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LA LIBERTÀ COME COSTITUTIVO ESSENZIALE DELLA PERSONA

2. Il viaggio dell’eroe

C’è dunque un momento nella vita di ognuno in cui si determina la presa di coscienza di “non essere liberi”. Forse il punto di partenza è proprio quel “Mondo Ordinario” che J. Campbell descrive come prima tappa del “Viaggio dell’Eroe”: l’Eroe, sia uomo che donna, viene strappato alla sua vita di tutti i giorni e trasportato in un mondo speciale, nuovo ed estraneo dopo di che non potrà più vivere nel suo familiare e tranquillo mondo ordinario. Per Campbell, infatti, “Il Viaggio mitologico può avvenire anche materialmente ma

que-st’aspetto è irrilevante. In realtà il Viaggio è fondamentalmente un evento inte-riore, un viaggio verso profondità in cui oscure resistenze vengono vinte e resu-scitano poteri a lungo dimenticati per essere messi a disposizione della trasfigu-razione del mondo…Il periglioso viaggio non ha per scopo la conquista ma la riconquista, non la scoperta ma la riscoperta”. E dagli studi di Campbell si

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cavano varie tappe che, simbolicamente, a partire dal “Mondo Ordinario” met-tono alla prova l’Eroe proprio sulla sua capacità di scelta nonché di discrimi-nazione. Una volta che l’”Appello” è arrivato l’Eroe non può più vivere nel mondo ordinario anche se il terrore dell’ignoto è spesso foriero di un rifiuto.

Parlando in termini astrologici il Sole, dunque, rappresenta “quello che dobbiamo diventare”; in un certo senso è qualcosa che sembra essere fuori dal nostro libero arbitrio. In ogni caso, rispetto al divenire, “si dovrebbe diven-tare quel particolare Sole in quella particolare casa”; però è vero che è possibi-le esprimerlo al massimo, al minimo o non esprimerlo affatto. Cosa fa la diffe-renza tra i tre risultati finali spesso non è comprensibile, ma forte è il sentore che alcune possibilità vengono date a tutti nella vita di comprenderne, magari anche solo per un attimo, il senso. Spesso questi segnali non vengono perce-piti, anche a causa del particolare linguaggio simbolico con cui si manifesta-no; in questo linguaggio sono racchiuse tutte le difficoltà del momento e, con-temporaneamente, anche le possibilità vitali e di sviluppo.

Forse la meta di ogni vita è quella di affrontarla il più creativamente possi-bile cercando di sentirsi in accordo con sé stessi. A volte le persone sembrano non voler rischiare di essere sé stesse, ed è in questo che bisogna assumersi la piena responsabilità, e che si intende possedere il libero arbitrio; le possibili-tà esistono, ma alcuni non le vedono, perché restano ingabbiati dentro un mo-do di essere unico e dentro alle pieghe delle convenzioni familiari, sociali, che spesso non amano neppure permettere la scelta. Troppo spesso le intenzioni coscienti si trovano in netto contrasto con quelle dell’inconscio e ciò dà vita ad un ingorgo energetico che mette il soggetto in una posizione di stallo.

E’ chiaro che per arrivare a non fare scelte condizionate indubbiamente c’è bisogno di avere delle opportunità e, soprattutto, di coglierle; è impossibile che nella vita non arrivi almeno una opportunità di pensare che si possa esse-re di più di ciò che si è; forse, il più delle volte, gli strumenti “in dotazione” esse- re-stano inutilizzati o vengono usati in maniera impropria. Esistono tantissimi condizionamenti e il compito più difficile è uscire da questi brancolamenti tra il mondo personale e quello collettivo. Del resto questo è la vera difficoltà della vita: rendersi autonomi, scegliere ed essere responsabili accettando la gran-dissima frustrazione che ci arriva dai sensi di colpa e dal non sentirsi accettati, amati, adeguati; il prezzo più grosso lo paghiamo in termini di falsificazione di ciò che siamo, perché i miti insegnano. Non è sempre facile ribellarsi né avere la possibilità di sentirsi contenuti dalla psiche collettiva. “Psiche collettiva” in-tesa anche come inconscio… Indubbiamente è molto difficile sottrarsi a forze che sembrano influenzare in modo particolare certe vite, ma non è impresa impossibile. Si legge spesso: “astra inclinant sed non necessitant” ossia “gli

astri inclinano, non determinano” ma forse non inclinano né determinano, e

molto più semplicemente rispecchiano, segnalano, corrispondono… perché non sono qualcosa di diverso o di estraneo a noi stessi ma, proprio come noi, esprimono una realtà dinamica e manifestabile a più livelli.

