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Il ruolo delle vittime e degli imputati nei processi internazional

Il fatto di essere vittima non si esaurisce in un’esperienza soggettiva, né in una degradazione sociale o in un trauma storico. Per riparare al pregiudizio subito, l’identità negata chiede di essere ricostruita, riaffermata da un atto giudiziario, inedito ai più: il riconoscimento. Le vittime, infatti, non si aspettano soltanto che la giustizia stia dalla loro parte ma, soprattutto, che le riconosca. Il riconoscimento si ha, ovviamente, in seguito alla riabilitazione, agli indennizzi e alle condanne, ma assume anche una dignità autonoma327.

L’ingresso delle vittime nei processi internazionali è avvenuto gradualmente. A Norimberga le vittime non avevano altro ruolo se non quello di testimoni utili per l’accertamento dei fatti di un illecito internazionale. Nei tribunali ah hoc, le vittime non intervengono in quanto tali, ma come testimoni a carico o a discarico; esse non hanno qualità di parte nel processo, non possono adire la giustizia, né chiedere di essere risarcite. Un miglioramento

325

Forme di riparazione previse all’art. 75 dello Statuto CPI

326

Cfr. CASSESE A., Lineamenti di diritto internazionale penale, Il Mulino Editore, BOLOGNA, pag. 142

327

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

169

della posizione delle vittime si ha nella Corte Penale Internazionale, dove hanno il diritto di essere sentite, il diritto di essere protette e di ottenere un risarcimento328.

Il processo non offre soltanto una tribuna per la sofferenza dei sopravvissuti, ma deve essere l’elemento costitutivo che fa di questi esseri doloranti delle vittime. La prova della testimonianza è importante, non solo per accertare i fatti, ma per fornire la prova vivente che la parola delle vittime è di nuovo efficace e viene presa in considerazione. Una parte civile, durante il processo Papon329, afferma che testimoniare è importante “per dare una bara ai nostri

morti”. Secondo Hannah Arendht330

“la possibilità di trasformare gli eventi in narrazione definisce precisamente la condizione

dell’esistenza umana”331

.

Per quanto riguarda il ruolo ricoperto dai colpevoli possiamo ricordare che, durante la visione di un filmato sui campi di concentramento al processo di Norimberga, alcuni imputati hanno pianto. Il loro sguardo atterrito da tanto orrore tentava una mediazione, la quale però era in netto contrasto con l’arroganza

ostentata durante le prime udienze332.

328

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

giustizia internazionale, Il Mulino Editore, BOLOGNA, 2004, pag. 132

329

Nel processo Papon, di competenza del Tribunale di Bordeaux, si condanna Maurice Papon a dieci anni di detenzione per “complicità in crimini contro l’umanità”. Il processo, durato sei mesi, lo ha riconosciuto colpevole per il ruolo svolto, come segretario della prefettura di Gironda, nella deportazione di 1,700 ebrei tra il 1992 e il 1994

330

Hannah Arendht è stata una politologa, filosofa e storica tedesca naturalizzata statunitense in seguito al ritiro della cittadinanza tedesca nel 1937

331

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

giustizia internazionale, Il Mulino Editore, BOLOGNA, 2004, pp. 133-135

332

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

170

Jean Kambanda, ex primo ministro ad interim del Ruanda fino al 1994, in seguito alle accuse promosse contro di lui, non ha mostrato alcun segno di pentimento, alcun rimorso. Dopo la lettura del verdetto (ovvero l’ergastolo), ha tentato di recuperare invano la situazione sfruttando alcune tattiche processuali. Diverso, invece,

l’atteggiamento del capo militare Serushago333

, della regione di Gisenyi, il quale si presentò spontaneamente al processo, dichiarandosi colpevole e fornendo al procuratore informazioni che hanno portato a numerosi arresti334.

Ancora ricordiamo la posizione di un animatore radiofonico, di nazionalità italiana, Georges Ruggiu, che ha dichiarato di esser stato messo al corrente del progetto di sterminio della popolazione tutsi e di aver diffuso sulle frequenze di un radio estremista hutu, degli appelli al massacro. In un primo momento si è dichiarato non colpevole, successivamente, però, ha riconosciuto un legame diretto tra quanto aveva detto via radio e la morte di molte perone ruandesi335.

