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IL DIRITTO E LA PASSIONE DEL MODERNO

Nel documento PROPOSTE PER UN DIRITTO DEL TERZO MILLENNIO (pagine 140-150)

Maria Grazia Carnevale1

“I tempi moderni. Un termine, questo, che è come un sacco in cui si vorrebbero imprigionare i venti di Eolo; un termine che è la giustificazione ricorrente per non mettere mai le cose a posto, per metterle cioè non nel loro posto vero e oggettivo, bensì nel contesto immaginario di un’assurdità. Eppure in tutto questo è insita una consapevolezza.” Robert Musil, L’uomo senza qualità

Italo Calvino, nelle sue Lezioni Americane, ritiene la rapidità un valore in sé rintracciabile nella bellezza di un movimento velocemente perfetto, senza tuttavia rinnegare la necessità dell’indugio per raggiungere quella stessa perfezione. Si tratta di apprendere un sapiente gioco di continuità discontinue, oltre al segreto del ritmo, di catturare il tempo. La rapidità ci parla inevitabilmente del rapporto tra la velocità fisica e la velocità mentale, tra la corsa sfrenata del progresso e l’agilità sottile del ragionamento: oggi il diritto si trova a dover fare i conti proprio con il vortice dell’accelerazione. I cambiamenti politici e sociali sono all’ordine del giorno e con la loro immediatezza materiale chiedono risposte, rapide per l’appunto, al mondo giuridico, troppo abituato all’immobilismo. Il diritto non ha più tempo, ma chiede tempo.

Si avverte, quindi, sempre più la necessità di una descrizione strutturale adeguata delle caratteristiche del diritto moderno per scoprire quanto esso abbia a che fare con un’economia del tempo: eppure ci si imbatte da subito in una serie di paradossi. Innanzitutto, come ci avverte Niklas Luhmann, alla fine non si tratta che di “osservazioni della società moderna attraverso la società moderna”2; in altre parole, si ripropone il problema della “parodossia della descrizione del sistema compiuta all’interno del sistema (e quindi della descrizione che concorre a descrivere sé stessa)”3. In secondo luogo, “le caratteristiche del Moderno di oggi non sono quelle di ieri e

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Avvocato e Dottoranda in Filosofia del Diritto presso la Scuola Internazionale Dottorale Tullio Ascarelli dell'Università degli Studi di Roma Tre, sezione Diritto Europeo su base storico- comparatistica.

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LUHMANN, Niklas. Osservazioni sul moderno. Traduzione di Francesco Pistolato. Roma: Armando Editore, 2006, p. 10.

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nemmeno quelle di domani, e proprio in questo consiste la loro modernità”4, nell’essere sottoposte costantemente all’azione performativa del cambiamento. Tuttavia, “se i concetti storici, specialmente quelli politici e sociali, sono fatti apposta per cogliere e riunire gli elementi e le forze della storia”, è altrettanto vero che al di là delle determinazioni temporali sono quelle “contenutistiche a conferire peculiarità all’epoca presa in considerazione”5. Occorre riempire di contenuti la passione del moderno, da cui è affetto anche il diritto, se si vuole riscoprire la rapidità calviniana.

Ecco allora la domanda di Touraine6: la modernità può identificarsi con la razionalizzazione o, più poeticamente, con il disincantamento del mondo7? In altre parole può essere ridotta al trionfo della Ragione? Saremmo tentati di dire che questo è il modo in cui la modernità si è raccontata: tale definizione appartiene più che altro a meccanismi di “autodescrizione sociale”8. Possiamo leggere in questa chiave perfino la grande stagione della codificazione9 che portò, a partire dai primi dell’Ottocento, i grandi paesi europei a dotarsi di un codex, quale esito di un processo di razionalizzazione10 e sistematizzazione del diritto esistente. Conferire un ordine alla congerie dei dati normativi e agli usi stratificati nei secoli, eliminando contraddizioni e inutili retaggi del passato, vuol dire ancora una volta far uso della ragione in pubblico11. Un diritto certo e

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LUHMANN, Niklas. Osservazioni sul moderno. cit, p. 11.

5

KOSELLECK, Reinhart. Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici. Bologna: Clueb, 2007, p. 259.

6

Cfr. TOURAINE, Alain. Critica della modernità. Milano: Il Saggiatore, 1993.

