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La guerra civile in Ruanda e l’ICTR

La guerra civile in Ruanda (1990-1994), vede contrapposte le forze governative del Presidente Habyarimana (di etnia Hutu) e del Fronte Patriottico, composto da ribelli Hutu. Dal punto di vista etnico la popolazione del Ruanda è divisa in Hutu e Tutsi. Nel 1994, l’aereo su cui viaggiava il Presidente Habyarimana, fu colpito da un missile e cadde a terra, causando la morte del Presidente stesso. La colpa dell’omicidio fu addossata ai leaders dell’opposizione Hutu. Subito divenne essenziale uccidere tutti gli Hutu rivali, cogliendo anche l’occasione per fare una “pulizia etnica” ed eliminare, così, la popolazione di etnia Tutsi. Si voleva creare una nuova Ruanda, una comunità di assassini. Gli estremisti

esortarono l’Interahamwe59

e ordinarono agli Hutu di uccidere i

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Cfr. GREY R., The ICC’s First “forced pregnancy” Case in Historical Perspective, in Journal of International Criminal Justice, 2017, vol. 15, pp. 905-930

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The Prosecutor v. Dominic Ongwen, ICC-02/ 04-01/15

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Cfr. GREY R., The ICC’s First “forced pregnancy” Case in Historical Perspective, in Journal of International Criminal Justice, 2017, vol. 15, pp. 905-930

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Tutsi e di “mangiare le loro mucche”. Questa ultima frase ha un significato simbolico e uno pratico. Simbolico perché “ mangiare le loro mucche” significava “divorare” le basi della dominazione Tutsi passata. Pratico perché significava saccheggiare le loro fattorie, le loro case, i loro uffici e le loro chiese. Alcune autorità Hutu ordinarono ai loro seguaci di “mandare i Tutsi indietro nei loro paesi di origine, verso l’Etiopia, per la via più veloce, ossia la via del fiume Akanyaru”. Di conseguenza alcuni dei flussi dei fiumi vicini furono ben presto pieni di corpi. Le persone in Uganda trovarono circa 40,000 corpi provenienti dal Lago Vittoria e decisero di seppellirli. Non furono delle semplici uccisioni, quelle che videro vittime i rivali Hutu e i Tutsi, ma fu un vero e proprio massacro accompagnato da torture, violenze e mutilazioni. Agli assassini piaceva vedere la sofferenza e l’agonia, erano soliti amputare le lunghe dita della vittime, i piccoli nasi e i formosi seni (tratti fisici propri della popolazione Tutsi). Sovente mozzavano anche gli organi genitali maschili per indebolire il loro “ruolo” e seppellivano persone ancora vive. Gli estremisti Hutu uccisero le donne Hutu incinte di uomini Tutsi, in quanto, i loro feti, non dovevano sopravvivere. In un periodo di soli tre mesi furono uccisi 800,000 Tutsi e tra i 10,000 e i 30,000 Hutu, ovvero in totale l’11 per cento della popolazione60.

La tragedia del Ruanda , nella storia presenta il numero più alto di persone uccise in un lasso di tempo così breve. Alla base di questa rivalità c’è senz’altro anche un motivo economico: gli Hutu e i

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Cfr. MAGNARELLA P., Justice in Africa. Ruanda’s Genocide, its Courts and the UN

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Tutsi, erano diventati naturalmente nemici, dato che i Tutsi volevano avere pascoli per le loro mandrie, mentre gli Hutu volevano costruire aziende agricole e fattorie. Con la scomparsa dei Tutsi i contadini Hutu avrebbero avuto terra a sufficienza per il loro progetto agricolo61.

