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DIRITTO E LETTERATURA

LA VITA TRA DIRITTO E NON DIRITTO. FUTURO ALLE SPALLE?

8. DIRITTO E LETTERATURA

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BRUNER J., La fabbrica delle storie. Letteratura, Diritto, Vita, Roma - Bari, 2002

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CESERANI R. e BERNARDELLI A., Il testo narrativo, Ed. Il Mulino, Bologna, 2005

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Tanto afferma nel discorso dal titolo Un volto non comune- pubblicato nel volume: Iosif Brodskij, Dall’esilio, Adelphi, Milano 1988 - tenuto nel 1987, in occasione della cerimonia di conferimento del Premio Nobel

Altra pronuncia (Corte di Cassazione, sent. nr. 7041 del 6 marzo 2013 che riguarda il noto e triste caso del bambino di Cittadella), in senso diametralmente opposto, stabilisce che :‘‘una C.T.U. che si fondi sulla PAS – quale malattia–costituisce una mera devianza della scienza medica e come tale non può costituire oggetto per l’adozione di un provvedimento giurisdizionale; dove ciò avvenga l’effetto sarà certamente la demolizione del processo per un nuovo esame in cui a governare il processo siano la legge e la scienza (…)’’.

8. DIRITTO E LETTERATURA

Quanto su detto ci mostra chiaramente che non c’è spazio per una teoria «pura», del diritto. Ed ecco emergere anche il rapporto tra letteratura e diritto che, secondo Bruner, ognuno a suo modo, descrivono la realtà sociale in cui hanno radici comuni.

Attraverso la letteratura e la narrazione che è il cuore della stessa, si parla e si interpreta la realtà. Attraverso le storie si riesce a conoscere il passato a recuperare il tempo del vissuto, in tal modo costruendo una memoria individuale e sociale. Senza la narrazione non sarebbe possibile rielaborare l’esperienza e gestire il presente stesso24.

Nel diritto -specifica sempre Bruner - vi sono molteplici costruzioni narrative. Si pensi ai contenuti di una legge in cui si riversano le rappresentazioni e le interpretazioni del legislatore che derivano da un tessuto di storie proprie alla loro comunità di riferimento , per non parlare delle sentenze dei giudici che sono una narrazione in fatto e in diritto . Ma anche i testimoni nel narrare i fatti accaduti procedono per storie e gli stessi avvocati nell’arringa rendono attraverso la narrazione le conclusioni del caso secondo la tesi difensiva proposta.

Quando, poi, si parla di narrazione non ci si deve riferire solo alla comunicazione scritta o verbale di una “storia”, in quanto si racconta anche attraverso la musica, la pittura , il cinema, la fotografia e attraverso ogni altro genere di produzione culturale 25.

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FALZEA, Sistema culturale e sistema giuridico , in Riv. Dir. Civ. 1988

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PERGOLESI Ferruccio, Diritto e giustizia nella letteratura moderna narrativa e teatrale, Ed. Cedam, 1949

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Si veda di NUSSBAUM Martha C. : L’intelligenza delle emozioni , Il Mulino (collana Biblioteca paperbacks), 2009 ; Il giudizio del poeta. Immaginazione letteraria e vita civile, Feltrinelli , 1996

unicità, dell’individualità, della separatezza, trasformandolo da animale sociale in un Io autonomo….permettendogli così di “vivere una vita propria, di cui sia padrone, non già una vita imposta e prescritta dall’esterno” e ciò riesce a farlo introducendo delle varianti al consueto e trasformando “ogni piccolo zero in un piccolo volto […] umano”.

Tale “intimo rapporto” tra letteratura –nell’accezione più vasta del termine- e diritto, è stato già professato anni or sono dal Petrarca per poi essere ripreso, tra gli altri , dal Falzea e trova la massima espressione in molti scritti di Hannah Arendt.

Per il Falzea27, il diritto appartiene alla cultura infatti, “i caratteri incontroversi del diritto sono, com’è noto, la umanità e la socialità; il carattere emergente della realtà umana, ed anche questo è noto, è la spiritualità; e poiché la spiritualità nella dimensione sociale costituisce la cultura, ne segue che il diritto, in quanto fenomeno umano e sociale, non può non appartenere alla cultura”.

Nel saggio della Arendt sulla «banalità del male» vengono analizzati i problemi morali, politici e giuridici sollevati dal processo .

