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La crisi adolescenziale come risorsa

Il concetto di «crisi»risulta spesso e volentieri associato all’adolescenza per i caratteri, che abbiamo detto essere emblematici, di instabilità, incertezza, confusione e marginalità sia sul piano psicologico che sociale.61 Caratteri, questi, che connotano l’adolescente colui che si trova ‘a metà del guado’, in una posizione indefinita tra l’infanzia e l’adultità. Tuttavia, non si può nel contempo negare come, tra gli studiosi, prevalga una connotazione essenzialmente positiva62 dell’evento critico, del quale se ne evidenziano gli aspetti costruttivi per la crescita e la maturazione del soggetto. Così, accanto allo smarrimento ed all’inquietudine legati alla necessità di affrontare scelte, decisioni impegnative quanto rischiose, emerge l’aspetto della crisi come occasione di crescita, come potenzialità di sviluppo, nonché di auto-conoscenza, dal momento che

“nei momenti di crisi, si fa sentire più forte l’esigenza di prendere coscienza della propria identità e di identificare con certezza i nuovi valori che si assumono”.63 Questo significa che l’evento critico, pur nel suo effetto destabilizzante, arreca l’opportunità di una presa di coscienza profonda di sé; della maturazione di nuovi punti di vista che comportano, a loro volta, una ri-definizione dei riferimenti personali, dell’idea circa il proprio Io, nonché dei criteri di lettura del reale.

distinguere, secondo la teorizzazione operata da V.E. Frankl, “tra coscienza riflessiva comeautocoscienza (…) e coscienza immediata (…), preriflessiva ed essenzialmente inconscia. A quest’ultima compete l’atto puro spirituale di una prima intentio, indipendente dall’organizzazione psicofisica dell’organismo (…):

essa può successivamente essere resa cosciente da un atto di riflessione (secunda intentio), che però è subordinato alla condizione di una compagine psicofisica sana” (ibid., p. 307, nota 18)

61 Cfr G. Petter, Problemi psicologici della preadolescenza e dell’adolescenza, La Nuova Italia, 1990

62 Questo pur tenendo ben presente, e non sottovalutando, che la crisi può talvolta essere foriera di profondi disagi, soprattutto quando il soggetto sperimenta la sensazione di non riuscire a controllare le situazioni che si trova a vivere: egli sperimenta la difficoltà “di riconnetterle secondo un ordine noto, con la certezza che le precedenti connessioni non possono più funzionare; momentaneamente si fa l’esperienza dello stallo, della perdita del senso e dell’essere privi di orientamento all’azione” (A.

Fabbrini, A. Melucci, L’età dell’oro, cit., p. 31)

63 J. Stoetzel, I valori nel tempo presente. Un’inchiesta europea, Torino, SEI, 1984, p. 7

Emerge nuovamente, dunque, il carattere qualitativo del cambiamento adolescenziale:

un mutamento che non si inserisce nell’ottica del puro ampliamento delle esperienze e dell’estensione delle percezioni. Si tratta, invece, dell’affiorare di uno sguardo prima inesistente, orientato dentro e fuori di sé: “si afferma la consapevolezza o l’intuizione di sentirsi diversi a partire da questa nuova capacità di vedere”.64

1.3.1. Uno sguardo riflessivo sul mondo

Nel tempo dell’adolescenza l’io che guarda si percepisce diverso perché ha maturato, rispetto all’infanzia, un modo nuovo di vedere e di veder-si: di essere presente a se stesso mentre esperisce, di posare uno sguardo riflessivo sui propri vissuti, di coltivare una consapevolezza circa il proprio modo-di-stare-nel-mondo. E tutto questo costituisce il substrato per la maturazione di un personale stile esistenziale che, a partire proprio da questo periodo, comincia ad prendere forma, in un percorso che, in realtà, non termina mai: in un processo di ricerca dinamicamente teso alla “strutturazione di una visione del mondo e di sé-nel-mondo-con-gli-altri”,65 che consente di riconoscersi come soggetto.

