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Le varie accezioni

III. Il significato di «senso»

3.1. Le varie accezioni

Se è vero che numerosi autori si sono interrogati sul concetto di senso, è indubbia la preminenza di tale costrutto nella prospettiva dell’analisi esistenziale di V.E. Frankl (dove ne costituisce il nodo cruciale).

Analisi esistenziale

Orientamento di ricerca antropologica - alla base della Logoterapia - secondo il quale l’uomo cerca originariamente il senso della propria esistenza ed aspira alla dimensione dei valori. In coerenza con tale principio, “l’analisi esistenziale, intesa quale premessa alla logoterapia, ha lo scopo di rendere consapevole la persona delle proprie responsabilità future, in riferimento sempre a un compito concreto e nettamente personale”.7 Si contrappone, così, alla concezione psicoanalitica poiché “al posto dell’automatismo di un apparato psichico, vede l’autonomia dell’esistenza spirituale”,8 mettendo al centro della propria riflessione, e del modo-di-essere dell’uomo, il suo essere-responsabile. L’analisi esistenziale, allora, lungi dal coincidere con un’analisi dell’esistenza9, è da vedersi, piuttosto, come «analisi rivolta all’essere-responsabile»”10: come riflessione sulla libertà e la responsabilità quali caratteristiche costitutive della dimensione esistenziale dell’uomo. Essa, tuttavia, non si limita ad una descrizione dell’esistenza ontica, ma volge alla esplicazione ontologica di ciò che l’esistenza è: in tale prospettiva, allora, tale orientamento si configura come fondamento antropologico.

6 “Per quanto la determinazione del «senso» della vita si faccia via via sempre più problematica, la spinta a questa ricerca permane, nella stessa misura in cui la sua assenza è fonte di disagio per un individuo a cui la tradizione non fornisce più un quadro di significati indubitabile”.6 (P. Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, cit., p. 138)

7 V.E. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, cit., p. 149

8 V.E. Frankl, Dio nell’inconscio, cit., p. 22

9 Frankl specifica, su questo punto: “non può esserci infatti un’analisi dell’esistenza come non può darsi una sintesi dell’esistenza. L’analisi esistenziale è piuttosto un’esplicazione dell’esistenza” (V.E. Frankl,

“Compendio dell’analisi esistenziale e della logoterapia, (1959)”, in Logoterapia medicina dell’anima, cit., p. 61)

10 V.E. Frankl, Dio nell’inconscio, cit., p. 22

Tuttavia, prima di approfondire la prospettiva frankliana sul senso, risulta opportuno evidenziare, brevemente, alcune qualità o dimensioni di tale costrutto così multi-sfaccettato, a partire da quanto evinto dalla letteratura vagliata sull’argomento. Avremo così:

Senso come «qualità emergente»

Il senso “è ciò che e-merge dalle sovrastrutture, dai pregiudizi e dalle imposizioni dell’ovvietà dominante”.11 È quanto affiora dalle false apparenze, e che il soggetto scopre come contenuto autentico: che “io ritrovo come mio, come avente un’origine in me, negli altri, nell’umanità. Ha senso ciò che si svela, che diventa chiaro da nascosto che era”.12

E ancora: “il senso stesso accade, lo si vive, senza conoscerne il da dove dello stesso e anche il verso dove”13: sopraggiunge inaspettatamente, con la forza dell’immediatezza, e si staglia sul cumulo di false verità confusamente introiettate. Prende forma - il senso - dalla relazione del soggetto col suo mondo-della-vita: “non è detto che avvenga ogni volta, ma può accadere che questi momenti portino con sé uno stupore. (…) È in questi momenti che i significati «si svegliano». A dire il vero questi momenti possono essere cercati anche volontariamente (…): tuttavia, il momento in cui qualcosa emerge da noi stessi è sempre in qualche modo involontario”.14

Senso come orientamento, direzionalità, scopo

Il senso, soprattutto se lo riferiamo all’educazione, appare nella sua accezione di

«orientamento»: in tale prospettiva, risulta così essenziale “il recupero del senso del rapporto educativo come evento che offra un telos, che indichi una direzione, che sia carico di intenzionalità”.15 D’altro canto, ha senso ciò “che ha una direzione significativa non imposta ma vissuta da me come autonoma”16: una direzione che scaturisce da un processo di scelta e decisionalità personali, autenticamente vissute come scaturenti dal soggetto stesso nella “ricerca di connessioni significative tra gli

11 V. Iori, Essere per l’educazione, cit., p. 6 (nota 5). Il corsivo è mio

12 E. Paci, Funzione delle scienze e significato dell’uomo, Il Saggiatore, Milano, 1963, p. 480. Il corsivo è mio.

13 A. Contini, Ombre di senso nell’esistere, Bastogi, Foggia, 2005, p. 33

14 P. Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, cit., p. 153. I corsivi sono miei.

15 V. Iori, Essere per l’educazione, cit., p. 6 (nota 5)

16 E. Paci, Funzione delle scienze, cit., p. 480. Il corsivo è mio.

eventi dell’esistenza ed individuazione di fini e scopi ultimi”.17 Dunque, “il «senso» può essere inteso come l’insieme dei fini a cui il mio agire è orientato”, 18 nella convinzione che siano “le mete perseguite ad indicare la reale presenza dei valori come termine di riferimento ampio e, quindi, come orizzonte di senso”.19

