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Evoluzione del crimine di genocidio ( il tentativo di genocidio)

Come abbiamo visto già nei paragrafi precedenti nel secondo capitolo, le vittime del genocidio sono membri di determinati gruppi protetti elencati, i civili sono persone protette dai crimini contro l’umanità e dai crimini di guerra e il personale per il mantenimento della pace e i prigionieri di guerra sono persone protette per certi crimini di guerra. Sorge allora spontanea una domanda qual è l’esito legale per chi commette questi reati con l’intento di danneggiare il gruppo protetto o i suoi membri, ma erra nell’identificare il gruppo protetto o i suoi membri e, quindi, danneggia persone non appartenenti al gruppo? I perpetratori potrebbero essere ad esempio condannati per tentato genocidio. Vediamo l’evoluzione per ottenere il riconoscimento del tentativo dei crimini internazionali188.

Nel corso del genocidio in Ruanda, nel 1994, un perpetratore di

nome Mikaeli Muhimana189, di etnia hutu, ha violentato una donna

hutu, credendo che fosse di etnica tutsi. L’intenzione dell’autore era commettere il genocidio dei Tutsi, infatti il Tribunale per il Ruanda

187

Cfr. FISHER- KRESS-LÜDER, Internationale and National Prosecution of Crimes under

Interational Law, Berlin Verlag Editore, BERLINO, 2001, pag. 504

188

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

Justice, 2017, pp. 291-318

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ha affermato che l’imputato ha commesso lo stupro con l’intento di distruggere il gruppo Tutsi o parte di esso, infliggendo gravi danni fisici e mentali ai suoi membri. Nonostante questo, il Tribunale, non ha preso in considerazione questa violenza come parte dell’actus res di genocidio, in quanto la vittima non apparteneva al gruppo protetto. Questa condotta è, però, servita per condannare l’autore

per crimini contro l’umanità190

.

Nella sentenza sul caso Muhimana, lo stupro costituirebbe la base per condannare l’autore di tentato omicidio del popolo Tutsi (secondo gli artt. 6 e 25 dello Statuto della ICC191) e di crimini contro l’umanità contro la vittima violentata hutu (secondo l’art. 7 dello Statuto ICC). Questo quadro normativo si potrebbe estendere a tutti i casi di errata identificazione delle vittime in base al diritto penale internazionale, quando l’identità costituisce un elemento del crimine192.

Vi sono poche fonti che menzionano la possibilità di considerare l’identità errata nei crimini internazionali come un tentativo di offesa. Il tentativo non è stato criminalizzato nella Carta di Norimberga, anche se all’art. 6 della Carta sono stati inseriti gli atti preliminari, che potrebbero implicitamente equivalere al tentativo. La prima fonte a livello internazionale a criminalizzare esplicitamente i tentativi è stata la Convenzione sul Genocidio.

190

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

Justice, 2017, pp. 291-318

191

Statuto di Roma della Corte penale internazionale

192

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

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Questo reato poi è stato adottato da i due Tribunali ad hoc, ovvero dall’ICTY e dall’ICTR, seppur nei rispettivi Statuti il tentativo non venisse definito e riguardasse solo il crimine di genocidio. La Camera di prova, nel caso Akayesu, ha ritenuto che, dato che lo Statuto indicava solo il tentato genocidio, non potesse ritenere gli altri penalmente responsabili per altri reati se non in caso del completamento del reato. Vediamo, invece, che in alcuni casi dell’ICTY, è stato riconosciuto il tentativo per altri reati, come quello di omicidio (come nel caso Vasiljević dove si è riconosciuto il tentativo di omicidio di due uomini)193.

