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3. Politiche pubbliche per lo sviluppo e l’innovazione

3.5 Le fonti del finanziamento dell’imprenditoria innovativa

3.5.2 Crowdfunding

In Portogallo, la Legge 24 agosto 2015, n.102 ha approvato il regime giuridico del finanziamento collaborativo (Crowdfunding), entrato in vigore il 1 ° ottobre 2015.248

Sono previste quattro modalità di crowdfunding, la cui differenza sostanziale riguarda ciò che viene dato dai produttori del progetto in cambio delle cifre offerte. Nel modello reward-based, i produttori del progetto offrono, un reward (ricompensa) a chi li finanzia. Spesso chi investe in questi progetti riceve in cambio per primo il prodotto una volta pronto per il mercato.249 Il crowdfunding

donation-based è il modello delle organizzazioni no profit e onlus

alla ricerca di donatori che supportino le loro imprese benefiche senza ricompense economiche né sotto altre forme. Si parla invece di un vero e proprio prestito nel lending – based ove i richiedenti restituiranno, infatti, il denaro una volta che il progetto sarà completato. Solitamente il tasso di interesse del prestito è superiore a quello proposto dalle banche. Mentre con l’equity based chi investe non riceve una semplice “ricompensa”, ma diventa socio

247 Ibidem.

248 J. VIEIRA SANTOS, op. cit., p. 10.

249 Spesso questo tipo di crowdfunding è utilizzato per finanziare film, libri, album

musicali. In questi casi spesso la ricompensa è “emozionale” (citazione nei titoli di coda, per esempio).

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dell’azienda. Sostenendo un progetto di equity crowdfunding, quindi, si acquistano quote dell’azienda che cerca fondi.250

Le ultime due modalità si distinguono dalle prime per un coinvolgimento diretto nelle attività finanziarie e creditizie e sono quelle che, pur essendo previste dalla legislazione portoghese, non sono ancora dotate di un apposito regime giuridico perché entrano in conflitto con il codice dei valori immobiliari e con il principio di esclusività dell'attività di concessione del credito.251 Le tre piattaforme di prestito Crowdfunding portoghesi esistenti, Raize,

Portugal Crowd e Clicinvest, infatti, non si occupano di raccogliere

e gestire fondi, ma si limitano alla pubblicazione di annunci.252 Il Finanziamento collettivo mediante donazione e ricompensa trova, invece, una dettagliata disciplina nel regolamento CMVM n. 1/2016.

Con tale argomento si può considerare esaurita l’analisi multilivello condotta sulle varie politiche pubbliche a sostegno

250 Cfr. E. CHIODA, G. DONADIO, L. INGROSSO, T. TRIPEPI, Startup:

Sogna, Credici, Realizza. Dall'idea al successo, Milano, HOEPLI, 2016; Consulta

<https://mamacrowd.com/article/tipi-di-crowdfunding>.

251 È opportuno segnalare la proposta di regolamentazione in materia di

crowdfunding equity based e lending based. Le regole proposte sono le seguenti: gli investitori non accreditati possono investire fino a 3.000 € per progetto e un totale di 10.000 € all'anno; gli investitori accreditati, cioè quelli con un reddito annuo pari o superiore a 100.000 € non sono sottoposti ad alcun limite; chi inserisce i progetti sulla piattaforma può raccogliere fino a 1 milione di euro in un anno, a meno che l'offerta non sia limitata agli investitori qualificati, nel qual caso il capitale che si può raccogliere è al massimo di 5 milioni di euro. Le piattaforme di crowdfunding devono registrarsi e devono essere dotate di un capitale minimo di 50.000 € o, in alternativa, di una copertura assicurativa per tale importo che copra la piattaforma da eventuali responsabilità. La tematica può essere approfondita consultando il seguente link <www.crowdfundinghub.eu/current- state-of-crowdfunding-in-portugal>.

252 Sebbene non operino ufficialmente in Portogallo segnaliamo che una serie di

progetti portoghesi sono pubblicati sulle piattaforme di Kickstarter e

Indiegogo. Anche Seedrs, piattaforma di crowdfunding inglese equity based, che

ha recentemente fondato un team tecnologico in Portogallo, sembra stia attirando startup e investitori portoghesi sulla piattaforma.