Anche U. Galimberti sembra dare al senso il significato di «scopo»: egli parla, infatti di agire “in vista di scopi inscritti in un orizzonte di senso”20 e, notando l’implosione del senso connesso all’età della tecnica, egli sostiene che “in un orizzonte disertificato dove ogni fine ha la consistenza di un ingannevole miraggio, mancano la direzione, il senso, lo scopo”.21 Nondimeno, A. Contini tematizza del senso come di «orizzonti di senso», come sfida e impegno in un’epoca contrassegnata dalla consapevolezza della povertà che connota il mondo, ma anche dal fatto che “non c’è un esito finale già scontato e, se è vero che lo scacco minaccia i nostri progetti, e altrettanto vero che essi possono realizzarsi”.22

Significativo appare anche lo studio di M.A. Noblejas,23 dal quale emerge chiaramente questa dimensione del senso (denominata “orientamento all’azione”) che lei declina, riferendosi ad alcuni autori, come: individuazione del significato della propria vita, che viene così ad assumere un proposito o una funzione da compiere,24 riconoscimento di propositi (mete o obiettivi) nella vita,25 orientamento e intenzionalità.26

Senso come consapevolezza di sé

“L’uomo non solo è il produttore del proprio sviluppo, ma è anche il primo attore circa il senso a lui attribuito. (…) Emerge la responsabilità personale; questa coscienza di sé è, contemporaneamente, coscienza del mondo e presenza capace di fornire significato

17 W. Stoker, in Is the Quest for Meaning the Quest for God? The Religious Ascription of Maning in Relation to the Secular Ascription of Meaning. A Theological Study, Editions Rodopi, Amsterdam, Atlanta, 1996

18 P. Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, cit., p. 178

19 G. Mollo, La via del senso, cit., p. 64

20 U. Galimberti, L’ospite inquietante, cit., p. 21

21 Ibid., p. 22

22 M. Contini, Figure di felicità. Orizzonti di senso, La Nuova Italia, Firenze, 1988, p. 4

23 M.A. Noblejas De La Flor, “Dimensiones del concepto del sentido. Una aproximaciòn empirica desde la logoterapia”, in Nous, cit.

24 I. Yalom, Psicoterapia existencial, Herder, Barcelona, 1984

25 S.C. Thompson, A.S. Janigian, “Life schemes. A framework for understanding the search for meaning”, Journal of Social and Clinical Psychology, 7, 1998, pp. 260-280

26 C.D. Ryff, C.L.M. Keyes, “The structure of psychological well-being revisited”, Journal of Personale and Social Psychology, 69,1995, pp. 719-727

per tutti”.27 Il riferimento è alla consapevolezza, dunque, del personale modo-di-essere nel mondo, nonché dei propri processi maturativi in una prospettiva eminentemente egologica28 la quale, attraverso un’attribuzione di senso, è capace di far emergere che

“la sola realtà che posso probabilmente conoscere è il mondo come io lo percepisco e sperimento in questo momento”.29 Ma non solo, poiché la consapevolezza di sé apre all’ascolto di vissuti e sentimenti capaci di alimentare la ricerca di rinnovate configurazioni di senso. In questa prospettiva, allora, l’interrogativo di senso è “ricerca di un «contatto» del soggetto con se stesso, di un «ascolto» e di un’elaborazione delle proprie ragioni profonde”;30 è “la percezione interiore di ciò che si fa e di ciò che si è”,31 la quale percezione costituisce, in una dinamica ricorsiva, non solo lo scopo di un’azione autentica, ma anche la sorgente continua di originali significati.

Senso come percezione di un vissuto

“Il concetto di senso rinvia al darsi esistenziale, al vissuto nel quale siamo già da sempre coinvolti che, nella sua profondità e complessità, resta irriducibile ai significati che possiamo attribuirgli di volta in volta.”32 In questa prospettiva, la percezione della

«fluidità» del concetto di senso inerisce alla «liquidità» dell’esistenza stessa: al suo darsi e farsi continuo. Il senso, infatti, “rimanda alla vita in cui siamo immersi, prima che nella riflessione e prima che nel linguaggio, in quanto esseri dotati di sensibilità, coinvolti in passione e in creazione, nell’interazione con gli altri e con le cose, nel corpo e nei bisogni.33 Si tratta di una dimensione che attiene alla diffusività dell’esperienza vissuta, nella consapevolezza che il senso possa essere immediatamente intercettato attraverso un’intuizione emozionale, piuttosto che mediante un processo razionale.

