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Dalla teoria della causalità agevolatrice alle c.d teorie “soggettive” Critica

Nel documento Il "concorso esterno" nei reati associativi (pagine 121-125)

5. Altre pronunce sulle condotte dei professionisti appartenenti alla c.d borghesia

1.2. Dalla teoria della causalità agevolatrice alle c.d teorie “soggettive” Critica

Un’impostazione ormai diffusa soprattutto nelle decisioni dei giudici si avvale di un altro criterio per delimitare la soglia della rilevanza penale di quelle condotte non necessarie al verificarsi dell’evento: è la teoria della c.d. causalità agevolatrice o di rinforzo.

Si afferma che ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di contributo agevolatore, e cioè quando il reato sarebbe stato ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà. A fondare la penale responsabilità è sufficiente una condotta di partecipazione che si manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione, del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti, e che il partecipe, per l’effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato, perché in forza del reato associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti214.

214 Cass. pen., Sez. V, 13 aprile 2004, n. 21082, in C.E.D. Cass., n. 229200; Cass. pen., Sez.

IV, 22 maggio 2007, n. 24895, in C.E.D. Cass., n. 236853; Cass. pen., 15 gennaio 2013, n. 18745, in C.E.D. Cass., n. 255261. Così, ad esempio, la Suprema Corte ha affermato la corettezza della decisione del giudice di merito che ha ritenuto sussistente la responsabilità a titolo di concorso nel furto di una cassa bancomat a carico dell’imputato che aveva promesso al complice di fargli da palo, quindi, ancorché giunto sul luogo del furto quando al cassa bancomat era stata già divelta, aveva provveduto a scortarlo sino al capannone nel quale avevano programmato di aprirla, ricevendo una paritaria spartizione della refurtiva. Per un approfondimento sulla causalità psichica si rinvia alla monografia di L.RISICATO, La causalità psichica tra determinazione e partecipazione, Giappichelli, 2007.

Ci si preoccupa poi di specificare che, al fine di evitare la punizione di condotte agevolatorie ex ante necessarie alla realizzazione collettiva del reato, ma rivelatesi ex post inutili o addirittura dannose, il giudizio andrà condotto ex post secondo i consueti canoni di accertamento causale215. Non sono poche le pronunce che, soprattutto in passato, hanno ritenuto sufficiente per statuire in ordine alla penale responsabilità del compartecipe un contributo non necessariamente causale, purché idoneo secondo un giudizio di prognosi postuma alla realizzazione della condotta tipica216.

In dottrina l’utilizzo di quel giudizio di tipo probabilistico, che i tedeschi chiamano di prognosi postuma, si traduce nella teoria dell’aumento del rischio, quando si afferma che nel concorso di persone nel reato non possa parlarsi di causalità, ma di realizzazione del volere, e perché ciascun compartecipe faccia propria l’intera realizzazione criminosa è sufficiente che apporti un contributo qualsiasi che favorisca o renda più probabile l’evento quale offesa di interessi socialmente rilevanti217. All’approccio causale si finisce con il sostituire un giudizio di semplice prognosi.

Un siffatto criterio, oltre a non trovare alcun fondamento normativo, non potendosi invocare l’art. 56 c.p. che dovrebbe legittimare la punibilità di atti di

215 Per tutti, vedi in dottrina F. M

ANTOVANI, Diritto penale, Parte generale, cit., p. 516, secondo cui la partecipazione nel reato sussiste o quando l’agente abbia posto in essere una condicio sine qua non dell’evento stesso, oppure quando abbia solamente facilitato la realizzazione del reato secondo un giudizio ex post, nel senso di averla resa più facile, più probabile o più grave.

216 Cass. pen., Sez. I, 18 maggio 1984, n. 8870, in Cass. pen., 1985, 2223; Cass. pen., 16

aprile 1984, Amendola, in Cass. pen., 1985, 2219; Cass. pen., Sez. V, 9 maggio 1986, n. 10841, in Cass. pen., 1987, 1106. T.PADOVANI, Diritto penale, 10a ed., Giuffré, 2012, p. 372 osserva invece

che le attività rivelatesi a posteriori inutili o addirittura dannose saranno rilevanti al più sul piano della partecipazione psichica, come forma di istigazione.

217 È interessante la posizione di A.P

AGLIARO, Principi di diritto penale, cit., pp. 550-551:« […] la volontà tipica trova la sua realizzazione non già attraverso il gioco delle forze naturali, ma attraverso il convergere delle iniziative di più soggetti. Sicché, mentre è logico esigere il rapporto condizionalistico quando si mettono in moto forze naturali (se tale rapporto tra condotta ed evento manca, è segno che quest’ultimo si è verificato per un’altra causa), non ha più alcun senso porre il medesimo requisito quando ci si affidi alla originale iniziativa di altri: perché allora il semplice favorire, con la volontà tipica rispetto a una fattispecie criminosa, il verificarsi dell’evento previsto dalla stessa fattispecie fa sì che l’altrui condotta, con tutte le sue sfumature e tutti i suoi autonomi interventi sul divenire causale, diventi realizzazione del proprio volere criminoso ». La prospettiva muove evidentemente dalla meritevolezza di pena di talune condotte che, pur risultando utili in una prospettiva ex ante alla realizzazione concorsuale, si rivelino ex post non necessari. Si fa quindi l’esempio del soggetto che fornisca al ladro un grimaldello che, al momento dell’uso, si riveli inidoneo ad aprire la cassaforte che venga aperta in altro modo.

partecipazione che si inseriscono in una realizzazione collettiva che però giunge a compimento, è tuttavia addirittura in contrasto con il dato positivo laddove conduce alla punizione del tentativo di partecipazione218. Il giudizio prognostico puro avrebbe senso solo quando si prescinda dagli sviluppi reali dell’azione, per valutarne l’attitudine a provocare sviluppi di un certo genere, e non davanti a un risultato concreto.

