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Da ultimo c’è chi si spaccia per astrologo in completa malafede: chi

Sintesi a cura di Nazarena Marchegiani

5. Da ultimo c’è chi si spaccia per astrologo in completa malafede: chi

porta avanti un discorso di dipendenza ed approfitta della fragilità delle perso-ne, cercando in qualche modo di impressionarle con un presunto potere, fa-cendo loro sentire l’inadeguatezza alla vita con arroganza e presunzione.

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partenente a quella categoria che getta fango sulla professionalità astrologica seria e corretta, detta figura non è da appellarsi con il titolo di astrologo.

Riepilogando

Definizione incontestabile dell’Astrologia è quello di strumento di conoscen-za di sé.

Un astrologo non è uno psicologo dunque non è necessaria una laurea in psicologia, anche se è auspicabile una conoscenza delle dinamiche psichi-che.

Uno psicologo può praticare anche l’Astrologia.

Per ambedue le figure è fondamentale un percorso personale di conoscenza.

Necessità di una formazione per conoscere ed essere in grado di padroneg-giare le eventuali energie che si mettono in atto in un rapporto di consulen-za.

Necessità di un vasto bagaglio culturale ed esperienziale;

Un astrologo dovrebbe coltivare doti quali: intuizione, sensibilità, capacità empatica, umiltà. Soprattutto Amore per l’Umanità e per la Natura.

Il temperamento dell’astrologo deve essere il più equilibrato possibile.

Chi fa del ‘terrorismo’ astrologico non è un astrologo.

La figura del Consultante

Spesso chi si rivolge all’astrologo non è alla sua prima esperienza in fatto di consulenza astrologica e, come succede per tutti i settori, può essere incappa-to in gente ben poco professionale.

Molti hanno un’idea completamente sbagliata di come deve essere im-prontato un discorso tra l’astrologo ed il consultante, e rimangono poi positi-vamente meravigliati dall’approccio serio e coinvolgente. Ci sono anche i con-sultanti “ermetici” che rispondono evasivamente alle domande, convinti che l’astrologo debba essere un mago e con un atteggiamento quasi da sfida vo-gliono tastarne la bravura. Esiste poi quella categoria di persone che sono sta-te clienti dei vari “166” e che scambiano l’astrologia per un’arsta-te divinatoria, utile solamente per riuscire a vincere al lotto o intenti simili; di solito, dette persone non hanno alcuna volontà di mettersi in discussione.

In relazione all’operato dell’astrologo si è osservato il verificarsi di una se-lezione naturale: c’è il consultante che dopo il primo incontro ritorna ogni an-no (o quasi) per l’oroscopo previsionale ritenendo tale strumento utile per la sua crescita; e c’è invece il consultante che non si fa più vedere, perché evi-dentemente nutriva aspettative diverse o semplicemente viaggiava su un’altra lunghezza d’onda.

“Prevedere è un privilegio, Informare è un dovere Predire è un attentato alla libertà dell’anima”

La consulenza Note generali

Il discorso del counselling è certamente spinoso per gli astrologi, o per meglio dire per alcuni astrologi; fortunatamente la categoria annovera persone serie, preparate e molto sensibili che sanno come agire per offrire un servizio ottimale; mentre altri, ponendosi come figure senza una precisa collocazione, vorrebbero da un lato avere un riconoscimento della loro figura, ma poi non vorrebbero sottoporsi alla preparazione specifica indispensabile a chi si inte-ressa degli altri in termini di consulenza.

Il CIDA, nelle ultime sessioni di esame, ha preparato dei seminari sul

coun-selling che hanno avuto molto successo fra i candidati e, comunque, poiché

nella materia di esame c’è anche una pratica dimostrativa del come si inter-preta, chi non ha mai avvicinato il mondo della psicologia, neanche nei suoi rudimenti fondamentali, facilmente incorre in evidenti manifestazioni di inter-pretazione deterministica (tipo Urano in VII = è inutile che si sposi tanto lei re-sterà sempre solo etc.). A livello formativo, il lavoro da fare è arduo e onero-so, ma già da tempo l’Astrologia si sta sempre più sensibilizzando al proble-ma. E questo soprattutto per rendere consapevole chi interpreta – e che non sia uno psicologo professionista – della presenza in un tema di determinate problematiche, e nel caso prospettare al consultante, con le maniere dovute, l’utilità di una terapia analitica. Chi ascolta, infatti, si attende solidarietà per le proprie attese e non di essere sferzato da un destino che un ottuso interprete, sovente per un forte senso egoico, gli sbandiera davanti in tutta la sua inelut-tabilità.

