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Riflessioni sulla conformità della disciplina al principio costituzionale della capacità

CAPITOLO 1 LA NORMATIVA ITALIANA: ART 167, TUIR

3. Riflessioni sulla conformità della disciplina al principio costituzionale della capacità

Il regime CFC, come è noto, si contraddistingue dal fatto che prevede la tassazione per trasparenza in capo al socio di maggioranza residente dei redditi conseguiti dalla controllata estera, indipendentemente dalla distribuzione dei relativi utili. La dottrina italiana si è espressa così proprio in merito alla costituzionalità della mancanza di connessione tra colui che produce il reddito e colui che è soggetto ad imposizione. Infatti, se ordinariamente la tassazione per trasparenza è legittimata dal fatto che il reddito è considerato già a disposizione del soggetto in capo al quale viene imputato, nel regime CFC il socio controllante è tassato per trasparenza in relazione ad un utile solo virtualmente acquisibile.230

Fin dall’introduzione, la dottrina nazionale si è quindi espressa in merito alla compatibilità della normativa CFC con la Costituzione italiana.231 Al fine di verificare la

legittimità costituzionale, è necessario capire se il rapporto di controllo intercorrente tra socio italiano e controllata estera, sia espressione della capacità contributiva del socio stesso, così come prevista dall’art. 53 della Costituzione.

La dottrina232 ha attribuito due differenti interpretazioni a tale principio costituzionale:

la prima attinente alla disponibilità, da parte del contribuente, di elementi patrimoniali attivi traducibili in denaro per poter pagare i tributi e quindi per poter partecipare alla spesa pubblica; la seconda, diversamente, rompe la connessione con il presupposto impositivo, stabilendo esclusivamente che questo sia valutabile dal punto di vista economico.

A seconda della prospettiva, si possono avviare diverse considerazioni.

Nello specifico, la prima interpretazione, chiamata anche teoria garantista, prevede che il Legislatore determini, come criteri base, degli indicatori di forza economica in grado di

230 Ingrao G., La riforma dell’IRES e la legislazione sulle Controlled Foreign Companies, in Beghin M. (a cura

di), Saggi sulla riforma dell’Ires. Dalla relazione Biasco alla Finanziaria 2008. Quaderni della Rivista di Diritto Tributario, Milano, 2008, p. 271 ss.

231 Bartolomucci S., L’ambito soggettivo di applicazione della controlled foreign companies legislation,

alcune problematiche interpretative ed applicative della norma, Il Fisco, 2002, 13, 1911; Marongiu G., Imprese estere partecipate - prime riflessioni sulle circostanze escludenti l’imputazione dei redditi ai soggetti controllati, in Diritto e pratica tributaria, 2001, 1, p. 138 e ss.

232 Le varie interpretazioni dottrinali sono riportate da Beghin M. e Schiavolin R., Art. 53 Cost., in Falsitta G.

(a cura di), Commentario breve delle leggi tributarie, Tomo 1: Diritto costituzionale tributario e Statuto del contribuente, Padova, CEDAM, 2011, p. 208 e ss.

stabilire la disponibilità economica di ogni soggetto passivo. Disponibilità che serve al fine di poter affrontare i prelievi sia diretti che indiretti. La potestà tributaria dello Stato è quindi vincolata, e deve rivolgersi solo a quei soggetti passivi con una reale capacità contributiva, e nei limiti delle stessa.233 In altri termini, questa funge da limite sostanziale

al potere decisionale nonché discrezionale del legislatore.

Considerando che la CFC rule prevede la tassazione per trasparenza di redditi non ancora distribuiti quali utili e quindi non ancora in possesso del socio, si potrebbero riscontrare dei profili di incostituzionalità. Viene cioè aumentata la tassazione a carico del socio, senza però che ci sia un reale aumento della sua ricchezza.

Secondo la disciplina CFC, quindi, il socio di controllo è in grado di disporre del reddito della controllata al pari di quanto richiesto dal principio della capacità contributiva. Ciò è dovuto al fatto che, grazie alla posizione rivestita, ha l’effettiva disponibilità del patrimonio della controllata e di conseguenza può utilizzarlo in ogni tempo per fronteggiare i tributi.

Ecco così che viene giustificato l’operare della disciplina in esame, potendola così considerare costituzionalmente legittima.