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dell’imprenditoria innovativa, che ha incontrato il suo punto di inizio nel più ampio contesto europeo e il suo approdo nel più specifico contesto nazionale e portoghese. Pertanto, è giunto il momento di tirare le fila del nostro elaborato.

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CONCLUSIONI

Lo scopo del presente contributo è stato analizzare il ruolo che lo Stato riveste nel contesto economico-sociale odierno, prestando particolare attenzione alle politiche pubbliche adottate nella sua nuova veste di “innovatore”.

La globalizzazione, l’affermarsi dell’economia della conoscenza, ma soprattutto le ripercussioni negative della grande recessione sulla qualità della vita delle popolazioni, hanno portato il legislatore europeo a mettere in discussione il concetto tradizionale di stato e offerto, allo stesso tempo, alle economie innovative un’occasione per dar prova delle loro grandi potenzialità.

Europa 2020, discussa dal Consiglio europeo svoltosi a Bruxelles il 25 e 26 marzo 2010 e formalmente adottata il 17 giugno 2010, ha infatti individuato nell’innovazione il fattore chiave per conseguire gli obiettivi prefissati di “una crescita intelligente,

sostenibile ed inclusiva”.

La prima comparsa giuridica del termine “innovazione” non è però stata accompagnata da uno sforzo definitorio. Come già ribadito nel corso della trattazione, quest’ultima non gode di una definizione tecnica pienamente condivisa. Tuttavia, un contributo importante viene offerto dalle direttive europee 23 e 24 del 2014 e 25 del 2015 relative rispettivamente le concessioni, gli appalti e gli appalti speciali e soprattutto dal programma quadro per la ricerca e l'innovazione (Horizon 2020).

Horizon 2020 si fonda su tre pilastri dai quali emerge

chiaramente l’idea dell’innovazione come un vero e proprio processo relazionale collettivo caratterizzato dalla trasposizione di una conoscenza in prodotti, processi e servizi innovativi, che offrano

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non solo occasione di crescita del sistema produttivo, ma anche di miglioramento della vita dei cittadini. Qui, il legislatore si preoccupa, infatti, di sostenere in primis l’attività di ricerca (l’eccellenza scientifica costituisce, infatti, il suo primo pilastro) e in secondo luogo, le imprese innovative che si qualificano, per l'appunto, quale strumento attraverso il quale i prodotti, i processi e i servizi innovativi giungono al mercato. Infine, dal suo ultimo pilastro, è possibile desumere il fine ultimo della politica europea e il miglior risultato che da essa si possa ottenere, ossia veicolare la soluzione innovativa al fine di fronteggiare una delle sfide individuate così migliorando il benessere dei cittadini.

Alla luce di quanto detto, è possibile definire l’innovazione come trasposizione di attività di ricerca e sviluppo in assett produttivi in grado di aumentare la competitività economica del paese e il benessere dei cittadini.

Occorre segnalare che l’analisi di tale programma pone in evidenza l’importanza che la politica pubblica dà alle piccole e medie imprese innovative e alle startup nell’attuale sistema economico. Quest’ultime, pur costituendo solo una delle cellule che compone l’ecosistema innovativo, hanno una rilevanza fondamentale tanto che a loro è destinato un apposito strumento, lo SME, che ne agevola la partecipazione a Horizon.

Sempre con il fine di mettere in luce l’intervento pubblico nell’economia riconducibile a queste nuove realtà, abbiamo analizzato, nel nostro lavoro, un importante manovra, il Piano Juncker: “un piano vincente del quale non si può più fare a meno”. Confluendo una parte di bilancio dell’Ue in un fondo di garanzia per le startup e le PMI innovative, tale manovra è stata in grado di smobilizzare le risorse da investire, cristallizzate a causa del clima

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di incertezza affermatosi al seguito della crisi. In altre parole, il pubblico potere assumendo il rischio che deriva dall’attività di ricerca e di sviluppo ha così aumentato la possibilità per le microimprese di ottenere finanziamenti.

Infine, l’analisi si è indirizzata ad un particolare programma,

Startup Europe. L’Europa, non si è mossa soltanto attraverso

l’emissione dei soliti strumenti finanziari e di agevolazione, ma ha anche adottato una strategia originale: ha organizzato una serie di eventi al fine di creare networks tra startupper, PMI, venture

capitalists, business angels, università, istituti di ricerca, in tal modo

agevolando la mobilità di risorse economiche, idee, conoscenze, aspirazioni e così via.