In termini moderni, sempre più spesso si usa il termine inglese

counsel-ling, ma dal latino consulere (deliberare, consultare) il termine “consulente”

indica, in generale: “colui che dà pareri”; è perciò un professionista a cui si ri-corre per avere consigli, chiarimenti e quindi aiuto. Di converso per “consu-lenza astrologica” si intende quella particolare relazione tra l’astrologo (consu-lente) e la persona (consultante) che richiede l’interpretazione del tema natale. Potrebbe definirsi un lavoro tra individui dove uno porta la conoscenza della materia (consulente) e l’altro le proprie esperienze di vita (consultante), ma con l’intento di una comprensione comune. Non è quindi una competizione e tanto meno un rifugio affettivo, ma piuttosto una cooperazione. Il consulto astrologico può essere anche avvertito come uno spazio particolare, un “cer-chio magico” in cui il professionista sviluppa quella capacità di “sentire” un te-ma natale, di “toccarlo”, di entrarci dentro… Viene a forte-marsi, dunque, un centro energetico che opera una trasformazione alchemica fra le due persone che interagiscono: due campi entrano in intima connessione, si fondono e poi staccandosi ne escono trasformati. Certo è che, a qualsiasi livello, dopo un consulto né il consulente né il consultante sono più gli stessi.

A questo proposito è molto interessante il libro di Tadd Mann “L’arte roton-da”. Si può dire che non si discosta di molto, almeno nelle regole, da qualsiasi altra relazione di aiuto, con il distinguo che il rapporto di consulenza è

tutt’al-113 Casa Undecima

tra cosa dalla terapia analitica. Per cogliere meglio le differenze tra analisi e relazione d’aiuto, citiamo due impostazioni teoriche differenti: una basata sulla teoria di Freud e una basata sulla teoria di Rogers. In maniera molto semplifi-cata la teoria di Freud afferma che l’inconscio si rivela attraverso lapsus e so-gni; l’analista, mediante l’interpretazione di lapsus e sogni, fa sì che l’inconscio diventi conscio. La teoria di Rogers afferma che ciascuno ha mancanze di li-bertà esperienziali dovute a difficoltà antiche. Ma ha anche le energie per aiu-tarsi da solo, senza bisogno del tramite, dell’interpretazione dell’analista, a patto di trovarsi in un clima che favorisca l’energizzazione delle sue risorse. La

terapia analitica va ad “aggiustare” e a “guardare” i problemi strutturali della

personalità, qualche cosa che sta proprio alla base. La consulenza, la relazio-ne di aiuto, riguarda invece il “qui ed ora”, in una struttura di personalità fun-zionante; riguarda una difficoltà in qualche modo momentanea. Al consulente servono capacità, competenze, qualità umane. Non si tratta quindi di fare il consulente, ma di essere consulente. In ogni caso, oltre all’attitudine verso un certo tipo di lavoro è molto importante una certa competenza comportamen-tale nel colloquio con il consultante; e se è vero che un metodo personale può delinearsi con la pratica, è pur sempre l’Uomo che si va ad incontrare e non un materiale qualsiasi. Essendo, appunto, un grandissimo strumento di cono-scenza e proprio perché si rischia di giungere al cuore del problema in modo inadeguato, a maggior ragione l’astrologia ha bisogno di appoggiarsi a tecni-che di consulenza.

A questo proposito A. Alberto Semi, noto psicoanalista veneziano, ritiene così importanti i particolari tecnici che nel suo scritto “Tecnica del colloquio” suscita proprio un quesito fondamentale ossia: Come si fa’ concretamente un

colloquio?Così scrive: “Non ignoro, evidentemente, che in altro senso il ‘come

si fa’ ognuno deve impararlo per proprio conto, personalizzando progressiva-mente il proprio stile di amare e di lavorare: penso, tuttavia, che il ‘come si fa’ va in qualche modo insegnato e che chi ha qualche anno d’esperienza in più tende a dimenticare – chissà perché – le difficoltà dell’inizio. Forse perché ne incontra di nuove, forse anche per quella tendenza un po’ sadica che è implici-ta in frasi tipo ‘come ho imparato io…’. Personalmente, ritengo invece sia utile for nire tutte quelle infor mazioni che for mano il background comune di un’esperienza e che danno la possibilità a ciascuno di comprendere ed affinare la tecnica fino a farne un vero e proprio stile personale… Ma se uno deve sco-prire da sé l’alfabeto, non comunicherà mai con gli altri… Bisogna tener pre-sente che uno dei rischi professionali è proprio quello di credersi il più bravo di tutti. Un nucleo di onnipotenza ce l’abbiamo tutti ed è un nucleo da tenere d’occhio… La tecnica in questo senso è anche uno strumento protettivo per la mente di chi si occupa della mente degli altri. Essa aiuta a vedere le proprie ca-pacità nelle loro reali dimensioni, consente di rilevare materiale confrontabile, permette di discuterlo con franchezza e talora con divertimento”.2

Semi innanzitutto ritiene fondamentale la “cornice del colloquio”, ossia quei pre-requisiti mentali e materiali che un consulente dovrebbe conoscere per affrontare bene il suo lavoro.

Aspetti psichici