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Metodi usati nei processi internazionali (“feminist

approach”)

Le “Women’s Courts” rappresentano uno spazio per le testimonianze delle donne, uno spazio per ascoltare la voce delle donne, uno spazio per conoscere la loro “resistenza”. Come abbiamo già precisato, queste corti spesso erano create grazie all’operato di donne attiviste, come avviene nei territori del former Jugoslavia dove, attiviste femministe come Rada Iveković, Daša Duhaček, Staša Zajović, hanno dato un grande contributo all’istituzionalizzazione di questi processi. Queste attiviste non hanno contribuito solo a promuovere lo spirito del movimento, ma hanno partecipato al duro lavoro di mesi, settimane, anni di

documentazione e analisi con approfonditi spunti politici249.

249

Cfr. ZAJOVIĆ-IVEKOVIĆ-DUHAČEK, Women’s Court: about the Process, Staša Zajović Editore, BELGRADO, 2015, pag. 4

138

Lo scopo dei processi era quello di comprendere la verità sugli eventi degli ultimi decenni avvenuti nei Balcani, partendo dall’analisi di storie di donne che hanno sofferto gravi ingiustizie. Queste testimonianze, secondo Rada Iveković, riguardano le

“violenze strutturali commesse dallo Stato”250

.

Spesso i sistemi legali istituzionali non sono dalla parte delle

vittime e non ottengono giustizia per queste. Infatti,

frequentemente, le istituzioni non conoscono e non sanzionano le violenze commesse contro le donne e contro chi ha poco peso (principalmente in termini di potere economico e politico). Per trovare risposta a questa eredità negativa del passato si sviluppa una “giustizia transitoria”251

: si creano differenti concetti di giustizia e meccanismi alternativi, attraverso la creazione dei tribunali di persone e dei tribunali di donne252.

Dal primo Tribunale di persone (“Brussels Tribunal”, 1976), circa dieci altri tribunali di donne sono stati creati in Europa, Asia e Stati Uniti. Il più conosciuto di questi è stato istituito a Tokyo nel 2000 (“Tokyo Tribunal”), mentre la prima “Women’s Court” del continente europeo è nata nella regione del former Jugoslavia (“The

Women’s Court-a Feminist Approach to Justice”)253

.

250

Cfr. ZAJOVIĆ-IVEKOVIĆ-DUHAČEK, Women’s Court: about the Process, Staša Zajović Editore, BELGRADO, 2015, pag. 5

251

Per “giustizia transitoria” si intende un gruppo di risposte, istituzioni, strategie e modi con i quali una società autoritaria si muove attraverso la democrazia; è un gruppo di istituzioni e di morali, legali, politici e sociali processi, misure e decisioni che sono state prese e implementate con il processo della democrazia transitoria

252

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, 2015, pag. 7

253

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

139

L’iniziativa per la creazione della “Women’s Court” nella regione del former Jugoslavia è andata avanti per più di dieci anni. Žarana Papić, filosofa e attivista, appartenente al movimento di pace per le donne nel former Jugoslavia, ha lanciato l’iniziativa a Sarajevo, nel 2000, insieme a Corinne Kumar, coordinatrice del movimento globale per i tribunali di donne. Nello stesso tempo fu tenuta una conferenza internazionale sul nuovo paradigma della giustizia e la creazione di uno spazio “alternativo” dedicato alle testimonianze di donne. L’iniziativa suscitò molto interesse e permise la partecipazione di donne testimoni e attiviste da Belgrado, alla “Women’s” Court a Città del Capo, nel 2001. Sfortunatamente nel 2002 Žarana Papić morì, ma le attiviste continuarono ad organizzare numerose iniziative internazionali per la giustizia, conferenze per la pace e la giustizia nei paesi254.

Successivamente alla morte di Milošević venne rilanciata l’iniziativa per il “Peoples’ Women’s Tribunal for Crimes against Peace”, sebbene il carattere del tribunale fosse informale. L’iniziativa per la “Coalition for the Establishment of a Regional Commission Tasked with Establishing the Facts about War Crimes in Former Yugoslavia/REKOM” fu lanciata nel 2007. REKOM era un’importante iniziativa regionale, seppur non sembrava soddisfare le previsioni delle attiviste255.