A questo punto, sembra opportuno chiedersi quali siano i processi che caratterizzano il mutamento più impegnativo per il giovane: quello dell’essere-presenza-a-sé nel mentre intenziona nuove modalità di relazione col reale. Si tratta di un cambiamento certamente complesso, poiché si dispiega nella fase dell’esistenza forse più delicata, contraddistinta dalla simultaneità dei cambiamenti bio-psico-relazionali, dalla mancanza di riferimenti solidi e, nondimeno, dall’urgenza di affrontare specifici compiti di sviluppo in un contesto continuamente in trasformazione.

Da quanto espresso fin qui, (e, nondimeno, come asseriscono autorevoli studiosi66 sull’argomento) la nostra epoca pare caratterizzata dalle note dell’incertezza-fluidità--reversibilità: note che si diffondono in una triplice direzione, che potremmo definire sociale (affievolimento delle tradizioni, sfilamento dei riferimenti simbolico-culturali,

64 A. Fabbrini, A. Melucci, L’età dell’oro, cit., p. 33

65 P. Bertolini, L. Caronia, Ragazzi difficili, cit.,, p. 12

66 Cfr. il già citato Z. Bauman, La società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna, 1999; Id., Vita liquida, Roma-Bari, Laterza, 2006. Si vedano, altresì: M. Benasayag , G. Schmit , L’epoca delle passioni tristi, cit.; D. Riesman, La folla solitaria, Il Mulino, Bologna, 1999; C. Lasch, L’io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un’epoca di turbamenti, Feltrinelli, Milano, 2004

perdita delle antiche narrazioni del passato, mancanza di chiari e consolidati orientamenti valoriali; venir meno di direzioni valoriali condivise… ), culturale (perdita dei riferimenti socio-culturali capaci di delimitare, in modo chiaro e condiviso, i confini tra le varie stagioni della vita), individuale (incertezza che permea il modo-di-essere-nel-mondo del singolo individuo: l’esistenza diventa una solitaria quanto incerta avventura di autoformazione).

Naturalmente, come avanza la prospettiva ecologica,67 esiste un mutuo influenzamento tra lo sviluppo del singolo (ed i processi che egli mette in atto per fronteggiare il reale) ed i molteplici sistemi – micro, meso, eso e macro - che compongono il suo ambiente di vita, nell’ottica della reciprocità e circolarità dei rapporti. Tuttavia sembra che, nell’attuale congiuntura storica, la forza condizionante della società sul giovane emerga con particolare pervasività68 e si esprima, altresì, in modi qualitativamente differenti rispetto al passato. Così, se nelle epoche precedenti tale clima condizionante assumeva i contorni della limitazione coercitiva le possibilità di scelta del singolo (in virtù di tradizioni, regole di convivenza ed usanze socialmente fissate e stabilmente condivise), oggi pare proprio che l’influenza del contesto sociale si giochi su un piano decisamente diverso: quello contrassegnato dall’incertezza, dalla fluidità e dalla reversibilità. Sono queste, infatti, le categorie alle quali risultano particolarmente permeabili i giovani e che influiscono, non di rado, sulle loro scelte fondanti i tentativi di dar forma ad una progettualità esistenziale. E, nondimeno, sono questi i caratteri che la nostra società – appunto «dell’incertezza»- trasmettere loro assiduamente.

In tale prospettiva, allora, il giovane (che si trova a vivere una stagione della vita già di per sé connotata da quei caratteri di instabilità e precarietà) risulta particolarmente necessitato a «saper stare in una condizione di incertezza». Considerando il bisogno profondo dell’uomo “di interagire col mondo esterno e mettersi in sintonia con un ambiente in continua trasformazione”,69 l’adattamento costruttivo al proprio contesto odierno gli richiede di raggiungere un equilibrio dinamico e non omeostatico: di coltivare la capacità di stare in continuo movimento senza perdersi; di permanere in tensione verso qualcosa pur nell’assenza di stabilità e consuetudini rassicuranti. Sembra

