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Formazione dell’identità e maturità spirituale

II. L’esigenza di un senso nell’esistenza

2.3. Formazione dell’identità e maturità spirituale

2.3.1. Simultaneità nello sviluppo delle dimensioni

Risulta necessario approfondire ulteriormente il possibile e delicato equivoco circa il rapporto evolutivo tra le dimensioni della personalità, a partire da quanto riferisce E.

Lukas in merito al loro sviluppo: “grazie alla medicina e alla psicologia sappiamo che le tre dimensioni non solo si sviluppano parallelamente tra loro, ma sono anche in un rapporto di dipendenza: la piena maturazione psichica presuppone quella fisica e la piena maturazione spirituale presuppone quella psichica. Ciò significa che, mentre a livello fisico si verifica la prima fase di sviluppo, non vanno trascurati i successivi progressi a livello psichico e spirituale. Tuttavia, lo sviluppo fisico deve essere ampiamente concluso perché possa verificarsi e completarsi la fase successiva, ossia quella dello sviluppo psichico. Così come, mentre lo sviluppo psichico raggiunge in un certo qual modo una méta finale, si osserva il progredire dello sviluppo spirituale che lentamente sfocia in uno stato di autentica maturazione spirituale”.78

Pur ammettendo la sussistenza di ritmi e tempi di sviluppo differenti, concernenti diversi fra la maturazione delle diverse dimensioni della personalità, riteniamo opportuno sottolineare, altresì, il principio della simultaneità nel dispiegamento delle potenzialità attinenti, per l’appunto, alle specifiche dimensioni. Ciò coerentemente ad una prospettiva sincronica dello sviluppo, che “porta a vedere la struttura vitale come convivenza all’interno della persona di varie componenti che coesistono in un sistema di relazioni e di scambi”79.

Certo: se consideriamo la maturazione ontogenetica all’interno delle singole sfere - biologica, psicologica, spirituale – risulta evidente l’andamento diacronico connotante il processo di maturazione delle specifiche funzioni (se pensiamo allo sviluppo cognitivo, infatti, possiamo accettare il fatto che prima vi sia il dispiegamento dell’intelligenza senso-motoria, e poi di quella ipotetico-deduttiva, in una scansione temporale e processuale che passa attraverso l’intelligenza delle operazioni concrete e formali).

Tuttavia, se guardiamo il soggetto nella sua totalità, non possiamo fare a meno di pensare che mentre si sviluppa a livello cognitivo, egli matura inevitabilmente anche a

78 E. Lukas, “Giovani e ricerca di senso. Elementi per una lettura logoterapeutica”, in Giovani, vuoto esistenziale e ricerca di senso, cit. p. 49 (i corsivi sono miei)

79 A. Fabbrini, A Melucci, L’età dell’oro, cit. p. 25

livello emotivo, affettivo, sessuale ed esistenziale (oltre che, naturalmente, a livello biologico).

Certamente, anche per quanto riguarda la dimensione noetica, lo sviluppo raggiunto in età infantile non sarà lo stesso di quello che il soggetto, potenzialmente, potrà raggiungere in adolescenza (per l’importante influenza delle acquisizioni nelle altre sfere: cognitive, emotivo-affettive, sociali). Tuttavia, questo non significa affatto che lo sviluppo concernente la dimensione spirituale risulti ‘congelato’ fino a che non si sia completato quello nella dimensione psicologica, e che da questo dipenda in toto: quasi possa esistere uno stato di stand-by tale per cui il soggetto, mentre cresce, vive, fa esperienze, non avverte simultaneamente il bisogno - per quanto in modo oscuro e confuso - di trovare un senso in quel che fa fin dalla più tenera età, in conformità ovviamente alle proprie capacità di esperienza e comprensione. Nella fase infantile dello sviluppo tale esigenza di significato, semmai, necessita di attenzioni e sollecitazioni particolari da parte del mondo adulto: attenzioni che, nel periodo adolescenziale, lasceranno posto all’iniziativa autonoma e consapevole del giovane.

Nondimeno, al principio della simultaneità dello sviluppo crediamo sia necessario affiancare quello della non-causalità deterministica fra le dimensioni della personalità.

