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Un’interessante pronuncia della Cassazione (n 18797/2012) sul ruolo del

Nel documento Il "concorso esterno" nei reati associativi (pagine 107-110)

5. Altre pronunce sulle condotte dei professionisti appartenenti alla c.d borghesia

5.1. Un’interessante pronuncia della Cassazione (n 18797/2012) sul ruolo del

mafioso.

Nel 2012 una pronuncia della Suprema Corte190 ha colto l’occasione per riprendere la tematica della rilevanza penale di condotte di professionisti rientranti in quella generale categoria della c.d. borghesia mafiosa, pronunciandosi su un’ordinanza del Tribunale del riesame di Milano confermativa della misura della custodia cautelare in carcere di un medico accusato di aver consapevolmente fornito un apporto esterno all’associazione mafiosa, ricoprendo il ruolo di collegamento tra i membri del sodalizio criminoso e ambienti istituzionali, politici imprenditoriali, e mettendo anche in contatto i membri del sodalizio con appartenenti all’ordine giudiziario.

La Suprema Corte si preoccupa anzitutto di ricordare come la differenza tra partecipante organicamente inserito e “concorrente esterno” vada rinvenuta nel fatto che il “concorso esterno” sussiste in capo alla persona che, priva della affectio societats, ossa della consapevolezza e volontà di inserirsi nell’associazione condividendo lo scopo del raggiungimento dei fini della stessa, e non inserita

189 Vedi sul punto l’ampia riflessione di V.M

AIELLO, Il nuovo art. 416ter c.p. approda in Cassazione, in Giur. it., n. 11/2014, 24, che ritiene necessario l’ancoraggio del requisito modale di procacciamento dei voti alle diverse tipologie empirico criminologiche di riferimento.

nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisca un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, purché detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione, e l’agente si rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità per la realizzazione anche parziale del programma criminoso.

La prova del “concorso esterno” nel reato associativo deve avere a oggetto gli elementi costitutivi della fattispecie delittuosa, sicché esulano dall’ipotesi in esame situazioni quali la “contiguità compiacente” o la “vicinanza” o la “disponibilità” nei riguardi del sodalizio o dei suoi esponenti, anche di spicco, quando non siano accompagnati da positive attività che abbiano fornito uno o più contributi suscettibili di produrre un oggettivo apporto di rafforzamento o consolidamento dell’associazione o quanto meno su un suo particolare settore.

Non basta dunque la mera disponibilità a fornire il contributo richiesto dall’associazione, ma occorre l’effettività di tale contributo l’attivazione del soggetto nel senso indicatogli dal sodalizio criminoso. La mera frequentazione di soggetti affiliati al sodalizio per motivi di parentela, amicizia o rapporti d’affari non costituiscono elementi di per sé sintomatici dell’appartenenza all’associazione, ma possono essere utilizzati come riscontri da valutare ai sensi dell’art. 192, comma 3, c.p.p., quando risultino connotati da abituale o significativa reiterazione e connotati dal necessario carattere individualizzante191. Nel notare come la differenza tra concorso eventuale e partecipazione al reato associativo, seppure in astratto ben scolpita, possa essere difficilmente individuabile in concreto nei casi limite come quello in esame, la Corte si premura di indugiare su ulteriori precisazioni.

Il prender parte al fenomeno associativo implica sul piano fattuale un ruolo dinamico e funzionale in esplicazione del quale il soggetto fornisca uno stabile contributo rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento di comuni fini criminosi, non occorrendo atti formali o prove particolari dell’ingresso nell’associazione che può avvenire nei modi più diversi. La

condotta può assumere peraltro forme e contributi diversi e variabili proprio perché, per raggiungere i fini dell’associazione, occorrono diverse competenze e diverse mansioni.

Normalmente l’attenzione si concentra sulla commissione dei reati fine che vengono assunti ad indice del fenomeno associativo che sta a monte, anche per la maggiore facilità dell’onere probatorio gravante sull’accusa. Ma è importante sottolineare come non sia meno importante quell’attività che serve all’associazione per infiltrarsi nella società civile in cui agisce dietro la presenza di personaggi apparentemente insospettabili che, per le specifiche competenze professionali possedute, avvantaggiano l’associazione favorendola nel rafforzamento del potere economico, nella protezione dei suoi membri o nell’allargamento delle conoscenze e dei contatti con altri membri influenti della società civile192.

In questi casi, la partecipazione deve essere equiparata a quella di un intraneus ove l’attività svolta presenti i caratteri della specificità e continuità e sia funzionale agli interessi e alle esigenze dell’associazione alla quale fornisca un contributo causale efficiente. Il ruolo di collegamento stabile con una rete di politici, pubblici amministratori, professionisti, imprenditori, uomini delle forze dell’ordine, avvocati e magistrati non è meno rilevante per l’esistenza dell’associazione. Le collusioni con gli investigatori e inquirenti, le fughe di notizie riservate possono finanche portare al fallimento delle indagini.

Ebbene, all’indagato era contestato di essere un concorrente nell’associazione mafiosa Valle Lampada, assumendo un ruolo di collegamento della stessa con ambienti istituzionali, politici e imprenditoriali, partecipando

192 Cass. pen., Sez. VI, 6 febbraio 2004, n. 13910, in C.E.D. Cass., n. 229213, ha, ad

esempio, ritenuto penalmente rilevante a titolo di concorso nell’associazione di tipo mafioso le prestazioni professionali rese da un notaio le quali, pur astrattamente dovute in favore di chiunque ne faccia richiesta, devono essere rifiutate allorché di esse possa ragionevolmente ritenersi che riguardano atti od operazioni illeciti, o apparentemente leciti, compiuti da soggetti mafiosi. Nella specie veniva in rilievo la condotta di un notaio che aveva prestato la sua opera in tutte le fasi, durate per anni, di una complessa e articolata speculazione edilizia, del valore di svariati miliardi di lire, progettata da un noto clan camorristico, consentendone la realizzazione non solo mediante il rogito di numerosi atti negoziali, ma anche attraverso l’avallo al pagamento di tangenti da parte di prestanome al capo-clan, la custodia di assegni a garanzia emessi dopo l’acquisto del terreno da lottizzare, insomma l’assunzione della veste di garante del buon esito dell’intera operazione, in cambio di che aveva ottenuto dai membri dell’associazione con l’appoggio elettorale in un collegio senatoriale.

sistematicamente alle riunioni dei componenti del sodalizio, presentandoli a magistrati e attivandosi per sostenerne la candidatura e condividendo interessi economici.

La gravità degli indizi a carico del medico è in questo caso talmente ampia da indurre la Suprema Corte a ipotizzare la sua partecipazione effettiva all’associazione criminale, per i continui e costanti contatti, frequentazioni e rapporti, anche di natura economica, assumendo l’indagato un ruolo stabile, portatore di un contributo duraturo e consapevole all’attività illecita perseguita dall’associazione mafiosa.

Nel documento Il "concorso esterno" nei reati associativi (pagine 107-110)

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