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CULTO DELL’URGENZA E PARADIGMA IPERMODERNO

Nel documento PROPOSTE PER UN DIRITTO DEL TERZO MILLENNIO (pagine 166-169)

TEMPO E DIRITTO: ALCUNE CONSIDERAZIONI A PROPOSITO DELLA TUTELA CIVILE DEI DIRITTI NELL’EPOCA DELLA GLOBALIZZAZIONE

3. CULTO DELL’URGENZA E PARADIGMA IPERMODERNO

Come accennato, al centro di moltissime riflessioni sociologiche contemporanee sta la constatazione che le immense trasformazioni economiche, tecnologiche, scientifiche che la società ha subito negli ultimi anni (e che oltrepassano la capacità umana di assimilarle) sembrano essere avere in comune il mutamento della concezione del tempo, o meglio, una rinegoziazione del suo significato13.

Non intendo qui alludere semplicemente a quella “infatuazione” per la velocità, tipica anche di altre epoche (si pensi a tutto ciò che ha rappresentato il movimento “futurista” di epoca prefascista, con la sua esaltazione del dinamismo, del movimento, dell’esagerazione, della glorificazione di un futuro percepito come esaltante: era l’epoca delle prime automobili, dei primi aeroplani, dei primi telegrafi, delle prime catene di montaggio); né soltanto a quel modo di vivere “veloce”, tipico della cultura del dopoguerra (si pensi ai fast food14, ai take away, allo speed dating ecc.).

Il fenomeno che qui si vuole sottoporre all’attenzione è - se così si può dire - più profondo e

12

BAUMAN, Zygmunt. Modernità liquida. Roma – Bari: Laterza, 2002. Su questi aspetti v. anche infra.

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Naturalmente, l’interesse sociologico per il tempo è ben più antico, e risale a Marx e a poi a Durkheim. Nella specifica accezione di cui nel testo, però, esso fu esaminato a partire dagli anni ottanta del secolo scorso (v., per la storia e gli Autori, LECCARDI, Carmen. Sociologie del tempo. p. 5).

14

Per l’utilizzo metaforico del fast-food, al fine di descrivere fenomeni come il lavoro, i viaggi, il tempo libero, la cura della persona, ecc., cfr. RITZER, George. Il mondo alla McDonald’s. Bologna: Il Mulino, 1997 (a cui si deve l’uso del termine McDonaldization, ossia “McDonaldizzazione” del nostro stile di vita).

complesso e riguarda piuttosto il fatto che fattori come il costante progresso delle tecnologie comunicative, la mondializzazione dell’economia e dei mercati (in una frazione di secondo, si possono “spostare” virtualmente capitali finanziari immensi)15, il trionfo di una logica mercificatoria, una flessibilità e una precarizzazione generalizzata, e via dicendo, hanno influenzato profondamente la nostra maniera d’essere, di fare e di rapportarci agli altri, di concepire i nostri sentimenti16, di vivere il lavoro17, il nostro mondo e l’esistenza intera18.

Non solo la nostra vita è stata resa più veloce, ma a essere mutato è stato proprio il rapporto tra l’individuo e tempo. Questo rapporto è ora spiegabile in termini di ambivalenza.

Da un lato, l’individuo è divenuto da soggetto, per così dire, governato dallo scorrere del tempo, a soggetto che lo vuole padroneggiare, forzare (si pensi all’illusione provocata dai nuovi mezzi di comunicazione, quali smartphone e social network, di poter annullare le distanze e di abolire il tempo, di vincere i suoi vincoli, di affrancarsi dal qui-e-ora), e di cui l’uomo vuole appropriarsene, per ricavare il massimo profitto («il tempo è denaro», recita l’equazione capitalistica).

Dall’altro lato, però, l’esigenza di adattarsi a ritmi di lavoro sempre più frenetici e standardizzati, e quindi l’estrema pressione cui l’individuo è sottoposto in ogni campo, ha fatto sì che egli fosse, a sua volta, dominato dal tempo, schiavo di una costante fretta, non solo nella sua vita professionale, ma anche in quella personale; prigioniero, insomma, di una prigione dalla quale tenta di evadere.

Se l’individuo vuole liberarsi dal tempo, e prova in ogni modo a negarlo, a neutralizzarlo, il tempo agisce nei suoi confronti come un tiranno. Ecco che per designare questa nuova condizione è fiorita una ricchissima letteratura sociologica, dai titoli emblematicamente simili: «tirannia dell’urgenza»19, «dittatura del tempo»20, «società dell’accelerazione»21, «culto dell’urgenza»22 e -

15

GALLINO, Luciano. Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi. Torino: Einaudi, 2011.