In questo senso, parlare del rapporto in termini di «dipendenza»o «presupposizione»di un aspetto (quello noetico) rispetto all’altro (quello psichico e questo, a sua volta, da quello biologico) sembra alquanto riduttivo della complessità umana, nonché semplicisticamente ancorato ad una concezione rigidamente stadiale dello sviluppo. Se è vero, come detto, che esistono diversi ritmi nel dispiegamento delle specifiche dimensioni della personalità (tali per cui proprio l’adolescenza risulta essere un periodo sensibile per l’emergere di interrogativi dal sapore squisitamente esistenziale), questo non significa che quanto maturato prima sul piano biologico e psichico sia determinante o precludente le acquisizioni sul piano spirituale. Possiamo certamente parlare dello sviluppo, nel periodo adolescenziale, di un maggior grado di consapevolezza, di un modo diverso e nuovo di essere-nel-mondo: del dispiegamento e disvelamento della potenziale volontà di significato. Ma tale anelito al senso, tuttavia, fa già parte della persona: esiste, in potenza e facoltativamente, fin dall’infanzia, e necessita di condizioni favorevoli per potersi esprimere nel miglior grado possibile, per quel singolo soggetto, con quelle peculiari caratteristiche bio-psichiche. Così, se possiamo sostenere come

queste ultime possano essere più o meno facilitanti od ostacolanti il fluire del dinamismo esistenziale, non risulta lecito sostenere che quelle stesse condizioni lo possano precludere in toto o generare ex-novo.La volontà di significato, infatti, fa parte del soggetto in quanto persona: gli è consustanziale, e la maturazione spirituale non può essere causalisticamente sospesa alla ‘piena maturazione’ della fasi bio-psichiche, ma da queste solamente condizionata nel suo grado di disvelamento alla consapevolezza del soggetto.

Così, il fatto che le diverse dimensioni della personalità maturino in tempi diversi non significa che tra esse intercorra un rapporto di causalità lineare: quanto viene successivamente, infatti, è influenzato da ciò che lo precede, ma non necessariamente da questo determinato: «venir dopo» non coincide con «esser causato da», così come

«temporalmente»non collima con «causalisticamente».80

2.3.2. Autonomia e originalità dello spirituale

Il rapporto tra i due processi di maturazione identitaria/spirituale ripercorre e riproduce quello esistente tra le diverse dimensioni della personalità. Infatti, così come la maturazione spirituale è connessa ma non determinata agli altri aspetti dello sviluppo, allo stesso modo si può dire per la sfera propriamente noetica – o spirituale - della persona, poiché “ciò che si trova ad un livello entitativamente superiore suppone sempre qualcosa ad un livello inferiore dell’essere - senza che tuttavia «supporre»

(voraussetzen) significhi in alcun modo «comporsi di» (scih zusammensetzen aus) qualcos’altro: «supporre» vuol dire, al limite, «essere condizionato» (bedingt sein), e

80 La logica sequenziale dello sviluppo emerge anche da quanto afferma G. Froggio: “generalmente è durante il periodo adolescenziale che maggiormente si avverte l’esigenza di trovare degli scopi, dei significati nella vita. Si può dire che proprio nel periodo della pubertà appare la volontà di significato. Ciò è comprensibile proprio per la peculiarità della dimensione noetica che, a differenza delle dimensioni fisica e psicologica, si sviluppa molto più lentamente. Infatti, la volontà di significato è potenzialmente presente fin dalla prima infanzia. Si nasce con la capacità di aprirsi al mondo, di trascendere se stessi. Ma in un bambino la volontà di significato non è identificabile che ai 10-12 anni” (G. Froggio, “Genesi e mantenimento dei disagi sociali e delle condotte devianti secondo la logoterapia di Frankl”, in E. Fizzotti ( a cura di), “Chi ha un perché nella vita…”, cit., p. 121). Concordiamo, tuttavia, con l’autore, poiché pone la discussione sul piano della consapevolezza (“si avverte”) e non dello sviluppo causalistico-lineare, tale per cui il raggiungimento (o non-raggiungimento) della “piena maturazione” bio-psichica possa determinare o precludere quello della maturazione spirituale. Non si parla, come in Lukas, di

“presupposto” o di “rapporto di dipendenza”: ma di (concorrere a) un maggior grado di disvelamento della motivazione esistenziale, già potenzialmente presente fin dall’infanzia.

tuttavia ciò non equivale senz’altro all’esserne «determinato»(bestimmt sein). Nel caso dell’unità-totalità antropologica di natura somato-psico-noetica, la persona spirituale è condizionata e possibilitata, ma non costituita né prodotta dal suo psico-fisico”.81 Pertanto, la relazione fra lo sviluppo della sfera spirituale e quelle bio-psichica richiama la dinamica esistente fra queste dimensioni: si tratta di una dipendenza relativa, da intendersi nei termini di un antagonismo psico-noetico.

