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Il diritto umanitario interazionale, il diritto penale internazionale e il diritto internazionale dei diritti uman

La società civile internazionale ha espresso un crescente malcontento per la pratica che garantisce l’immunità, in particolare, ai leaders che hanno ordinato la commissione di atrocità e ai comandanti militari che hanno eseguito ordini illegali. Questo scontento generale ha portato i governi a cambiare il loro approccio riguardo questa “pratica” dell’ impunità e ad essere più interessati a dare risposta alla giustizia e, in particolare, ad essere più attenti allo jus cogens dei crimini internazionali. Il fatto che la giustizia criminale internazionale non possa più essere ignorata, non significa che venga, però, uniformemente applicata. L’impunità, comunque, non è più una carta negoziale che i vari “negoziatori

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politici” richiedono al termine di un dato conflitto e che possono

“regalare” in completa libertà71

.

La domanda della civiltà internazionale per il rispetto dei diritti umani e per la responsabilità della violazioni di questi ha influenzato la creazione di molti tribunali internazionali ad hoc, come l’“International Military Tribunal” (IMT), l’“International Tribunal for the Far East” (IMTFE), l’“International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia”, l’“International Criminal Tribunal for Rwanda” e l’“International Criminal Court” (ICC). La richiesta di giustizia ha, anche, sollecitato vari procedimenti penali nazionali, nati dopo diversi conflitti armati, come nel caso del Canada e del Belgio che hanno permesso la prosecuzione di crimini internazionali72.

Queste istituzioni internazionali e le accuse nazionali hanno beneficiato del supporto dei governi, spinti dalla forza dei valori umanitari internazionali e dal riconoscimento dell’importanza del “meccanismo” della responsabilità criminale internazionale, per mantenere l’ordine nel mondo e ripristinare la pace. Ovviamente, le norme internazionali e gli standards per attribuire responsabilità, dovranno essere stabiliti in modo chiaro ed essere applicati costantemente per ottenere la prevedibilità e, in seguito, la deterrenza. Un primo passo importante è stato la creazione di linee

71

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 3-4

72

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pag. 4

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guida internazionali contro l’impunità e la creazione di una corte

criminale internazionale permanente73.

Sin dalla seconda guerra mondiale, il numero dei conflitti a carattere non- internazionale e gli abusi di regimi oppressivi sono aumentati drasticamente per numero e intensità. In contrasto, invece, il declino dei conflitti a carattere internazionale, durante lo stesso periodo. Questi conflitti interni hanno visto la perpetuazione di crimini quali il genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra, torture, arresti ed esecuzioni arbitrarie, esecuzioni extragiudiziali, che dimostrano la violazione della legge umanitaria e dei più importanti diritti umani. Durante il XX secolo è stato stimato che i conflitti a carattere non internazionale e i vari abusi dei regimi oppressivi hanno causato circa 170 milioni di morti, per la maggior parte civili. Questo è stato comparato con una stima di 33 milioni di vittime militari, nello stesso periodo di tempo. Solo dalla seconda guerra mondiale in poi sono stati stimati più di 250 conflitti a carattere puramente interno. Questa situazione del dopo

guerra ha portato alla morte di 86 milioni di persone74.

La situazione del dopo guerra appare così, drammatica. Ciononostante questo alto livello di vittimizzazione, poche sono le accuse che sono state completate sia a livello nazionale che

internazionale. Infatti, dall’istituzione dei primi tribunali

internazionali (“Nuremberg Tribunal” e “Tokyo Tribunal”), che hanno seguito la seconda guerra mondiale, soltanto due

73

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 4-5

74

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 5-6

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commissioni d’indagine e due tribunali ad hoc sono stati stabiliti a livello internazionale, rispettivamente per la Jugoslavia e per il Ruanda. Un’altra commissione internazionale per la ricerca della verità si è creata per El Salvador, ma non ha generato azioni penali. Ci sono state diverse altre commissioni per la verità o commissioni d’inchiesta stabilite dalla legge nazionale, tra cui forse la più conosciuta è quella per il Sud Africa75. Sempre a livello nazionale sono stati creati due sistemi di prosecuzione, in Etiopia e in Ruanda, a causa dei conflitti verificatesi. Ancora abbiamo azioni giudiziarie in Argentina, Cile e Haiti, dove sono stata stabilite commissioni d’indagine76

.

Purtroppo il meccanismo della responsabilità ha prodotto, nei suddetti paesi, pochi risultati tangibili, in quanto pochi responsabili di centinaia di crimini si sono ritrovati di fronte alla giustizia, inclusi coloro che hanno violato lo jus cogens riguardante crimini come il genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e tortura77.

