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La libertà di stampa nelle sue estrinsecazioni del diritto ad informare e ad essere informat

SEZIONE II: Il diritto all’esercizio delle libertà fondamentali spettante alla collettività e il diritto all’oblio: forme di tensione

4) La libertà di stampa nelle sue estrinsecazioni del diritto ad informare e ad essere informat

a) Il diritto ad informare

L’attività d’informazione, indipendentemente dai mezzi di diffusione, rappresenta un fenomeno unitario, espressione della caratterizzazione democratica di un sistema che, in quanto afferente ai profili di partecipazione dei singoli all’organizzazione sociale e politica della comunità, trova il suo fondamento nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il cui art. 19 riconosce ad ogni individuo il diritto alla libertà di opinione e di espressione, ivi compreso il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee con ogni mezzo e indipendentemente dalle frontiere.

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Similmente, l’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sancisce per ogni persona il diritto alla libertà di espressione, che comprende la libertà di opinione e quella di ricevere e comunicare informazioni o idee, senza che vi possa essere interferenza delle pubbliche autorità: principio integralmente riportato nella Carta costituzionale italiana, all’art. 21.

E’, tuttavia, convinzione diffusa in dottrina che la ricostruzione normativa della disciplina giuridica della ‘comunicazione sociale’ non possa essere limitata alla disposizione direttamente regolante l’attività d’informazione, esistendo nell’Ordinamento giuridico altre norme di riferimento riconducibili alla previsione di tutele di tutte quelle libertà che si concretizzano in una scelta, essendo necessario ‘conoscere’ per deliberare ed informare. La tutela costituzionale del diritto all’informazione, pertanto, sarebbe rinvenibile anche in tutte quelle norme che garantiscono il pieno sviluppo della persona umana, in forza degli articoli 2 e 3, comma 2 Cost., del principio di sovranità popolare, di cui all’art. 1 Cost., della partecipazione effettiva all’organizzazione politica, economica e sociale in quanto solo un’esatta informazione costituisce l’essenza della democrazia, consentendo un’effettiva e consapevole partecipazione dell’individuo alla vita di relazione.

In tal senso, anche quanto posto in luce dalla Corte Costituzionale231, secondo cui “in un

ordinamento democratico il ruolo della stampa e dell’informazione è inteso al soddisfacimento di un interesse generale, individuabile nella formazione di un’opinione avvertita e consapevole”.

Secondo passate modalità, l’informazione era intesa come un rapporto bilaterale in cui un soggetto attivo la trasmetteva ad un soggetto passivo, che era, pertanto, il recettore della stessa: si trattava, più che altro, di un’informazione interindividuale, che avveniva mediante corrispondenza, telegrafo o telefono. Nell’era della comunicazione sociale, invece, il rapporto è diventato di uno a tanti, per cui l’unilateralità del messaggio si oppone alla pluralità e indeterminatezza dei destinatari, che, grazie alla veloce circolazione dei dati, consentita dalle nuove tecnologie dell’informazione, sono in grado di pervenire in tempo reale alle notizie, con l’ulteriore novità rappresentata dal ribaltamento dei ruoli che ha visto il polo passivo della dialettica del rapporto d’informazione svolgere un ruolo attivo, atteggiandosi ad attore della diffusione dei dati

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relativi alla sua sfera personale e, in via mediata, anche di quelli inerenti la privacy di terzi ignari della cosa.

Per quanto il diritto all’informazione abbia un solido riconoscimento costituzionale, deve comunque misurarsi con limiti di natura pubblica, laddove andasse a confliggere con disposizioni di legge, con la morale, il buon costume e l’ordine pubblico, ma soprattutto di natura privatistica, nel caso in cui andasse a violare quei paletti predisposti per apprestare forme di tutela alla personalità dei singoli, ai loro dati personali, più in generale alla loro sfera di riservatezza. Limiti di fronte ai quali il diritto all'informazione è destinato a soccombere, a meno che non riguardi fatti e accadimenti assolutamente indispensabili da conoscere per una crescita culturale della persona, consapevole e completa.

