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Il c.d “aggiustamento” dei processi di mafia La sentenza Prinzivalli

pervenuta la quinta Sezione della Cassazione attiene all’ampia casistica giudiziaria del c.d. “aggiustamento” di processi di mafia, in cui il magistrato si rende disponibile a pilotare processi penali in maniera tale da raggiungere un esito favorevole per l’associazione. La rilevanza pratica della questione trova del resto una conferma nella circostanza che sia stata oggetto di ben due delle pronunce a Sezioni unite che si sono occupate del “concorso esterno” (la sentenza Demitry e la sentenza Carnevale).

Nel caso di specie si richiedeva in particolare di accertare la responsabilità a titolo di concorso eventuale nel reato associativo di cui all’art. 416bis c.p. di un magistrato, per aver condotto una gestione imparziale del dibattimento al fine di avvantaggiare l’associazione mafiosa cui appartenevano degli imputati accusati di essere mandanti di alcuni omicidi “eccellenti”, tramite, ad esempio, l’accoglimento puntuale delle richieste della difesa, anche se meramente dilatorie, l’emanazione di un parere negativo in ordine alla richiesta di misure di protezione per i giudici popolari, l’effettuazione di pressioni e minacce nei confronti di un altro giudice togato, e, infine, la manipolazione della motivazione della sentenza di assoluzione166.

La Corte di Cassazione, ribaltando la sentenza impugnata, ha concluso « clamorosamente »167 per la colpevolezza del magistrato che, indipendentemente dal condizionamento degli altri membri del collegio giudicante, aveva comunque

166 Cass. pen., Sez. V, 20 aprile 2006, n. 16493, Prinzivalli, in Dir. pen. proc., 2006, 1112,

con nota di A.CORVI,Il concorso esterno del magistrato nell’associazione di tipo mafioso. Sull’attività di aggiustamento dei processi da parte di soggetti non organici, vedi anche per il passato Cass. pen., Sez. I, 6 giugno 1994, Bargi, in Giust. pen., 1995, II, c. 18 e Cass. pen., Sez. I, 3 giugno 1994, Della Corte, in Riv. pen., 1994, 114, con nota di A.TENCATI, Favoreggiamento e partecipazione nell’art. 416bis del codice penale.

assicurato il suo atteggiamento favorevole agli imputati: «[…] rimosso, infatti, l’estremo argine contro le malefatte del sodalizio criminale, Cosa Nostra si rinvigorisce della nuova linfa rappresentata dal contributo del magistrato colluso, ottenendo risultati favorevoli nell’immediato»168.

A distanza di un anno dalla sentenza Mannino, che fa leva sulla irrinunciabilità della struttura condizionalistica dell’accertamento causale secondo lo schema logico del giudizio controfattuale, è seguita una pronuncia in cui riemerge una nozione di adeguatezza della condotta di concorso nel reato associativo, in funzione di mera idoneità ex ante, e dove manca qualsiasi traccia di un accertamento che sia realmente condotto ex post. Si fa solo un cenno ai risultati favorevoli nell’immediato, senza puntualizzare in cosa essi si siano tradotti.

A stupire ancora di più è il richiamo operato dalla Corte a una condotta idonea ad aumentare il senso di sicurezza fra gli appartenenti al sodalizio, per il tramite della categoria della causalità psichica da rafforzamento dell’organizzazione criminale la cui validità era stata chiaramente respinta dalle Sezioni Unite Mannino. In quell’occasione, la Suprema Corte aveva avuto modo di soffermarsi sui rischi derivanti dall’impiego della causalità psichica da rafforzamento nella materia de quo, rilevando che questa rappresenti sovente un espediente per colmare l’assenza di una prova dell’effettiva incidenza causale del contributo materiale per la realizzazione del reato.

Il ragionamento seguito dal giudice di secondo grado, che aveva sollevato l’intervento delle Sezioni Unite, non era peraltro così dissimile rispetto a quello svolto nella pronuncia Prinzivalli, giacché in tale occasione si era fondata la responsabilità penale di un noto esponente politico a titolo di concorso nel reato associativo sulla sua capacità di aumentare il senso di sicurezza degli associati, rafforzati dalla sola rappresentazione di poter contare sulla disponibilità manifestata dall’imputato. Nel richiedere una condotta che insinui nei membri dell’associazione criminosa la fiduciosa consapevolezza di poter contare sul sicuro apporto del “concorrente esterno”, si finirebbe tuttavia, come per l’appunto hanno avuto modo di sottolineare le Sezioni Unite, con il legittimare

una nozione debole di causalità, sconfinante entro il pericoloso territorio dell’aumento del rischio fino a determinare un’eccessiva espansione dell’area della responsabilità penale.

Di questi rischi non sembra tuttavia essersi fatta carico la Suprema Corte nel caso Prinzivalli, nel pervenire a una condanna del magistrato a titolo di “concorso esterno” in associazione mafiosa, quando i fatti commessi dall’imputato avrebbero potuto comunque essere ricondotti sotto la fattispecie di corruzione in atti giudiziari, in relazione alla quale si era peraltro raggiunta la prova della percezione di denaro da parte del magistrato in cambio dei suoi favori, diversamente rispetto a quanto accade sovente nella pratica giudiziaria169.

Per poter affermare la penale responsabilità del magistrato “colluso”, non basta invero una contiguità, né tantomeno la mera disponibilità a recare il suo contributo alla conservazione o al rafforzamento dell’organizzazione criminosa, e quindi la sola prova del venir meno dell’imparzialità di uno dei giudici, occorrendo piuttosto dimostrare che la sua opinione abbia concretamente condizionato i giudici del collegio e manipolato il processo decisionale e il verdetto170.

169 Il magistrato che nello svolgimento delle sue funzioni, per denaro o per altra utilità,

compie un atto contrario ai doveri del suo ufficio per favorire uno o più associati mafiosi sottoposti a procedimento penale, commette il reato di corruzione in atti giudiziari punito dall’art. 319ter c.p., che dispone la reclusione da tre a otto anni. Ai sensi dell’art. 321 c.p., la stessa pena si applica anche al corruttore e all’eventuale intermediario, potendosi applicare inoltre l’ulteriore circostanza aggravante di agevolazione della consorteria mafiosa di cui all’art. 7 del d.l. n. 152/1991.

170 A.C

ORVI, Il concorso esterno, cit., p. 1121. Già le Sezioni Unite Carnevale, 30 ottobre 2003, cit., avevano avuto modo di affermare che qualora si sostenga che una determinata decisione collegiale, anziché il prodotto di una autonoma scelta collettiva, rappresenti il risultato raggiunto attraverso la alterazione del regolare procedimento formativo della volontà collegiale, addebitabile a un singolo soggetto, «occorre fornire prova rigorosa di una condotta, da parte di quest’ultimo, se non di vera e propria coartazione e prevaricazione, almeno di concreto condizionamento esercitato sulla volontà dei componenti del collegio o di qualcuno di essi, che si siano perciò orientati ad operare proprio in funzione di quell’illecito intervento».

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