Raramente, è stata esposta dai governi o dai corpi internazionali la verità su questi conflitti armati, sulla loro evoluzione e sulle responsabilità degli autori delle varie atrocità. Vedremo che saranno le organizzazioni non governative, i giornalisti e i ricercatori a far luce su questa falla della giustizia78.

75

La “Truth and Reconciliation Commission” del 1995

76

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 6-7

77

Crimini per cui, secondo lo jus cogens, ci sarebbe l’ obbligo di processare e di punire

78

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pag.7

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La pratica dell’impunità è divenuta il prezzo politico da pagare per assicurare la fine della continua violenza e della repressione, dovuta ai conflitti internazionali e non. La responsabilità per le vittime e per la comunità mondiale è diventata oggetto del compromesso politico, e, la giustizia stessa, è divenuta vittima del “realpolitik”. La triste realtà, per ottenere la pace, è dover negoziare con i leaders, che molto spesso sono proprio coloro che hanno commesso,

ordinato e permesso i crimini atroci di cui abbiamo parlato79.

La pace risulta essere necessaria e, ovviamente, non preferibile a uno stato di violenza. Per ottenere la pace non dobbiamo escludere la giustizia, perché, spesso è proprio la giustizia ad essere indispensabile per ottenere la pace. Papa Pio IX, nel suo discorso per il Sesto Congresso Internazionale della Legge Penale dichiarò: “Una vita sociale pacifica e ordinata, sia nella comunità nazionale o in una società di nazioni, è possibile solo se le norme giuridiche che regolano il vivere e il collaborare insieme dei membri della società

sono osservate.”80

Ci sono diversi significati possibili da attribuire al termine “pace”. Questo termine può essere usato per indicare la fine di un conflitto e il passaggio da un regime oppressivo a uno garante del rispetto dei diritti umani. Ancora, in un discorso politico riguardante la fine dei

79

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 7-8

80

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pag. 8

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conflitti, può indicare la cessazione o l’assenza di ostilità e la riconciliazione fra popolazioni o gruppi sociali81.

L’applicazione di norme, contro gli autori di violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani, è un fondamentale deterrente per le violazioni future e per “rompere il velo dell’

impunità” che oscura la responsabilità82

.

Il quadro normativo che disciplina i conflitti armati, sia di carattere internazionale che non, contiene diverse lacune e carenze. I conflitti di carattere internazionale sono coperti dalla quarta Convenzione di Ginevra del 1949 e dal I Protocollo del 1977, mentre i conflitti interni sono disciplinati, meno adeguatamente, dall’art. 3 della Convenzione di Ginevra e dal II Protocollo del 197783. Inoltre gli abusi puramente politici commessi da regimi repressivi non sono coperti da questi od altri aspetti della regolazione dei conflitti armati. Nonostante queste carenze, i crimini contro l’umanità, il genocidio e la tortura sono applicati in tutti questi contesti, a prescindere dalla caratterizzazione legale o dalla natura del conflitto. I crimini contro l’umanità devono ancora essere incorporati in convenzioni specializzate, le quali vadano ad eliminare alcune ambiguità presenti nelle precedenti formulazioni

81

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 8-9

82

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 9-10

83

Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, conclusa a Ginevra il 12 agosto del 1949 e ratificata dall’Italia con la legge del 27 ottobre 1951. Poi abbiamo il I Protocollo del 1977 aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati nazionali. Infine abbiamo il II Protocollo aggiuntivo alla Convenzione sopra relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali

48

(vedi l’art. 6 dell’“International Military Tribunal Statute”)84

. Sia i crimini contro l’umanità che il genocidio presentano delle mancanze a livello normativo. Per il genocidio, ad esempio, è richiesto il requisito dello specifico intento, il quale, il più delle volte, risulta molto difficile da provare. Nonostante, queste lacune nel quadro normativo delle tre maggiori categorie di crimini internazionali (genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra), vi è anche una mancanza nella pratica degli stati, relativa ad una giusta attuazione. Gli stati avrebbero il dovere di perseguire ed estradare, il dovere di cooperare con gli altri stati nelle investigazioni, nelle accuse e nei giudizi degli imputati di questi crimini e, infine, di punire i responsabili. Il dovere di perseguire e di estradare esiste nella Convenzione sul Genocidio, nella Convenzione di Ginevra del 1949 e nel I protocollo del 1977, mentre non esiste nella legge convenzionale relativa ai crimini contro l’umanità. Il problema maggiore è che non esistono convenzioni specifiche per queste categorie di crimini. Neppure

all’art. 3 della Convenzione di Ginevra del ‘4985

e nel II Protocollo del 1977 esistono gli espliciti obblighi suddetti86.