Com’è ben comprensibile diventò presto necessario per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite stabilire un Tribunale Internazionale ad hoc per processare i responsabili del conflitto civile armato presente in Ruanda. Il Tribunale Internazionale per il Ruanda, del 1994, riflette il desiderio della comunità internazionale di condanna degli artefici del genocidio e di altri seri crimini commessi in questo territorio. Questo Tribunale e il suo predecessore, l’ICTY, sono risultati di vitale importanza per lo sviluppo del diritto umanitario internazionale. Nell’articolo 1 dello Statuto del Tribunale veniva stabilito il potere di condannare i responsabili di serie violazioni del diritto umanitario internazionale commesse nel territorio del Ruanda e i cittadini ruandesi responsabili delle stesse violazioni commesse nei territori degli stati vicini62.

Il ICTR è unico per aver riconosciuto crimini contro l’umanità in un conflitto non- internazionale, per aver rinforzato la Convenzione di Ginevra e la Convenzione sul Genocidio. Jean Kambanda , primo ministro ad hinterim dopo la morte del presidente Habyarimana, fu accusato di genocidio, di complicità e incitamento al genocidio e di

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Cfr. MAGNARELLA P., Justice in Africa. Ruanda’s Genocide, its Courts and the UN

Criminal Tribunal, UNIVERSITY OF FLORIDA, Ashagate Editore, 2000, pag. 23

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Cfr. MAGNARELLA P., Justice in Africa. Ruanda’s Genocide, its Courts and the UN

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altri crimini contro l’umanità. Nel settembre del 1998, la decisione per il “former Taba bourgemestre Jean- Paul Akayesu”, fu significativa in quanto, per la prima volta la violenza sessuale venne riconosciuta come un atto di genocidio. Agli inizi del 1999 furono presi in custodia trenta persone e molti di questi indiziati sono rimasti per molti anni in stato di detenzione. Nel 1999 fu creata un’altra camera per promuovere le operazioni e le varie procedure, quindi per rendere più efficiente il processo63.

Importante, “nel trial” per il former Ruanda, è stata la presenza dell’unica giudice donna, Judge Navanethem Pillay, che ascoltò e seguì le indagini di due delle donne chiamate a testimoniare dall’accusa. La testimone J raccontò che tre membri dell’Interahamwe stuprarono sua figlia di sei anni, quando si presentarono per uccidere il padre, e che era a conoscenza di molte

altre giovani ragazze abusate nel bureau communale64. L’altra

testimone H dichiarò di esser stata stuprata nei campi di saggina e di aver assistito a diversi stupri di donne Tutsi. Raccontò, inoltre, di molte altre donne stuprate nei campi vicini, o nei pressi dell’ ufficio comunale, alla presenza degli imputati e degli ufficiali comunali,

che avrebbero dovuto scoraggiare tutto ciò65.

Il ICTR e il ICTY hanno influenzato il punto di vista di molti stati riguardo i crimini internazionali e le possibili strategie per ottenere la pace e la riconciliazione nazionale.

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Cfr. MAGNARELLA P., Justice in Africa. Ruanda’s Genocide, its Courts and the UN

Criminal Tribunal, UNIVERSITY OF FLORIDA, Ashagate Editore, 2000, pp. 54-57

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Bureau communale , ovvero l’ufficio del comune. Si tratta del comune di Taba, dove aveva autorità Jean- Paul Akayesu

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COPELON R., Gender Crimes as War Crimes: Integrating Crimes against Women into

39 1.6.1 Il caso Akayesu

Cerchiamo ora di approfondire il caso Akayesu, di competenza dell’ICTR. Jean-Paul Akayesu nacque nel 1953, entrò in politica nel 1991 e divenne bourgmestre di Taba nell’aprile 1993. Fu arrestato nell’ottobre del 1995 nello Zambia e fu tenuto in detenzione per un periodo di 90 giorni, in attesa del completamento delle indagini sulle terribili accuse promosse contro di lui. Nel 1996 il Prosecutor Richard Goldstone presentò l’accusa contro Akayesu per una serie di crimini: genocidio, complicità in genocidio, diretto e pubblico incitamento a commettere genocidio, sterminio, omicidio, tortura, trattamenti crudeli, stupro, altri atti inumani, crimini contro l’umanità e violazione della Convenzione di Ginevra del 1948. Durante il conflitto civile, nel periodo tra l’aprile del 1994 e la fine di giugno, centinaia di civili trovarono rifugio nel comune di Taba (“Taba Commune”). La maggior parte di queste persone erano tutsi. In questo periodo le donne rifugiate venivano sottoposte a violenze sessuali dalla polizia e dall’esercito, spesso venivano abusate contemporaneamente da più uomini. Jean- Paul Akayesu era a conoscenza di queste violenze, era presente durante la loro perpetuazione e anche durante i vari omicidi. Akayesu incoraggiava questo orrore66.