Anche se in dottrina232, secondo una visione ottimistica, i due diritti sono stati definiti

come ‘terreni confinanti’, il rapporto tra il diritto all’informazione e quello alla tutela della sfera privata è, normalmente, un rapporto conflittuale intercorrente tra pretese, che, se dilatate, potrebbero entrare in collisione: come il diritto all’informazione, se eccessivamente dilatato, potrebbe interferire e violare la sfera privata, allo stesso modo, la estremizzazione del diritto alla protezione dei dati potrebbe esondare, mettendo nell’angolo il primo. Nonostante tutto, la libertà di informazione ed il rispetto della privacy non vanno intese come libertà contrapposte, al più come due diritti che, alternativamente, potrebbero emergere, facendo soccombere l’antagonista, in forza delle circostanze del caso concreto ed all’esito di un’operazione di bilanciamento, resa oggi particolarmente ardua a causa della transnazionalità degli strumenti attraverso i quali si attua la libertà di manifestazione del pensiero che, sia per il massiccio immagazzinamento dei dati, che, per la facilità con cui ne consentono la circolazione, potrebbero rivelarsi gravemente lesivi della sfera di riservatezza dei singoli.

La difficoltà più grande oggi è quella di classificare i nuovi mezzi di comunicazione per definire quale sia l’attesa di privacy- il tasso di consapevolezza rispetto al potenziale di invadenza- che gli stessi pongono.

232M. MEZZANOTTE, Il diritto all’oblio. Contributo allo studio della privacy storica, Napoli 2009, 230-231. Tanto il diritto all’informazione, quanto quello alla tutela della sfera intima, a parere dell’Autore, non possono confliggere in quanto entrambi convergono verso una medesima finalità, quella appunto, di consentire «il pieno sviluppo della persona e, pertanto, devono integrarsi reciprocamente. Tutto deve

convergere al fine dello sviluppo della persona umana. L’unico limite che l’Ordinamento pone al concreto esercizio e godimento di queste libertà e di queste posizioni fondamentali è costituito dal rispetto delle libertà altrui e dalla confliggente presenza di un interesse pubblico che può rendere necessario, in specifiche circostanze, il sacrificio di singoli diritti e di singole libertà».

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Gli strumenti di telecomunicazione satellitare, le reti telematiche, i mezzi interattivi, avendo rivoluzionato le comunicazioni e facilitato il potere di accesso alle stesse, relativamente al rapporto tra il diritto alla privacy e la libertà di stampa, hanno aperto due ordini di problemi: in primo luogo, hanno reso difficile la definizione di “sfera privata”, dal momento che i dati residenti nel computer di una persona si confondono con quelli delle reti, cui la comunicazione satellitare rinvia per scrutare immagini e spostamenti in tempo reale. Di non secondaria importanza, i problemi posti da Internet, come nuovo giornale globale, in cui lettori e giornalisti si fondono e confondono in un mix che potrebbe anche realizzare quel diritto alla libera manifestazione del pensiero, quale possibilità concreta di comunicare al mondo ciò che si pensa, sancito dalla Carta costituzionale. Da questo punto di vista la realtà statunitense può risultare illuminante, avendo elaborato una serie di ipotesi che definiscono differenti livelli di attesa di riservatezza: dalla pubblica via, un’attesa di privacy minima, alla casa privata, un livello di attesa massimo. Parlare al telefono non è come parlare per strada e scrivere una lettera non è come postare su un social. In forza di tanto la giurisprudenza americana, senza rinunciare alla valutazione di altri requisiti nella operazione di bilanciamento, quali l’utilità sociale a conoscere l’accadimento, il fatto storico o le connotazioni di un individuo, in quanto soggetto pubblico o soggetto che rivesta un ruolo istituzionale, ha elaborato il concetto di “expectation of privacy”, in base al quale ha ritenuto di considerare, per determinare se vi sia stata una violazione del diritto alla riservatezza di una persona, tra gli altri, il livello di privacy che la persona si sarebbe ragionevolmente dovuta aspettare in quel contesto.

b) Il diritto ad essere informati e il diritto di accesso alle informazioni

Il diritto ad essere informati non è solo il riflesso passivo del correlativo diritto ad informare, ma è anche espressione manifesta dell’obbligo della Repubblica di eliminare ogni ostacolo che possa impedire al cittadino l’accesso all’informazione e quindi la partecipazione all’organizzazione economica, politica e sociale del Paese. Inizialmente il diritto ad essere informati non è stato ritenuto un’esplicazione dei diritti della personalità meritevole di protezione giuridica, al contrario, non potendo la notizia essere assimilata ad un qualsiasi bene giuridico, è stato visto piuttosto come una tipologia ambigua di

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diritto233, in quanto privo di contenuto reale e di un qualsiasi riferimento oggettivo sul

quale poter esercitare una signoria esclusiva, impossibilitato a far valere correlativamente

erga omnes un dovere di astensione.