Quanto sopraesposto, ci consente di definire ammirevole il modo in cui l’Europa ha ridisegnato il proprio ruolo di fronte alle necessità della società moderna, pur determinando questo, una vera e propria inversione di rotta.253 Lo studio ha, infatti, messo in luce che, nella società moderna, il tradizionale modus operandi del pubblico potere, e di conseguenza, lo stato relegato a mero regolatore rimangono sterili. Al contrario, come messo in evidenza dagli studi licenziati nell’ambito dell’OECD, il ruolo pubblico sia nei termini di supporto finanziario alla ricerca di tipo innovativo, sia come driver dell’innovazione in quanto tale, appare oggi fondamentale.

Muovendosi su questa scia, Europa 2020 e i programmi attuativi analizzati si sono dimostrati adeguati tanto da trovare

253 “Sendo que, por um lado, a história mostra-nos que quando os novos modelos

de negócio não vingam devido a condições adversas, o Estado é forçado a agir: a formalizar novos sistemas, a recompensar novas tecnologias e a fornecer capital e proteção aos inovadores, por outro lado, as consequências sociais de uma revolução no sistema económico e financeiro podem ser catastróficas e cabe ao Estado compreender e equilibrar os novos posicionamentos no mercado, com justiça, segurança e equidade” (J. VIEIRA SANTOS, op. cit.,p.29).

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seguito nei programmi Horizon Europe e InvestEu che saranno sempre più impegnate nel veicolare l’innovazione verso le sfide globali.

Per quanto riguarda le politiche di attuazione adottate dagli stati membri, la nostra attenzione si è focalizzata su due nazioni: Italia e Portogallo.

Pur appartenendo entrambi alla categoria innovatori moderati, la disamina delle loro politiche pubbliche ci ha portato a rilevare delle differenze sia in termini di interventi sia in termini di rendimento.

Con riferimento all’Italia, nel nostro lavoro, ci siamo preoccupati innanzitutto di verificare la costituzionalità di uno stato finanziatore e promotore dell’innovazione. In realtà, è possibile rilevare una molteplicità di disposizioni costituzionali dalle quali emerge la legittimità dell’ingerenza statale nella sfera economica, la quale come viene evidenziato nello studio non è stata oggetto di discussione dei padri costituenti. Le più importanti sono, senza dubbio, l’art. 41 che riconosce l’iniziativa economica privata come libera ma al tempo stesso la sottopone ai limiti della legge con il quale il pubblico potere definisce i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e l’art. 3, il quale, attribuisce alla repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine

economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

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Pertanto, in conformità con il dettato costituzionale e in linea con il nuovo indirizzo europeo, il legislatore italiano è intervenuto con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, noto anche come “Decreto Crescita 2.0”, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito dal Parlamento con L. 18 dicembre 2012 n. 221, così qualificandosi come il primo paese ad aver introdotto nell’ordinamento giuridico la definizione di nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico e ad aver predisposto a suo favore nuovi strumenti e misure di vantaggio che incidono sull’intero ciclo di vita dell’azienda, dall’avvio, fortemente semplificato alle fasi di espansione e maturità. Dall’altro canto, da un punto di vista pratico, la normativa non ha sortito gli esiti sperati. Tra i motivi, ha giocato un ruolo importante la scarsa propensione al rischio, emersa dall’incrocio dei dati forniti da Dealroom.co e Unimpresa, che ha determinato una seconda fase dell’azione governativa che si è concentrata sul venture capital al fine di rafforzarlo. Anche qui, va riconosciuto il merito alla politica italiana di aver identificato un’importante fattore culturale che limita le scelte economiche dei cittadini e di aver cercato soluzione in varie alternative. Le manovre più recenti hanno ampliato le risorse del Fondo di Garanzia e si sono fortemente impegnate nell’attrazione di capitale estero e nell’internazionalizzazione delle startup italiane, cercando di arrestare “l’emigrazione qualificata che sta vedendo

centinaia di migliaia di eccellenze abbandonare il Paese”.

