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La specifica esimente prevista per i soggetti non localizzati in Paesi a fiscalità

CAPITOLO 1 LA NORMATIVA ITALIANA: ART 167, TUIR

4. Cause di disapplicazione

4.3. La specifica esimente prevista per i soggetti non localizzati in Paesi a fiscalità

Contestualmente al comma 8-bis dell’articolo in commento, il D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (c.d. Decreto anticrisi) ha introdotto anche il comma 8-ter che prevede una specifica esimente per i soggetti residenti in “Paesi non black list” (ai sensi del c. 8-bis, art. 167).

Il legislatore, consapevole del fatto che con l’estensione dell’applicabilità della normativa è possibile che la CFC rule domestica scatti nei confronti di controllate residenti in Stati membri UE, ha previsto una esimente specifica, riproducendo quanto previsto dalla Corte di giustizia europea nella sentenza “Cadbury-Schweppes” (C-196/04, del 12 settembre 2006)105.

Viene previsto quindi che: “le disposizioni del comma 8bis non si applicano se il soggetto residente dimostra che l'insediamento all'estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale.”106 A richiamare la sentenza

suddetta, è l’espressione “costruzione artificiosa” che ricorda infatti il concetto di “costruzione di puro artificio”107 presente nella sentenza della CGE.

In particolare, secondo la Corte di Giustizia Europea, non si può considerare una “costruzione di puro artificio” quell’organizzazione societaria nella quale “da elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi risulti che, pur in presenza di motivazioni di natura fiscale, la SEC [società estera controllata] è realmente impiantata nello Stato di stabilimento e ivi esercita attività economiche effettive”108. Precisando per di più, che

anche se le attività esercitate dalla controllata avrebbero potuto essere state esercitate anche da società localizzate nel Paese del soggetto controllante, questo non significa che si sia in presenza di una costruzione societaria meramente artificiosa109, ma soprattutto

105 Analizzata nel dettaglio nel cap. 2, par. 1.1. 106 Primo periodo del comma 8-ter, art. 167, TUIR.

107 Nella versione originale “wholly artificial arrangements”. 108 Punto 75, sentenza CGE C-196/04, del 12 settembre 2006. 109 Ivi, Punto 69.

ribadisce il fatto che nel decidere dove localizzare uno stabilimento secondario è legittimo avere come obiettivo quello di ridurre il più possibile il carico fiscale.110

La dottrina111 nota inoltre che, secondo la giurisprudenza comunitaria, il concetto in

esame debba ricavarsi in negativo ogni volta che non si sia di fronte ad “un livello di presenza fisica (…) in termini di locali, personale e di attrezzature” tale da comprovare la presenza di un soggetto realmente installato nel territorio di stabilimento dove eserciti effettivamente attività economiche.

Sempre con riguardo all’ambito comunitario, l’Agenzia delle entrate, nella circolare 51/E del 2010, specifica che l’espressione “volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale”, presente al comma 8-ter, è una semplice precisazione del concetto anzidetto.

Infatti, la posizione assunta dalla CGE nella sentenza “Cadbury-Shweppes”, convalidata dalla successiva giurisprudenza112, nonché anche dalla Commissione Europea113, e

condivisa dall’Agenzia delle entrate, prevede che la presenza di un eventuale vantaggio fiscale è posta come condizione soggettiva complementare se l’organizzazione societaria è realmente ed effettivamente impiantata nello Stato di localizzazione nel quale esercita le attività economiche. Così facendo infatti, non è possibile parlare di “costruzione di puro artificio”.114

Qualora quindi il contribuente controlli una società, che in un certo periodo d’imposta superi ambedue i limiti di cui al comma 8-bis, art. 167, e voglia disapplicare la normativa CFC, deve obbligatoriamente dimostrare che non si tratta di una “costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale”. Come previsto per il comma 5-bis del medesimo articolo, una volta superati i limiti anzidetti, la presunzione che nasce è di carattere relativo, di conseguenza si presume, salvo prova contraria, che la controllata sia una costruzione di mero artificio.