Un diritto oltretutto carente di un solido fondamento costituzionale, non potendo, a parere di buona parte della dottrina234, costituire, l’art. 21 Cost., il riferimento legislativo del

diritto ad essere informati: il contenuto della norma costituzionale235, infatti, non sarebbe

stata la libertà di informazione, quanto piuttosto la libertà di manifestazione del pensiero, dalla quale si sarebbe anche potuta evincere l’idea di una libertà di informazione, ma solo in quanto “strumento di manifestazione del pensiero”.

L’orientamento di quella dottrina piuttosto obsoleta, intendendo la notizia come “possibilità di conoscenza”, ossia come un bene che avrebbe potuto concorrere a formare la personalità, con una precisa influenza nel condizionarne gli svolgimenti, ha ricavato la tutela da apprestare al diritto ad essere informati da una lettura costituzionalmente orientata del combinato disposto degli articoli 2, 3, 21 e 41 Cost., dalla quale sola sarebbe

233G. B. FERRI, Diritto all’informazione e diritto all’oblio, op. cit., 803. Un rilievo centrale svolge «l’interesse pubblico alla conoscenza, sia come fattore legittimante l’iniziale diffusione della notizia, sia

come elemento persistente nel tempo, tale da escludere l’illiceità della successiva rievocazione. E’ pertanto necessaria la presenza di un interesse pubblico che giustifichi l’attenzione dei Media nell’immediatezza della loro pubblicazione, ma lo stesso interesse dovrà essere presente anche nelle successive rievocazioni degli accadimenti. Un interesse pubblico nuovo ed attuale e soprattutto prevalente rispetto alla pretesa del singolo a che il proprio passato venga dimenticato».

234N. LIPARI, Libertà di informazione o diritto ad essere informati, in Dir. Radiodiff, 1978, 5. «Diritto ad

essere informati di ‘che e da chi’ e soprattutto chi sono gli eventuali titolari di questo diritto»: difficilmente,

per l’Autore, «le due domande possono trovare una risposta adeguata in chiave di diritto soggettivo della

personalità, perché siffatta prospettazione del diritto ad essere informati sembra essere il frutto di troppo facili scorciatoie e disinvolte opzioni di politica del diritto. Anche se nel linguaggio giornalistico si parla di acquisto e vendita di notizie, l’informazione non può essere considerata un ‘bene’ in senso giuridico, in quanto il bene in senso giuridico non sembra essere tanto la notizia, quanto piuttosto il valore economico dell’esclusività della sua utilizzazione».

235A. PACE, Replica (XXVIII Congresso nazionale di studio dell’UGC), I, Roma, 9-11 dicembre 1977, pag. 178. Per l’Autore, l’art. 21 della Costituzione non garantirebbe la copertura costituzionale esclusivamente al lato attivo della libertà d’informazione, ma anche al profilo passivo (quale libertà ad essere informati).

Contra: LOIODICE A., Le radici nella Costituzione, in JACOBELLI J. (a cura di), Verso il diritto all’informazione, Bari, 1991, pag. 95, per il quale, l’art. 21 non può, da solo, essere in grado di sorreggere

tale diritto che, pertanto, almeno parzialmente, è sganciato da quella norma. Il diritto all’informazione andrebbe desunto da tutte quelle disposizioni che garantiscono il pieno sviluppo della persona umana, ossia dagli articoli 2, 3 e 21 della Costituzione. Altri ancora, tra cui R. ZACCARIA, Diritto dell’informazione e della comunicazione, Padova, 2013, 81, sostengono che: «il ‘diritto ad essere informati’ vada ricercato non solo nell’art. 21, ma anche in altre disposizioni costituzionali, configurandolo come un ‘diritto sociale fondamentale’ che trae il proprio fondamento dalla Costituzione, per la cui realizzazione il legislatore deve intervenire in virtù degli articoli 2 e 3 della Costituzione». P. BARILE, Libertà di manifestazione del pensiero, in Enciclopedia del diritto, XXIV, Milano, 1974, 424, il diritto ad essere informati è

completamente sganciato dall’art. 21 della Costituzione, la sua base costituzionale sarebbe rappresentata non solo dall’art. 21, bensì da tutte le norme costituzionali che presuppongano che le scelte che il cittadino è chiamato ad effettuare, siano precedute da un’informazione sufficiente.

