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Eliminazione della bipartizione tra paesi black e white list e nuovi presuppost

CAPITOLO 3 DAL PROGETTO BEPS AL D.LGS 142/2018

3. Direttiva ATAD e D.Lgs 142/2018

3.2. L’art 167 vigente dal 12/01/2019: modifiche apportate dal D.Lgs 142/2018

3.2.2. Eliminazione della bipartizione tra paesi black e white list e nuovi presuppost

Un’altra rilevante modifica, se non quella più importante, è l’introduzione di un unico regime CFC con la conseguente rimozione della differenza di trattamento tra Paesi black e white list.

Il novellato comma 4 308 prevede che il regime CFC venga applicato ai soggetti controllati

esteri, indipendentemente dal fatto che appartengano all’Unione Europea ovvero

306 Audizione informale del Condirettore generale dell’Assonime, Ivan Vacca, Atto del Governo n. 42, Roma,

4 ottobre 2018.

307 Audizione del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Atto del Governo

n. 42, Roma, 16 ottobre 2018.

308 “La disciplina del presente articolo si applica se i soggetti controllati non residenti integrano

congiuntamente le seguenti condizioni:

a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalità semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile;

b) oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o più delle seguenti categorie: 1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;

2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale; 3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni; 4) redditi da leasing finanziario;

5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;

6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;

7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto

aderiscano allo Spazio Economico Europeo, che soddisfano contemporaneamente due presupposti.

Il presupposto di cui alla lettera a) riguarda il livello di imposizione effettivo in capo al soggetto controllato, il quale deve essere inferiore alla metà di quello “virtuale” a cui questo sarebbe stato soggetto qualora residente in Italia.

Nella nuova formulazione quindi, non c’è alcun riferimento al tax rate nominale, come disposto anche dalla lett. b), par. 1, art. 7 della Direttiva. Per di più, risultando uguale a quanto previsto dal previgente comma 8-bis, con riferimento alle società estere localizzate in Paesi white list, valgono le medesime considerazioni riguardo il tax rate test (in particolare per quanto riguarda il calcolo del livello di imposizione virtuale domestico), fatto salvo che la nuova norma prevede l’emanazione di un provvedimento ad hoc da parte dell’Agenzia delle Entrate volto ad individuare dei criteri semplificati per la verifica della sussistenza del presupposto in commento. In linea quindi con quanto previsto dal previgente comma 8-bis, sembra potersi includere nel calcolo dell’imposta sui redditi solamente l’IRES, e non anche l’IRAP.309

Conseguentemente all’estensione dell’ambito soggettivo operato dal Decreto, la Relazione illustrativa ha previsto che il tax rate test nei confronti delle stabili organizzazioni localizzate all’estero di soggetti controllati stranieri, debba essere affrontato differentemente in base all’applicazione o meno dell’esenzione d’imposta in capo ai redditi di tali soggetti nello Stato in cui la controllata è localizzata. È infatti previsto che nel caso in cui operi l’esenzione d’imposta siano necessari due tax rate test, uno nei confronti della controllata e uno nei confronti della sua stabile organizzazione. Diversamente, se non è prevista l’esenzione sui redditi, il test sarà effettuato sui redditi (e relative imposte versate) di entrambi i soggetti (controllata estera e sua stabile organizzazione).

Per quanto attiene il secondo presupposto ai fini dell’applicazione della normativa CFC, è necessario che il soggetto controllato estero abbia oltre un terzo dei suoi proventi costituiti da passive income. Questi ultimi sono esplicitamente individuati in sette categorie:

scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110.” (c. 4, art. 167, TUIR).

309 Miele L. e Piccinini G., Nuovo regime CFC: eliminata la distinzione tra black e white, in Corriere tributario,

“1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari; 2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale; 3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni; 4) redditi da leasing finanziario;

5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;

6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;

7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110.” 310

Diversamente dal previgente comma 8-bis, il limite è stato abbassato a un terzo, questo perché il Legislatore italiano ha recepito, anche se in un ambito differente, quanto previsto dalla Direttiva all’art. 7, par. 2, lett. a) relativamente al transactional approach. In merito a quanto disposto dal c. 4, lett. b), sono state avanzate delle critiche riguardanti la compatibilità del Decreto rispetto a quanto disposto dalla Direttiva, in particolare in merito agli elementi da considerare per l’attuazione del passive income test. Infatti, mentre il Decreto fa riferimento ai proventi lordi, la Direttiva rimanda ai redditi da passive income, i quali rappresentano i proventi al netto dei costi di produzione.

Al riguardo l’AIDC311, appoggiata anche da alcuni autori312, ha sostenuto che la normativa

italiana non risulta in questo modo conforme alla Direttiva, poiché quest’ultima prevede il confronto tra il totale dei redditi derivanti da passive income e il totale di tutte le

310 Lett. b), c. 4, art. 167 del Tuir, come modificato dal D.Lgs. 142/2018.

311 AIDC – Integrazione denuncia n.12 – Fiscalità diretta del 16 marzo 2013, illegittimità comunitaria del

regime fiscale sulle controlled foreign companies (“CFC rule”) come previsto dall’art. 167 D.P.R. n. 917/1986 del 26 settembre 2018.

312 Piazza M. e Savorana A., Sulle Cfc norme italiane ancora lontane dal regime Ue, in Il Quotidiano del Fisco

tipologie di reddito conseguite dalla controllata, senza alcun riferimento ai proventi. Ha quindi ritenuto che il fine del Legislatore italiano, con tali modifiche313, non sia quello di

semplificare la procedura applicativa della norma, ma quello di garantire un maggior gettito allo Stato.

Diversamente Assonime,314 il CNDCEC315 e altri autori316, hanno favorevolmente accolto

la scelta del Legislatore, guardandola non solo in un’ottica di semplificazione317 e di

efficacia operativa, ma anche in un’ottica di continuità alla prassi interpretativa già accolta dall’ordinamento italiano con il previgente comma 8-bis.