• Non ci sono risultati.

D'Annunzio e il conte Primoli nella Roma di fine Ottocento

IX. D'ANNUNZIO NELLA ROMA DI FINE OTTOCENTO E NELLA FOTOGRAFIA

9.2 D'Annunzio e il conte Primoli nella Roma di fine Ottocento

Gli ultimi anni dell'Ottocento videro in Italia l'affermazione e lo sviluppo delle nuove tecniche fotografiche grazie a eminenti personalità e alle loro multiformi esperienze. Tra coloro che segnarono il destino della macchina fotografica e del suo linguaggio non vi furono soltanto fotografi di fama internazionale, ma anche letterati e artistici che, con il loro interesse culturale unito spesso al desiderio e alla passione di farsi immortalare, diedero un contributo notevole alla diffusione e al successo della fotografia.

Le personalità in questione, d'Annunzio da una parte e il conte Primoli dall'altra, contribuirono notevolmente alla proclamazione della foto come linguaggio artistico a cui aderire profondamente e intimamente. È chiaro che, come già emerso nel caso del Primoli, l'ambiente culturale in cui l'artista riceveva la sua formazione e la sua educazione era fondamentale per un avvicinamento più o meno evidente alle multiformi espressioni provenienti dall'esperienza fotografica.

A Roma, infatti, i letterati e gli artisti si rapportavano in questi anni con potenti trasformazioni estetiche, le quali in breve tempo determinarono profondi cambiamenti tra cui l'affermazione della città come centro nevralgico di cultura in cui pullulavano esperienze e iniziative artistico-letterarie

all'avanguardia. La borghesia medio-alta, come nel resto delle città europee, prendeva piano piano il posto occupato per secoli dall'aristocrazia, determinando così un rinnovamento anche nell'ambito dei costumi e dei comportamenti di classe e l'affermazione di nuove consuetudini artistiche, tra cui la fotografia.

Ne emerge che quando d'Annunzio da Pescara si trasferisce a Roma si affaccia su uno spazio mondano completamente nuovo, ricco di moderne proposte a cui avvicinarsi e particolarmente attraente data anche l'eclettica personalità dell'autore. Gli anni nella Roma di fine 1800 nel caso di d'Annunzio furono, infatti, segnati da molteplici esercizi artistici, a cui l'autore si avvicinò con una partecipazione sempre più entusiasta e brillante. Spinto da una profonda versatilità egli, in quanto fruitore di arte, si avvicinò con la massima consapevolezza alla realtà artistica e fotografica circolante nei salotti culturali del tempo. È qui che l'autore forgiò il suo stile raffinato, la sua personale visione del mondo e con estrema consapevolezza plasmò i fondamenti della sua arte e della sua letteratura.

In città frequentò gli ambienti culturali più all'avanguardia, dove incontrò personaggi illustri che lo avvicinarono alle più elevate esperienze artistico-estetiche ormai diffuse e affermate. Tra le personalità che incontrò in questi anni sicuramente un posto di rilievo lo occupano i fotografi, che lo immortalarono in pose solenni e attività che ben riflettevano quell'alone di eccezionalità che d'Annunzio puntava a riconoscere alla sua vita.

È nell'ambito del movimento della «Cronaca Bizantina» che l'autore si avvicina alla critica d'arte e sicuramente alle esperienze fotografico-artistiche che in quegli anni catturavano l'attenzione non solo del grande pubblico, ma anche dei più preparati artisti. La collaborazione con la nota rivista romana riservò all'autore pescarese un grandissima notorietà nell'alta società romana e gli permise l'avvicinamento ai più rinomati artisti del tempo. È qui che l'autore, infatti, entrò in contatto con molte eminenti personalità, di cui spesso ne esaltò l'arte nei numerosissimi articoli giornalistici e nelle famose cronache mondane che in quegli anni redasse.

In alcuni di questi articoli l'autore spese parole di riconoscenza anche per il conte Primoli, esaltandone prima le doti di memorialista e di conoscitore di arte e di letteratura, poi le buone qualità di fotografo. Tuttavia, il «Primoli ci appare completamente estraneo all'ambiente della «Bizantina»: mai un'allusione al periodico di Angelo Sommarumma».209 Ciò nonostante Gégé era

ben radicato nell'ambiente culturale della Roma del tempo, frequentando e seguendo «con benevolenza e con simpatia gli amici letterati».210

D'Annunzio strinse con il conte una buona amicizia tale da oltrepassare la condivisione di interessi. Questa, infatti, arrivò a toccare aspetti anche personali come i rapporti amorosi con la Duse e la pubblicazione in Francia di alcune opere teatrali dannunziane di cui il Pirmoli si fece intermediario.

A tal proposito è significativa una lettera che Gégé scrive al d'Annunzio dove afferma: «caro Gabriele, Ho sempre conservato preziosamente i tuoi dieci sonetti in lingua francese. Pensando di farti cosa grata li ho letti a Doumic direttore della Revue des Deux Mondes […]».211

Della familiarità tra d'Annunzio e il conte Giuseppe Primoli sono a testimonianza i resoconti pubblicati su diversi articoli della «Tribuna» con cui d'Annunzio ricorda la cordialità e il calore «che regnavano nei gai ricevimenti dati dai fratelli Primoli».212

Scriveva sulla «Tribuna» del 25 marzo 1886:

i ricevimenti in casa Primoli sono tra i più cordiali e simpatici della nobiltà romana. La cortesia dei padroni di casa è così squisita e costante e instancabile, e tutto l'appartamento è di una così elegante comodità, e il buffet è così fino e così lauto e così dottamente parigino, che gl'invitati possono in verità passare tre o quattro ore deliziosamente in una varietà di sensazioni straordinaria.

[…] Ieri sera gl'invitati erano numerosissimi. C'erano le due

209 MARCELLO SPAZIANI, Con Gégé Primoli nella Roma bizantina, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1962, p.75.

210 Ivi,p.76. 211 Ivi, p.70. 212 Ivi, p.60.

aristocrazie: quella dell'ingegno e quella del sangue […].

Tutte le signore, nel licenziarsi, ricevevano in dono un gran mazzo di violette fresche e una scatola di bonbons giunti da Parigi nello stesso giorno.213

L'anno successivo sempre sulla «Tribuna» in data 23 febbraio 1887 d'Annunzio rendeva omaggio di un ricevimento tenuto dall'amico Gégé e scriveva:

[…] Giuseppe Primoli aveva dato convegno alle sue amiche e ai suoi amici per la prima ora dopo mezzanotte […]. A un'ora dopo mezzanotte la gran carcassa bianca del Teatro Drammatico Nazionale, fredda e solitaria come un edificio di neve construtto da qualche architetto esquimese riceveva finalmente un'ondata di buona e calda vita [...]. Incomincia il galop. Giuseppe Primoli è sollevato a braccia e portato in trionfo, fra clamori infiniti. Sono le sei del mattino.214

Entrambi coinvolti nella bella vita romana, d'Annunzio e il conte Primoli tennero comunque stretti rapporti che il più delle volte oltrepassarono i piaceri derivanti dalle seducenti serate romane. I due, infatti, condivisero interessi artistico-estetici simili e d'Annunzio accettò più volte di farsi immortalare negli scatti di Gégé.