7

L’intellettualizzazione del mondo, ad opera della scienza, ha prodotto il disincantamento del mondo, cioè la fine del ricorso a entità misteriose o trascendenti per spiegare i fenomeni naturali. Cfr. WEBER, Max, La scienza come professione. Milano: Rusconi, 1997.

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“E così i tentativi di caratterizzare il Moderno portano ad indicare elementi propri delle autodescrizioni sociali. Questo vale ad esempio per l’associazione del concetto di Moderno con le idee proprie dell’illuminismo della ragione”. LUHMANN, Niklas. Osservazioni sul moderno. p. 10.

9

Vedi ZIMMERMANN, Reinhard. Codification: History and Present Significance of an Idea. European Review of Private Law. n.3, 1995, p.95 ss.

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Secondo Max Weber, com’è noto, la codificazione rappresenta l’emblema della modernità in quanto forma di razionalizzazione del discorso giuridico. Il diritto, in questa prospettiva, si sviluppa passando, per tappe intermedie, da un formalismo magicamente condizionato sino ad arrivare a una razionalità giuridica e a una sistematica sempre più specializzata e, quindi, a un grado sempre maggiore di rispondenza alla logica e di rigore deduttivo. Cfr. WEBER, Max. Economia e società, III, Sociologia del diritto. Milano: Comunità, 1995, p. 188.

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“Ma quale limitazione è d'ostacolo all'illuminismo, e quale non lo è, anzi lo favorisce? Io rispondo: il pubblico uso della propria ragione dev'essere libero in ogni tempo, ed esso solo può attuare il rischiaramento tra gli uomini; invece l'uso privato della ragione può assai di frequente subire strette limitazioni senza che il progresso del rischiaramento ne venga particolarmente ostacolato. Intendo per uso pubblico della propria ragione l'uso che uno ne fa, come studioso, davanti all'intero pubblico dei lettori. Chiamo invece uso privato della ragione quello che ad un uomo è lecito farne in un certo ufficio o funzione civile di cui egli è investito”. Cfr. KANT, Immanuel. Che cos’è l’Illuminismo?. Udine: Mimesis, 2012.

uguale per tutti è una conquista della Rivoluzione Francese12, un diritto che non proviene dall’eternità e che non è valido da sempre e per sempre ha rinunciato alla formula “deo auctore”13 ed è diventato il prodotto di una decisione di uomini per altri uomini, “umano troppo umano” verrebbe da dire. Da qui la positivierung des Rechts (la positivizzazione del diritto)14, che è al tempo stesso trionfo del convenzionalismo.

O ancora il moderno è il regno dell’autodeterminazione individuale? Per questo i codici e più avanti le carte costituzionali e le dichiarazioni, le ultime grandi narrazioni messe in piedi dalla modernità, raccontano del passaggio “from status to contract”15, da un mondo del destino a un mondo della scelta: ossia di un processo per cui al complesso dei doveri originati dalla comunità di appartenenza si è gradualmente sostituito un sistema in cui gli obblighi scaturiscono dal libero accordo tra gli individui. Un’emancipazione definitivamente compiuta quando si comincia a parlare non più di cittadino e poi di soggetto di diritto, ma di persona, intendendo quest’ultima come la categoria universalizzante che meglio permette di dare evidenza alla vita individuale e alla sua immersione nelle relazioni sociali16. Riflettendo in generale sul ruolo del diritto, si è sottolineato che “faire de chacun de nous un ‘homo juridicus’ c’est la manière occidentale de lier les dimensions biologique et symbolique constitutives de l’être humain”17. E forse di consentire a ciascuno di sviluppare al meglio la propria personale ricerca della felicità, una delle promesse della modernità.

In realtà, il profetico imperativo di Arthur Rimbaud: “Bisogna essere assolutamente

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“Le lois civiles seront révues et réformées par les législateurs; et il sera fait un code général de lois simple, claire et appropiées à la Constitution”: così è scritto nell’art.19, tit.II, Legge 16-24 agosto 1790.

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Così esordiva la Constitutio Tanta di Giustiniano. La Constitutio tanta è una costituzione imperiale, emanata il 16 dicembre 533 dall'imperatore Giustiniano per promulgare il Digesto.

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LUHMANN, Niklas. Potere e complessità sociale. Milano: Il Saggiatore, 2010, p.181.