La International Law Committee (ILC) è stata la prima a discutere della criminalizzazione del tentativo per altri reati oltre al genocidio. All’art. 2 del Progetto del codice dei reati contro la pace e la sicurezza dell’umanità, del 1954, si afferma: “Tentativi di commettere uno dei reati definiti nei paragrafi precedenti di questo articolo”. Il concetto di tentativo, in questa fase, era ancora vago e non definito. Nel Draft Code del 1991 l’ILC includeva una definizione di tentativo, all’art. 3, paragrafo 3: “Un individuo che commette un atto che costituisce tentativo di commettere un crimine contro la pace e la sicurezza dell’umanità (come stabilito agli art…) è responsabile per questo e passibile di punizione. Tentativo: qualsiasi inizio di un crimine che ha fallito o è stato interrotto solo a causa di circostanze indipendenti dall’intenzione dell’autore del reato”. La versione finale della disposizione del tentativo è stata presentata nel progetto di codice del 1966 all’art. 2,

193

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

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paragrafo 3, lettera g: “Un individuo è responsabile di un crimine di cui agli artt. 17, 18, 19 o 20, se tale persona: ...(g) tenta di commettere un tale reato intraprendendo un’azione che dà inizio all’esecuzione di un crimine che in realtà non si verifica a causa di

circostanze indipendenti dalle sue intenzioni”194

.

Per capire se l’errata identificazione delle vittime possa costituire un tentativo di crimine internazionale, dobbiamo analizzare lo Statuto della ICC. All’art. 25, paragrafo 3, lettera f, dello statuto della ICP viene definito il tentativo: “tenta di commettere il reato mediante atti che per via del loro carattere sostanziale rappresentano un inizio di esecuzione, senza tuttavia portare a termine il reato per via di circostanze indipendenti dalla sua volontà. Tuttavia la persona che desiste dallo sforzo volto a commettere il reato o ne impedisce in qualche modo l’espletamento, non può essere punita in forza del presente Statuto per il suo tentativo, qualora abbia completamente e volontariamente desistito

dal suo progetto criminale”195

.

Un caso affrontato dalla CPI riguardo il tentato omicidio, affronta l’importanza di criminalizzare solo atti che vadano al di là dei “semplici atti preparatori”. In un altro caso, il caso Kabanda, la CPI,

194

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

Justice, 2017, pp.291-318

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Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

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ha richiesto per determinare il dolo del tentativo lo stesso dolo richiesto per il crimine di riferimento196.

Per quanto riguarda il primo caso visto sopra, l’imputato Muhimana, ha iniziato l’esecuzione del genocidio commettendo lo stupro nei confronti della ragazza ritenuta essere Tutsi. Non è necessario che la vittimizzazione della vittima specifica abbia effettivamente un impatto sulla distruzione del gruppo, ma, solo, che l’autore l’abbia voluto. I soggetti lesi sono il mezzo per raggiungere l’obbiettivo di distruzione del gruppo e, attaccando i soggetti erroneamente identificati, credendo nella loro appartenenza al gruppo protetto, si ottiene lo stesso obbiettivo seppur con i mezzi sbagliati. Questo può essere in contrasto con l’idea che l’autore dovrebbe iniziare l’esecuzione contro la vittima designata, come avviene nei casi Katanga e Banda, dove gli autori hanno presumibilmente ferito le vittime “adeguatamente identificate”, pur avendo l’intenzione di ucciderle. Le Camere hanno confermato, per questi due ultimi casi, le accuse di tentato omicidio nei confronti di questi presunti colpevoli197.

Anche i crimini contro l’umanità sollevano alcune possibilità di identificazione errata delle vittime del reato. Il primo caso riguarda i reati di cui all’art. 7 dello Statuto ICC che individuano, quali vittime di questi reati contro l’umanità, la popolazione civile. In questi casi se i reati vengono perpetrati contro i combattenti,

196

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

Justice, 2017, pp. 291-318

197

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

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credendo loro dei civili, si possono condannare come tentativi di commissione di crimini contro l’umanità contro i civili. La seconda condotta che riguarda i crimini contro l’umanità e che individua un potenziale di errata identificazione delle vittime è il crimine di persecuzione, all’art. 7 dello Statuto CPI. La persecuzione richiede l’intenzione speciale di discriminare una persona o un gruppo, infatti l’actus reus deve essere rivolto contro i membri effettivi di un gruppo protetto. Quindi se il perpetratore si impegna nella “privazione dei diritti fondamentali” di un non membro del gruppo protetto, l’elemento mancante è l’effettiva appartenenza della vittima a questo gruppo; questa situazione potrebbe, però, essere considerata almeno un tentativo di persecuzione. La terza condotta sotto i crimini contro l’umanità, in cui l’identità è un elemento del crimine, è la gravidanza forzata, sempre all’art. 7 dello Statuto. L’accusa, oltre a provare la gravidanza forzata, deve provare che la donna è stata messa incinta con l’intento di influenzare la composizione etnica di una certa popolazione. Il perpetratore e la vittima dovranno perciò appartenere a gruppi etnici differenti. Se l’autore compie il reato di gravidanza forzata contro un membro della sua stessa etnia, credendo fosse di un gruppo etnico diverso, con l’intento di influenzare la composizione del gruppo etnico, la sua condotta potrà essere riconosciuta come tentativo del crimine

contro l’umanità rivolto alla popolazione bersaglio198

.