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emersa la protezione costituzionale del diritto all’informazione, quale diritto ad acquisire una serie di notizie, che sono elementi costitutivi del modo di espressione e di realizzazione della personalità all’interno del sistema giuridico.

Che possa trovare copertura costituzionale nell’art. 21 Cost., piuttosto che in una lettura costituzionalmente orientata del combinato disposto degli artt. 2, 3, 21, 41 Cost., il diritto ad essere informati trova comunque il suo fondamento nella Carta costituzionale, assumendo il medesimo rango dell’antagonista diritto alla protezione dei dati personali, nel quale potrebbe impattarsi, svuotandosi di contenuto, ove quello dovesse prevalere, all’esito di un’opera di bilanciamento tra i due. Il legittimo esercizio del diritto alla protezione dei dati personali da parte del suo titolare, infatti, potrebbe vanificare quello all’informazione, così come l’impedimento alla circolazione della notizia, anche solo per il mero decorso del tempo, potrebbe avere pesanti ripercussioni sul legittimo interesse della collettività a conoscere.

Il diritto ad essere informati, a seguito dell’evoluzione tecnologica applicata alla circolazione delle informazioni, ha subito il mutamento della veste giuridica, mutuandosi in ‘diritto di accesso’ alle informazioni, che verrebbe a trovare la sua base giuridica comunitaria nell’art. 11 della Carta dei diritti dell’Unione236, che espressamente include

nella libertà di espressione, le libertà di opinione e di ricevere o comunicare idee ed informazioni.

Ogni individuo, pertanto, ha diritto di ricevere informazioni o idee, che in tempi relativamente recenti, nel quadro europeo come in quello nazionale, ha avuto un ulteriore

upgrade che ne ha ampliato il significato, fino a ricomprendervi anche il diritto di accesso

ai documenti, ivi compresi quelli delle autorità pubbliche237.

236Carta dei Diritti dell’Unione europea, art. 11: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale

diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee, senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiere».

237In realtà il tema del diritto ad essere informati, come diritto di accesso a documenti e dati in possesso della P.A. ha una storia e tradizione ormai lunga. Lasciando da parte la diversa tematica del diritto di accesso agli atti del procedimento amministrativo da parte di chi abbia un interesse legittimo, in Italia disciplinato per la prima volta dalla L. 17 agosto 1990 n.241, successivamente modificata a più riprese, il diritto di accesso ai dati e alle informazioni in possesso dell’Amministrazione, ha avuto la sua nascita essenzialmente nel Freedom Information Act (FOIA), emanato negli USA durante la presidenza Johnson e più volte modificato. Nel 1996, poi, dopo che l’amministrazione Clinton ebbe aperto all’uso commerciale di Internet, fu emanato anche l’Electronic Freedom Informatiion Act (E-FOIA). In Italia la richiesta di una normativa che assicuri il diritto di accesso alle informazioni pubbliche, che vada oltre la già ampia legislazione in materia di trasparenza pubblica, non ha ancora trovato piena soddisfazione, anche se forma oggetto di delega al governo nell’ambito della Riforma Madia, approvata con Legge di delega n. 124 del 2015 e dei conseguenti Decreti delegati. Anche l’Autorità italiana di Protezione dei Dati personali ha avuto modo di

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Tanto il diritto ad essere informati, quanto la sua recente estrinsecazione, il diritto di accesso alle informazioni e ai dati, potrebbero entrare in collisione con il diritto alla protezione dei dati personali: collisione, che non può non trovare la sua soluzione nel raggiungimento di un giusto e ragionevole equilibrio alla luce della più volte richiamata operazione di ponderazione tra l’interesse della collettività a conoscere, anche attraverso l’accesso alle informazioni, e il correlativo diritto della persona interessata al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati relativi alla sua persona.

