• Non ci sono risultati.

Il dolo del concorrente eventuale, tra consapevolezza e volontà di contribuire al

Nel documento Il "concorso esterno" nei reati associativi (pagine 142-146)

« Come non si può avere concorso senza azione, non si può avere neppure concorso senza volontà »259. Perché si possa configurare un concorso nel reato, accanto all’elemento oggettivo deve sussistere anche l’elemento soggettivo. In cosa consiste l’elemento soggettivo dell’extraneus che apporti un contributo alla societas sceleris?

Ogni volta che ci si accinge ad analizzare l’elemento psicologico richiesto ai fini della configurabilità del concorso eventuale nel reato associativo è importante avere chiari i contenuti del dolo di concorso nel reato.

Un grande Maestro insegna in modo molto lineare che al concorso di persone nel reato si applicano i principi generali in materia di dolo, sicché tutto quanto costituisce il fatto criminoso deve riflettersi nella rappresentazione e volontà del soggetto agente260.

Da un punto di vista oggettivo, la condotta dell’extraneus, che viene tipizzata tramite l’indagine sul rapporto di causalità, deve essere condizione necessaria alla permanenza e al funzionamento della struttura associativa. Ne deriva, allora, che nell’oggetto del dolo dovranno rientrare sia gli elementi essenziali del fatto tipico descritto dalla disposizione incriminatrice, sia il contributo causale arrecato alla conservazione o al rafforzamento del sodalizio. Il concorrente eventuale dovrà avere il dolo generico consistente nella consapevolezza e volontà di contribuire alla conservazione e al rafforzamento dell’associazione, senza che sia rinvenibile in lui la c.d. affectio societatis, la

259 F.CARRARA, Programma del corso di diritto criminale, Vol. I, 11a ed., Unione tipografico-

editrice torinese, 1924, § 342 e ss..

260 M.GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, cit., pp. 95 e ss.. Per la

visione normativa del dolo, si veda in particolare M.TRAPANI, La divergenza tra il voluto e il realizzato, Giappichelli, 2006, pp. 172 e ss..

volontà di far parte dell’associazione, tipica della condotta del partecipe dell’associazione criminosa.

Questione interessante attiene peraltro a quella peculiare finalità che viene ricondotta all’interno della categoria del dolo specifico. Le norme che disciplinano i reati associativi richiedono infatti la sussistenza di un dolo specifico, fondamentale per dotare queste figure delittuose di un seppur minimo grado di configurazione tipica, supplendo così alle deficienze in tema di descrizione della condotta261. Anzi, nei reati associativi è proprio il dolo specifico ad assumere una funzione decisiva nell’esprimere quel limite fondamentale che l’ordinamento pone alla libertà di associazione.

Tutti i partecipi, semplici o qualificati, devono condividere il fine illecito perseguito dall’associazione e non semplicemente rappresentarselo negli altri, mentre il concorrente eventuale non dovrà condividere la peculiare finalità, risultando sufficiente la sola rappresentazione del dolo specifico altrui.

Questo è perfettamente coerente con i principi generali in materia di concorso di persone nel reato, poiché si ritiene ormai pacificamente che ai fini della punibilità di un concorso in un reato a dolo specifico sia sufficiente la consapevolezza dell’altrui agire con la particolare finalità richiesta dalla fattispecie incriminatrice, senza che si debba rinvenire il dolo specifico in ciascuno dei concorrenti nel reato262.

Ebbene, mentre il socio ha come scopo quello di far conseguire all’associazione i fini suoi propri, il concorrente, pur perseguendo fini del tutto personali, avrebbe la coscienza del fatto che la sua condotta potrebbe fornire un contributo alla realizzazione degli scopi della societas sceleris.

La consapevolezza che sul piano oggettivo la disciplina del “concorso esterno” sia connotata da un deficit di tipicità ha tuttavia indotto la

261 L’art. 416 c.p. esige ad esempio che ogni associato agisca con un dolo generico, il cui

oggetto è rappresentato dalla propria condotta associativa e dall’associazione nel suo complesso, e con un dolo specifico, costituito dallo scopo di commettere più delitti. Anche le condotte associative di cui all’art. 416bis c.p. richiedono un dolo generico consistente nella consapevolezza e volontà di contribuire all’associazione che si avvale del metodo mafioso ovvero della commissione di atti d’intimidazione, e un dolo specifico che ricomprende però finalità che vanno ben oltre la commissione di delitti per la connotazione imprenditoriale e l’influenza che si intende eserciatre sul sistema politico.

giurisprudenza, a partire dalla sentenza Carnevale, a escludere sul piano soggettivo la forma meno intensa del dolo, il dolo eventuale.

Mentre in una prima fase si presumeva che il concorrente, pur consapevole dell’efficienza causale del contributo prestato rispetto al rafforzamento o al mantenimento in vita dell’organizzazione, potesse disinteressarsi della strategia complessiva e degli scopi ultimi che la stessa intendesse perseguire263, si è successivamente iniziato a ritenere necessario quantomeno il dolo diretto. Il concorrente deve voler recare con il suo contributo un rafforzamento dell’associazione e altresì contribuire, sia pure in parte, al raggiungimento dei fini criminosi dell’organizzazione medesima264.