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Henry Sumner Maine credette d’individuare la direzione del progresso giuridico e sociale nel movimento dallo status al contratto, cioè nel passaggio graduale da una condizione personale di dipendenza dalla famiglia, intesa come l’unica fonte di diritti e di doveri, alla nascita di obbligazioni reciproche frutto del libero accordo tra gli individui. Lo status indica la condizione delle società primitive, in cui i rapporti personali e l’ordine sociale si fondano sul concetto di gruppo e si riducono a rapporti di famiglia in cui gli individui non sono liberi, poiché la loro posizione è determinata dal solo fatto della loro nascita e non è possibile cambiarla con un atto personale della volontà. Ognuno appartiene al proprio ordine, il quale “nelle società afflitte da una speciale perversione del diritto, diventa una casta”. Il contratto, invece, è una condizione caratteristica delle società progressive in cui gli individui, indipendenti e staccati dal proprio gruppo, vengono a far parte di un'associazione volontaria in cui possono occupare liberamente la propria posizione e determinare i propri rapporti giuridici. Cfr. MAINE, Henry Sumner. Ancient Law. Londra: Murray, 1861.

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Cfr. RODOTA’, Stefano. Dal soggetto alla persona. Napoli: Editoriale Scientifica, 2007.

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moderni”18 persegue e reifica fino al parossismo la smania del nuovo. Secondo Luhmann il moderno rinvia a una quantità di contingenza fuori dell’ordinario e vive nella consapevolezza di non riuscire pienamente a governarla19. Per definizione è contingente tutto ciò che non è né necessario né impossibile, si tratta, quindi, di un concetto che unisce due piani logici differenti, quello della necessità e quello della possibilità, decretando, però, la vittoria del secondo sul primo. “Chi è capace di intendere l’essere … unendo insieme… la necessità assoluta, dalla quale è, e la contingenza, senza la quale non è?”20 si chiedeva già Cusano nel Quattrocento: potremmo rispondere la modernità perché il segreto della contingenza è tutto racchiuso in una possibilità, che, nell’atto stesso di realizzarsi, diventa necessità. E quale possibilità più grande dell’essere diversi dalla necessità della tradizione? In fondo, il moderno è esso stesso un movimento incessante, che si nutre di una concezione del tempo unilineare e progrediente all’infinito, sebbene laicizzata. Il mutamento è istituzionalizzato come norma dal momento che vi è una crisi permanente della continuità del mondo sociale data dal modificarsi degli orizzonti materiali: al diritto spetta il compito di governarne gli effetti e limitarne i danni. La mutabilità e, di conseguenza, la transitorietà fanno ormai parte della definizione di moderno21 e del diritto moderno, quale noi oggi lo conosciamo: la retorica dell’emergenza, ingiustificatamente posta come eccezione, non ha più abbandonato il mondo giuridico e ha profondamente modificato il volto del potere legislativo, l’uso/abuso della decretazione d’urgenza22 ne è l’esempio più evidente. Anzi è stato addirittura mostrato come la costituzione d’emergenza23 nasconda, dietro il bisogno di fronteggiare situazioni estreme, il pericolo di decisioni arbitrarie e della cancellazione delle libertà civili: se l’eccezione si istituzionalizza, nel senso che si ricorre ad essa con troppa facilità, la normalità perde i suoi tratti distintivi, soprattutto si rischia di perdere garanzie e veder lesi diritti. Per non parlare delle mille riforme, sempre auspicate e mai attuate: “Se vogliamo

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RIMBAUD, Arthur. Addio, in Una stagione all’inferno. Milano: Rizzoli, 2012.

19

LUHMANN, Niklas. Osservazioni sul moderno. p. 59.

20

CUSANO, Niccolò. De docta ignorantia. in FEDERICI-VESCOVINI, Graziella. Cusano Niccolò. Opere filosofiche. Torino: UTET, 1972, p.112.

21

“La modernità è il transitorio, il fuggevole, il contingente” amava ripetere Baudelaire. Cfr. BAUDELAIRE, Charles. Il pittore della vita moderna. Venezia: Marsilio, 2002.

22

Vedi ex plurimis SIMONCINI, Andrea. Le funzioni del decreto legge. La decretazione d’urgenza dopo la sentenza n. 360/1996 della Corte Costituzionale. Milano: Giuffrè, 2003; GHIRIBELLI, Annalisa. Decretazione d’urgenza e qualità della produzione normativa. Milano: Giuffrè, 2011.

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Cfr. ACKERMAN, Bruce. La costituzione di emergenza. Come salvaguardare libertà e diritti civili di fronte al pericolo del terrorismo. Traduzione di Alessandro Ferrara. Roma: Meltemi, 2005.

che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”24 si legge nel Gattopardo. Si rincorrono le trasformazioni della società, spesso senza la consapevolezza che il diritto, tecnica25 tra le tecniche, ha i suoi tempi, anzi costituisce un contrattempo26.