Nel caso Erdemovic (ICTY), Drazen Erdemovic, è stato il primo imputato a dichiararsi colpevole di crimini contro l’umanità. Ha, inoltre, ammesso pubblicamente i suoi rimorsi. L’atteggiamento dell’imputato gli ha concesso una “seconda chance”, veniva, infatti, riconosciuta per l’imputato la possibile rieducazione data la sua situazione personale (giovane età) e il suo carattere. In appello il

333

Omar Serushago venne condannato in appello dall’ICTR, il 14 febbraio del 2000, a 15 anni di reclusione (caso Serushago)

334

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

giustizia internazionale, Il Mulino Editore, BOLOGNA, 2004, pag. 165

335

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

171

procuratore ha ritirato l’accusa di crimini contro l’umanità,

mantenendo soltanto quella per crimini di guerra336.

In Guatemala, la Comision para el Esclarecimiento Historico (CEH) ha recensito 626 massacri di civili, avvenuti tra il 1978 e il 1984, per mano delle forze armate o paramilitari, responsabili della morte o della scomparsa di circa 200,000 persone e di oltre un milione di profughi all’interno del paese e 400,000 all’estero. La Chiesa Cattolica ha organizzato il progetto REMHI337, per recuperare la memoria storica, per ricercare la verità e la giustizia. Sono state raccolte, grazie a questo progetto, 5,180 testimonianze relative a 6,146 episodi, ovvero alla morte di 25,123 vittime. Il progetto REMHI invitò lo Stato a riconoscere le proprie responsabilità e ad adottare misure idonee ad assistere e risarcire le vittime e i sopravvissuti. Purtroppo, il potere parallelo del generale Rios Montt338 e di altri militari, responsabili dei massacri, era ancora perdurante e impediva la caccia ai criminali. Lo Stato, perciò, non rispose all’appello di giustizia lanciato dagli organizzatori del progetto e, il Guatemala, continuava ad essere luogo di corruzione generalizzata e criminalità339.

336

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

giustizia internazionale, Il Mulino Editore, BOLOGNA, 2004, pp. 149-150

337

Il progetto REMHI fu ideato e voluto nel 1995 dal vescovo monsignor Juan Gerardi (nato in Guatemala nel 1922)

338

Rios Montt era un generale e politico del Guatemala, fu condannato per il genocidio avvenuto sotto la sua dittatura negli anni Ottanta. Si trattò di una vera e propria strage di indigeni

339

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

172

La Commissione per la verità e la riconciliazione del Sudafrica340 si

è dotata della possibilità di concedere l’amnistia a coloro che avessero reso una confessione precisa e dettagliata. La testimonianza sui crimini consente di ottenere l’amnistia dopo che la Commissione ha verificato che il crimine è stato commesso per scopi politici. Emerge, dall’operato di questa Commissione, l’incapacità di coinvolgere alcuni grandi responsabili dell’apartheid, l’assenza di una seconda verifica delle testimonianze rese da coloro che avevano chiesto l’amnistia, la mancanza del risarcimento economico per le famiglie delle vittime e l’abdicare, infine, davanti

al potere non applicando nessuna pena detentiva341.

Fondare una comunità sulla giustizia significa assumerne la fallibilità, significa accettare di vivere con l’irreparabile, significa basare la solidarietà politica sulle debolezze così come sulla gloria. Formiamo ormai una società anche partendo da questo passato

doloroso e cercando di prevenirne un eventuale ritorno342.

