• Non ci sono risultati.

Ritratti dannunziani: il potere rappresentativo della fotografia del Vais

VIII. VISIBILITA' FOTOGRAFICA GABRIELE D'ANNUNZIO NEI RITRATTI DEL VAIS

8.2 Ritratti dannunziani: il potere rappresentativo della fotografia del Vais

Le eccezionali capacità del Vais certo non sfuggirono al d'Annunzio, il quale scelse il fiorentino come suo fotografo prediletto per circa un decennio, dal 1898 al 1910.

L'autore fu immortalato in numerosissimi scatti per lo più effettuati alla Capponcina, la ricca residenza sulla collina di Settignano in cui d'Annunzio soggiornò negli anni della sua permanenza

186 C. BERTELLI, Prefazione cit.

187 Ibidem. 188 Ibidem.

nella città toscana.

Sono ben note anche le fotografie che lo immortalano con altri illustri personaggi tra cui Clemente Origo e Cesare Pascarella, ma sicuramente le più importanti sono quelle che lo ritraggono da solo in pose solenni, volto a nobili attività quali la lettura e la scrittura. Si ricordano a tal proposito due scatti: il primo è una fotografia che ritrae d'Annunzio semidisteso nel suo studio, luogo prediletto dall'autore dove era solito ritirarsi in raccoglimento; il secondo è uno scatto che lo ritrae in primo piano solennemente appoggiato a una scrivania, pensieroso e concentrato. Quest'ultima fotografia piacque molto all'autore, tanto che renderà omaggio dello scatto con la famosa lettera del 1906, con la quale esalterà l'arte fotografica del Vais e celebrerà con sublimi parole la macchina fotografica e le sue capacità tecniche.

D'Annunzio si rese conto non solo delle doti fotografiche, ma anche della capacità che il Vais mostrò nell'immortale soggetti umani nella totale assenza «di compiacenze estetizzanti, di giustificazioni moralizzanti, di insinuazioni erotiche»189 che invece caratterizzavano la maggior

parte degli album fotografici del tempo.

È per questo che buona parte delle fotografie scattate dal fotografo fiorentino pongono al centro dell'inquadratura una figura umana, uomo o donna, immortalata a mezzo busto, in piedi, a figura intera o in primo piano, di cui il Vais è riuscito a offrire «una testimonianza che va molto vicina all'interpretazione».190

Se le pose variano e le scene e gli sfondi usati invece sono essenzialmente quasi sempre gli stessi, l'obiettivo principale della fotografia del Vais risulta allora concentrare l'attenzione di chi osserva sul soggetto umano.

D'Annunzio è ben consapevole di questo e sa che negli scatti del Vais vi è una limpida volontà di comunicare molto di più di una semplice apparenza. La figura immortalata allora sembra ritagliata dallo sfondo neutro che la circonda, emergendo maestosamente dall'ambiente. L'assenza di

189 C.BERTELLI, Prefazione, cit.

rigidità, la mancanza di conformismo a modelli prestabili o prescelti determinano l'immediatezza dell'espressione a tal punto che «il tono frivolo e mondano dell'occasione viene fuori da sé, dagli atteggiamenti distaccanti ed eleganti dei personaggi nelle grandi sale bianche, dai loro gesti d'intesa e di amicizia».191

In merito sono significative le parole con cui Carlo Bertelli definisce l'arte fotografica del Vais nella prefazione al volume per la mostra fotografica fiorentina Mario Nunes Vais fotografo:

[…] il fotografo si muove liberamente all'interno della vita che ha intorno e allora la sua facoltà di osservazione e il suo giudizio sono immediati e pronti. Mai un paesaggio o un monumento presi per sé, mai un'indulgenza turistica o un appunto di viaggio e invece un intuito sorprendente nel cogliere il gesto rivelatore del momento […]. Nunes Vais è tutto calato nella gente, la sua è tutta una cronaca, attualità, gusto spiccato del racconto e delle situazioni. Sono i “documentari” della gita con d'Annunzio per assistere allo scoppio di una grande mina sulle Apuane, la serie di Puccini a Torre del Lago.

[…] l'obiettivo non dimentica mai di inseguire i due protagonisti del racconto: la montagna che non è in nessun momento “puro paesaggio”, ma un elemento indispensabile al racconto e Gabriele d'Annunzio, panama in testa, guanti e binocolo nelle mani, l'interprete dell'avvenimento.192

Se ne evince che le fotografie del Nunes Vais restituiscono tutta la vivacità e la freschezza dei personaggi immortalati.

È chiaro allora che le pose con cui D'Annunzio è fotografato non servono soltanto a comunicare quel surplus interpretativo di cui la fotografia si alimenta, ma è il personaggio stesso e il fotografo che, consapevoli delle nuove capacità del mezzo fotografico, instaurano con questo un rapporto nuovo, per nulla intimidito, per niente costruito o irrigidito. La resa allora è quanto di più

191 C. BERTELLI, Prefazione, cit.

naturale si possa richiedere all'atto fotografico stesso ed è protesa a favorire un'osservazione attenta e precisa da cui scaturisce la comprensione vera e profonda di ciò che è immortalato.

Per essere più precisi, diremo che quella che si manifesta nella produzione fotografica del Nunes Vais è una singolare medietà di rappresentazione, sul filo di un equilibrio acutamente dosato tra l'interesse per il motivo (la situazione prescelta) e una perspicacia visiva fuori dal comune. Alla lunga, una tale medietà avrebbe potuto portare ad una distaccata obiettività o, peggio, ad un modulo consuetudinario; se ciò non accadde fu perché in essa si immedesimava un tratto del temperamento, della eleganza morale del Nunes Vais direi, che come non cede mai al patetico, al pittoresco, al folcloristico; così non scade mai nella snobistica freddezza.193

Osservando attentamente le fotografie del Vais, in particolare quelle del d'Annunzio, risulta evidente il potere rappresentativo della fotografia, capace di restituire l'immagine di quanto immortalato carica di una veridicità che è al tempo stesso espressa e celata.

Ecco allora che divengono significative le parole di Lamberto Vitali in Gli italiani nelle

fotografie di Mario Nunes Vais:

[…] c'è, soprattutto, un più sottile disincanto, una intelligenza, appunto, percettiva del senso (e dei sensi) dello spettacolo che il mondo offre, con un ritegno che è insieme custodia di indipendenza di giudizio, per cui non ritengo azzardato definire il Nunes Vais come uno degli ultimi veri «libertini» (nel senso culturale del termine, ovviamente non in quello vernacolare) della società italiana […]. Fu per questa qualità di temperamento, di preservata genuinità umana, che nel Nunes Vais dedicandosi prevalentemente alla ritrattistica mi sembra che vada ancora individuata una misura per cui alla simpatia per il «personaggio», o talvolta perfino al provato fascino di questo,

mai si accompagna la soggezione, né il ricorso ad una idealizzazione astraente che avrebbe per condotto alla «maniera».194

Si comprende in questo modo che il “clic” sull'obiettivo fotografico si converte per il Vais in un atto quasi sospeso, in una sorta di arresto di un attimo di vita, di mondo, di reale, riducendo così l'istante fotografico in una sorta di baleno esistenziale creatore di un'immagine atemporale carica di significato e di senso.

Per concludere si può senza dubbio affermare che la fotografia del Vais non sia da considerare come un semplice procedimento grafico di riproduzione del reale, ma piuttosto come un'arte che non solo ritrae, ma diffonde anche l'individualità e la singolarità del soggetto immortalato.

IX. D'ANNUNZIO NELLA ROMA DI FINE OTTOCENTO E NELLA