Dal 14 al 16 Ottobre, 2010, si svolse, a Sarajevo, il workshop internazionale “Court of Women for the Balkans: Justice and

254

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 8

255

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

140

Healing”, che permise la discussione di importanti questioni

riguardo l’idea della WC256

. Il workshop fu organizzato da “Women to Women” da Sarajevo, con la partecipazione di numerosi membri dell’Iniziativa Board delle WC e degli organizzatori WC provenienti da diversi paesi, tra cui Tunisia, India, Messico, Sud Africa, Cambogia. Alla fine del 2010 l’iniziativa “The Women’s Court for the Region of Former Yugoslvia” fu accettata. I seguaci erano i membri dell’Iniziativa Board: “Women to Women”, Sarajevo, Center for “Women’s and Peace Education’ Anima’ from Kotor” (Montenegro), “Center for Women’s Studies” and “Center for Women Victms of War” (Croazia), “Kosova Women’s Network

and Women in Black” from Belgrade257.

La caratteristica dell’iniziativa per la “Women’s Court” è l’aver riunito le donne provenienti da tutti gli stati eredi del conflitto armato: Bosnia e Erzegovina, Montenegro, Croazia, Kosovo, Macedonia, Slovenia e Serbia. Le donne provenienti da questi paesi aveva tutte subito il peso della guerra, seppur in situazioni diverse e con modalità diverse, tutte avevano subito delle ingiustizie. L’iniziativa era volta a ricercare i comuni denominatori della posizione della donna ( denominatori di genere, politici, economici, sociali ecc..)258.

L’approccio femminista alla giustizia deriva dal fatto che i

promotori erano attiviste donne provenienti da diverse

256

WC è l’abbreviazione di Women’s Court

257

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pp. 9-10

258

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

141

organizzazioni femministe. L’approccio femminista alla giustizia transitoria non negava l’esistenza dei modelli della giustizia provvisoria e i meccanismi istituzionali della giustizia, ma tendeva a riflettere su essi e ad includere la dimensione di genere nelle teorie e nella pratica della giustizia, per creare nuovi modelli di giustizia. L’approccio femminista rappresenta un atto per riparare l’ingiustizia inflitta a un numero considerevole di donne, che hanno partecipato ad una resistenza non violenta alla guerra, in un contesto di ricerca della verità/riconciliazione e ricostruzione della pace259.

Una serie di principi caratterizzavano questo “feminist code” adottato dagli organizzatori della WC: la visibilità delle continue ingiustizie subite dalle donne durante la guerra e nel periodo del post-guerra sia a livello privato che sociale; la rivelazione strutturale delle violenze (etniche, economiche, politiche ecc..) e il loro impatto sulle donne; l’attenzione all’esperienza di queste donne; l’importanza e l’egual valore del processo e dei risultati di questo; l’analisi femminile della violenza militare e l’impatto di questa sulla salute delle donne; la resistenza delle donne al

militarismo e l’attenzione e la cura rivolte alla testimoni donne260.

Tra gli scopi di questo approccio femminile alla giustizia vi era l’intento di coinvolgere tante donne (ed anche uomini) nel processo di preparazione della WC, attraverso la creazione di gruppi di supporto per l’organizzazione e lo svolgimento della WC. Furono

259

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pp. 12-13

260

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

142

create dieci consultazioni/trainings nei paesi del former Jugoslavia, inizialmente in Serbia e in Bosnia e Erzegovina, mentre, attivisti provenienti dal Kosovo e dalla Slovenia, parteciparono ai trainings

formativi in Macedonia e in Croazia261.

Furono previsti dei seminari educativi regionali, che includevano la presentazione di video, letture, la proiezione di documentari e di film. Questi seminari si svolgevano in tre giorni, avevano un carattere interattivo e interdisciplinare, veniva dato, infatti, egual

valore all’esperienza pratica e alla conoscenza accademica262

.

In molte città vennero fatte delle presentazioni pubbliche, per informare il pubblico sull’iniziativa per l’organizzazione della WC. Vennero date informazioni, fatte proposte, dati suggerimenti concernenti il concetto e la visione della giustizia e fatta la selezioni dei temi per la “Women’s Court”. Tra il 2011 e il 2014, si svolsero le presentazione pubbliche in 11 città della regione, organizzate dei

membri WC ma anche da società organizzative civili locali263.

Successivamente però si è realizzato che le donne esitavano a testimoniare e che, nel processo, non c’era uno spazio abbastanza sicuro per testimoniare. Furono creati anche dei “feminist discussion circles”, dove veniva incoraggiato il confronto tra le donne, ovvero tra coloro che avevano sofferto le ingiustizie della guerra o del post-guerra e donne attiviste o appartenenti alla

261

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 18

262

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pp. 18-19

263

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

143

comunità accademica. Erano incontri che lasciavano spazio a riflessioni critiche e alla conoscenza reciproca di donne che avevano sofferto le più difficili forme della violenza della guerra e del post-guerra. Questi circoli saranno di grande supporto per le testimoni264.