Nella scelta tra la tutela del cittadino ‘a conoscere’ e la tutela dell’antagonista diritto dell’interessato a che le informazioni inerenti la sua sfera privata non siano divulgate, o quanto meno a che la loro circolazione non sia eterna, occorrerà tener conto di diversi criteri di valutazione, quali la natura dell’informazione, il suo carattere sensibile per la vita privata, l’interesse del pubblico a riceverla238, che potrà anche variare a seconda del

ruolo che la persona rivesta nella vita pubblica. L’operazione di bilanciamento, pertanto, dovrà consistere nella valutazione di tutti gli elementi a favore e contro le parti in gioco e non potrà che estrinsecarsi in un giudizio ex post, che vedrà di volta in volta, a seconda delle circostanze del caso concreto, la prevalenza dell’uno o del contrapposto interesse. Orientamento ormai consolidato nella prassi delle autorità giudiziarie ed amministrative ed oggetto di ulteriore recente conferma da parte dei giudici di legittimità239, i quali hanno

ritenuto che anche rispetto ad un fatto accaduto più di trent’anni fa, considerata la ‘notorietà’ del protagonista, sia possibile la permanenza dell’interesse pubblico alla sua rievocazione, prevalendo il diritto alla conoscenza dello stesso, sul correlativo diritto all’oblio.

intervenire numerose volte su questi temi, soprattutto con riguardo ai casi in cui la legge impone la pubblicazione online di delibere o altri documenti della P.A., o prevede che forme di comunicazione al pubblico, stabilite dalla legge, debbano essere oggetto anche di comunicazione digitale.

238Un uomo pubblico ha meno diritto alla tutela dei dati; al contrario, soprattutto se riveste ruoli istituzionali, è necessario che le sue referenze e i suoi trascorsi siano noti. E’ quanto anche sottolineato nella

Dichiarazione del Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa, approvata a Strasburgo il 12 febbraio

2004 – Dichiarazione sulle libertà del discorso politico nei media – laddove ha evidenziato che i particolari della vita privata delle figure pubbliche e dei loro familiari non devono essere rivelati, a meno che tali informazioni non siano direttamente pertinenti, in quanto «gettano luce sulle modalità con cui tali figure

pubbliche svolgano le funzioni alle quali sono state chiamate, o comunque quelle informazioni risultino importanti ai fini della conoscenza storica».

239Cass. Pen., Sez. V, sentenza del 3 agosto 2017, n. 38747, in Corr. giur., 2018, 8-9, 1105 con nota di SIROTTI GAUDENZI. Nel caso specifico si è trattato della regolamentazione del diritto di stampa (diffusione

di notizie), in contrapposizione al diritto all’oblio esercitato dal Principe di Savoia per la notizia riguardante i fatti risalenti all’uccisione di circa 39 anni fa, del giovane tedesco Dirk Hamer.

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In particolare si trattava di un articolo, pubblicato nel 2007 su un noto quotidiano nazionale, relativo ad un fatto di cronaca nell’ambito del quale vi era la rievocazione di un altro accadimento verificatosi tre decenni prima.

Si trattava dell’oscura vicenda, verificatasi nel 1987, in cui perse la vita un giovane cittadino tedesco, Dirk Hamer, a causa di un colpo di fucile esploso da Vittorio Emanuele di Savoia. Nel commentare con tono critico la partecipazione del principe alla riapertura di una ex residenza sabauda – la reggia di Venaria Reale – l’articolista si riferiva all’erede degli ex monarchi, apostrofandolo come “quello che usò con disinvoltura il fucile all’isola di Cavallo, uccidendo un uomo”.

Ne scaturiva un defatigante processo penale a carico dell’articolista e del direttore del giornale per il reato di diffamazione a mezzo stampa, correlato anche alla gratuità della riproposizione della notizia a distanza di moltissimo tempo e quindi alla lesione del diritto all’oblio del Savoia. La Suprema Corte, nel confermare la sentenza assolutoria d’Appello, ha avuto modo di precisare come preliminarmente dovessero essere rispettati i canoni di verità (e il fatto storico si era verificato in quei termini, a prescindere dall’assenza di responsabilità penale per il Savoia) e continenza espressiva, trattandosi di un giudizio critico e non di un attacco smodato. Per quel che più interessa ai nostri fini, i giudici di legittimità hanno ritenuto la rievocazione sicuramente assistita da un ‘interesse pubblico’, giacchè l'informazione era stata pubblicata in occasione di un fatto di cronaca, cui partecipò Vittorio Emanuele, la cui storia, in quanto figlio dell’ultimo re d’Italia, rivestiva senz’altro rilievo pubblico, a parere di quei giudici, sia in considerazione delle vicissitudini giudiziarie, che in quegli anni lo avevano interessato, sia per le

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