puramente artificiosa, ma potrebbe essere applicata altresì a quelle società il cui reddito è stato conseguito da un’attività che lo sia solo parzialmente.

272 Cipollina S., Profili evolutivi della CFC Legislation: dalle origini all’economia digitale, Rivista di Diritto

Finanziario e Scienza delle Finanze, 2015, 3, p. 388 e Dourando A. P., The Role of CFC Rules in the BEPS Initiatives and in the EU, in British tax review, 2015, p. 363.

273 “Parzialmente artificiose”.

Infine, l’ultimo suggerimento, compatibile con il diritto comunitario, consiste nel progettare le CFC rules per garantire, in modo esplicito, un’equilibrata allocazione del potere impositivo degli Stati. In particolare, nella spiegazione viene fatto riferimento a due pronunce della Corte (SGI e Oy AA)275, nelle quali la stessa ha affermato che le norme

in questione potevano essere giustificate sebbene non fossero limitate a “costruzioni di puro artificio”. Questo perché erano legittimate dalla necessità di mantenere un’equilibrata ripartizione dei diritti di imposizione. Più precisamente, la Corte ha chiarito che una giustificazione siffatta, può essere accettata quando il sistema che si sta analizzando è volto ad impedire comportamenti che mettono in pericolo l’esercizio del potere impositivo di uno Stato membro relativamente alle attività esercitate nello stesso. Anche se una giustificazione in tal senso non è ancora stata adottata nelle norme CFC europee in vigore sino ad oggi, l’OCSE ne deduce comunque che queste potrebbero essere applicate anche in maniera più ampia se necessarie ad uno Stato membro per tassare utili derivanti da attività svolte nel proprio territorio.276

Nonostante le norme CFC non siano al centro del Piano d’Azione BEPS, sono comunque parte integrante della strategia di contrasto a tale fenomeno. È stata necessaria quindi un’ampia collaborazione tra OCSE e Unione Europea per raggiungere una certa convergenza. Questa è individuabile nella Direttiva Anti Tax Avoidance.

2.2.2. Risultati provvisori

Nel capitolo 3 della relazione intermedia dell’Inclusive framework on BEPS,277 pubblicata

il 16 marzo 2018, vengono riportati i risultati parziali nell’ambito dell’Azione 1 sulle sfide fiscali dell’economia digitale. Sono quindi descritti i progressi parzialmente avvenuti nell’attuazione del pacchetto BEPS, con particolare attenzione alle misure relative alla digitalizzazione e al loro impatto sul comportamento nelle imprese coinvolte, tra cui l’Action 3. È previsto che attraverso l’implementazione di tali misure si manifesti un

275 Sentenza CGE C-311/08, del 21 gennaio 2010, Causa “SGI” e Sentenza CGE C-231/05, del 18 luglio 2007,

Causa “Oy AA”.

276 OECD (2015), Action 3 - 2015 Final Report, cap. 1.

277 OECD (2018), "Implementation and impact of the BEPS package", in Tax Challenges Arising from

Digitalisation – Interim Report 2018: Inclusive Framework on BEPS, OECD Publishing, Paris, cap. 3, pp. 90 e 99-101.

miglioramento nell’allineamento tra la localizzazione degli utili imponibili e l’attività economica che li genera.

Tuttavia, più volte nel testo viene precisato che l’attuazione delle misure anti-BEPS è ancora agli inizi e che quindi i dati al riguardo sono ancora limitati.

Per quanto riguarda l’Azione 3, viene fatto particolare riferimento al terzo building block relativo alla definizione di reddito CFC. Specifica considerazione viene fatta su quei redditi tradizionalmente realizzati dalle imprese digitali, come quelli derivanti da beni immateriali o prodotti dalla vendita a distanza di beni e servizi digitali. In molti casi infatti, tali aziende ricadono sotto la legislazione CFC, avvalendosi di strutture estere non producenti alcun valore aggiunto o comunque producendone una minima parte.

Gli approcci raccomandati dall’OCSE quindi, contrasterebbero queste strutture “offshore” ampiamente utilizzate da molte imprese multinazionali altamente digitalizzate, le quali altrimenti opererebbero con esenzioni d’imposta o differimenti di tassazione negli Stati di residenza.

Molti dei Paesi coinvolti nel Progetto BEPS hanno già manifestato interesse verso le raccomandazioni fornite in merito ai redditi generati dalla vendita di beni e servizi online. Tra questi di notevole rilievo sono gli Stati membri dell’Unione Europea, i quali attraverso il recepimento della Direttiva Anti-Tax Avoidance (ATAD) dell’UE, introducono o modificano le rispettive norme interne in materia di CFC. Direttiva che, come si vedrà, risulta ampiamente in linea con le raccomandazioni fornite dall’Action 3.

3. Direttiva ATAD e D.Lgs. 142/2018