Eschilo, nelle Eumenidi343, racconta la furia delle Erinni,

spaventose gorgoni vendicatrici, che, furiose per il verdetto assolutorio di Atena, reclamavo la testa di Oreste. Le Erinni volevano disertare la città e continuare altrove la loro vendetta, ma Atena le convinse a rimanere al servizio della giustizia. Allora si trasformarono in Eumenidi, ovvero in dee protettrici, e tornarono

340

La “Trhut and Reconciliation Commission”, fu un tribunale speciale istituito in Sudafrica dopo la fine del regime dell’apartheid

341

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

giustizia internazionale, Il Mulino Editore, BOLOGNA, 2004, pp. 236-237

342

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

giustizia internazionale, Il Mulino Editore, BOLOGNA, 2004, pag. 188

343

Le “Eumenidi” sono una delle tragedie della trilogia di Eschilo, ovvero dell’Orestea, insieme ad “Agamennone” e “Le Coefore”

173

sotto terra. Così la vendetta non scompare ma si ricicla per il bene della città. Le Eumenidi incarnano il ricordo dell’orrore di un mondo antico, da cui l’istituzione del processo ha voluto farci definitivamente uscire. Le Eumenidi sono là che vegliano sotto terra

a ricordarci ciò di cui il nostro mondo fu un giorno capace344.

344

Cfr. GARAPON A., Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una

174

CONCLUSIONI

Giunti alla parte conclusiva del mio elaborato vorrei soffermarmi su un crimine tuttora in vigore, che indica uno stretto legame tra il nostro paese e il paese africano, sul fronte della prostituzione e delle adozioni illegali. A Benin City, in Nigeria, si trova la “baby factory”, ovvero un edificio utilizzato per il traffico di minori. Fra le mura grigie e scrostate di un edificio decadente venivano tenute oltre trenta donne costrette a partorire bambini destinati a sparire “nella migliore delle ipotesi per il circuito delle adozioni illegali”,

come spiega Ijeoma Okoronkwo, referente del NAPTIP345 della

zona346.

La tratta di esseri umani, in particolare la tratta di minori e di giovani donne, a scopo di sfruttamento sessuale ha conosciuto una forte espansione nel corso degli ultimi anni e costituisce un problema di grande rilevanza internazionale. Il fenomeno sempre più in crescita, vede i gruppi criminali organizzati utilizzare mezzi sempre più sofisticati e le organizzazioni sempre più articolate sfruttare, ai fini di lucro, donne e bambini, violandone i diritti fondamentali347.

345

NAPTIP è l’agenzia nigeriana antitraffico

346

Intervista a Ijeoma Okoronkwo, referente del NAPTIP

347

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 299

175

Sono state svolte due attività di ricerca in Italia e in Nigeria nell’ambito del “Programma d’Azione contro il traffico di minori e giovani donne dalla Nigeria all’Italia ai fini di sfruttamento sessuale”. Le ricerche, iniziate nel 2003, sono state svolte nell’arco di sei mesi da due team di ricercatori dell’Università di Benin City, coordinati dalla Prof.ssa Cristiana Okojie, e dell’Università degli

Studi di Torino, coordinati dal Prof. Franco Prina348. Queste azione

sono state condotte dall’UNICRI nei due Paesi, da settembre 2002 ad aprile 2004349.

L’espressione “traffico internazionale di esseri umani” si riferisce, in termini generali, a tutte quelle attività criminali aventi lo scopo di trasferire persone da uno stato all’altro, sia sotto un’apparente forma di legalità, sia sotto una veste del tutto illegale. La comunità internazionale si è resa conto di dover agire in maniera multilaterale per combattere tale fenomeno criminale e, nel dicembre 2000, a Palermo, si sono aperti alle firme la Convenzione delle Nazioni Unite sul crimine Transnazionale e i suoi protocolli supplementari. È stato stimato che le donne di nazionalità nigeriana e albanese rappresentano una porzione considerevole delle 20.000 donne immigrate in Italia per esercitare la prostituzione. Il traffico di donne verso l’Italia ha avuto inizio alla fine degli anni ’80, quando la paura dell’AIDS aveva reso le tossicodipendenti italiane non più appetibili sul mercato della prostituzione e cominciarono, così, ad apparire in strada le prime donne nigeriana. Le nigeriane formarono

348

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 299

349

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 299

176

il primo gruppo di “prostitute forzate” oggi presenti su tutto il territorio italiano350.

