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Il diritto all’oblio e al trattamento dei dati personali nelle Linee Guida del WP

SEZIONE II: Il trattamento dei dati personali nell’evoluzione normativa europea, dalla Convenzione di Strasburgo 108/1981: un lento affermarsi, nel quadro europeo,

8) Il diritto all’oblio e al trattamento dei dati personali nelle Linee Guida del WP

Il provvedimento della CGUE, del 13 maggio 2014, relativamente alla causa C-131/12, sebbene particolarmente articolato e puntuale, aveva dato origine a non pochi dubbi e perplessità nelle successive applicazioni dei principi che imponeva.

La necessità di superare le difficoltà che si erano manifestate e soprattutto l’importanza di procedere in maniera uniforme in tutti gli Stati membri, ha portato i Garanti europei per la protezione dei dati personali, riuniti nell’Article 29 Working Party, a pubblicare il 26 novembre 2014, immediatamente dopo la pronuncia della CGUE, delle ‘Linee Guida’

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contenenti un’interpretazione univoca della pronuncia, che aveva sollevato non pochi dubbi interpretativi soprattutto laddove aveva previsto l’obbligo per il motore di ricerca (nel caso di specie Google), di deindicizzare, ai propri risultati, quei links, che dagli interessati fossero stati ritenuti lesivi del loro diritto all’oblio. Più precisamente il provvedimento giudiziario aveva riconosciuto agli interessati la possibilità di avanzare la pretesa ad ottenere la cancellazione dei contenuti delle pagine web che, a loro parere, avessero offerto una rappresentazione non più attuale della loro persona.

Le Linee Guida hanno avuto il merito di stabilire una serie di criteri comuni diretti ad orientare e uniformare l’attività amministrativa dei singoli garanti nazionali.

Il documento, approntato dall’Article 29 Working Party, nel confermare l’applicabilità della Direttiva 95/46 CE ai motori di ricerca, anche qualora il trattamento dei dati personali fosse stato da loro compiuto attraverso un’azienda sussidiaria diretta alla promozione e vendita di spazi pubblicitari, purché residente in uno Stato europeo, ha precisato che la decisione della Corte di Giustizia sancisce espressamente il diritto alla rimozione dei dati scaturenti dalla semplice digitazione del nome e cognome del privato, con il limite, tuttavia, che la soppressione avrebbe dovuto riguardare solo i risultati dei motori di ricerca e non le informazioni originarie contenute nei siti-sorgente.

L’informazione, pertanto, avrebbe potuto essere sempre accessibile attraverso ricerche effettuate con altri termini (e non con il nome e cognome).

Hanno precisato, altresì, che la de-indicizzazione sarebbe potuta essere richiesta dagli interessati con qualunque mezzo e che, in caso di rifiuto da parte del motore di ricerca, regolarmente motivato e tempestivamente comunicato, l’interessato avrebbe potuto rivolgersi all’Autorità nazionale o agli Organi giudiziari, al fine di ottenere una protezione effettiva e completa della sua sfera privata.

A tal fine non sarebbe stato sufficiente, a parere dei Garanti europei, delimitare la rimozione ai soli risultati dei motori di ricerca con domini europei, ma sarebbe stato utile e necessario filtrare tutti i domini internazionali, compreso: ‘com’.

Il Documento specificava altresì che i motori di ricerca non sarebbero stati tenuti a comunicare, al webmaster delle pagine deindicizzate, l’esclusione dei risultati collegati al nome del privato e formalizzava una serie di criteri comuni che le Authority nazionali, avrebbero dovuto applicare nei casi in cui i motori di ricerca si fossero rifiutati di esaudire

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le richieste di rimozione provenienti dai cittadini. Criteri da applicare relativamente ai singoli casi e in concordanza con le leggi nazionali rilevanti.

A seguito della pronuncia dei giudici europei, Google ha costituito un Consiglio di esperti per redigere Linee Guida interne alla Compagnia e il 6 febbraio 2015 ha pubblicato il rapporto ‘The Advisory Council to Google on the Right to be Forgotten’, contenente le Best Practices, nettamente differenti da quelle contenute nel Lavoro prodotto dai Garanti europei. Anzi trattasi di due Ordinamenti che si scontrano: la visione americana più aperta e garantista della libertà e del diritto di accesso alle informazioni, quella europea più sensibile nel prevedere tutte le forme di tutala possibili della sfera privata delle persone. Il Rapporto Google individuava una serie di eccezioni in cui l’interesse pubblico sarebbe stato privilegiato rispetto al diritto all’autodeterminazione informatica, mentre per i Garanti UE la regola sarebbe rappresentata dalla prevalenza dei ‘Data Protection’, cui l’Azienda non avrebbe potuto derogare, se non per interessi superiori, comunque trascendenti la tutela della sfera intima dell’individuo.

Le Linee Guida elaborate da Google, tra l’altro, offrivano soluzioni standardizzate che, nella maggior parte dei casi, vedevano il ‘no index’, a seconda che l’interessato fosse stato o meno una persona pubblica e a seconda della natura della notizia da deindicizzare: le notizie a forte impatto privacy venivano distinte dalle notizie a forte impatto pubblico. Le Linee Guida europee invece rifuggivano dalla logica delle soluzioni precostituite secondo protocolli statici, assumendo quale principio fondamentale, il bilanciamento degli interessi comparativi in gioco, dopo una disamina caso per caso. Bilanciamento operato secondo il criterio della potenziale gravità dell’impatto privacy negativo e considerando il criterio della proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, per giungere ad una soluzione accurata per ciascun caso.

In Italia il Garante della Privacy, a partire dal novembre 2014, ha adottato i primi provvedimenti, relativi a casi di presunta violazione del diritto all’oblio e conseguente lesione della sfera privata, con i quali ha respinto il ricorso degli interessati, in quanto, nella maggior parte dei casi90, aveva ad oggetto la richiesta di cancellazione di URL

relative ad articoli contenenti vicende processuali recenti o non ancora concluse.

Laddove, invece, il Garante nazionale, nel caso sottopostogli, ha riscontrato la presenza di connotazioni negative, idonee ad incidere sulla sfera privata dell’interessato, in

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coerenza con le indicazioni suggerite dalle Linee Guida, ha prescritto a Google Inc., la de-indicizzazione dell’URL segnalato91.

SEZIONE III: Le difficoltà nel garantire il diritto alla protezione dei dati a seguito

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