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I criteri utili per un corretto bilanciamento tra diritto all’oblio e diritto di cronaca, espressi dai giudici di legittimità nell’Ordinanza 20 marzo 2018, n 6919 e i dubb

SEZIONE II: Il diritto all’esercizio delle libertà fondamentali spettante alla collettività e il diritto all’oblio: forme di tensione

7) I criteri utili per un corretto bilanciamento tra diritto all’oblio e diritto di cronaca, espressi dai giudici di legittimità nell’Ordinanza 20 marzo 2018, n 6919 e i dubb

manifestati, dalla III Sezione della Suprema Corte, nell’Ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite del 5 novembre 2018, n. 28084

Con Ordinanza del 2018, la Suprema Corte271 si è pronunciata su un caso sottopostole dal

noto cantante italiano, Antonello Venditti, riguardante la nuova diffusione, a distanza di cinque anni dalla prima, di un servizio televisivo in cui veniva mostrata la reazione del cantautore che, raggiunto dalla troupe del programma RAI “La Vita in diretta”, fuori da un ristorante, rifiutava in modo secco e perentorio di rilasciare un’intervista. Tale episodio veniva riproposto all’attenzione del pubblico dal medesimo programma, al solo fine di collocare l’autore all’interno di una classifica dei ‘personaggi più antipatici e scorbutici del mondo dello spettacolo’.

L’episodio censurato dal cantante in sede giudiziaria si colloca all’interno del conflitto tra il diritto della persona ad ‘essere dimenticata’ e la libertà di comunicare, d’informare e di essere informati, nella sua declinazione di diritto di cronaca e di critica giornalistica, le quali, com’è noto, perché possano lecitamente esplicarsi, devono rispettare le tre condizioni della ‘verità del fatto’, della ‘forma civile dell’esposizione’ e della sussistenza di un pubblico interesse alla loro conoscenza.

Requisiti strettamente connessi e in composizione variabile a seconda che si eserciti un diritto di cronaca o un diritto di critica: nel primo caso sarà la ‘verità dei fatti’ ad assumere carattere determinante; nella critica, invece, i limiti scriminanti saranno rappresentati dalla rilevanza sociale dell’argomento trattato e dalle espressioni usate. Nel diritto di critica, infatti, l’opinione manifestata non la si può pretendere rigorosamente obiettiva ed asettica, come nella cronaca.

in materia di rappresentazione delle vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive, Decalogo del giornalismo sportivo.

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In tale ottica, la critica, per non presentare profili d’illiceità, deve evitare di trascendere in attacchi e aggressioni personali, diretti a colpire sul piano morale la persona destinataria.

Rispetto alle tre condizioni come individuate, il diritto all’oblio chiesto dall’interessato incide, in particolare, sulla ‘pertinenza’: la riproposizione di una notizia, invero, non deve rispondere solo ad un’esigenza di pubblico interesse, ma ad una nuova o persistente attualità.

I giudici di legittimità hanno ritenuto che, affinché potesse valutarsi una compressione del diritto all’oblio in favore del diritto di cronaca, la diffusione della notizia o dell’immagine dovesse fondare le sue ragioni sulla necessità di garantire - anche a distanza di tempo - ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti o delle libertà altrui.

Al contrario, il diritto all’informazione non avrebbe potuto mai prevalere se la diffusione della notizia avesse risposto solo ad un mero interesse commerciale o economico del soggetto che aveva deciso per la pubblicazione.

Dall’iter argomentativo seguito dalla Corte sembrano così emergere due aspetti: in primo luogo, è ribadito che sono solo le peculiarità del singolo caso e lo scopo informativo che si propone chi rivendica il diritto di diffondere una notizia a definire la sussistenza di un pubblico interesse alla sua divulgazione; in secondo luogo, è confermata una tendenza che vede, nella giurisprudenza civile, una maggiore attenzione a forme di tutela del diritto all’oblio, orientate a garantire effettività ai diritti di cronaca e di critica.