Il progetto intende contribuire alla formulazione e all’attuazione di più efficaci politiche in materia di giustizia penale e prevenzione sociale per arginare il fenomeno del traffico di esseri umani. Uno dei fattori che facilitano il traffico di giovani donne, come emerge dagli studi del progetto, è la “femminilizzazione” del flusso migratorio alla ricerca di maggiori opportunità di guadagno. L’incremento dell’emigrazione femminile è in parte anche causa delle femminilizzazione della povertà, in Nigeria, infatti, oltre il 60 per cento della popolazione vive sotto il livello di povertà,

specialmente le donne e i bambini351.

Molte donne, perciò, hanno iniziato a lasciare le loro terre di origine sulla base di promesse di lavori ben pagati in fabbriche, uffici, aziende agricole, ma all’arrivo in Italia, si sono ritrovate schiave, vendute nel mercato del sesso e obbligate a lavorare come prostitute352.

Per quanto riguarda la legislazione della Nigeria, essa prevede due codici penali, il “Criminal Code” applicato in tutti gli Stati del sud della Nigeria e il “Penal Code”, applicato negli stati del Nord. In riferimento al traffico di esseri umani e allo sfruttamento sessuale esistono diversi tipi di reati nei due codici penali, ad esempio: la

350

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 311

351

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 312-313

352

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 313

177

Sezione 222A del “Criminal Code” punisce con la reclusione fino a 2 anni ogni persona che avendo la custodia legale, la responsabilità o la cura di una ragazza minore di 13 anni, la induce o la incoraggia alla seduzione, ad avere rapporti sessuali illegali, alla prostituzione o alla commissione di atti di libidine violenta; la Sezione 223(1) del “Criminal Code” punisce con la reclusione fino a 2 anni, chiunque induca una ragazza o una donna minore di 18 anni ad avere relazioni sessuali con altre persone sia all’interno che al di fuori del territorio nigeriano; le Sezioni 271 e 272 del “Penal Code” definiscono il reato di rapimento e il reato di sequestro, entrambe le Sezioni stabiliscono che chiunque adeschi un minore di sesso maschile o femminile, minore rispettivamente di 14 o 16 anni, o lo trasporti fuori dalla giurisdizione della Nigeria del Nord e lo obblighi, lo raggiri, lo induca a lasciare il luogo in cui si trova, è punibile con la reclusione fino a un massimo di 10 anni e ad una multa353.

Il presidente Olusegun Obasanjo, il 14 luglio 2003, ha promulgato la nuova legge “Trafficking in Persons (Prohibition) Law Enforcement and Administration Act”, ovvero la legge che ha istituito l’Agenzia Nazionale sulla Proibizione del Traffico di Persone (NAPTIP) che avrà il compito di condurre indagini e di perseguire le persone sospette del reato di traffico di essere umani. La Nigeria ha firmato e ratificato una serie di Convenzione internazionali correlate con il traffico di essere umani, tra cui la “The Universal Declaration of Human Rights del 1948, la

353

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 337-338

178

“Convention for the Suppression of the Traffic in Persons and of the Exploitation of Prostitution of Others del 1949, il “Protocol to Prevent, Suppres and Punsh Trafficking in Persons especially

Women and Children del 2000 e molte altre ancora354.

Pertanto i codici e le convenzioni internazionali dovrebbero essere utilizzati per prevenire il traffico di giovani donne e minori dalla Nigeria verso paesi stranieri355.

Dalle Programma risulta, quale principale stato di provenienza delle vittime del traffico verso l’Italia, l’Edo State, più in particolare Benin City. I dati disponibili, confermati anche dalle fonti ottenute dal servizio immigrazione e dalla Task Force dell’Unità sul Traffico di Esseri Umani di Alagbon Close a Lagos, mostrano che la maggior parte delle persone rimpatriate dall’Italia siano originarie dell’Edo State. I cittadini dell’Edo State sono stati i primi ad iniziare il business del traffico e hanno monopolizzato le rotte verso l’Italia. Le vittime hanno dichiarato che l’Italia è il paese di destinazione preferito perché è più semplice esercitarvi la prostituzione, rispetto ad altri paesi europei356.