84

Si tratta del “Charter of the International Military Tribunal” ( Nuremberg Tribunal), che all’art. 6 parla dei crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità

85

L’art. 3 della Convenzione di Ginevra del 1949 riguarda i conflitti armati di carattere non internazionale

86 Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW

49 2.2 Crimini internazionali: “Ius cogens e Obligations erga omnes”

Un crimine internazionale che risulta a livello dello jus cogens comporta un obligatio erga omnes, la quale è inderogabile87. Le obbligazioni legali che riguardano il più alto status di questi crimini includono il dovere di perseguire e di estradare, la non applicabilità delle limitazioni degli statuti per questi crimini, la non applicabilità dell’immunità, tra cui quella dei capi dello stato, e la non applicabilità della scusante “dell’obbedienza ad ordini superiori”. La legge internazionale ha riconosciuto e impiegato a lungo entrambi i concetti ma, per lo più, in contesti che non includevano la legge internazionale criminale. La legge criminale internazionale

è il maggiore sistema legale del mondo e, la dottrina della ICL88, ha

scarsamente affrontato questi concetti89.

Le norme dello jus cogens, letteralmente le norme ritenute vincolanti per l’umanità, formano la più chiara base per identificare distintamente i crimini internazionali come violazione del diritto internazionale. Queste norme includono principi ritenuti dalle nazioni civili “vincolanti” per gli stati, anche in assenza di un obbligo specifico o di un trattato. Le norme dello jus cogens sono tassative e generano obblighi erga omnes. Le radici dello jus cogens

87

Lo “jus cogens” si riferisce allo statuto legale che certi crimini internazionali raggiungono, mentre “l’obligatio erga omnes” riguarda le implicazioni legali derivanti dalla caratterizzazione di certi crimini come ius cogens

88

ICL sta per legge criminale internazionale

89

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 14-15

50

risalgono almeno al tempo di Grozio e hanno trovato fondamento in

diverse tradizioni filosofiche tra loro piuttosto diverse.90

La Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969 non contiene un elenco preciso di queste norme imperative, ma definisce norma di jus cogens quella norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale nel suo insieme come norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che può essere modificata soltanto da una nuova norma del diritto internazionale avente lo stesso carattere. Molti Stati, ancora, stentano a riconoscere lo jus cogens internazionale91.

Alcuni studiosi sostengono che le fonti dello jus cogens e della legge internazionale consuetudinaria siano le stesse, altri invece distinguono le suddette due e, altri ancora, ritengono che lo jus cogens sia semplicemente un altro modo semantico per indicare i “principi generali”. La letteratura legale rivela che, seguendo i crimini internazionali, fanno parte dello jus cogens: l’aggressione, il genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra, la pirateria, la schiavitù, le pratiche connesse alla schiavitù e la tortura. Per stabilire, se un crimine internazionale fa parte dello jus cogens, è necessario verificare che il crimine in questione minacci la pace e la razza umana e che vada a sconvolgere la coscienza umana. L’aggressione, ad esempio, minaccia la pace e la sicurezza della razza umana, ma non tutti gli atti di aggressione attualmente minacciano la pace e la sicurezza del genere umano. Il genocidio e i

90

MAY L., Le norme dello jus cogens e il diritto penale internazionale, in Ars Interpretandi, 2001, pag. 1

91

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crimini contro l’umanità sconvolgono la coscienza dell’uomo, però specifichi casi di queste azioni potrebbero non mettere a rischio la pace e la sicurezza. Così anche la schiavitù, le pratiche legate alla schiavitù e la tortura stravolgono la coscienza umana, sebbene,

raramente, mettano a repentaglio la pace e la sicurezza92.

Quindi risulta difficile stabilire quali crimini internazionali raggiungano l’alto livello dello jus cogens. Si devono considerare,

innanzitutto, le varie proposte istituzionali basate sul

raggiungimento del più alto livello per questi crimini, il numero degli stati che hanno incorporato le prescrizioni93 date nelle loro leggi nazionali, la considerazione del numero delle accuse internazionali e nazionali per i crimini suddetti e come questi vengono caratterizzati94.