67 Cfr U. Bronfenbrenner, Ecologia dello sviluppo umano, Il Mulino, Bologna, 1986

68 A proposito della permeabilità dei giovani alle influenze esterne G. Pietropolli Charmet parla di

“porosità della mente dell’adolescente” al suo contesto sociale (F. Scaparro, G. Pietropolli Charmet , Belletà, cit., pp. 24-25)

69 A. Fabbrini, A. Melucci, L’età dell’oro, cit., p. 23

proprio, dunque, che il modo per vivere sensatamente – e non semplicemente ‘lasciarsi vivere’ – nell’odierna società sia quello di essere consapevolmente adattabili e disponibili al cambiamento. La maturazione di tale duttilità esistenziale costituisce, crediamo, la vera attrezzatura, l’autentico investimento e l’auspicato ‘valore aggiunto’

che l’adolescenza, quale periodo specifico di cambiamenti - ed, anche, di legittimazione sociale alla sperimentazione del proprio modo-di-essere – possa dare al soggetto nel suo cammino verso l’adultità70.

Il riferimento va, dunque, alla formazione consapevole, a partire da questa fase evolutiva, di un atteggiamento, di una «cifra esistenziale» capace di caratterizzare profondamente il soggetto nella sua essenza, quale sottile - quanto invisibile ed impalpabile - struttura sottostante a ciò che risulta, di lui, immediatamente evidente.

Così, nel parlare di adolescenti (e di disagio giovanile) ci rivolgiamo a quell’aspetto dell’essere umano, che sussiste indipendentemente dall’età, seppur sullo sfondo, che consideriamo l’emblema dell’adolescente e del giovane: a quella postura che emerge quando ci si muove alla ricerca di qualcosa. Parliamo, alfine, non di una categoria ben definita di persone, quanto di una condizione esistenziale, il cui “valore pragmatico (…) non sta dunque nel permettere una individuazione di soggetti determinati - chi sono, come sono, cosa fanno o dove sono… ma nell’indicare dei soggetti possibili”,71 in base al criterio dell’essere cercatori o ri-cercatori di senso, ovvero ad un particolare modo-di-essere-nel-mondo: quello di chi è-incertamente-in-cerca, poiché l’adolescente è il ricercatore di senso per eccellenza, colui che incarna l’atteggiamento dell’essere in-tensione verso qualcosa o qualcuno, visti i caratteri che contraddistinguono il suo modo-di-essere-nel-mondo.72

70 Sono questi i concetti che esprimeva anche C. Rogers a proposito della finalità dell’educazione: ossia, il fatto che gli individui sappiano stare nel divenire, che abbiano maturato la capacità di cambiare: che siano, essenzialmente, processi “aperti alle novità e alle trasformazioni” (C. Rogers, Libertà nell’apprendimento, Giunti-Barbèra, Firenze, 1973, p. 350), uomini che hanno imparato “ad adattarsi e a mutare” in un mondo che incessantemente cambia (ibid., p. 130)

71 P. Bertolini, L. Caronia, Ragazzi difficili, cit., 11

72 Le metafore narrative dell’adolescenza esprimono questa ‘mobilità’, ed esemplificano la dimensione del vagare, del viaggiare e dell’avventura: tra tutte, il celebre romanzo di H. Hesse, Siddharta, Adelphi, 1973 (nel cui retro di copertina leggiamo la frase emblematica: “Chi è Siddharta? È uno che cerca”). Ma ci sono altri “wonderer” della letteratura: ad esempio, J. Kerouac, Sulla strada, Mondadori, Milano,1959 (racconta di due amici che attraversano, in macchina, le strade dell’America e del Messico, mossi dall’irrequieto desiderio di vivere esperienze intense, alla ricerca di sé e di nuove avventure esistenziali che cancellino l’ombra della noia, che da sempre li inquieta); M Twain, Le avventure di Huckleberry Finn, Garzanti, 1992 (percorre la storia di due amici che, con una zattera, percorrono le rive del Mississippi per fuggire ad una vita fatta di violenze, e in cerca della libertà); C. McCarthy, Cavalli