Spostando il fulcro della nostra attenzione al Portogallo, nella nostra analisi, abbiamo constatato un impatto positivo significativo delle politiche nazionali nell’ecosistema, nel quale sono nate numerose startup di successo sia a livello nazionale che internazionale. L’innovazione è stata la chiave della ripresa dalla grave crisi in cui il paese versava ed è stata in grado di portare il

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Portogallo al centro dell’ecosistema innovativo europeo e non solo.254

Anche nel caso di specie, dall’analisi condotta non sono emersi limiti di legittimità costituzionale. L’art. 80 della costituzione portoghese definisce espressamente il sistema economico ad

“economia mista”, mentre una lettura congiunta degli artt. 86 e 100

consente di individuare le basi giuridiche per l’attività di sostegno realizzata dai pubblici poteri a favore dell’imprenditoria innovativa. Nell’art. 86 si individua il fondamento costituzionale dell’attività di supporto dello “stato a favore dell'attività di impresa, e in

particolare delle Piccole medie imprese”, mentre l’art. 100 nel

definire gli obiettivi della politica industriale evidenzia l’importanza che riveste l’innovazione industriale e tecnologica.

Tornando nel merito della trattazione, la politica pubblica portoghese si è mossa essenzialmente verso le seguenti direzioni: la semplificazione amministrativa con annesse deroghe di diritto commerciale e del lavoro e attrazione di risorse estere, così come in Italia. Inoltre, ha aumentato i propri investimenti in ricerca e sviluppo identificando l’istruzione quale terzo vettore strategico per la crescita economica e soprattutto ha sostenuto l’ecosistema in sé e non i singoli attori, mirando nei vari programmi alla creazione di

networks e a un clima di co-creation & participation.

Infine, merita di essere segnalato che il programma di attuazione della strategia Europa2020, Startup Portugal, ridisegnato nel 2018 appare già in linea con i prossimi programmi europei. Le

254 Come detto già in trattazione, nel 2015, il Comitato delle regioni europeo ha

premiato il Portogallo con il titolo di “European entrepreneurial region” per aver fatto di se stessa uno snodo economico importante sfruttando la posizione di confine con l’Atlantico.

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iniziative in esso veicolano, infatti, l’innovazione verso la risoluzione di specifici problemi di carattere sociale.

Detto ciò, impiegando come termine di raffronto la politica pubblica portoghese a sostegno dell’imprenditoria innovativa possiamo mettere in evidenza le analogie, le differenze e in particolare i punti forti e deboli di entrambe.

Il Portogallo presenta, senza dubbio, il demerito di una disciplina disorganica, anche se al contrario dell’Italia vanta la presenza di specifiche autorità che si occupano dell’innovazione ossia IAMPEI e il Ministero dell’Economia così come stabilito dalla legge 22 gennaio 2014, n. 11. Altro punto da migliorare sarebbe la scarsa apertura al fenomeno del crowdfunding, introdotto invece in Italia già nel 2012.

Con riferimento all’Italia invece, nonostante la presenza di una disciplina ben definita, sul piano dell’innovazione non possiamo che definirla un passo indietro. Mentre il Portogallo conta su un ecosistema forte e guarda a veicolare l’innovazione alla risoluzione di sfide globali, in Italia si risolvono ancora limiti strutturali quali l’assenza di risorse da investire.

L’impegno notevole del governo italiano si è tradotto in una buona politica pubblica, ma come emerge dall’analisi condotta, per poter godere di un ecosistema innovativo funzionale, essa è necessaria ma non sufficiente. Ciò che dal Portogallo si potrebbe apprendere è la capacità, in linea con il modello europeo, di aver fatto dell’innovazione concretamente un processo relazionale

collettivo. Università, Imprese e Stato ricercano tra loro occasioni di

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non è altro che la mobilità di conoscenze, idee, valori, risorse e strumenti.255

Gli ultimi eventi politici sembrano comunque di buon auspicio, sotto il nuovo governo è stato nominato, per la seconda volta nella storia italiana, un ministro per l’innovazione e nascerà, sotto Palazzo Chigi, il primo Dipartimento per la trasformazione digitale con l’obiettivo di scalare le classifiche europee e porsi tra le innovation

leaders.

255 In altre parole, tenendo in considerazione le categorie elaborate da Henry

Etzkowitz and Loet Leydesdorff, pare possibile ricondurre il modello di interazione portoghese al Tripla Helix model, mentre quello italiano, almeno per il momento, si configura più come un Etatistic model.

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