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VIII. VISIBILITA' FOTOGRAFICA GABRIELE D'ANNUNZIO NEI RITRATTI DEL VAIS

8.1 Il fotografo prediletto: Mario Nunes Vais

D'Annunzio accettò di farsi immortalare da moltissimi fotografi, alcuni dei quali contribuirono in maniera notevole con i loro eccezionali scatti alla definizione e alla rappresentazione della personalità dannunziana. Tra coloro che parteciparono in modo creativo alla creazione del cosiddetto mito-d'Annunzio, immortalando l'autore e consacrandone i suoi più eleganti gesti, spicca Mario Nunes Vais, fotografo amatoriale fiorentino prediletto dal d'Annunzio.

Egli non fece mai della fotografia la sua professione, tuttavia è conosciuto come uno degli artisti più significativi negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, «un dilettante senza nulla di dilettantesco»162 come scrive Lamberto Vitali nella prefazione al catalogo della mostra Mario Nunes Vais fotografo.

È necessario perciò riflettere sulla natura amatoriale della fotografia del Vais dato che «esso conferma ancora una volta che, il giorno in cui sarà possibile scrivere una vera storia della fotografia italiana, la parte del leone sarà fatta dagli irregolari».163 Tra i fotografi dilettanti e

amatoriali, che come Nunes Vai ebbero contatti con d'Annunzio, ricordiamo Michetti e il Primoli, i quali contribuirono artisticamente alla delineazione delle peculiarità caratteriali e psicologiche dannunziane. Nel caso di Michetti, come già emerso, la fotografia servì anche alla creazione di un'iconografia, non soltanto personale dell'autore, ma indirizzata ad ambienti e personaggi utili alla costruzione delle più prestigiose opere dannunziane, tra cui, come già sottolineato, La figlia di

Iorio.

Nato a Firenze, Vais non casualmente fu uno dei più grandi fotografi contemporanei a d'Annunzio; non casualmente perché a Firenze «dove i fotografi italiani si confrontarono con quelli stranieri, sia che fossero professionisti che dilettanti»,164 la cultura fotografica maturò in maniera 162 LAMBERTO VITALI, Prefazione al catalogo della mostra Mario Nunes Vais fotografo, Firenze, Centro Di, 1974.

163 Ibidem.

decisa grazie anche al contributo dei Fratelli Alinari che «avevano sviluppato una altissima produzione di ritratti in sala di posa».165 Tuttavia l'arte fotografica degli Alinari si indirizzò nel

tempo verso una fotografia artistica (nel vero senso della parola) dato che «documentavano sistematicamente i quadri, le sculture, le architetture del nostro paese, producendo immagini di straordinaria nettezza»,166 a cui il fotografo fiorentino mai consacrò la sua arte.

Gli scatti del Vais documentano quasi sistematicamente effigi umane, in particolare uomini e donne del suo tempo. Mosso da grande interesse artistico, il fotografo fiorentino, infatti, entra in contatto con i maggiori esponenti della società e della cultura del tempo, presentandosi come loro testimone e documentatore.

In merito è interessante quanto scrive Emanuela Sesti in Il ritratto tra fotografi professionisti e

dilettanti: gli Alinari e Nunes Vais, contributo riportato da Italo Zannier nel volume da lui curato, L'io e il suo doppio. Un secolo di ritratto fotografico in Italia 1895/1995:

sarà Nunes Vais, grande amico di Vittorio Alinari […], a realizzare da fotografo dilettante il più grande Pantheon di personaggi italiani, paragonabile, per intensità espressiva, benché in epoca diversa, al Pantheon-Nadar. A differenza però del professionista, Nunes Vais non aveva obblighi di tipo commerciale da rispettare, per cui le figure che emergono dai suoi ritratti sono straordinariamente prive di ogni rigidità di posa, in quanto libere da modelli e da pose stabilite: l'interesse è tutto rivolto all'intensità dello sguardo e alla personalità del personaggio ritratto, esaltata da inquadrature insolite e all'avanguardia, da assenza di scenografia, dalla preferenza del mezzo busto e dai primi piani.167

Uomo colto e raffinato, Nunes Vais dimostrò una grande genialità nel campo del ritratto, dato che fu capace di fare con la sua arte fotografica non un «reportage che esige un'immediatezza di

165 L'io e il suo doppio. Un secolo di ritratto fotografico in Italia 1895/1995, cit., p.53. 166 Ivi, p.54.

riflessi e di decisione»,168 ma una ricerca profonda e attenta effettuata con spirito moderno, liberale

e molto innovativo.