Due sono gli approcci che inquadrano i reati di cui abbiamo parlato sopra, uno di carattere soggettivo e l’altro oggettivo. Il primo

198

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

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approccio sostiene l’identificazione oggettiva dei membri del gruppo protetto (per il genocidio e la persecuzione), mentre il secondo approccio afferma che l’identificazione da parte del perpetratore dovrebbe essere sempre presa in considerazione. Seguendo il primo approccio, solo i crimini che vengono commessi contro le vittime che appartengono effettivamente al gruppo protetto possono costituire un genocidio o una persecuzione. Mentre, secondo la seconda “teoria soggettiva”, i crimini commessi contro le vittime che non sono membri effettivi del gruppo protetto, ma che sono comunque percepiti dal colpevole come parte di quel

gruppo, possono costituire un genocidio o una persecuzione199.

Si predilige, ovviamente, da parte degli studiosi di questo “contrasto teorico”, la scelta di un compromesso tra le due teorie, soggettiva ed oggettiva, seppur ci si avvicini maggiormente alla convinzione di tener conto della percezione soggettiva del

perpetratore e, quindi, all’approccio soggettivo200.

3.4 “Sexual offences and rape” nell’ ICTY e ICTR

Il termine “rape” deriva dal latino “rapere” che significa sequestrare, prendere. A quel tempo le donne erano viste come una proprietà da sfruttare o come un segno bellico. Lo stupro è definito da molti autori come da molte giurisdizioni quale la più seria

199

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

Justice, 2017, pp. 2191-318

200

Cfr. KANTOROWICZ-REZNICHENKO E., Misidentification of Victims Under

International Criminal Law: an Attempted Offence?, in Journal of International Criminal

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violenza sessuale e, di solito, è definito come “il possesso carnale forzato di una donna e contro la sua volontà”. Quando l’“International Criminal Tribunal for Rwanda” (ICTR) e l’“International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia” (ICTY)201 si sono ritrovati di fronte i primi casi che includevano il crimine di stupro sotto la legge umanitaria internazionale, hanno realizzato quanto fosse inappropriata la definizione classica dello stupro. Precedentemente, un membro dell’accusa francese, durante il trial di Norimberga, aveva rifiutato di scendere nel dettaglio sulle

accuse di stupro che erano state portate davanti alla Corte202.

Nonostante i numerosi articoli di scrittrici femministe con oggetto lo stupro, non si hanno delle definizioni esaurienti di questo. Alcune scrittrici hanno contestato la definizione, all’epoca in vigore, di stupro domestico perché troppo restrittiva. Esse preferiscono, infatti, focalizzarsi sul consenso, che viene a mancare al momento della commissione di questi reati. Nelle parole di MacKinnon: “per la legge, lo stupro è un crimine sessuale che non è considerato come un crimine quando sembra come il sesso”. Le autrici femministe hanno esaminato le differenze tra “il classico stupro”, che è preso seriamente in considerazione dai sistemi giudiziari, e altre forme di violenza sessuale, le quali, secondo il punto di vista delle donne, sono violente e degradanti come lo stupro e non sono

appropriatamente considerate dalla polizia e dalle corti203.

