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VII. PROSPETTIVE FOTOGRAFICHE: INTROSPEZIONE E DESIDERIO DI PROTAGONISMO

7.3 La fotografia e il valore dell'immagine

Amante del bello in tutte le sue forme, grande innovatore e instancabile provocatore,

d'Annunzio incarna perfettamente l'immagine di intellettuale mosso da potenti sentimenti e passioni, che non rinuncia a farsi immortalare in eccezionali fotografie, cariche di un peso estetico, culturale e letterario senza precedenti. Sono moltissimi, infatti, gli scatti che lo ritraggono, attraverso i quali l'autore, aderendo profondamente alla vera natura della fotografia, riesce a creare e potenziare il suo intimo e vigoroso estetismo. La maggior parte delle fotografie lo immortalano in pose autorevoli e solenni, in atteggiamenti nobili ed “eroici”, dai quali emerge la natura aulica e raffinata dell'autore.

La foto, comunque, serve a d'Annunzio anche per affacciarsi al mondo dell'alta società di fine secolo nella convinzione che il suo vivere inimitabile trovi nell'offrirsi all'obiettivo fotografico la maniera per lasciare tracce incancellabili utili al grande pubblico, che presto riconoscerà la sua fama e la sua unicità, per uscire definitivamente dalla mediocrità dell'esistenza comune.

È noto che l'autore, fin dalla sua giovinezza, sia stato capace di destreggiarsi nella moderna società a lui contemporanea, creando per se stesso una mitografia da cui nascerà la sua possente parabola esistenziale ed estetica. Capace, quindi, di progettare la propria personale storia per giungere alla fama e all'immortalità, d'Annunzio si avvicina alla moda e agli stili moderni e si adopera alla cura della propria immagine per adempiere alla personale voglia di esibizione, al narcisismo sfrenato e all'ostentazione.

Una simile tendenza estetica esige comunque una completa cognizione di tutti quei meccanismi visivi, tra i quali indubbiamente spicca la fotografia, capaci di rendere percepibile anche i più piccoli dettagli utili alla costruzione di una vigorosa iconografia personale. D'Annunzio, attraverso lo scatto, accetta di dare se stesso, il proprio corpo e la propria intimità alla curiosità del pubblico nella certezza che soltanto in questo modo si raggiunge la glorificazione artistico-estetica e mitica.

È chiaro che l'autore, innalzando su se stesso il proprio personale mito, guarda alla propria immagine, soprattutto a quella fotografica, come il mezzo più opportuno per edificare e rafforzare la

sua esistenza. Pertanto è bene sottolineare come nessuno degli scrittori a lui precedenti sia stato così tanto documentato come d'Annunzio, che usò la fotografia per rendere visibili e osservabili anche gli aspetti più intimi, privati e riservati della sua vita.

La foto in questo modo diviene la soluzione più adeguata per far conoscere agli altri le proprie personali caratteristiche fisiche, le proprie passioni, il proprio aspetto, la propria intimità per sedurre, ammaliare, divertire e soprattutto far aderire il grande pubblico al proprio culto esistenziale-estetico. L'iconizzazione visuale, unita poi alla bravura e alla fortuna letteraria, collabora in maniera considerevole alla costruzione del mito esistenziale dannunziano.

Se ne evince che l'autore si serva delle numerose fotografie a lui scattate per creare intorno a sé una nuova percezione del suo essere e della sua arte letteraria. Nonostante la sua immagine si carichi di valore e si guadagni un peso iconografico sempre più importante nell'economia della nuova società di massa, i ritratti a lui scattati si caricano allo stesso tempo di una forza tutta nuova.

La capacità che d'Annunzio ha di apprezzare l'arte nelle sue svariate forme trova il suo fondamento nel polimorfismo e nell'attitudine costante al cambiamento e alla variazione, elementi costituenti l'interiorità dannunziana. Ciò determina nell'autore sia la convinzione che l'arte è espressione dell'esistenza sia la presa in considerazione del ruolo della fotografia come codice ricco di richiami “esistenziali” ed estetici che necessitano di essere decifrati per poter emanare tutto il loro potere rivelatore.

L'immagine allora è come se parlasse e divulgasse l'aspetto più profondo e intrinseco del soggetto riprodotto in fotografia. È in questo modo che la fotografia giunge a ricoprire un ruolo centrale poiché arriva ad assimilare tutta l'anima delle cose e del reale, determinando così il passaggio da un'arte fotografica che vede e copia a un'arte fotografica che guarda e ricrea.

Soltanto la parola poetica e letteraria è capace di dispiegare e rendere visibile quella forza creativo-artistica che in principio aveva mosso il fotografo all'atto creativo dell'immagine.

dei fotografi che immortalano l'autore in autorevoli scatti, diviene chiaro che l'immagine dannunziana cambi il suo status iconografico, passando ben presto da figura-icona della cultura e del mercato di massa a “messaggio” visuale complesso e per certi aspetti oscuro.

È in questo modo che si delinea la già definita natura doppia della fotografia, da una parte fotocopia del reale, corrispondente all'immagine dannunziana come icona di stile e moderno divo, dall'altra rappresentazione dell'aspetto perturbante del reale, coincidente in questo caso con la raffigurazione di un soggetto che non emana più soltanto esteriorità, ma diffonde autentica e percepibile interiorità.

Pertanto si comprende che i ritratti dannunziani non sono solo raffinati procedimenti artisti con i quali l'autore si riserva un ruolo centrale nella società a lui contemporanea, ma si caricano anche di un peso artistico-estetico che va oltre la pura esteriorità e la mera apparenza e arriva a toccare il complesso linguaggio fotografico-visivo nascosto nel reale. Come già dimostrato è proprio nel ritratto fotografico che si esplica in modo evidente la duplicità intrinseca nello spirito della natura: assenza/presenza, vita/morte, esteriorità/interiorità.

VIII. VISIBILITA' FOTOGRAFICA. GABRIELE D'ANNUNZIO NEI RITRATTI