Antagonismo psiconoetico

Con questo importante principio Frankl sostiene l’originalità e dell’autonomia dello spirituale82 rispetto al corporeo ed allo psichico, poiché se è vero che l’uomo “rappresenta un punto di intersezione, un crocevia dei tre livelli di esistenza: quelli fisico, quello psichico e quello spirituale” e che “questi livelli di esistenza non possono comunque essere separati l’uno dall’altro”, è altrettanto vero che “all’interno di tale unità e totalità la dimensione spirituale si contrappone alla dimensione fisica e a quella psichica”83. Tale antagonismo psiconoetico, tuttavia, non è obbligatorio (come è, invece, il parallelismo psicofisico) bensì facoltativo: “è sempre e solo una possibilità, un puro “potere”, un “potere” al quale si può sempre appellare di nuovo”84. Anzi, egli aggiunge, che “si deve” fare appello ad esso, chiamando in campo la forza di resistenza dello spirito dell’uomo.

Possiamo parlare, allora, di condizionamento fra i diversi piani della persona, ma non di determinismo: il raggiungimento della piena maturazione del piano psichico può influire, agevolare, facilitare il dispiegamento di quello noetico, ma non determinarlo o precluderlo, costituendone pertanto una condizione necessaria85 (al grado di disvelamento migliore, per una data persona) ma non sufficiente. Ciò nella convinzione che la volontà di significato rimanga e permanga a caratterizzare la profonda essenza della persona umana, nonché ad orientare le sue scelte, sia pur ad un grado minimo di consapevolezza. La motivazione al senso, potenzialmente, è sempre presente nell’uomo

81 D. Bruzzone, Autotrascendenza e formazione, cit., p. 192

82 Cfr. V.E. Frankl, Le radici della logoterapia, cit., p. 144

83 V.E. Frankl, “Dieci tesi sulla persona (1950)”, in Id., La sfida del significato, cit., p. 39

84 Ibid., pp. 9-40

85 Frankl specifica bene i termini di questa relazione: “il somatico influisce sullo psichico-spirituale, in un modo o nell’altro, favorevolmente o sfavorevolmente. Non è lecito però completare questa tesi con la conclusione: quindi lo spirituale è un mero effetto, un mero prodotto, un mero risultato, un mero epifenomeno (…) La relazione tra la persona spirituale e l’organismo somatico è una relazione strumentale; lo spirito strumentalizza lo psicofisico – la persona organizza l’organismo psicofisico – lo fa

«suo» nella misura in cui lo rende attrezzo, organon, instrumentum” (V.E. Frankl, Der unbedingte Mensch. Metaklinische Vorlesungen, Franz Deuticke, Wien, 1949, pp. 130-131. Traduz. D. Bruzzone)

proprio in quanto uomo, e ‘grida’ con forza soprattutto nelle situazioni di disagio:

paradossalmente, erompe fortemente proprio attraverso la sua assenza. Così, il fatto che possa essere non consapevolizzata e permanere nell’implicito non significa che non essa ci sia.

D’altro canto, il pieno sviluppo cognitivo non è garanzia di (e non conduce necessariamente a) una maturità spirituale: si può verificare, infatti, una mancanza di direzione e progettualità esistenziale, che coinvolge i processi squisitamente emotivo-esistenziali legati all’esperienza vissuta di un valore e all’attrazione verso un significato oggettivo.

Il disvelamento dell’esigenza di senso, dunque, può assumere tali e tante forme differenti quante sono quelle di essere-presenza nel mondo: ciascuno, infatti, può raggiungere il proprio grado di maturazione spirituale,86 coerentemente al personale sviluppo delle capacità bio-psichiche.