Purtroppo, durante il processo per l’organizzazione WC (2011- 2014), emergono i primi limiti e ostacoli posti dalla giustizia istituzionale a livello nazionale. Negli Stati del former Jugoslavia prevaleva l’impunità, vi era, infatti, un consistente numero di crimini non processati a dispetto dell’evidenza di questi; in ogni stato vi era un gap fra le leggi e la loro applicazione; in ogni stato del former vi erano problemi riguardo la protezione dei testimoni (non vi erano sistemi adeguati di protezione dei testimoni e chi decideva di testimoniare metteva a rischio la propria vita o quella della propria famiglia); spesso le donne che testimoniavano riguardo ai crimini di stupro venivano sottoposte, dalla comunità sociale, a stigmatizzazione e molestie; gli indennizzi per le vittime erano rari e, quando venivano riconosciuti, erano di carattere

materiale e non morale o simbolico265.

Durante l’organizzazione del processo si è ottenuta una forma definitiva per le testimonianze: viene dato spazio alla voce delle donne e alle loro testimonianze circa le loro esperienze riguardo l’ingiustizia subita durante la guerra e in tempi di pace (le donne cominciano a diventare “agenti di giustizia”); uno spazio per

264

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, 19-20

265

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

144

testimoniare le violenze subite nella sfera privata e pubblica (le donne cominciano a diventare agenti della narrazione/di storie) e uno spazio per le donne che voglio testimoniare la resistenza (donne che vogliono parlare del ruolo ricoperto da alcune di loro nella battaglia contro le ingiustizie e la violenza)266.

Furono organizzate delle simulazioni della Women’s Court per le donne chiamate a testimoniare. Si organizzarono dei gruppi chiusi e degli spazi sicuri durante i seminari e agli uomini non fu permesso di partecipare per non intimidire le donne nel parlare delle violenze. Ancora furono organizzati colloqui singoli o meetings con i potenziali futuri testimoni. Tutte queste misure mostrarono alcuni limiti delle testimonianze: la necessità di una spazio sicuro per testimoniare, la paura della pubblica opinione, la paura di rivivere i traumi, la paura per la propria incolumità e per quella dei propri familiari, la paura della possibile ritorsione da parte della società e

la previsione di una protezione inadeguata per le testimoni267.

Durante il processo di organizzazione della “Women’s Court” in Serbia, un consistente numero di donne prese parte alle attività educative e di supporto viste, nonostante questo, erano poche le donne pronte a testimoniare (molte si rifiutavano di parlare in pubblico). Si cercò perciò di creare spazi sicuri e confortevoli per le testimoni, un comune supporto e senso di solidarietà per l’operato

266

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 28

267

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

145

di queste donne, un supporto psicologico per le potenziali testimoni

e un lavoro di preparazione per la loro comparizione in pubblico268.

Rilevante è stato il lavoro posto in essere per preparare queste donne vittime di violenze a testimoniare: nei “regional meetings”, infatti, vengono preparate le donne a leggere i testi, a modificarli e a correggerli in gruppo, alle donne viene affiancato un mentore individuale per supportarle nell’esposizione orale, viene data loro una piccola guida per testimoniare, vengono fatti fare lavori di gruppo e presentazioni dei lavori fatti in gruppo269.

Evidente l’intento di creare dei processi interattivi, in cui le donne possano raccontare liberamente e spontaneamente le loro esperienze, divenendo agenti e interpreti della loro storia e dimostrando tutto il loro coraggio e gli atti di eroismo che le hanno contraddistinte270.

I lavori con le potenziali testimoni si sono svolti a livello locale, regionale, nazionale, con la partecipazione degli organizzatori della WC, di donne terapiste ed artisti. I partecipanti hanno espresso, anche, la necessità di prendere parte ad iniziative artistiche, iniziative in strada, spettacoli teatrali, dimostrando il valore sociale ricoperto dalle arti. Si trattava di spazi che liberavano e

incoraggiavano il potenziale creativo delle donne271.

268

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pp. 36-37

269

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pp. 38-39

270

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 40

271

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

146 4.2 Analisi delle testimonianze di donne provenienti dai Balcani

Nel processo di organizzazione della WC, in varie circostanze, come nel caso dei seminari, dei circoli di discussione e dei meetings regionali, le testimoni hanno parlato della violenza etnica, di genere, militare e economica subita nel periodo del conflitto armato e nei periodi cosiddetti di pace272.

Una testimone ha raccontato che, durante l’occupazione di Bratunac (città della Bosnia ed Erzegovina), nell’aprile 1992, furono uccisi tutti. Queste sono state le parole della testimone: “Nella mia strada non c’erano più uomini. Solo donne e bambini erano rimasti. Tutti

furono uccisi”273

.