Le informazioni, ottenute durante questo Programma, sulle esperienze del vittime, ci spiegano le modalità del reclutamento: il reclutatore avvicina le vittime, le aiuta a procurarsi dei documenti e poi le ragazze si mettono in viaggio accompagnate da giovani

354

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 339 e 341

355Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI,

TORINO, 2004, pag. 341

356

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 347

179

ragazzi chiamati “trolley”. Generalmente vi è uno sponsor che ha pagato i documenti e il viaggio, il quale diviene proprietario delle vittime. Alcuni di questi sponsor, alle volte, sono le “madam”357

, ovvero i datori finali delle ragazze in Italia. Può capitare anche che gli sponsor vendano le ragazze alle madam. Queste giovani donne vengono convinte a partire, vengono raggirate e condizionate dai racconti di possibili proficue opportunità offerte in Italia. Spesso queste vittime conoscono molto bene i loro reclutatori, possono essere dei parenti o degli amici358.

Le informazioni raccolte dal Programma hanno evidenziato che le vittime affrontano viaggi che possono durare da un giorno a sei mesi, in quanto non tutti i viaggi si effettuano via aerea, ma, i più, avvengono via terra (prevedendo solo l’ultimo tratto via aerea) e possono comprendere anche delle lunghe soste e percorsi difficoltosi, come quelli attraverso il deserto o il mare359.

Tra le pratiche di sfruttamento usate dai trafficanti, grazie ai racconti delle esperienze delle vittime, si possono rinvenire diverse forme, tra cui: l’inganno sul lavoro e la coercizione delle vittime, che comprende confisca dei documenti, minacce/violenza fisica sulle vittime, minacce ai parenti delle vittime, giuramento,

357 “Madam” significa signora 358

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 354-355

359

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 359

180

limitazione di movimento/comunicazione, confisca dei guadagni delle vittime e sfruttamento sessuale360.

Dal 1994 al 1998 in Italia sono state uccise almeno 116 prostitute nigeriane. Sebbene nel 2003 la Nigeria ha adottato la prima legge contro il traffico di esseri umani, probabilmente lo ha fatto troppo tardi. Il rapporto Onu dello stesso anno, infatti, definiva questa industria così diffusa nello Stato di Edo, in particolare a Benin City e dintorni, che secondo alcune stime tutte le famiglie della città avevano almeno un parente coinvolto. Decine di migliaia di donne dello Stato di Edo hanno continuato ad esercitare la prostituzione in Europa e oggi alcune strade di Benin City sono intitolate alle madam. Alcune ragazze hanno fatto ritorno a casa ma molte non riescono a trovare lavoro in Nigeria e, così, decidono di tornare in Europa361.

Secondo le ricerche effettuate dal Programma, alcuni trafficanti sono stati processati sulla base della normativa prevista dal codice penale. A livello di legislazione federale, alcuni reati che costituiscono il traffico sono previsti nella Costituzione, nel “Criminal Code” e “Penal Code”. Queste norme sono comunque inadeguate per affrontare i casi di traffico di esseri umani. La maggior parte dei fascicoli giunti in tribunale non sono stati trattati come casi di traffico di esseri umani ma come reati di frode fiscale rientranti nei capi della S.419 del “Criminal Code”. Gli imputati sono stati processati per aver ottenuto in anticipo somme di denaro

360

Cfr. Rapporto di ricerca nell’Edo State, Trafficking of Nigerian girls to Italy, UNICRI, TORINO, 2004, pag. 363

361

Cfr. TAUB B., La tratta delle ragazze nigeriane in Italia, in rivista Internazionale, 2017, pp. 40-50

181

da potenziali viaggiatori con il fine di procurare i documenti necessari per viaggiare all’estero. I magistrati intervistati non hanno saputo fornire dati certi perché, tutto quello che sapevano riguardo al traffico, lo avevano appreso dai giornali o dai media e non dalla aule dei tribunali. Fino ad oggi sono stati trattati solo due casi di