Secondo quanto affermava anche Ferruccio Pergolesi28, tra i primi che si è occupato in Italia del rapporto tra «diritto e letteratura», a partire dal suo saggio del 1927, dato che nella vita facciamo continuamente del diritto anche senza accorgercene, la letteratura – che in definitiva riflette la vita – si trova permeata dal diritto.

Il diritto e la scienza giuridica non possono essere estranei a fenomeni come questi e certamente il diritto non si incontra solo con la letteratura ma con la psicologia, le neuroscienze, la genetica, la robotica, etc.

E dell’interazione del diritto con la cultura e le altre branche del sapere scrive in modo sublime Martha C. Nussbaum in diverse sue opere29.

L’Autrice con convinzione reagisce “all’isolamento del fenomeno giuridico in una visione astratta, tecnicista, neutralista, dalla quale sfumi ogni senso di morale coinvolgimento e

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PATTI M. , paper dal titolo : “Adolescenze “criminali”: minori che uccidono e che commettono crimini efferati. Fattori neurobiologici di “influenza” e imputabilità. Risposte istituzionali e percorsi di intervento. I risultati di una ricerca”, presentato nel maggio 2014 in Padova , al Congresso di Neuroetica : “Uno sguardo da quale mente? La prospettiva neuroetica”.

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CARBONNIER J., Flessibile diritto. Per una sociologia del diritto senza rigore, trad. it. di A. De Vita, Milano, Giuffrè, 1997.

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Arnaud, Jean Carbonnier. Un juriste dans la cité, Paris, Lgdj (Collana Droit et Société, Classics) 2012, p. 29.

responsabilità» e lo fa riservando alle EMOZIONI , come già Lucrezio e Seneca, lo spazio di ” una forza fondamentale per la giustizia sociale e la difesa degli oppressi” in quanto una vita prosciugata dalle emozioni rappresenterebbe per l’uomo una contradictio in adiecto.

Pertanto le istituzioni devono coltivare le emozioni , il che vuol dire anche che devono non solo “proteggere” , ma anche promuovere tutta l’espressione artistica in cui si articola la vita dell’individuo che è arte –nel senso ampio del termine - essa stessa .

Tempo fa, (precisamente nel maggio 2014) al Congresso di Neuroetica in Padova, in cui ho avuto l’onore di esporre un mio lavoro 30 , andavo a dire che per ri – educare il giovane che delinque, prima di tutto è necessario trasmettere delle emozioni positive. I ragazzi che commettono crimini, molte volte, presentano proprio a carico del sistema cerebrale lesioni al centro delle emozioni, una disabilità mentale a carico dei regolatori delle emozioni , della percezione della realtà e del controllo degli impulsi. Goleman, nel suo libro sull’intelligenza emotiva parla proprio di “educazione alle emozioni”.

Ma anche le c.d. “persone normali”, a volte non colgono le emozioni, risvegliarle può contribuire a far sì che il sistema non solo giuridico ma anche sociale migliori a livello di sicurezza, di efficacia, di garanzia . L’educazione alle emozioni dovrebbe partire dalle istituzioni per poi passare dalle varie realtà sociali - e in una sorta di interplay - fino ad arrivare al singolo e viceversa.

Si propone un non –diritto? No, questa idea di giustizia, non va ascritta al non droit, quanto al diversamente morale o giuridico.

Quando il Carbonnier parla di «Diritto del Non-Diritto» e di «Diritto al Non-Diritto» intende dire che il diritto stesso debba confrontarsi con il proprio contrario, facendo sì che ogni definizione sia ipotetica e provvisoria, in continua metamorfosi, non definibile una volta per tutte 31 . Ogni definizione del diritto esige, il passaggio per l’immaginario, il simbolico. Carbonnier parla, proprio di «Attraversamento del Simbolico» 32.

Solo nel rapporto col proprio contrario ( con il non-diritto, ossia con le altre sfere sociali, altrettanto capaci di regolazione normativa), il diritto si può cogliere nella sua totalità.

E il rapporto tra diritto e non diritto risiede nel tempo, nelle trasformazioni che attraversano le epoche, nella storia, in un complesso intreccio che lega passato e presente – che si integrano , si spiegano e si “sorreggono” a vicenda - alla volta del futuro che deve essere espressione dell’identità umana . In mancanza, si incorrerebbe in una perdita della coscienza con lo scadimento alla posizione di automi. Tale conclusione mi riporta a quello che è il “titolo”, o meglio la traccia data al lavoro de quo.