Per quanto riguarda le testimonianze, una donna Tutsi di 35 anni, conosciuta come testimone JJ, per proteggere la sua identità, raccontò le violenze subite al comune di Taba. Dichiarò di aver subito stupri per giorni e giorni e anche fino a 12 volte nello stesso

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Cfr. MAGNARELLA P., Justice in Africa. Ruanda’s Genocide, its Courts and the UN

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giorno, ricorda che i soldati ubriachi avevano l’ abitudine di violentare giovani ragazze, che disperate urlavano in modo straziante, e di sottoporle alle più disparate umiliazioni duranti gli stupri, che avvenivano pubblicamente. Sempre questa testimone definisce Akayesu come un’autorità che “dava loro protezione, ospitandole ma che non le proteggeva”, anzi incoraggiava le

violenze e ordinava gli omicidi, pur non eseguendoli

personalmente67.

Sempre durante il caso Prosecutor v. Akayesu, un testimone, un medico che aveva lavorato in Ruanda durante i genocidio, ha testimoniato l’omicidio di diversi membri dell’ospedale, tra cui un’infermiera hutu incinta di un bambino Tutsi. Come ha spiegato il testimone in questione la donna “era una hutu ma doveva morire perché suo marito era Tutsi e il bambino, quindi, avrebbe seguito la linea paterna”68

.

Ancora nella sentenza Akayesu, la Camera di prima istanza, ha riconosciuto che molte donne hutu hanno abortito dopo esser state violentate e percosse dalla milizia hutu ed ha, anche osservato, che “le donne incinte, comprese quelle di origine hutu, sono state uccise per il fatto che i feti erano generati nel loro grembo da uomini tutsi, in quanto, in una società patrilineare come il Ruanda, il bambino appartiene al gruppo di origine del padre”. Inoltre interpretando il reato di genocidio mediante “misure imponenti volte a prevenire le nascite”, la Camera ha dichiarato:

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Cfr. MAGNARELLA P., Justice in Africa. Ruanda’s Genocide, its Courts and the UN

Criminal Tribunal, UNIVERSITY OF FLORIDA, Ashagate Editore, 2000, pp. 103-104

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Cfr. GREY R., The ICC’s First “forced pregnancy” Case in Historical Perspective, in Journal of International Criminal Justice, 2017, vol. 15, pp. 905-930

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“Le misure intese a prevenire nascite all'interno del gruppo, dovrebbero essere interpretate come le mutilazioni sessuali, la pratica della sterilizzazione, il controllo delle nascite forzate, la separazione dei sessi e il divieto dei matrimoni. Nelle società patriarcali, dove l'appartenenza a un gruppo è determinata dall'identità del padre, un esempio di una misura intesa a prevenire nascite all'interno di un gruppo è il caso in cui, durante lo stupro, una donna del suddetto gruppo viene deliberatamente impregnata da un uomo di un altro gruppo, con l'intento di far nascere un bambino

che, di conseguenza, non appartenga al gruppo di sua madre”69

. Questa interpretazione del crimine di genocidio ha dato un grande

contributo alla giurisprudenza sulla violenza riproduttiva70.

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Cfr. GREY R., The ICC’s First “forced pregnancy” Case in Historical Perspective, in Journal of International Criminal Justice, 2017, vol. 15, pp. 905-930

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Cfr. GREY R., The ICC’s First “forced pregnancy” Case in Historical Perspective, in

42 CAPITOLO II

Worlds Courts of Women

2.1 Il diritto umanitario interazionale, il diritto penale