Nell’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha escluso che nella fattispecie in esame potesse prevalere la libertà d’informazione rispetto all’oblio, poiché la riproposizione in televisione, a distanza di cinque anni, del rifiuto di rilasciare l’intervista, da parte del cantante, in alcun modo avrebbe potuto costituire un rilevante interesse per la collettività.

Nella fattispecie in esame erano assenti riferimenti ai ‘fatti criminali connessi a interessi economici o politici preminenti’ volti alla ‘salvaguardia dell’ordine pubblico o della sicurezza delle persone’, che avrebbero potuto fondare l’interesse pubblico a conoscerli, anche a distanza di tempo. L’episodio del diniego, seppur espresso in forma perentoria e poco cortese, di un’intervista da parte del cantante Venditti, personaggio seppur noto nel panorama radiotelevisivo italiano, comunque non investito di un ruolo primario nella vita

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pubblica nazionale, riproposto in televisione a distanza di cinque anni, costituirebbe un fatto del tutto inidoneo ad aprire un dibattito di pubblico interesse e non risponderebbe, altresì, a ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, interesse scientifico o didattico, che, sole, potrebbero giustificare una nuova diffusione della vicenda da parte di una trasmissione televisiva. Lungi dal soddisfare esigenze di pubblico interesse, secondo i giudici di legittimità, la reiterata messa in onda delle immagini televisive concernenti l’episodio in questione avrebbe perseguito, quale unico scopo, il soddisfacimento di un interesse esclusivamente divulgativo, per finalità commerciali e di audience del gestore televisivo.

Al fine di operare un corretto bilanciamento tra due diritti costituzionalmente rilevanti e dotati di eguale ed apprezzabile tenore applicativo, la Suprema Corte, nel riconoscere il soddisfacimento della pretesa di oblio vantata dal noto cantautore, ha, altresì, previsto un decalogo di specifici presupposti, desumibili dal reticolo di norme nazionali272ed

europee273, nonché dall’altrettanto nutrito panorama giurisprudenziale, in presenza dei

quali il diritto fondamentale all’oblio potrebbe subire una compressione in forza dell’egualmente fondamentale diritto di cronaca. In particolare, la prevalenza del diritto di cronaca sarebbe riconosciuta in presenza: 1)del contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2)di un interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali, da reputarsi mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o meramente economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l’immagine; 3)di un elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e nella vita economica e politica del Paese; 4)di corrette modalità impiegate per ottenere e divulgare l’informazione, affinché risulti corretta, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, scevra da insinuazioni o considerazioni personali; 5)di una preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, al fine di consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico.

272 Art. 2 Cost., art. 10 cc., art. 97 l. n. 633 del 1941.

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Sicché, come chiarito nella pronuncia in esame, in assenza dei suindicati presupposti, la pubblicazione di un’informazione concernente una persona determinata, a distanza di tempo da fatti ed avvenimenti che la riguardano, non potrebbe che integrare una violazione del fondamentale diritto all’oblio.

Tuttavia, diritto all’oblio, diritto di cronaca e storia sono in perenne contrapposizione: il punto di equilibrio tra le opposte istanze è tutt’altro che stabile.

Proprio il decalogo di ipotesi, al ricorrere delle quali il diritto all’oblio sarebbe destinato a recedere in favore del diritto di cronaca, stilato dalla I Sezione della Corte di Cassazione, ha consentito di riaprire l’annosa e dibattuta questione, rimettendo definitivamente la decisione alle Sezioni Unite. La rimessione, operata dalla III Sezione con Ordinanza interlocutoria n. 28084 del 5 novembre 2018, trova ragione nella circostanza che, nell’indicare le cinque ipotesi al ricorrere delle quali il diritto fondamentale all’oblio può cedere il passo al diritto di cronaca, l’Ordinanza del marzo 2018 non abbia, tuttavia, precisato se detti presupposti siano richiesti in via concorrente o in via alternativa, nonostante la diversità di conseguenze che deriverebbero dall’adesione all’una o all’altra soluzione. Infatti, qualora si optasse per il cumulo, raramente il diritto all’oblio riuscirebbe a prevalere sul diritto di cronaca.