Scrive a tal proposito Lamberto Vitali nella prefazione alla mostra fiorentina Mario Nunes Vais

fotografo:

la sua vocazione esclusiva fu quella del ritrattista, che è un altro modo di essere il testimone del proprio tempo e di appagare la propria curiosità. Egli vi riuscì con risultati che quasi sempre contrastano singolarmente con il gusto imperante negli stessi anni […]. I suoi ritratti, salvo rare eccezioni, sono resi con un'incisione perfetta, perfetta fin quasi all'implacabilità […].169

Svincolato da esigenze meramente economiche, il fotografo fiorentino si concentra sui soggetti umani, delineando «con una sorta di apparente freddezza e di un'onestà obiettiva, che smascherano, […] un rapporto cordiale con il personaggio»170 i tratti della società a lui contemporanea.

In quanto fotografo dilettante non fruì di un proprio personale studio fotografico, ma si spostò continuamente tra gli atelier dei suoi amici professionisti, liberandosi in questo modo da tutte quelle “normative” che determinavano la legittima modalità per l'esecuzione di un ritratto.

Molti erano i consigli per eseguire i ritratti, che dovevano costituire effettivamente un compito difficile, per il quale il fotografo subiva l'esame immediato senza appello del cliente. Il tono vi è sempre diviso tra esigenze commerciali e una certa pretesa di “elevare” la riproduzione fotografica a una dignità, nella quale aspirazioni sociali ed artistiche si fondono in un tutto inseparabile. Si davano istruzioni, per esempio, su come eseguire ritratti “alla Rembrandt”, con “luce laterale obliqua” e la testa “esposta di profilo o di tre quarti”, illuminata per di dietro e da una parte.

168 L.VITALI, Prefazione, cit..

169 Ibidem. 170 Ibidem.

I più, naturalmente, non si avvicinavano allo studio del fotografo con tali aspettative di trasfigurazione artistica. “Sic eram, sic eramus”: tramandare la propria immagine in un certo momento della vita e non sfigurare nel ricordo. Si andava così a sedute che assomigliavano a visite dal dentista[...]. 171

È in questo modo che i ritratti da lui effettuati, sciolti da quella «piatta normativa»172 che

stabiliva come delineare la fisionomia del soggetto, si caricano di una particolare singolarità che «mirava a connotare il personaggio (attore, letterato, artista, uomo politico, aristocratico, militare ecc.) nel suo ruolo di esponente attuale dell'establishemnt, se non addirittura di ceto».173

Acuto interprete del mondo culturale, politico, sociale del suo tempo, Nunes Vais traduce in immagini di ineccepibile perfezione la sua «estroversione»,174 corrispondente a «un'avidità di

percezione dello scenario di vita che gli stava intorno, di appagamento visivo».175 Un modo, quindi,

di approcciarsi al reale lontano dalla mera curiosità di alcuni fotografi dilettanti del suo tempo, «quanto da quella severamente memorialistica, e realistica […] dalla positiva, positivistica «ideologica documentaria» degli Alinari»,176 vicino, invece, all'approfondimento e allo studio

espressivo e interiore del personaggio immortalato.

Egli, inoltre, non fa della sua arte fotografica un paradigma e una parafrasi della pittura, dato che

lo scenario che Nunes Vais ama ritrarre non è quasi mai quello della ferialità, è quasi sempre, piuttosto, appigliato a situazioni di una certa, ma temporalmente circoscritta, pregnanza; per di più, situazioni collettive. Quindi l'occasione stimolante sarà data da una festa, da una cerimonia, da una rappresentazione, da un luogo di

171 CARLO BERTELLI, Prefazione al catalogo della mostra Mario Nunes Vais fotografo, Firenze, Centro Di, 1974.

172 Ibidem.

173 ORESTE FERRARI, Prefazione, in AA.VV., Gli italiani nelle fotografie di Mario Nunes Vais, Cerntro Di, Firenze,

1978, p.7. 174 Ivi, p.8. 175 Ibidem.

villeggiatura, da un avvenimento sportivo, da una parata o comunque da una momento della vita familiare, o talvolta anche da qualcosa di emotivamente più coinvolgente […]. Sempre […] qualcosa che sia pure a livello liminale fa spettacolo e in quanto tale vale come momento liberatorio dal più o meno monotono fluire quotidiano.177

Egli, quindi, «produce fotografie espressive e sceglie inquadrature volte a rappresentare l'uomo per quello che è».178 La spontaneità allora diviene motivo dominate dei suoi ritratti: il Vais non

registra fedelmente i particolari fisionomici o espressivi del soggetto immortalato, ma si volge a una lettura più profonda e introspettiva che scava nella psicologia interiore del personaggio, arrivando così a esteriorizzare la vera e profonda natura della fotografia.

I suoi ritratti, infatti, ben evidenziano la capacità della foto di mostrare il lato nascosto del referente posto di fronte all'obiettivo.