Non si comprende, del resto, sotto il profilo politico criminale, la necessità di punire contributi rivelatisi ex post inutili, poiché si tratterebbe di casi di complicità non influenti concretamente sulla realizzazione del fatto, e che quindi non hanno contribuito all’offesa dell’interesse giuridicamente tutelato. La vera obiezione alle teorie esposte si sostanzia quindi in una semplice osservazione. Quando vengano in rilievo partecipazioni atipiche al reato non si può prescindere dall’accertamento di un effettivo collegamento causale tra un antecedente e un evento concreto che si verifica hic et nunc, circostanziato nel tempo e nello spazio, senza che si tenga conto di processi causali ipotetici219.

La deviazione da uno schema puramente causale nella ricostruzione dell’elemento oggettivo del concorso di persone nel reato è emersa peraltro anche in quelle opinioni che ritengono di spostare il problema delle condotte atipiche sulla necessità di rinvenire un requisito psichico per compiere il quadro della partecipazione. L’idea sottesa è che affidarsi al solo criterio causale determinerebbe un’espansione incontrollabile dell’area del penalmente rilevante, sicché la tipicità del contributo deve rintracciarsi in una fusione tra criteri ciecamente causali o puramente soggettivi, in una integrazione tra volontà ed azione, dove traspare il recupero della teoria finalistica dell’azione all’interno del concorso di persone nel reato220.

218Cfr. al riguardo la critica di M.R

OMANO –C.GRASSO, Commentario al codice penale, cit., Vol. II, p. 159.

219 In tal senso, G. FIANDACA M.MUSCO, Diritto penale, Parte generale, cit., p. 507; E.

MARINUCCI –G.DOLCINI, Manuale di diritto penale, cit., pp. 357 e ss..

220 Principale sostenitore di questa teoria in Italia è A. L. LATAGLIATA, I principi del

concorso di persone nel reato, cit.. Per un’analisi approfondita delle teorie del Welzel e più in generale della teoria finalistica dell’azione, vedi M.GALLO, La teoria dell’azione finalistica nella più recente dottrina tedesca, cit..

In questa prospettiva il reo o correo si distingue dal partecipe perché egli solo possiede il dominio finalistico del fatto, oppure, ancora, si afferma che mentre autore è colui che agisce con dolo d’autore o nell’interesse proprio, partecipe è colui che agisce nell’interesse altrui o con dolo di partecipe221.

Al di là di ogni considerazione su quanto accade nella realtà dei fatti, e quindi sulla circostanza che il dolo di autore può esservi anche in chi non pone in essere la condotta tipica descritta dalla fattispecie incriminatrice di parte speciale, le teorie in questione trovano difficile accoglimento all’interno del nostro sistema, la cui connotazione mista vuole che quando manchi l’elemento soggettivo venga meno per il partecipe il reato, ma non il fatto stesso222.

La consapevolezza di cooperare al fatto altrui non è tanto un elemento ulteriore del fatto oggettivo di reato, quanto piuttosto una parte integrante dell’elemento soggettivo, sicché il collegamento tra la condotta atipica e il fatto principale, che pur deve riflettersi nella coscienza del soggetto, non può essere solamente di natura psichica. D’altronde, lo stesso criterio del dolo è « troppo labile e incerto perché su di esso si possa basare la distinzione tra autore e partecipe »223.

Nell’ambito della disciplina del concorso di persone nel reato non può che tornare a giocare un ruolo centrale il dogma causale, che consente di punire solamente quando un determinato evento sia conseguenza di un’azione od omissione. Come si chiede opportunamente un illustre Autore, « […] la norma integrativa ha ragione di essere proprio perché esistono condotte le quali, pur contribuendo a dar vita a un fatto previsto come reato, sfuggono alle fattispecie primarie, mancando dei requisiti formali dell’azione tipica. Se a quelle condotte

221 Taluni ravvisano poi l’essenza del concorso nel previo accordo, rinvenendovi

l’elemento idoneo a dare rilievo sul piano normativo a comportamenti non pienamente causali ma comunque tali da influire oggettivamente sul risultato (così A.CASSIA, Rapporto di causalità e concorso di persone nel reato, Ferri, 1968, pp. 42 e ss.). La teoria non solo dimentica che del previo accordo non vi è traccia tra gli elementi costitutivi del concorso, ma supera quel principio generale della struttura del reato per cui il dolo attiene all’elemento soggettivo del reato, tanto che nessuno dubita che chi concorre all’insaputa dell’altro soggetto risponda di concorso nel reato così come il concorso può configurarsi anche in presenza di una improvvisa determinazione di cooperare.

222 Per una disamina dei diversi tipi di sistemi penali e per la natura mista del diritto penale

italiano, vedi F.MANTOVANI, Diritto penale, Parte generale, cit., pp. 98 e ss..

togliamo l’influsso causale sul fatto tipico, cosa resta che giustifichi una pena?»224.

Se così è, non resta che accogliere quel criterio ormai pacificamente utilizzato per le indagini sul nesso causale nel diritto penale: il criterio della condicio sine qua non, il solo in grado di fornire una risposta sufficientemente precisa ai problemi sollevati dalla causalità225.

Nel documento Il "concorso esterno" nei reati associativi (pagine 121-125)

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