1.3.2. Saper stare nell’incertezza

E dunque: quali sono i caratteri che sembrano connotare la postura esistenziale dell’adolescente di oggi e, pertanto, il modo di intenzionare il reale da parte della sua coscienza? Sottolineando nuovamente come, nell’affrontare questo argomento, occorra considerare la modalità di essere-presenza caratteristica (piuttosto che tipica) dell’adolescente (facendo leva sul principio dell’«unità legale della molteplicità del reale»),73 possiamo avanzare – nello schema che segue - alcuni tratti dello sguardo giovanile desunti dalla letteratura sulla figura dell’adolescente.74 A questi tratti affianchiamo, altresì, i processi di intenzionamento della realtà che tal sguardo denota, e dai quali scaturisce un modo-di-essere-nel-mondo - connotato da molteplici aspetti - proprio dell’odierno adolescente, fragile e spavaldo75:

Sguardo giovanile Processo di intenzionamento della realtà Modo-di-essere-nel-mondo

Incertezza posticipazione delle decisioni indecisionalità

Frettolosità evitamento di momenti di calma, riflessività, contemplazione per assaporare le cose

bulimia esistenziale

Provvisorietà reversibilità delle scelte de-responsabilizzazione

selvaggi, Einaudi, Torino, 2003 (narra le avventure di un sedicenne che emigra con un amico in Messico, alla ricerca di una vita alternativa. Si tratta di un viaggio iniziatico, che simboleggia la perdita dell’innocenza).

73 Tale principio ci permette di porre in primo piano, in questo frangente del nostro lavoro, ciò che accomuna le molteplici situazioni esistenziali connotanti la singolarità di ogni individuo, pur non dimenticando che l’accento su tali ricorsività (che costituiscono, per l’appunto, «l’unità legale») non intende misconoscere l’originalità di ciascun essere umano (la «molteplicità nel reale»). Per una disamina di questo principio, applicato al tema della creatività umana, si rinvia a F. Larocca, Oltre la creatività:

l’educazione, La Scuola, Brescia, 1983, pp. 117-136). Risulta opportuno anche evidenziare l’analogia col concetto di «unitas multiplex» espresso da V. Frankl a proposito della sua concezione antropologica:

“vorrei definire l’uomo come unità nonostante la molteplicità. Infatti, c’è un’unità antropologica nonostante le differenze ontologiche, nonostante le differenze tra i diversi modi di essere. La caratteristica dell’esistenza umana è appunto la coesistenza tra (…) il modo unitario di essere e le molteplici maniere con cui si partecipa all’essere” ( V.E. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, cit., p. 54)

74 Oltre ai testi già citati, il riferimento va in particolare a: G. Pietropolli Charmet, Adolescenza. Istruzioni per l’uso, Fabbri, Milano, 2005; Fizzotti E. (a cura di), Giovani, vuoto esistenziale e ricerca di senso, LAS, Roma, 1998; F. Montuschi, A. Polmonari, Nuovi adolescenti: dalla conoscenza all’incontro, Centro Editoriale Devoniano, Bologna, 2006

75 Cfr. G. Pietropolli Charmet, Fragile e spavaldo, cit.

Superficialità fuga nel virtuale anestesia affettiva e apatia

Possibilismo evitamento dei limiti76 paralisi, stasi, paura del

futuro

Narcisismo (l’Io misura di tutte le cose)77

chiusura all’altro da sé auto-centramento

Confusione non riferimento a sé per agire conformismo ed inautenticità

Frammentarietà mancanza di momenti di ‘transito’ che colleghino le esperienze

scollamento

Autorefenzialità78 pretesa di venir presi sul serio simmetria79

Ma l’adolescenza non è solo questo: l’incertezza-fluidità--reversibilità, infatti, possono essere interpretati anche in chiave positiva: diventano, infatti, ostacoli alla maturazione dell’individuo se intesi in senso assoluto, in una lettura uni-dimensionale, dove assumono toni esasperati, perché posti eccessivamente in primo piano, su uno sfondo – dato dalle altre possibilità di essere-nel-mondo - quasi inesistente. Nelle maglie dell’incertezza e dell’instabilità odierne trovano spazio, pertanto, anche la creatività del singolo e la sua inventiva, nonché l’espressione di importanti risorse quali:

76 Ciò rimanda all’«evitamento delle frustrazioni» ed al fatto che queste ultime, oggigiorno, abbiano un sapore inedito rispetto al passato: non sono più legate a restrizioni imposte dall’esterno, a deprivazioni o scarsità di risorse, quanto a nebulose aspettative di onnipotenza che il giovane si crea interiormente. Su questo di veda, in particolare, P. Charmet, Fragile e spavaldo, cit., p. 32 e A. Fabbrini, A. Melucci, L’età dell’oro, cit., p. 93

77 Sul narcisismo si è espresso diffusamente G. Pietropolli Charmet, (Fragile e spavaldo, cit). Come evidenzia il titolo, secondo l’autore il modo-di-essere-nel-mondo dell’adolescente di oggi è connotato dai caratteri della fragilità e spavalderia, e si fonda su alcuni processi di intenzionamento della realtà da parte del giovane: disinteresse, distacco e mancanza di coinvolgimento per la realtà che lo circonda; attenzione spasmodica allo sviluppo della propria bellezza e culto della persona; assoluta preminenza della personale

‘missione speciale’ che crede di dover compiere, e che ha il diritto di precedenza su tutto il resto;

prevalenza dell’ideale dell’Io sul Super-Io; non riconoscimento del significato simbolico degli adulti, trasformati in semplici spettatori; convinzione che il proprio sé sia molto più importante dell’altro; ricerca del successo (come diritto) e del consenso sociale.

78 Questo processo connota diffusamente il modo-di-essere del giovane di oggi (come emerge dall’indagine IARD del 2007, cfr. C. Buzzi, A. Cavalli, A. de Lillo (a cura di), Rapporto Giovani, cit.) anche nelle sue produzioni artistiche ed espressive, le quali non hanno una valenza polemica o trasgressiva: “non sono contro gli adulti e le loro abitudini, bensì indicatori del bisogno di esprimere più la verità affettiva interiore che la necessità di prendere posizione contro l’organizzazione sociale” (G.

Pietropolli Charmet, Fragile e spavaldo, cit., p. 48)

79 Sulla simmetria delle relazioni con gli adulti, ed il mancato riconoscimento del «principio di autorità»

si veda, in particolare, M. Benasayag, G. Schmit, L’epoca delle passioni tristi, cit., pp. 25-28

Sguardo giovanile Processi di intenzionamento della

realtà

Modo-di-essere-nel-mondo

Risorse trasversali

Incertezza posticipazione delle decisioni

indecisionalità disponibilità al cambiamento

Frettolosità evitamento di momenti di calma, riflessività, contemplazione per assaporare le cose

bulimia esistenziale fiducia nel poter-essere anche in modo diverso

Provvisorietà reversibilità delle scelte de-responsabilizzazione compresenza di aspetti

apparentemente opposti, quali la stabilità ed il gusto per le novità;

la

dipendenza e la ricerca dell’autonomia…

Superficialità fuga nel virtuale anestesia affettiva e apatia

accettazione di polarità come fonte di creatività

Possibilismo evitamento dei limiti paralisi, stasi, paura del futuro

apertura al futuro

Narcisismo (Io misura di tutte le cose)

chiusura all’altro da sé auto-centramento gusto per la leggerezza,

l’improvvisazione, l’imprevisto;

Confusione non riferimento a sé per agire, inautenticità

conformismo ed inautenticità

atteggiamento ludico;

Frammentarietà mancanza di momenti di

“transito” che colleghino le esperienze

scollamento saper stare nel rischio, nel dubbio;

Autorefenzialità pretesa di venir presi sul serio

simmetria coltivazione delle personali esigenze; saper dire di no.