In ogni caso, l’Amministrazione finanziaria nel valutare l’artificiosità o meno di una determinata società controllata, fa affidamento a degli indici predefiniti individuabili nella Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea (2010/C 156/01), dell’8 giugno 2010. Si

110 Ivi, Punto 37.

111 Grilli S., Le costruzioni di puro artificio nella giurisprudenza della Corte di Giustizia/ considerazioni in

tema di effettiva attività economica, in Rassegna tributaria, 2008, 4, p. 1172.

112 Sentenza CGE C-524/04, del 13 marzo 2007, Causa “Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation”. 113 COM(2007) 785, riguardante “L’ applicazione di misure antiabuso nel settore dell’ imposizione diretta

all’interno dell’UE e nei confronti dei Paesi terzi”.

114 Valente P. e Mattia S., <<CFC rule>> per le costruzioni di puro artificio, in Corriere tributario, 2010, 42,

tratta di un elenco di indicatori non del tutto esaustivo, ma al riscontro dei quali risulta ragionevole presupporre che i redditi siano stati “artificiosamente trasferiti” ad una CFC. La Risoluzione ha individuato tra gli indicatori di artificiosità:

a) “l'insufficienza di motivi economici o commerciali validi per l'attribuzione degli utili, (…);

b) la costituzione non corrisponde essenzialmente a una società reale intesa a svolgere attività economiche effettive;

c) non esiste alcuna correlazione proporzionale tra le attività apparentemente svolte dalla SEC e la misura in cui tale società esiste fisicamente in termini di locali, personale e attrezzature;

d) la società non residente è sovracapitalizzata (…);

e) il contribuente ha concluso transazioni prive di realtà economica, aventi poca o nessuna finalità commerciale o che potrebbero essere contrarie agli interessi commerciali generali se non fossero state concluse a fini di evasione fiscale.”115

Nonostante la chiara determinazione di questi indicatori, sono stati riscontrati problemi in merito alla loro applicazione alle attività di carattere immateriale (es. assicurative, bancarie o finanziarie). L’Agenzia delle entrate, nella Circolare 51/E del 2010, ha quindi elaborato ulteriori elementi, che specifica essere utilizzabili anche per la disapplicazione del comma 5-bis dell’art. 167, Tuir, tra i quali: resoconto delle funzioni effettivamente esercitate, degli assets in utilizzo e dei relativi rischi assunti dalla controllata estera; descrizione dettagliata dei rapporti infragruppo di carattere economico-finanziario; indicazione e confronto dell’ammontare delle componenti del reddito caratteristiche dell’attività praticata dalla controllata estera con quelle poste a bilancio della società controllante; analisi di bilancio con calcolo degli indici di redditività (ROE – return on equity, ROI – return on investment) e confronto con quelli della società controllante.116

Con riferimento alle considerazioni accennate nella prima parte del presente capitolo in merito alla natura antielusiva ovvero antievasiva della normativa in parola, sono state elaborate dalla dottrina ulteriori interpretazioni alla luce delle numerose modifiche intervenute, che hanno fatto propendere, in ultima analisi, per una visione antielusiva.

115 Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea (2010/C 156/01).

In primo luogo, è stato infatti notato che poiché per l’individuazione dei paesi a fiscalità privilegiata si deve prendere come criterio il livello impositivo e che è sufficiente che i redditi delle controllanti ivi localizzate siano tassati adeguatamente, nonostante possano derivare da situazioni di puro artificio, fa propendere per una lettura antielusiva della norma. In secondo luogo, l’abrogazione dell’art. 168 del Tuir, fa sì che oggi si renda necessario, ai fini dell’applicazione della norma, il pieno potere decisionale che si riconosce solo in capo al socio controllante, requisito indispensabile per poter rinviare la distribuzione degli utili. 117