A questo proposito è utile ripercorrere i modelli di mutamento giuridico proposti da L.M. Friedman nella sua opera intitolata al sistema giuridico “nella prospettiva delle scienze sociali”27. Friedman avverte innanzitutto che a) il concetto di mutamento giuridico va posto in chiave sistemica; b) che, inoltre, il mutamento deve riguardare elementi decisivi ed importanti – non marginali – del sistema; c) che il sistema giuridico deve essere assunto come funzionalmente variabile rispetto ai conflitti sociali e alle loro trasformazioni. Assumendo come indicatori il luogo d’origine del mutamento e il luogo di impatto finale si ricavano quattro tipi di mutamento: 1) un mutamento interno con effetti interni, che si esauriscono dentro il sistema giuridico; 2) un mutamento interno con effetti esterni, che cioè producono conseguenze fuori del sistema giuridico; 3) un mutamento esterno che si esaurisce all’interno del sistema giuridico; 4) un mutamento esterno che, filtrato dal diritto, produce i suoi effetti modificando il sistema sociale. Si può dire che nel primo caso si adottano rimedi tecnici di ammodernamento giuridico (i giuristi sanno ripulire la loro casa!); nel secondo il meccanismo giuridico assume la caratteristica di variabile indipendente rispetto alla società e diviene causa del mutamento sociale; nel terzo le leggi, la cultura giuridica, gli apparati subiscono modificazioni dovute all’incidenza del cambiamento di altri sistemi, senza che si producano necessariamente effetti di feedback, il quarto, infine, sarebbe weberianamente il tipo ideale di mutamento giuridico, presente, ad esempio, nei grandi fenomeni codificativi o di costituzionalizzazione dei diritti. Alla base, però, vi è sempre uno sbalzo di complessità tra sistema e ambiente, come afferma Luhmann28.

24

Cfr. TOMASI DI LAMPEDUSA, Giuseppe. Il Gattopardo. Milano: Feltrinelli, 1958.

25

Su questo punto, Kelsen è chiarissimo: nel suo scritto Diritto come specifica tecnica sociale (1941), egli dice che il diritto è un “ordinamento coercitivo che monopolizza l’uso della forza”. In particolare, secondo Kelsen il diritto è una tecnica sociale specifica basata su sanzioni negative centralizzate. Il diritto serve, come tecnica, per la riproduzione della vita sociale; controlla attraverso restrizioni, costrizioni, incentivi, la condotta dei consociati in direzione di una concivenza non violenta, di una minimale pace sociale. Cfr. KELSEN, Hans. Teoria generale del diritto e dello Stato. Milano: Etas, 1994. Alfonso Catania sostiene che “il mondo dei giuristi abbia sempre tenuto presente il rapporto diritto e tecnica, nel senso che ha sempre visto nel diritto uno strumento”. CATANIA, Alfonso. Purezza del diritto e politicità delle decisioni, in Nuove frontiere del diritto: dialoghi su giustizia e verità. Bari: Edizioni Dedalo, 2001.

26

Cfr. RESTA, Eligio. Il diritto vivente. Roma-Bari:Laterza, 2008.

27

Cfr. FRIEDMAN, Lawrence M.. Il sistema giuridico nella prospettiva delle scienze sociali. Traduzione di Giovanni Tarello. Bologna: Il Mulino, 1983.