201

Statuto dell’ ICTR del 1994 e Statuto dell’ICTY del 2009

202

Cfr. QUÉVENIT N., Sexual Offences in Armed Conflict & International Law, Transnational Publishers Editore, NEW YORK, 2005, pp. 1-2

203

Cfr. QUÉVENIT N., Sexual Offences in Armed Conflict & International Law, Transnational Publishers Editore, NEW YORK, 2005, pag. 3

110

Le femministe raramente esaminano la tecnica dello stupro. Nel loro punto di vista, qualunque forma di rapporto sessuale senza consenso è una forma di stupro. Parrot, autore del “Sexual Assault on Campus”, con cattedra al Cornell University Coalition Advocating Rape Education, afferma che i rapporti sessuali senza desiderio comune sono forme di stupro. In un altro libro sullo stupro, che si trova nello stesso campus, la scrittrice Kelly, afferma che le violenze includono ogni fisico, visivo, verbale o sessuale atto che è subito da una donna o ragazza, come una minaccia, un’invasione o un assalto, che ha come effetto la sofferenza di lei o l’umiliazione di lei /o l’eliminazione delle sua capacità di controllare il contatto intimo. Non vi era un’esatta definizione legale di stupro, neanche dopo i vari lavori delle autrici femministe, però vedremo che queste appoggeranno una definizione data da un membro donna dell’accusa, durante l’ICTY. Lo stupro comincia infatti ad esser visto con l’occhio della donna, dal punto di vista della donna204.

Le Corti internazionali ed, in particolar modo, l’ICTY nel caso Furundžija, svolgeranno un ruolo importante per l’evoluzione giuridica di crimini quali lo stupro e le violenze sessuali. Le Nazioni Unite, nel “Report of the special Rapporteur on Violence Against Women, Its Causes and Consequences”, dichiarano che: “molte giurisdizioni considerano nei rapporti sessuali il proposito dello stupro esistere solo quando c’è una penetrazione del pene

204

Cfr. QUÉVENIT N., Sexual Offences in Armed Conflict & International Law, Transnational Publishers Editore, NEW YORK, 2005, pp. 3-4

111

nella vagina”. Questo definizione rende l’idea passata che l’offensore dovesse essere un maschio e la vittima una femmina. Nel caso, invece, Prosecutor v. Akayesu, si afferma che: “lo stupro è stato storicamente definito nella giurisdizione nazionale come un rapporto sessuale non consensuale”. Per quanto riguarda la tecnica della penetrazione è stato ritenuto che “l’uomo potrebbe commettere uno stupro senza eiaculare e soltanto con una leggera penetrazione finché il pene è posto dentro le labbra della donna”. Nel caso Prosecution v. Gagović and Others (ICTY), si conviene che: “la penetrazione sessuale include la penetrazione, seppur minima, della vagina, del sedere o della cavità orale, tramite il

pene”205

.

Molte giurisdizioni nazionali definiscono il crimine di stupro collegandolo alla penetrazione, infatti, molti studi, limitano lo stupro ai rapporti pene-vagina. Altri, invece, includono anche le aggressioni orali e anali, così come lo stupro eseguito con strumentalizzazioni. Sempre nel “Special Rapporteur on violence against women”, nominato sopra, si afferma: “Spesso l’aggressore è incapace o sceglie di non penetrare la vittima nel modo “classico”, ma forza lei a fare atti di sesso orale, penetra essa con altre parti del corpo o con degli oggetti..”. Questa connotazione dello stupro, da parte delle Nazioni Unite nel Report, verrà accolta da molte legislazioni, che includeranno anche rapporti orali e anali. In altri paesi, la legislatura sotto la rubrica “stupro” inserisce anche “l’introduzione di oggetti negli orifizi del corpo”. Vediamo, ad

205

Cfr. QUÉVENIT N., Sexual Offences in Armed Conflict & International Law, Transnational Publishers Editore, NEW YORK, 2005, pp. 4-5

112

esempio, agli artt. 222-223 del Codice Penale Francese stabilire che: “tutti gli atti di penetrazione sessuale, di qualunque natura siano, commessi sull’altrui persona tramite violenza, costrizione, minaccia o sorpresa, è un stupro”. Evidente l’ intento della legislazione francese di includere ogni tipo di penetrazione, sessuale o strumentale. Ancora nel Codice Penale Polacco si condannano i rapporti sessuali e gli stupri anche se atti non completi206.