Risulta, nondimeno, una forma di conoscenza del reale poiché “il sentire è per

27 R. Gnocchi, Pedagogia del disagio adulto, cit., pp. 64-65. Il corsivo è mio.

28 Come sostiene Bruzzone, a proposito degli atti emotivi, crediamo che anche negli atti spirituali (che hanno a che fare con l’intuizione e la comprensione del senso) l’Io si percepisca come più o meno profondamente implicato. Ciò spiega perché la sfera spirituale, in continuità con quella emotiva, possa costituire “una via privilegiata alla conoscenza di sé (…) non solo attiene a qualcosa che accade tra l’io e il mondo, ma rende più significativo il mondo e più trasparente l’io a se stesso” (D. Bruzzone,

“Fenomenologia dell’affettività e significato della formazione”, in V. Iori (a cura di), Quando i sentimenti interrogano l’esistenza. Orientamenti fenomenologici nel lavoro educativo e di cura, Guerini, Milano, 2006, pp. 118-119)

29 C. Rogers, Un modo di essere, cit., p. 91

30 P. Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, cit., p. 138

31 G. Mollo, La via del senso, cit., p. 69

32 F. Crespi, Evento e struttura, Il Mulino, Bologna, 1993, p. 15. Il corsivo è mio.

33 P. Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, cit., p. 130

eccellenza un recepire, e non può di conseguenza essere ridotto a una funzione della sfera pulsionale”.34

Infine, rifacendoci allo studio di M.A. Noblejas, e alla sua disamina del costrutto di senso in psicologia35, possiamo sinteticamente aggiungere queste altre dimensioni:

Senso come comprensione logico-cognitiva degli eventi36: ossia come organizzazione di schemi mentali e sperimentazione di un ordine nell’esistere;37 come comprensione logica di quanto accade;38 come ricerca e percezione di una coerenza, sul piano cognitivo, dell’esistenza;39 come idea del posto che si occupa nel mondo40.

Senso come percezione emotiva di coerenza: i singoli accadimenti vengono avvertiti come coerentemente inseriti in un quadro esistenziale globale,41 in riferimento ad un contesto specifico.42 Viene, così, percepita una integrazione armonica anche delle esperienze non previste.43

34 R. De Monticelli “L’ordine del cuore. Per una fenomenologia dell’affettività”, in C. Bazzanella, P.

Kobau, Passioni, emozioni, affetti, McGraw-Hill, Milano 2002, p. 79

35 M.A. Noblejas De La Flor, “Dimensiones del concepto del sentido. Una aproximaciòn empirica desde la logoterapia”, in Nous, cit., p. 17. Vengono citati, nelle note seguenti, gli studiosi ai quali la studiosa fa riferimento. Per completezza, comunque, si rimanda alla tabella elaborata dall’autrice.

36 Nel lavoro della Noblejas questa dimensione è denominata: “Percezione del senso. Dimensione cognitiva”. Possiamo segnalare anche questa espressione di Jedlowski: “il «senso» di un’azione è ciò che la rende intelligibile: il significato che essa assume – o può assumere – agli occhi dell’attore” (P.

Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, cit., pp. 129-130). Sulla stessa linea si può intendere, anche, il contributo di H. Gardner, il quale ipotizza l’esistenza di un’ulteriore forma di intelligenza (oltre a quelle già rese note dalla sua «teoria delle intelligenze multiple»: vale a dire, l’intelligenza esistenziale, quale capacità di riflettere e comprendere quanto accade (cfr. H. Gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano, 2010)

37 S.C. Thompson, A.S. Janigian, “Life schemes. A framework for understanding the search for meaning”, cit., pp. 260-280

38 R. Janoff-Bulman, Shattered assumptions: Towards a new psychology of trauma, New York, Free press,1992; C.D. Ryff, C.L.M. Keyes, “The structure of psychological well-being revisited”, cit., pp. 719-727

39 A. Antonovsky, Unravelling the mystery of health: How people manage stress and stay well, Jossey-Bass, San Francisco,1987; I. Yalom, Psicoterapia existencial, cit.

40 S.C. Thompson, A.S. Janigian, “Life schemes. A framework for understanding the search for meaning”, Journal of Social and Clinical Psychology, cit.

41 I. Yalom, Psicoterapia existencial, cit.; A. Antonovsky, Unravelling the mystery of health: How people manage stress and stay well, cit.

42 B.L. Fife, “The conceptualization of meaning illnes”, Social Scienze & Medicine, 38 (2), 1994, pp. 309-316

43 S.E. Taylor, “Adjustment to threatening events. A theory of cognitive adaptation”, American Psychologist, 38,1983, pp. 1161-1173

Senso come «Senso Ultimo», ossia come significato cosmico, disegno previo, esterno e superiore all’individuo, che ordina l’universo. Potrebbe essere di tipo spirituale o di tipo magico.44