Dunque, se la maturazione integrale della personalità (nelle dimensioni cognitiva, sociale ed emotiva) certamente agevola, promuove la ricerca e il coglimento di senso nell’esistenza, ma non la determina, è la differenza tra «condizionare»e «determinare»

ad entrare in gioco. Lo sviluppo psico-fisico condiziona quello spirituale, ma non lo determina: che la vita abbia o non abbia un senso non dipende dal fatto che una persona abbia raggiunto una ‘completa’ maturazione somato-psichica (secondo una concezione peraltro valutativa dello sviluppo stesso, in coerenza ad una meta finale predeterminata).

In caso contrario, che ne sarebbe di tutte quelle persone ‘semplici’, che pur non avendo raggiunto un elevato grado di sviluppo psichico e/o fisico, ugualmente riescono a cogliere un senso nella loro vita? Il riferimento, ad esempio, va ai soggetti con handicap, deficit, e/o patologie mentali: a tutte quelle persone che, pur presentando difficoltà, esprimono tuttavia un modo di essere-nel-mondo in grado di mostrare come il deficit e/o handicap non precluda loro la possibilità di trovare un senso nell’esistere.

Su questa linea, inteso “come strumento, l’organismo costituisce un mezzo per un fine e, come tale, ha un valore funzionale. Il concetto opposto a quello utilitaristico è quello di dignità che, appartenendo soltanto alla persona, le compete per natura,

86 Questo passaggio può essere suffragato richiamandoci nuovamente al pensiero di L. Binswanger ed alla sua concezione dell’esistenza come espressione di un particolare modo-di-essere-nel-mondo. Anche il concetto di educazione come di ricerca della “propria originale forma” (L. Mortari, Un metodo a-metodico. La pratica della ricerca in Maria Zambrano, Liguori, Napoli, 2006, p. 3) sembra rientrare in quest’ottica.

indipendentemente da ogni utilità vitale e sociale”.87 Anche a coloro che vengono considerati, per qualche ragione, «disagiati» il senso non è dunque precluso a-priori:

nonostante gli ostacoli psico-fisici che, a livello puramente strumentale e oltremodo superficiale, potrebbero non costituire «mezzi idonei» verso il raggiungimento del senso. Lo spirituale può esprimersi comunque, attraverso quell’«organo di significato»

– qual è la coscienza88 – in grado di intuire e comprendere creativamente il senso di cui sono intrise le varie situazioni: dove l’intuire ed il scorgere creativamente sono sì atti cognitivi, ma capaci di affiorare anche nella mente di chi, convenzionalmente, venga classificato «diversamente abile». Allo stesso modo, senza una visione unitaria dell’uomo, anche in persone come F. Dostoevskij o B. Soubirous non si potrebbe cogliere “la prestazione artistica dell’uno, e tanto meno la vicenda religiosa dell’altra”.89 E lo stesso Frankl diceva: “solo in forza della differenza dimensionale è comprensibile che ci sia realizzazione nonostante il naufragio e, d’altra parte, disperazione nonostante il successo”.90

2.3.3. Eccedenza della maturazione spirituale

In linea con ciò, riteniamo che il processo della maturazione dell’identità (nella molteplicità degli aspetti cognitivi, emotivi, relazionali ivi implicati) non riesca a contenere e ad esaurire quello della ricerca di senso, che risulta eccedente rispetto ad essa. La differenza intercorrente tra questi due dinamismi riproduce la discrasia tra la prospettiva umanistica di R. May e quella fenomenologico-esistenziale di V.E. Frankl, dato che “quello che per May (e per gli psicologi umanisti in generale) era un uomo in cerca di sé, per Frankl era invece un uomo alla ricerca del significato dell’esistenza”.91 Parafrasando, si potrebbe sostenere che quello che, in una prospettiva psicologica, è un adolescente alla ricerca di sé e della propria identità, in una prospettiva esistenziale è un giovane alla ricerca del senso, poiché anche attraverso tale dinamica egli matura la

87 V.E. Frankl, “Dieci tesi sulla persona (1950)”, in V.E. Frankl, La sfida del significato,cit., p. 35 (il corsivo è mio)

88 Cfr. V.E. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, cit., p. 80

89 V.E. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, cit., pp. 58-59. Sul tema genio/follia si rimanda al testo di K. Jaspers, Genio e follia : Strindberg e Van Gogh, Cortina, Milano, 2001