28

Il mutamento, insomma, resta un concetto relazionale: implica il confronto tra due situazioni, tra un prima e un dopo. La società, che si chiamerà poi moderna, tenta di risolvere i suoi problemi di auto-osservazione e di auto-descrizione guardando alla dialettica temporale: lì, infatti, trova la propria chiave di volta: nel presente, “diventato la categoria della comprensione di noi stessi”29 e nel futuro, così carico di promesse, eppure senza avvenire. Effettivamente si ritiene il presente la dimensione temporale sulla quale l’esperienza dei moderni tende a schiacciarsi: due figure ce lo ricordano, l’avventuriero tracciato da Simmel30 e il giocatore di cui parla Benjamin31. Il primo vive dell’avventura, proprio nella misura in cui essa è slegata dalla concatenazione con ciò che la precede e la segue, il secondo condensa tutto nel momento della puntata al tavolo da gioco, pronto a ripeterla un attimo dopo. È vero che il futuro con la sua carica emancipativa e liberatoria bussa con insistenza alla porta dell’oggi: eppure la modernità non è ancora in grado di capire sé stessa in maniera sufficiente e nasconde l’imbarazzo di non sapere cosa stia esattamente succedendo. Non a caso Charles Baudelaire concepì l’innovativa esperienza lirica dei suoi Les Fleurs du Mal (siamo nel 1857) come un “viaggio [… ] nelle profondità dell’ignoto per trovare il nuovo”32 e più tardi Marinetti invitò ad “uscire dalla saggezza come da un orribile guscio…per darsi in pasto all’Ignoto”33. Si viaggia verso ciò che non si conosce oppure si cerca di “riattizzare nel passato la scintilla della speranza”34?. “L’ingresso nella stanza del passato, fino ad allora chiusa, coincide con l’azione messianica”35 di redenzione di cui il modernus si fa carico: l’angelus novus del progresso ha lo sguardo rivolto al passato mentre la bufera lo spinge in avanti36. Guardarsi indietro è forse la soluzione?

La modernità allora percepisce con maggiore intensità delle altre epoche lo scorrere del

29

NORA, Pierre. Les lieux de memoire, III, La France. I. Paris: Gallimard, 1992, p.24.

30

SIMMEL, George. L’avventura. in SIMMEL, George. La moda e altri saggi di cultura filosofica. Milano: Longanesi, 1985, p.15.

31

Cfr. BENJAMIN, Walter. Angelus Novus. Saggi e frammenti.

32

RINCE’, Dominique. Baudelaire o la modernità poetica. Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 1993, p.33.

33

MARINETTI, Filippo Tommaso. op.cit., p.2.

34

Cfr. BENJAMIN, Walter. Sul concetto di storia. Torino: Einaudi, 1997.

35

Cfr. BENJAMIN, Walter. Sul concetto di storia.

36

“C’è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l’angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera”. BENJAMIN, Walter. Angelus novus. Saggi e frammenti. Torino: Einaudi, 1962, pp. 76-77.

tempo e si serve, per identificarsi, di un rapporto di differenza con il passato: può considerarsi solo come coscienza di sé, del trovarsi ad un punto di rottura insanabile, consapevoli della propria irreversibile e irripetibile alterità, della propria unicità. Essa non guarda a ciò che è stato con ammirazione, ma col distacco del senso storico: già Nietzsche aveva individuato nella storia antiquaria il rischio di una cieca furia collezionistica, di una raccolta incessante di tutto ciò che una volta è esistito in grado di soffocare ogni spirito vitale37, e Marinetti incitava i Futuristi a non “sprecare tutte le vostre forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti”38. Alla base vi è il rifiuto di un duraturo rapporto con la tradizione e col suo carico di regole restrittive, anzi l’abiura totale non di un anonimo e indistinto antico dal valore tuttavia paradigmatico, bensì di un’eredità troppo pesante da sopportare, fatta di errori e superstizioni. L’uscita dell’uomo dallo stato di minorità imputabile kantianamente39 solo a sé stesso implica un coraggioso “sapere aude”: un percorso iniziato col cogito di Cartesio40 e terminato con l’Aufklärung auspicata da Kant41. La modernità si caratterizza allora per una specifica relazione con l’actio dell’attualità: ha un rapporto agonico e politico con essa, si delinea come compito e non come epoca, perché occorre rischiarare con i lumi della ragione un’umanità avvolta dalle tenebre42.

Se come ci ricorda Kraus “quanto più da vicino si osserva una parola, tanto più lontano essa rimanda lo sguardo”43, soffermarsi sulla semantica storica è davvero utile. Non a caso, Koselleck, di fronte all’espressione usata per designare il Moderno ossia Neuzeit (tempo nuovo) nel mondo

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NIETZSCHE, Friedrich Wilhelm. Sull’utilità e il danno della storia per la vita. Seconda considerazione inattuale. Traduzione di Sossio Giametta. Milano: Adelphi, 1974.

38

MARINETTI, Filippo Tommaso. Fondazione e Manifesto del futurismo. “Figaro”, Parigi, 20 febbraio 1909, p.1; ora in SCRIVO, Luigi. Sintesi del Futurismo. Roma: Bulzoni, 1968, pp.2-3.

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“L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi

Nel documento PROPOSTE PER UN DIRITTO DEL TERZO MILLENNIO (pagine 140-150)