In questo quadro si tratta, allora, per l’adulto, di lasciarsi interpellare da quei caratteri dell’adolescenza (quali l’instabilità, incertezza, paura …) che la nostra società dell’efficienza e della sicurezza – spesso solo ostentate – rifugge a causa del non superamento di pregiudizi e stereotipi legati all’adultità; di legittimare ed apprezzare il fatto di «essere continuamente in ricerca»: di non avere risposte pronte e pre-disposte,

autorizzandosi a vissuti emotivi contraddittori, quanto intensi ed inattesi, quali sinonimi non di maturità, bensì di flessibilità esistenziale.

Non tener conto di questo, e non accettare anche nell’adultità incertezze, cambiamenti, instabilità, variabilità esperienziale …, costringe - come fanno i teorici dello sviluppo stadiale - a “far ricorso a concetti come quelli di fissazione e regressione: cioè all’idea che tutto ciò che dell’adolescente permane in noi non è che un arresto mal superato o un nostalgico e impossibile ritorno. (…) Si svalutano, così, enormi potenziali vitali mai superati, né superabili, e diventa d’obbligo rassegnarsi ad una sorta di normale patologia o di diffusa condizione stabilmente immatura dell’adulto”.80 Crediamo, invece, che le dimensioni adolescenziali permangano – e, nella nostra prospettiva della prevenzione del disagio esistenziale, che debbano addirittura sopravvivere - diffusamente ed utilmente nell’adulto, non come rimasugli di processi irrisolti, ma come “potenziale di innovazione”81 che permette, al soggetto, di ricercare continuamente ed attivamente il senso della propria esistenza.

Certamente, il modo di permanere di tali aspetti giovanili assume volti differenti rispetto agli anni dello sviluppo puberale: col trascorrere del tempo, muta “la capacità di contenimento, di comprensione e di gioco di cui l’adulto può disporre, cioè la diversa capacità di governare i processi. Con consapevolezza, con la abilità via via appresa, ma mai definitiva, di rispondere ai mutamenti (response-ability). Questa è la vera, forse l’unica, conquista del crescere”82.

In altri termini: crescendo si conquista una capacità diversa di essere presenza, di intuire ma, soprattutto, di rispondere ai significati, ai compiti e ai cambiamenti che si sperimentano all’interno e fuori di sé.

Questo coincide, indubbiamente, col mantenere trasversalmente (e, talvolta, risvegliare) quei caratteri adolescenziali, tuttavia sapendoli gestire in modo consapevole e maturo, grazie alla progressiva conquista di un equilibrio di personalità calibrato sulla capacità di tollerare ed affrontare costruttivamente il cambiamento.

Su questa linea, emerge l’idea che i vissuti di incertezza, insicurezza ed instabilità, se legati ad una tensione continua della coscienza verso qualcosa o qualcuno, assumano

80 A. Fabbrini, A. Melucci, L’età dell’oro, cit., p. 21

81 Ibidem

82 Ibid., p. 27

una valenza profondamente costruttiva per il soggetto, costituendo una fonte preziosa di maturazione.

Il problema sorge, semmai, quando sussistono questi vissuti in mancanza di una dinamica esistenziale. In tal caso la persona si ferma, non è più «in movimento», si percepisce in una sorta di stasi, smette di interrogarsi. In una parola: abdica al suo ruolo di ri-cercatrice di senso, e precipita in una sensazione radicale di «frustrazione esistenziale».

Alla luce di ciò, possiamo convenire come la specificità dell’adolescenza non consista tanto – o solo - nell’essere un’età di cambiamenti intesi ed improvvisi, quanto nell’esperienza vissuta dal soggetto circa quei mutamenti: nel significato e valore che vi ripone; nella consapevolezza circa l’ “effetto che (gli) fa”83 l’attraversamento di luoghi sconosciuti, dei quali non ha ancora le coordinate esistenziali.