90 V. E. Frankl , “Anche nel buio c’è sempre la luce”, in Ricerca di senso, vol. 4, n. 2, 2006, p. 159

91 D. Bruzzone, E. Fizzotti, “L’uomo in cerca di senso. Cinquant’anni di logoterapia”, in V.E. Frankl, La sfida del significato, cit., p. 9

propria identità. In altre parole: la maturazione dell’identità non è solo una condizione, ma anche l’effetto della processo di ricerca del senso, dato che cercando il senso, interrogandosi sul significato di quello che vive, il giovane matura la sua identità. Non solo: il senso (quale discernimento di scopi, obiettivi, progetti) risulta indubbiamente costitutivo dell’identità personale.

Si tratta, allora, di porre in risalto la specificità del processo di autotrascendenza, sotteso alla ricerca del senso, rispetto alla dinamica della formazione dell’identità: tutti sono potenzialmente in grado di trascendere se stessi, nonostante la presenza di una situazione identitaria che gli psicologi definirebbero «poco strutturata».

Così se “già da bambini piccoli ci si abitua a chiedere il «perché»delle cose (…) da adolescenti ci si allena ancor di più a mettere in discussione quello che si è imparato dall’ambiente familiare, per entrare in una logica personale e pervasiva di significato, che non è solo formazione di schemi o di concetti mentali, né soltanto strutturazione del sé e dell’identità personale, ma include anche una direzione motivazionale, corrispondente all’età e alla fase di maturazione, e quindi una ricerca di significato in quel che si fa per orientarsi a trovare modalità adeguate per agire (…) realizzando in tal modo una crescita di sé che non è frammentata o episodica, ma è veramente comprensiva della totalità della natura umana”.92La dimensione psichica – così come quella biologica - non esauriscono affatto quella spirituale essendo, quest’ultima, “una dimensione più comprensiva (…) che pervade le altre due e le personalizza”.93 Per questo risulta più rispettoso della poliedrica personalità del giovane parlare non tanto – o non solo – di maturazione dell’identità, ma anche e soprattutto di «maturità spirituale»,94 quale meta ultima dello sviluppo.

Così, nel sostenere il principio dell’autonomia noetica affermiamo, nondimeno, che “la persona spirituale può essere disturbata, ma non distrutta dallo psicofisico”,95 giacché l’esigenza di trovare un «per-che» nell’esistenza costituisce una “motivazione sui

92 Crea. G., “Misurare la ricerca di senso”, in E. Fizzotti (a cura di), Adolescenti in ricerca, cit., p. 77 (il corsivo è mio).

93 D. Bruzzone, Autotrascendenza e formazione, cit., p. 192

94 E. Lukas, “Giovani e ricerca di senso. Elementi per una lettura logoterapeutica”, in E. Fizzotti, A.

Gismondi (a cura di), Giovani, vuoto esistenziale e ricerca di senso, cit., p. 55

95 V.E. Frankl, Der leidende Mensch. Anthropologische Grundlagen der Psychotherapie, Huber, Bern, 1984, pp. 152-153 (traduz. D. Bruzzone)

generis non riducibile ad altri bisogni”,96 e comunque presente nei ragazzi anche se, spesso, essi faticano ad esprimerla. D’altro canto, il fatto stesso che il giovane non espliciti chiaramente l’anelito al senso – o il vuoto esistenziale,97 di cui tante forme di disagio rappresentano la manifestazione – non autorizza a ritenere che tale desiderio non esista. Occorre, semmai, riflettere sul fatto che, oltre alle esigenze biologiche e psicologiche, vi sia qualcos’altro, e come questo qualcosa emerga, spesso, proprio qualora risulti frustrato: nei modi dell’assenza, del silenzio e dell’implicito98. Sono tanti, infatti, i casi di giovani che hanno tutto, che presentano un buon grado di sviluppo cognitivo e di maturazione dell’identità ma che, tuttavia, si mostrano insoddisfatti, annoiati, vuoti.

Parimenti, è pur sempre questo qualcosa che spinge alcuni adolescenti ad optare per scelte impopolari, magari pericolose (ma non spericolate) e capaci, allo stesso tempo, di conferire senso alla loro vita.