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Crimine di genocidio nell’ICTY e nell’ICTR

Il crimine di genocidio è definito all’interno dell’oggetto delle disposizioni della giurisdizione di due statuti l’“International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia” e l’“International Criminal Tribunal for Ruanda” ed è, essenzialmente, invariato rispetto all’art. II e all’art. III della Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio del 1948. Prima del Tribunale della Jugoslavia le accuse per genocidio sono state alquanto rare, oggi ci sono tre importanti provvedimenti che interpretano il genocidio, ovvero il caso Prosecutor v. Akayesu pronunciato dalla I Camera del Tribunale del Ruanda nel settembre 1998, il caso Prosecutor v. Kayishema e Rutaganda pronunciato dalla II Camera dell’ICTR nel maggio 1999 e il caso Prosecutor v. Jelesič pronunciato dalla I Camera dell’ICTY nel dicembre 1999. L’ICTR non ha esitato a riconoscere il genocidio, commesso in Ruanda nel 1994, contro i Tutsi in qualità di gruppo, mentre l’ICTY ha stentato ad ammettere che il genocidio fosse stato commesso nei territori del former Jugoslavia. Nel caso Jelesič, di competenza

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dell’ICTY, infatti, viene detto che non è possibile concludere, oltre ogni ragionevole dubbio, che la scelta delle vittime deriva da un ragionamento logico finalizzato a distruggere le figure più rappresentative della comunità musulmana in Brcko, in Bosnia. L’ICTY dichiara, inoltre, l’insufficienza delle prove per sostenere

che il genocidio ha preso piede in Bosnia172.

Il genocidio consiste in uno dei cinque atti punibili, secondo l’art. 2 della Convenzione per la prevenzione e la repressione del Genocidio, commessi con l’intento di distruggere un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. La varietà di camere dei vari processi dei Tribunali ad hoc ha raggiunto diversi risultati nell’intento di definire i gruppi protetti dalla Convenzione sul Genocidio. Inizialmente, la caratterizzazione della popolazione Tutsi del Ruanda, affligge il Tribunale perché non in grado di distinguere in modo rilevante i Tutsi, in termini di linguaggio e cultura, dalla maggior parte della popolazione Hutu. Il Tribunale cerca autonomi significati per le parole nazionale, razziale, etnico e religioso, ma sembra non convincere l’applicazione di questi quattro termini alla popolazione Tutsi. Nel giudizio sul caso Akayesu si dichiara che, durante i lavori preparatori della Convenzione sul Genocidio, il crimine di genocidio si sarebbe riferito soltanto a gruppi “stabili”, i membri dei quali sarebbero riconosciuti dalla nascita, con l’esclusione dei gruppi “mobili” come i gruppi politici o economici. Nel caso Jelisič, la I Camera del Tribunale di Jugoslavia, conviene che l’intento della Convenzione

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Cfr. FISHER- KRESS-LÜDER, Internationale and National Prosecution of Crimes under

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sul Genocidio è quello di proteggere gruppi stabili, oggettivamente definiti. Ovviamente questa lettura sull’individuazione dei gruppi da parte dei suddetti tribunali verrà criticata su diversi fronti. Probabilmente l’esclusione dei gruppi politici deriva dal fatto che non vengono considerati stabili e permanenti nel senso di nazionalità, razza, etnia.. Gli estensori della Convenzione, inizialmente, votarono per includere i gruppi politici senza enumerazione, solo per cedere ad un compromesso e per non restringere troppo il campo ai soli gruppi stabili e permanente. Sebbene la I Camera, nel caso Akayesu, fosse restia a definire i Tutsi come gruppo etnico, vedremo che nel giudizio l’imputato Akayesu sarà condannato per il crimine contro l’umanità di

persecuzione di un gruppo etnico (i Tutsi)173.

Controverso anche il termine “racial group” presente all’art. 2 della

Convenzione sul Genocidio174 . La Corte Permanente di Giustizia

Internazionale, in una opinione 1935, parla di “…preservare le peculiarità razziali di una minoranza nazionale”. Una dichiarazione delle Nazioni Unite del Dicembre 1942 denuncia il maltrattamento della razza ebrea nell’Europa occupata. Ancora il giudizio del Tribunale di Norimberga osserva che i giudici in Germania erano stati rimossi dalla “panca” per motivi razziali, riferendosi alle molestie subite dai giuristi ebraici175.

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Cfr. FISHER- KRESS-LÜDER, Internationale and National Prosecution of Crimes under

Interational Law, Berlin Verlag Editore, BERLINO, 2001, pp. 450-452

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All’art. 2 delle Convenzione per la prevenzione e repressione del delitto di genocidio abbiamo la definizione di genocidio

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Cfr. FISHER- KRESS-LÜDER, Internationale and National Prosecution of Crimes under

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Nel caso Kayishema, nella II Camera dell’ICTR, si stabilisce che i Tutsi erano un gruppo etnico basato sull’esistenza di una “carta ufficiale d’identità” rilasciata dal governo, che descriveva loro come tali. Questo processo riconosce una prospettiva soggettiva dell’esistenza dei gruppi protetti, infatti, un gruppo poteva essere: “…un gruppo identificato come tale dagli altri, inclusi i perpetratori dei crimini”. In contrasto, nella I Camera dell’ICTY, riguardo il caso Prosecutor v. Rutaganda, viene detto che una definizione soggettiva da sola non è abbastanza determinante per individuare un gruppo di vittime come previsto dalla Convenzione sul Genocidio. Per quanto riguarda gli atti di Genocidio, come detto sopra, si ha un elenco all’art. II delle Convenzione. La I Camera nel caso Akayesu, critica il termine “killing”, presente alla lettera (a) dell’art. 2 dove si individua il primo atto punibile ovvero “killing members of the group”, in quanto ritenuto troppo generale. Questo termine potrebbe infatti includere sia l’omicidio intenzionale sia uccisioni

involontarie e, ritiene, perciò, il termine francese “meurtre”176

, essere più preciso. La II Camera dell’ICTR, nel caso Kayshema, non è d’accordo, in quanto ritiene non esserci praticamente differenze fra il termine francese e quello inglese. Si è, così, generalmente accettata l’idea che non ci si può riferire alle uccisioni involontarie, in materia di genocidio. All’art. 2 dello Statuto dell’ICTR e all’art. 4 dello Statuto dell’ICTY si specifica che le vittime devono essere membri di un gruppo protetto. La I Camera, nel caso Akayesu, considera l’uccisione di un individuo che non fa parte di un gruppo, ma che viene ucciso nel contesto del genocidio,

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atto di genocidio. La seconda lettera dell’art. 2 indica le lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo. Riguardo al caso Eichmann, la I Camera dell’ICTR ritiene non necessaria la

permanenza o l’irrimediabilità delle lesioni fisiche o mentali177

. Ci sono state comunque diverse controversie su questo punto. Un’importante innovazione della I Camera nel caso Akayesu è l’aver riconosciuto lo stupro quale forma di genocidio, in quanto costituente una seria lesione dell’integrità fisica o mentale. L’accusa non ha incluso, inizialmente, i crimini di genere nell’imputazione. Questo avverrà durante lo sviluppo del processo e

grazie alle pressioni delle organizzazioni non governative178.

Mentre il Genocidio è definito all’art. II della Convenzione del 1948, le forme di partecipazione nel genocidio sono elencate all’art. III della Convenzione: omicidio, cospirazione, diretto e pubblico incitamento, tentativo e complicità.