Per questo, la vera novità del periodo adolescenziale, l’autentico ‘guadagno’ inerente le note criticità che lo caratterizzano risiede nel fatto che il giovane sia per la prima volta consapevole del mutamento che lo investe e, pertanto, impegnato in un processo di riflessione, contenimento ed attribuzione di senso a ciò che gli accade. A partire da qui inizia un nuovo modo di essere-presente-a-se-stesso: una sorta di ‘spartiacque’ rispetto a quello che precede, e una ‘apertura della soglia’ in riferimento a quello che segue, dato che “il nuovo assetto mentale, con il maturare della facoltà introspettiva e del pensiero autoriflessivo e autocosciente che permette di riflettere su di sé, aggiunge al vissuto della transizione la variabile della capacità di essere testimoni del proprio cambiamento”.84

Emerge, dunque, la possibilità, grazie al “salto di coscienza legato allo sviluppo cognitivo, unitamente al nuovo potere di azione sul mondo”,85 di cogliere ed intuire nuovi significati (o la loro mancanza) nelle singole situazioni dell’esistenza; di esperire una consapevolezza diversa, rispetto all’infanzia che pure era attraversata da mutamenti,

83 Da un punto di vista fenomenologico, dunque, la domanda che ci poniamo non è “quali sono questi cambiamenti?”, bensì “come li vive il soggetto? come li percepisce? che significato gli dà? quali emozioni gli suscitano?”. In questa prospettiva, l’espressione “che effetto fa” (S. Gallagher, D. Zahavi, La mente fenomenologica. Filosofia della mente e scienze cognitive, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2009), sembra ben rappresentare il nostro punto di vista

84 A. Fabbrini, A. Melucci, L’età dell’oro, cit., p. 36. Sulla capacità di autoanalisi dell’adolescente ed il suo sforzo introspettivo si veda, anche, F. Scaparro, G. Pietropolli Charmet, Belletà, cit., pp. 22-24

85 A. Fabbrini, A. Melucci, L’età dell’oro, cit., p. 82. A questo proposito anche Pietropolli Charmet evidenzia nello sviluppo dell’attività riflessiva e nell’incremento dei collegamenti fra i neuroni le caratteristiche principali della mente dell’adolescente (Fragile e spavaldo, cit., p. 37)

circa le modificazioni che , man mano, investono le varie dimensioni della personalità.

L’individuo è in grado, alfine, di avvertire la portata dei cambiamenti che lo riguardano:

è capace di autodistanziamento,86 di quel necessario distacco che gli permette di posare lo sguardo sulla propria interiorità; è l’autore di quel paradossale movimento che lo porta ad uscire da sé fino al punto di ritrovarsi, immergendosi sensatamente nei meandri dei propri vissuti.

Questa capacità di «dislocarsi senza perdersi», di percepire, interrogarsi, riflettere su di sé ed i propri cambiamenti apre la strada ai quesiti fondamentali sul senso della vita, sui suoi valori e significati, in un orientamento squisitamente ‘verticale’ che va oltre l’immanenza dell’esperienza, dalla quale scaturiscono elementi di giudizio, capacità di valutazione, potere di orientamento sul personale cammino esistenziale. Tale direzione verticale (che fa leva sulla capacità dell’uomo di autotrascendersi87 per cogliere un senso e un significato nell’esistenza) testimonia come non di rado, al di là dei comportamenti, esperienze e vissuti manifesti dei giovani, vi sia “pur sempre il desiderio di esplorare dei bisogni più essenziali (…) che li porta ad autotrascendersi in vista di obiettivi che diano senso al loro processo di crescita”.88

86 Concetto espresso da V.E. Frankl, e sul quale si avrà modo di tornare, da intendersi come “caratteristica e fondamentale capacità dell’uomo di operare un distanziamento da se stesso”, (V.E. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, cit., p. 213)

87 Altro concetto frankliano, fondamentale e ricorrente nel prosieguo del lavoro. Si anticipa, qui, che V.E.

Frankl tematizza l’autotrascendenza come la “fondamentale caratteristica ontologica dell’esistenza umana (…) secondo la quale ogni essere umano è proiettato oltre se stesso nel momento in cui rimanda a qualcosa che non è se stesso: qualcosa –o qualcuno!”, in V.E. Frankl, Dio nell’inconscio. Psicoterapia e religione, Morcelliana, Brescia, 2000, p. 122

88 G. Crea., “«Qualificare» la vita attraverso la ricerca di senso” in E. Fizzotti ( a cura di), Adolescenti in ricerca, cit., pag. 50