Un’altra testimone di Dulići (Montenegro), ha raccontato che in un solo giorno furono uccise 700 persone, ovvero l’intero villaggio di Dulići. Le parole della testimone sono state: “Non sapevamo dove ci portavano, non c’era alcun suono, nemmeno i bambini

piangevano. Noi eravamo già morti”274

.

Ancora, una testimone di Prijedor (Bosnia-Erzegovina), si è espressa con queste parole: “Vi erano i campi della morte a Omarska, Keraterm, Trnopolje.. Essi portarono metà della città in

272

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 45

273

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 46

274

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

147

questi campi. Noi dovevamo segnare le nostre case nastri bianchi,

cosicché loro sapessero che eravamo musulmani”275.

Una testimone di Srebrenica (Bosnia-Erzegovina), raccontò di aver perso 22 membri della sua famiglia, in quanto erano musulmani e infastidivano l’esercito serbo. Un’altra testimone di Foca (Bosnia- Erzegovina), raccontò che l’esercito serbo era solito passare dalle case e sparare e che tutte le case dei bosniaci vedevano ogni giorno prigionieri, abusi, pestaggi. Infine, un’altra testimone di Velika Krusa (Kosovo) ha raccontato di esser riuscita a sfuggire alla furia dell’esercito serbo e di esser scappata verso l’Albania, perdendo però le tracce del marito, probabilmente ucciso dall’esercito serbo276.

Queste testimonianze ricordano la commissione di crimini di guerra, come le uccisioni di massa di civili, i trattamenti inumani e degradanti, le torture e i campi di detenzione.

Ora vediamo alcune testimonianze sulla violenza etnica, riguardo alle famiglie multietniche, ai matrimoni multietnici e alle comunità multietniche.

Una testimone proveniente da Vojvodina, in Serbia, ha raccontato le minacce che la minoranza di Vojvodina era costretta a subire, ovvero minacce di morte e chiamate intimidatorie. Queste

275

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 46

276

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

148

intimidazioni erano viste dalle vittime come elementi parte della

“ethnic cleansing” posta in essere dall’esercito serbo277

.

Una donna proveniente da Split, in Croazia, ha narrato un fatto avvenuto presso una stazione di polizia, dove una donna, recatasi per il rilascio dei documenti, ha rischiato il linciaggio per aver pronunciato la parola “hleb”, che corrisponde alla parola serba

“bread”278

.

Una donna serba ha raccontato, invece, di esser stata costretta a lasciare il suo paese, la Croazia, a causa dell’irruzione nella propria casa da parte della Guardia Nazionale Croata, la quale ha rivolto a lei e alla sua famiglia queste parole: “Voi dovete partire alle 8 della

mattina, non ci sono stanze per i chetniks279 in Croazia”. La Guardia

nazionale attaccò sulla porta un avviso, il quale vietava loro di entrare e invitò i soggetti in questione ad andare altrove, ovunque

volessero, purché non restassero in Croazia280.

Vi sono stati anche molti casi di espulsione dal lavoro, dovuti alla diversità etnica. Una testimone di Belgrado ha raccontato di esser stata licenziata perché croata. Un’altra testimone di Montenegro raccontò di aver subito tante forme di umiliazione e insulti, insieme al marito, perché musulmani e di esser stati entrambi licenziati dal lavoro. Una ragazza, che aveva il babbo croato e la mamma serba,

277

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 48

278

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

Process of Organizing the Women’s Court, Staša Zajović Editore, BELGRADO, pag. 48

279

I chetniks, in italiano cetnici, erano i membri di un movimento politico e militare serbo fedele a Pietro II, re di Jugoslavia, in esilio durante la seconda guerra mondiale

280

Cfr. ZAJOVIĆ S., The Women’s Court: a Feminist Approach to Justice. Review of the

149

ha raccontato di aver perso il lavoro come curatore di un museo a Zagreb. Una donna serba, che lavorava in un fabbrica, in Croazia, era costretta a lavorare di più rispetto ai colleghi, era costretta a trattenersi a lavoro la notte, lasciando i figli, che avevano già perso il padre, a casa da soli281.

Il 27 febbraio 1993, diciannove passeggeri musulmani, furono rapiti sul treno Belgrado-Bar, per poi essere giustiziati282.

Mostruosa era anche la violenza esercitata ai confini degli Stati. Secondo il racconto di una testimone profuga della Croazia, con la sua famiglia giunse al confine con la Serbia dove trovò un cartello con scritto “Alla popolazione non serba non è permesso entrare”, questo per la famiglia significava dividersi perché solo il padre poteva passare283.

Orribile è stata la violenza militare esercitata sulla popolazione civile, molte donne testimoniarono riguardo le pratiche diffuse delle forze armate, ma sottolinearono anche gli effetti della sindrome