Questo è il significato insito nelle parole delle Sezioni Unite Mannino quando richiedono che « […] il concorrente esterno, pur sprovvisto dell’affectio societatis e cioè della volontà di far parte dell’associazione, sia altresì consapevole dei metodi e dei fini della stessa (a prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indifferenza per siffatti metodi e fini, che lo muovono nel foro interno) e si renda compiutamente conto dell’efficacia causale della sua attività di sostegno, vantaggiosa per la conservazione o il rafforzamento dell’associazione: egli “sa” e “vuole” che il suo contributo sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio »265. Sembra dunque che l’agente debba accettare e perseguire la realizzazione dell’obiettivo criminoso come risultato certo o comunque altamente probabile della propria condotta, a prescindere dagli ulteriori scopi avuti di mira266.

La restrizione dell’elemento soggettivo del concorrente eventuale al solo dolo diretto è stata oggetto di critiche da parte di chi ha constatato come, per tal via, si finisca col richiedere un tipo di atteggiamento che è proprio del

263 Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 5 ottobre 1994, n. 16, Demitry, cit.. 264 In tal senso, G.S

PAGNOLO, L’associazione di tipo mafioso, cit., p. 139 e G. LATTANZI, Partecipazione all’associazione criminosa e concorso esterno, cit., 3137.

265 Cass. pen., Sez. Un., 12 luglio 2005, n. 33748, Mannino, cit..

266 In questo senso vedi anche Cass. pen., Sez. V, 9 marzo 2012, n. 15727, in Guida dir.,

partecipe267. L’esperienza empirica dimostra che l’estraneo agisce, per contro, quasi sempre perseguendo interessi egoistici, con la consapevolezza sì di recare un vantaggio alla societas sceleris, ma non certo con la volontà in senso stretto di contribuire alla realizzazione del programma criminoso.

E si può aggiungere dell’altro, ossia che la scelta della Cassazione non trovi alcun fondamento normativo, potendosi piuttosto giustificare alla luce di principi politico – criminali, nel tentativo di evitare incongrue imputazioni di responsabilità dovute al largo uso di massime di esperienza nei processi di criminalità organizzata268. Si vorrebbe cioè porre un argine all’eccessiva estensione dell’area del penalmente rilevante che si avrebbe sul versante dell’elemento oggettivo, assegnando all’elemento soggettivo il compito di controbilanciare i rischi insiti nell’adozione del solo strumento causale per punire le condotte di sostegno alle associazioni di tipo mafioso.

Delle incongruenze derivanti dalla restrizione dell’elemento soggettivo del concorso nel reato associativo al solo dolo diretto sembra essersi fatta legittimamente carico la giurisprudenza più recente, nella quale è emersa la preoccupazione che un discrimen basato sul solo requisito della affectio societatis possa rendere estremamente labile la linea di confine tra condotta partecipativa e condotta esterna269.

Al riguardo deve apprezzarsi la seconda sentenza Dell’Utri, che pare discostarsi dall’orientamento predetto quando non richiede nell’extraneus la volontà di perseguire metodi e fini dell’organizzazione né tantomeno di condividerli, bensì la mera consapevolezza in ordine agli stessi a prescindere dalla loro condivisione, che anzi può avversare270. Perché sia configurabile il

267 In tal senso, G.F

IANDACA, Questioni ancora aperte in tema di concorso esterno, in Foro it., 2012, 527.

268 V.M

AIELLO, Concorso esterno in associazione mafiosa, cit., p. 166.

269 Vedi, ad esempio, Cass. pen., Sez. II, 20 aprile 2012, Giglio, in C.E.D. Cass., n. 252827. 270 Cass. pen., Sez. I, 9 maggio 2014, n. 28225, Dell’Utri, in C.E.D. Cass., n. 260940,

afferma infatti che: « […] la particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta […] quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volontà di interarire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produzione dell’evento lesivo del “medesimo reato” […] il concorrente esterno, pur sprovvisto dell’affectio societatis e, cioè, della volontà di far parte dell’associazione, deve essere consapevole

dolo di contribuzione sarà allora sufficiente che l’estraneo presti volontariamente il suo contributo, nella consapevolezza dell’effetto vantaggioso che potrebbe ricavarne l’associazione criminale271.

Quello su cui ci pare doveroso riportare l’attenzione è quindi l’errore in cui talvolta incorre la giurisprudenza nel considerare l’elemento soggettivo come un criterio sussidiario destinato a colmare i vuoti probatori sottostanti all’impossibilità di accertare pienamente il nesso causale integrante la fattispecie oggettiva del reato. Ma non servono troppe parole per ricordare come il primo passo verso la responsabilità penale sia l’accertamento della fattispecie oggettiva del reato, e solo in un momento successivo soccorra l’individuazione dell’elemento psicologico.

3. I rapporti tra concorso eventuale nel reato associativo e

Nel documento Il "concorso esterno" nei reati associativi (pagine 142-146)

Outline

Documenti correlati