La Camera nel processo per il caso Akayesu, rifiuta di scendere nel dettaglio della descrizione fisica dello stupro e preferisce “considerare lo stupro una forma di aggressione e non ritenere il punto centrale del crimine di stupro la descrizione meccanica di oggetti e parti del corpo”. Ovviamente il trial abbraccia l’idea che lo stupro consista in una invasione fisica e vede lo stupro quale aggressione sessuale che richiede la penetrazione. Durante il processo, una testimone, la testimone KK, ha raccontato che “l’Interahamwes spingeva un legno negli organi sessuali di una donna mentre stava morendo”. Questo atto è stato classificato dalla Corte come crimine di stupro. In un altro caso dell’ICTR, ovvero nel caso Prosecutor v. Musema, si tende a presentare una definizione neutra dello stupro per quanto riguarda il genere e questo avrà un forte impatto sulle future interpretazioni dello stupro e delle violenze sessuali207.

206

Cfr. QUÉVENIT N., Sexual Offences in Armed Conflict & International Law, Transnational Publishers Editore, NEW YORK, 2005, pp.5- 6

207

Cfr. QUÉVENIT N., Sexual Offences in Armed Conflict & International Law, Transnational Publishers Editore, NEW YORK, 2005, pp. 7-8

113

Anche nell’ICTY vediamo il concetto di “rape” evolversi a favore di una visione gender-neutral. Sotto la rubrica del “rape” si inseriscono diverse forme di violenza sessuale, tra cui anche i “sexual assaults”, ovvero le violenze sessuali. La definizione di rape inizia ad abbracciare tutta una serie di offese sessuali anche minori. Nell’ICTY, nel caso Furundžija, al paragrafo 183, si dichiara: “un serio estremo oltraggio sessuale come la penetrazione forzata orale dovrebbe essere qualificata come stupro”. La Corte riassume la sua posizione riguardo gli elementi oggettivi dello stupro in questi termini: “la penetrazione sessuale, seppur leggera: (a) della vagina o del sedere della vittima col il pene dell’offensore o con ogni altro oggetto usato dall’aggressore; o (b) della bocca della vittima tramite il pene dell’offensore;..”208.

Nel 1994, un gruppo di lavoro composto da studenti di giurisprudenza ed avvocati, insieme alle organizzazioni non governative per i diritti umani, hanno elaborato, per il Rome Statute della Corte Criminale Internazionale, questa definizione: “lo stupro comprende una serie di atti non consensuali o condotte che includono l’introduzione del pene nella bocca, nella vagina o nel sedere, l’introduzione di altri parti del corpo o di armi o di oggetti nella vagina o ano della vittima. Lo stupro avviene quando c’è

l’introduzione (descritta sopra) di ogni entità209

.

Come abbiamo già accennato la definizione di stupro propria dell’ICTY abbraccia una visione neutrale del genere, mentre la

208

Cfr. QUÉVENIT N., Sexual Offences in Armed Conflict & International Law, Transnational Publishers Editore, NEW YORK, 2005, pp. 8-9

209

Cfr. QUÉVENIT N., Sexual Offences in Armed Conflict & International Law, Transnational Publishers Editore, NEW YORK, 2005, pag. 10

114

definizione dell’ICTR usando il termine “invasion” sembra discostarsene (e riferirsi alla sola penetrazione posta in essere da un uomo). In realtà non è così, l’ICTY, crea una definizione semplicemente più dettagliata e accurata rispetto a quella dell’ICTR. I giudici seduti al processo Furundžija hanno prodotto una definizione accettabile e fattibile del crimine di stupro per il diritto internazionale. La definizione dell’ICTY viene accolta dalle femministe, in quanto è risulta essere più inclusiva delle definizioni nazionali più popolari; mentre la definizione dell’ICTR viene criticata dalle femministe per essere ancora incentrata sull’uomo. In effetti, la nozione di penetrazione o di invasione, usata al paragrafo 597, deriva dallo stato sessuale espresso in termini di genitali maschili. Le due definizioni dell’ICTY e dell’ICTR si focalizzano sulla penetrazione, su cosa può essere penetrato e con cosa può esser commessa la penetrazione. Lo stupro sembra perciò, come sperato dalle femministe radicali, esser distinto dalle violenze sessuali, con le quali potrebbe essere confuso. Comunque dobbiamo tener presente che i principi di deterrenza e di retribuzione sono fondamentali per le decisioni di questi tribunali internazionali. Quindi le sentenze riguardanti lo stupro saranno proporzionali alla gravità del reato che è maggiore rispetto a quella delle violenze