Il caso che ha originato la recentissima pronuncia del Supremo Consesso muove dall’istanza risarcitoria promossa da S. G., cittadino sardo, nei confronti del quotidiano Unione Sarda s.p.a. e della giornalista C.M.F, autrice di un articolo pubblicato su detto quotidiano il 19 aprile 2009, che rievocava una vicenda di cronaca nera di cui si era reso autore il ricorrente nel lontano 12 luglio 1982.

Il ricorrente lamentava la palese violazione del proprio diritto all’oblio, determinata dalla rievocazione, dopo un lunghissimo lasso di tempo dall’episodio, di fatti di cronaca nera che lo avevano visto protagonista, che avrebbe generato un profondo senso di angoscia e prostrazione, nonché un notevole danno per la sua immagine e per la sua reputazione, avendolo nuovamente ed ingiustificatamente esposto alla gogna mediatica, nonostante avesse espiato la sua condanna a dodici anni di reclusione e si fosse reinserito nel contesto sociale, anche attraverso lo svolgimento della sua apprezzata attività di artigiano.

I giudici di prime cure, in prima battuta, e la Corte territoriale di Cagliari, successivamente, hanno rigettato l’istanza, non ravvisando i presupposti per la concessione del diritto all’oblio vantato dal ricorrente e ritenendo preminente il diritto

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all’informazione giornalistica, in ragione dell’esclusione di qualsiasi forma di ingerenza da parte dei poteri pubblici, attraverso controlli, diretti o indiretti, di meritevolezza, non solo preventivi ma anche successivi, in grado di incidere, limitandola, sulla libertà di comunicazione delle informazioni.

Il diniego dell’istanza di oblio era, altresì, giustificato, per i giudici di merito, dallo spirito della pubblicazione dell’articolo, coincidente con l’intento di offrire ai lettori, in una rubrica settimanale ben strutturata, spunti di riflessioni concernenti i temi della gelosia, della prostituzione, della depressione, dell’emarginazione, nonché dalla puntuale contestualizzazione operata nella rievocazione, che avrebbe escluso l’esistenza di qualsiasi intento lesivo alla base della volontà editoriale. Per di più, il giornalista avrebbe tracciato la figura dell’autore del delitto con una penna obiettiva, priva di accostamenti fuorvianti e con una corretta continenza espositiva, sicché si sarebbe dovuta escludere qualsiasi compressione del rispetto della libertà morale dell’individuo.

In ultima istanza è intervenuta, nel caso di specie, la III Sezione della Corte di Cassazione che, al fine di operare un corretto bilanciamento tra i confliggenti interessi in campo, nel richiamare i criteri indicati dall’Ordinanza del marzo 2018, si è interrogata sulla necessità che i presupposti debbano essere presenti in via concorrente, ovvero, come sembra maggiormente plausibile, in via alternativa, evitando così che il diritto all’oblio sia destinato a prevalere sul diritto di cronaca in ipotesi rare e del tutto eccezionali.

Proprio il forte impatto che il bilanciamento tra il diritto di cronaca ed il diritto all’oblio ha sul modo di intendere la democrazia nell’attuale società, tesa a salvaguardare il pluralismo informativo, pur non dismettendo la tutela della personalità del singolo nelle sue diverse espressioni, ha determinato la rimessione della delicata questione alle Sezioni Unite. Sembra ormai indifferibile, alla luce di questa istanza, l’individuazione di parametri di riferimento univoci, che consentano agli operatori del diritto di conoscere con certezza e preventivamente i presupposti in presenza dei quali possa trovare accoglimento l’istanza di un soggetto a che una notizia che lo riguardi, seppur legittimamente divulgata in passato, non resti indeterminatamente esposta alla possibilità di una nuova diffusione.

Appare evidente, dal quadro così delineato, come non sia possibile astrarre una regola che consenta di definire una volta per tutte, le situazioni in cui la libertà di manifestazione del pensiero o il diritto all’oblio siano destinati a prevalere. Tutti i diritti in gioco, infatti,

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mostrano una struttura dinamica e flessibile, adattabile a realtà diverse e destinata a mutare a seconda delle variabili del caso concreto274.

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