È in questo modo che Nunes Vais è riuscito a cogliere e riprodurre quel profondo linguaggio fotografico capace di rendere rilevante fotograficamente ciò che va oltre l'aspetto e il criterio estetico o la rilevanza storica. Lo sguardo sul mondo, come afferma Oreste Ferrari nella Prefazione al volume Gli italiani nelle fotografie di Mario Nunes Vais, è l'effetto di «un puntiglio di presenza nel mondo da afferrare con il mezzo fotografico».179

La percezione del reale, che il fotografo fiorentino mostra negli splendidi ritratti fotografici da lui effettuati, si differenzia dalla mera curiosità e si avvicina a una sorta di intuizione profonda che coglie gli aspetti reali e oltre-reali del mondo. Per questo motivo Vais evita nelle sue fotografie pose rigide, disposizioni e allestimenti studiati e preparati per l'occasione, cogliendo piuttosto «una espressione, un momento topico, un atteggiamento sospeso, che in definitiva viene eccepito dalla temporalità, appunto effimera, della situazione e reso, a suo modo, emblematico».180 Presentandosi

177 O. FERRARI, Prefazione, cit., p.9.

178 L'io e il suo doppio. Un secolo di ritratto fotografico in Italia 1895/1995, cit., p.58. 179 O. FERRARI, Prefazione, cit., p.8.

come «spettatore discreto e consapevole»,181 il fotografo è tutto teso «ad esaltare l'umano, oltre gli

accademismi e le esigenze di rispetto del bello e del folkloristico».182

A tal proposito sono interessanti le parole con cui Oreste Ferrari chiude la Prefazione al volume Gli italiani nelle fotografie di Mario Nunes Vais:

L'occhio (quello fisico e quello fotografico, l'uno e l'altro ormai totalmente immedesimati tra di loro) di Mario Nunes Vais si mantiene fino in fondo vigile e libero: al punto da sorprenderli, quei «personaggi», anche i più sussiegosi, costringendoli a vedersi come mai s'erano visti o avrebbero pensato di vedersi.183

Se ne evince che dai ritratti del fotografo fiorentino emergono con vigore i soggetti umani, immortalati sotto una nuova luce fotografica, che non guarda più alla raffigurazione realistica e perfetta del soggetto posto di fronte all'obiettivo, ma punta a scovare una totale intimità con il mondo e con l'interiorità umana.

È quanto scrive Giovanni Papini in una lettera al Nunes Vais per ringraziarlo del ritratto a lui effettuato:

dicevano che la fotografia avrebbe ammazzato la pittura. Invece la fotografia, diventando sempre più perfetta, sta salvando la pittura dal momento che questa dev'essere sempre di più la negazione di quella – cioè sempre più lontana e diversa dalla cosiddetta realtà che vedono tutti.184

Considerata dal Bertelli «la diplomatica giustificazione dell'avanguardia italiana di fronte a quanti le rimproverano di non “fare le cose come si vedono”»,185 la dichiarazione del Papini ben

sottolinea il duplice carattere visuale della fotografia.

181 O. FERRARI, Prefazione, cit., p.8.

182 L'io e il suo doppio. Un secolo di ritratto fotografico in Italia 1895/1995, cit., p.58. 183 O. FERRARI, Prefazione, cit., p.10.

184 C. BERTELLI, Prefazione, cit.

Consapevole di questa doppia natura, Vais documenta, lontano «dalle strettoie del conformismo fotografico»,186 la vita fiorentina a lui contemporanea, realizzando centinai di ritratti ai

protagonisti dell'élite culturale e intellettuale del tempo. Pertanto «nessuno che avesse prestigio e fama, un'aura di mondana notorietà o semplicemente un aspetto raccomandabile per una bella fotografia, è passato da Firenze senza essere fermato nelle lastre di Nunes Vais».187

Gli artisti più in vista, i letterati, gli uomini politici divengono i soggetti fondamentali dei quasi sessantamila scatti che costituiscono l'enorme fondo fotografico da lui realizzato. Le sue foto la maggior parte delle quali di altissimo pregio, costituiscono un repertorio iconografico capace di consegnare un'immagine chiara e precisa della società italiana dei primi anni del 1900.

A parte alcuni divertimenti più ingenui, in ritratti di famiglia, in scherzi con gli amici e in fotografie di recite alla buona, molte attestano l'affinarsi di quel particolare tipo di curiosità che è la curiosità fotografica, quel modo di scoprire ciò che abbiamo intorno e di ritornare, attraverso la fotografia, su luoghi in cui si è già stati per osservarvi cose che erano sfuggite, o rivivere con lucidità situazioni che la memoria aveva alterato. Talvolta il taglio è già d'una raffinatezza sorprendente, forse proprio perché la concentrazione nell'azione permette di eliminare il superfluo, togliendo via dal campo ciò che non sia di stretto interesse narrativo.188