16

BAUMAN, Zygmunt. L’amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi. Roma – Bari: Laterza, 2003.

17

Da ultimo, GALLINO, Luciano. Vite rinviate: lo scandalo del lavoro precario. Roma – Bari: Laterza, 2014; in precedenza, GALLINO Luciano. Il lavoro non è una merce: contro la flessibilità. Roma – Bari: Laterza, 2007.

18

V. i risultati delle indagini empiriche raccolte da CRESPI, Francesco (a cura di). L’esperienza del tempo nella società contemporanea. Bologna: Il Mulino, 2005.

19

LAIDI, Zaki. La tyrannie de l’urgence. Montréal, Fides, 1999.

20

ERIKSEN, Thomas Hylland. Tyranny of the Moment. Fast and Slow Time in the Information Age. London: Pluto Press, 2001 (trad. it., Tempo tiranno. Velocità e lentezza nell’era informatica. Milano: Eleuthera, 2003).

proprio a indicare il particolare legame logico tra la contrazione del tempo e la perdita di stabilità – si è accostato la «hurried culture» (cultura della fretta) con la «nowist culture», (cultura del momentaneo)23.

Per rendere l’estremismo, l’esasperzione, l’eccesso, il “troppo”, questa condizione è stata chiamata «ipermoderna»24; anzi, il prefisso “iper” ha cominciato a essere utilizzato per identificare molti altri fenomeni: si è parlato, quindi, di ipercapitalismo25, iperterrorismo26, iperconsumismo27, iperpubblicità28, di iperdemocrazia29. Di conseguenza, “ipermoderno” è stato chiamato l’individuo che abita questo tipo di società30: egli è costretto continuamente a superarsi, a spingersi sempre oltre, a fare sempre di più e sempre meglio; continuamente sotto pressione, immerso in una brutale logica concorrenziale che lo spinge a concentrare tutte le sue energie nel raggiungimento di uno scopo, egli ha il dovere di essere, per così dire, sempre performante e adattabile. In un mondo “iper”, anche gli individui devono essere “iper-reattivi” e “iperfunzionanti”, come macchine (con tutto ciò, fra l’altro, che questo comporta sul piano delle patologie psicologiche31: comportamenti compulsivi, difficoltà della costruzione delle identità individuali, ansie e insicurezze generalizzate, perturbazione delle capacità relazionali e personali, dovute all’impossibilità di perseguire obiettivi a lungo termine; globalmente quella «corrosione del carattere» dell’«uomo flessibile» di cui parlava Richard Sennet32).

21

LECCARDI, Carmen. Sociologie del tempo. p. 26.

22

AUBERT, Nicole, ROUX-DUFORT, Christophe. Le culte de l'urgence. La société malade du temps. Paris: Flammarion, 2003.

23

BERTRMAN, Stephen. Hyperculture. The Human Costs of Speed. Westport: Praeger Pub, 1998.

24

ASCHER, François. La société hypermoderne. Paris: Broché, 2005; cfr. anche CODELUPPI, Vanni. Ipermondo. Dieci chiavi per capire il presente. Roma – Bari: Laterza, 2012.

25

ARIES, Paul. Le mésusage. Essai sur l’hypercapitalisme. Lyon: Parangon, 2007.

26

A partire dagli eventi del 11 Settembre 2001; cfr. HEINSBOURG, François. Hyperterrorisme. Paris: O. Jacob, 2001 (trad. it., Iperterrorismo. La nuova guerra. Roma: Meltemi, 2002).

27

RITZER, George. La religione dei consumi. Cattedrali, pellegrinaggi e riti dell’iperconsumismo. Bologna: Il Mulino, 2012.

28

CODELUPPI, Vanni. Iperpubblicità. Come cambia la pubblicità italiana. Milano: Franco Angeli, 2000.

29

RODOTÁ, Stefano. Iperdemocrazia. Come cambia la sovranità democratica con il web. Roma – Bari: Laterza, 2013.

30

AUBERT, Nicole, (dir.). L'Individu hypermoderne.

31

AUBERT, Nicole. Les pathologies hypermodernes: expression d’une nouvelle normalité? In International Review of Sociology - Revue Internationale de Sociologie, London, Routledge, 2008. p. 419.

32

Nel documento PROPOSTE PER UN DIRITTO DEL TERZO MILLENNIO (pagine 166-169)