I crimini contro l’umanità, il genocidio, i crimini di guerra e la tortura sono crimini internazionali che hanno raggiunto l’alto livello dello jus cogens. Questo comporta, come visto sopra, il dovere di processare e di estradare, il dovere di garantire assistenza legale, l’obbligo di eliminare le limitazioni degli statuti e l’obbligo di eliminare le immunità dei “superiori”, in particolare dei capi di stato95.

I processi internazionali, per un problema politico, dovrebbero essere limitati ai leaders, ai responsabili politici e agli anziani

92

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 19-21

93

Normativa della Convenzione di Ginevra del 1949

94

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pag. 21

95

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 21 e 25

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esecutori. Questa politica, però, non dovrebbe precludere la condanna di altre persone a livello nazionale che possono raggiungere egualmente particolari “obbiettivi”. Si devono porre in essere azioni giudiziarie almeno per i quattro ius cogens: crimine di genocidio, crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e tortura. Le prosecuzioni a livello internazionale sono importanti, perché rappresentano l’unico modo per arrivare ai leaders, agli anziani esecutori, ai responsabili politici, che altrimenti rimarrebbero impuniti, essendo “protetti” dalle istituzioni. Alle vittime dovrebbe essere permesso di partecipare ai processi, come parti civili, le quali sono presenti quotidianamente nei sistemi legali civili, al fine di

richiedere ed ottenere il risarcimento danni96.

I tribunali internazionali, in particolare il Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia e la Corte penale internazionale, pretendono di fare giustizia in nome dell’umanità. Questi tribunali agiscono come rappresentanti dell’umanità intesa come un pubblico globale. Nel rappresentare l’umanità nel suo insieme, i tribunali criminali internazionali, si impegnano in un atto costitutivo in cui incarnano e stabiliscono ciò che intendono rappresentare. Per capire l’importanza del ruolo del pubblico ci possiamo rifare alla teoria comunicativa del diritto penale di Anthony Duff. Duff comprende i processi penali come atti comunicativi, ovvero questi sono processi in cui un collettivo chiama un presunto colpevole a rendere conto: “i crimini dovrebbero essere considerati pubblici torti, nel senso che

96

Cfr. CHERIF BASSIOUNI M., Post-Conflict Justice, M. Cherif Bassiouni Editore, NEW YORK, 2002, pp. 27-28

53

sono torti che riguardano il pubblico, ovvero tutti i membri della

comunità politica”97

.

Quindi, secondo Duff, una corte internazionale dovrebbe agire in nome di un gruppo verso cui l’imputato è responsabile per i suoi presunti crimini. L’ICTY e l’ICC hanno avuto particolare successo nell’identificare un pubblico globale. Nel caso Plavŝić, ad esempio, l’accusa ha definito la condotta degli imputati come un attacco all’umanità stessa; ancora nel caso Češić l’ICTY ha affermato che la pena dell’imputato “trasmette l’indignazione dell’umanità per le gravi violazioni del diritto umanitario internazionale per le quali l’imputato è stato riconosciuto colpevole”. Nel caso Kupreŝkić, l’ICTY, attribuisce un ruolo attivo al pubblico globale nella formulazione del diritto internazionale, viene detto che “la legge può emergere attraverso un processo consuetudinario sotto la pressione delle esigenze dell’umanità o dei dettami della coscienza

pubblica, anche dove la pratica dello stato è scarsa o incoerente”98

. L’umanità è stata ritenuta il “telos” dell’autorità normativa della Corte Penale Internazionale (ICC). Il preambolo dello Statuto della ICC si riferisce ai “legami comuni”, al “delicato mosaico” di tutti i popoli, alla coscienza dell’umanità, al “benessere del mondo”, ad una categoria illimitata di “generazioni future” e anche a una

comunità internazionale nel suo insieme ambigua ma

apparentemente espansiva. Philippe Kirsch, allora presidente del

97

Cfr. DA CORRIAS-GORDON, A giudicare dal nome dell’umanità: i tribunali penali

internazionali e la rappresentanza di un pubblico globale, in Journal of Internationale Criminal

Justice, 2015, vol. 13, pp. 97-112

98

Cfr. DA CORRIAS-GORDON, A giudicare dal nome dell’umanità: i tribunali penali

internazionali e la rappresentanza di un pubblico globale, in Journal of Internationale Criminal

54

Comitato di tutta la Conferenza e successivamente Giudice e Presidente della Corte, in occasione dell’adozione dello Statuto

ICC, ha identificato la ICC come “il futuro dell’umanità” 99

.

2.3 Origine dei primi Tribunali di persone e di donne