Il requisito del controllo insieme a tutti quelli previsti dal regime CFC, fan sì che la controllata estera sia vista come una proiezione del socio controllante italiano, legittimando l’imposizione dei suoi redditi e il passaggio degli effetti fiscali alla controllante.234

La seconda prospettiva invece, si focalizza sulla facoltà del Legislatore italiano di stabilire qualsiasi presupposto imponibile purché connesso ad elementi determinabili economicamente, e purché siano applicati criteri di razionalità nel sistema di distribuzione del carico tributario.235

Essa valuta così il principio della capacità contributiva, come un semplice criterio di distribuzione, operando una ripartizione del carico fiscale pubblico come espressione di un’idoneità valutabile in base alla forza economica ma anche a requisiti indicanti l’esistenza di un ruolo economicamente vantaggioso che legittimi il contributo. Quindi il

233 Falsitta G., Corso istituzionale di diritto tributario, Padova, CEDAM, 2016, p. 71.

234 Ballancin A., Il regime di imputazione del reddito delle imprese estere controllate: profili ricostruttivi

nella crisi dei paradigmi impositivi tradizionali, in C. Sacchetto (a cura di), Principi di diritto tributario europeo e internazionale, Torino, CEDAM, 2016, pp. 187-188.

235 A. Fedele, La funzione fiscale e la capacità contributiva, in Perrone L. e Berliri A. (a cura di), Diritto

presupposto connesso al tributo non necessariamente deve fare riferimento agli elementi patrimoniali del soggetto al quale viene imposto. Di conseguenza, se tale interpretazione individua le “posizioni di vantaggio economicamente valutabili di cui il contribuente può godere”,236 quali criteri per individuare la capacità contributiva, si può dedurre che nel

caso della disciplina CFC tale ruolo lo rivesta proprio il socio di controllo nel momento in cui ha la facoltà di prendere decisioni strategiche e operative per l’impresa controllata. Questa posizione infatti è paragonabile a quella di un proprietario d’azienda.

Infine, quindi, anche in questo caso si ritiene la CFC rule costituzionalmente legittima in ragione del fatto che i relativi redditi sono soggetti al potere del socio controllante e non al potere della controllata stessa.

Intraprendendo invece un’argomentazione più specifica, si riporta come all’epoca dell’introduzione della normativa, la dottrina giustificava l’assenza di corrispondenza tra soggetto che produce il reddito e colui che è soggetto ad imposizione, nell’intento antielusivo insito in essa. La tassazione in capo al socio controllante, infatti, era giustificata dal fatto che questa colpiva dei redditi che solo apparentemente erano prodotti in un altro Stato.237 Le esimenti come originariamente concepite, prevedevano la

tassazione esclusivamente nei casi in cui la controllata estera costituisse una costruzione puramente artificiosa.238

Ora, invece, come già argomentato in precedenza, le esimenti riscritte non appaiono capaci di separare le delocalizzazioni fittizie da quelle genuine, rischiando così di colpire delle realtà che non dovrebbero esserlo. Se si fa riferimento al comma 5-bis art. 167, Tuir, il rischio appare ancora più evidente. La disposizione infatti, rischia di precludere a soggetti realmente operativi all’estero l’utilizzo della prima esimente. Simile considerazione si può fare con riguardo alla stessa prima esimente (comma 5 lett. a) e al relativo riferimento al mercato d’insediamento, il quale rischia di penalizzare realtà effettive solo perché operanti in un mercato che non è quello del loro territorio di

236 Ballancin A., Il regime di imputazione del reddito delle imprese estere controllate: profili ricostruttivi

nella crisi dei paradigmi impositivi tradizionali, in C. Sacchetto (a cura di), Principi di diritto tributario europeo e internazionale, Torino, CEDAM, 2016.

237 Stevanato D., Controlled Foreign Companies: concetto di controllo ed imputazione del reddito, in Rivista

di diritto tributario, 2000, 1, p. 794.

238 In Beghin M., L’abuso del diritto nelle operazioni internazionali, in Corr. Tributario, 2010, 12, p. 957 e ss.,

l’autore scrive che ““Puro artificio” significa “di comodo”” e che “l’espressione “di comodo” sembra (…) evocare l’idea di una dissociazione tra forma e sostanza, pur sempre finalizzata ad eludere (aggirare) il tributo”.

insediamento. In questi casi infatti, la normativa va a tassare redditi prodotti effettivamente da società estere in capo ad un altro soggetto, cioè il socio italiano.

Quindi in questo caso la tassazione per trasparenza in capo al socio di maggioranza italiano non risulta legittimata in quanto non si tratta di redditi “apparentemente” prodotti all’estero, ma di redditi derivanti da effettive attività economiche esercitate all’estero, che ingiustificatamente vengono attratti dal regime CFC. La tassazione così fatta risulta quindi potenzialmente incompatibile con l’art. 53 della Costituzione, poiché risulta assai difficile identificare la connessione suddetta.239

239 Ingrao G., D.L. anticrisi e “stretta” sulla normativa CFC: contrasto agli abusi fiscali o miopia del