In poche parole si tratta di una sintesi fra la metafora del tavolo con sopra tutti gli strumenti a disposizione e la capacità di fare un buono o cattivo uso di

essi. Occorre non dimenticare, inoltre, che siamo nati con una specifica e par-ticolare natura caratteriale, a cui si aggiunge un intorno, una famiglia, una cul-tura, ecc. e non possiamo cambiare tutto ciò anzi, meglio sarebbe, accettare completamente tale realtà e non cercare di diventare quello che non si è. A ta-le proposito un esempio potrebbe essere quello della persona che vota-lendo es-sere più razionale cerca di mantenersi obiettiva a tutti i costi cercando di can-cellare le sue innate emozioni: in questo senso diventa un’altra, non è più sé stessa, quindi sarebbe meglio accettare questo limite e cercare di approfittare del vantaggio che le offre la sensibilità. Vogliamo sottolineare qui che la libertà di una persona, e il senso della sua vita, non consiste nel poter cambiare la propria natura, ma solo nel realizzarla pienamente così come indicato dalle sue predisposizioni, adottando dei modi di risposta e dei fini evolutivi, ossia li-berandosi dalla centratura sull’Egoismo, dal narcisismo, per tenere presente l’Altro. È inutile che un cavallo desideri diventare un pesce per sentirsi libero! L’idea sarebbe quella di compiere al meglio il percorso segnato dal nostro So-le tenendo presente che durante il viaggio potranno esserci milSo-le opportunità di scegliere in che modo “viaggiare”. Troppo spesso l’uomo usa il “destino” come mezzo compensatorio alle “ingiustizie divine”, ma in realtà queste ultime non sono altro che la dimostrazione di irresponsabilità sulle proprie scelte (conscie ed inconscie), e quindi dell’incapacità di prendere in mano le briglie della propria vita.

La vita terrena, dunque, appare come possibilità per l’anima di progredire in un continuo processo evolutivo, altrimenti sorge spontanea una domanda: “Ma cosa ci stiamo a fare?”. Non avrebbe senso in quanto tutto sarebbe stati-co e prevedibile. Ci sembra più opportuno invece affermare che dentro al stati- con-testo “destinico” la persona può scegliere se cogliere o meno le opportunità. Ragion per cui quando si legge un TN, si può avere una idea di come è fatta una persona e come potrebbe reagire agli eventi, ma non si potrà mai averne certezza, perché, alla fine, sarà la persona stessa a decidere quale passo fare. L’Astrologia risulta essere infatti nient’altro che un mezzo che dovrebbe por-tarci ad un fine, ossia a percorrere il “nostro” cammino, a crescere ad evolver-ci, affinché, come disse Jung, “la nostra vita non sia sprecata”. E’ chiaro che l’interpretazione del TN consente una maggiore comprensione di noi stessi, ma affinché questo accada nel modo più puro possibile l’interpretazione stes-sa necessita di maggiore attenzione ai condizionamenti che la simbologia astrologica, per sua natura, rischia di apportare (a tale riguardo un’ipotesi di lettura – comunque da verificare e da sperimentare – è quella delle case, set-tori, pianeti, ecc. che essendo privi di aspetti potrebbero rappresentare campi della vita dove è più facile esercitare il libero arbitrio e questo senza troppi condizionamenti o schemi che tendano ad incanalare verso una direzione o l’altra proprio perché sono fuori dalla rete degli aspetti stessi).

Secondo T. Dethlefsen “determinismo e libertà sono due poli che si

condi-zionano reciprocamente e sono legati assieme… Per questo la via che conduce alla libertà passa attraverso l’osservanza delle leggi: solo chi sottostà alla legge è libero… L’uomo raggiunge la sua massima libertà quando può dire:

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gnore, avvenga la Tua volontà, non la mia”. È anche vero che il tema della

li-bertà riguarda piuttosto l’ambito filosofico che quello astrologico, ma occorre ricordare che l’astrologia può avere un senso soltanto se si accetta l’idea del libero arbitrio e cioè se si ammette la possibilità di risoluzione – più o meno ot-timale – delle situazioni. Mettendo in dubbio il libero arbitrio ossia la possibilità di scelta, la possibilità di sbagliare, ma anche di trarre insegnamento dagli er-rori, c’è da chiedersi quale sia il vero senso dell’astrologia e se studiarla sia davvero utile. La convinzione che tutto sia già deciso “a priori”, esime l’astro-logo dalla professione stessa: in tal caso l’aiuto astrologico non serve a nulla. Occorre ricordare che il connubio astrologia/psicologia ridimensiona di molto l’aspetto “destinico” dell’astrologia in quanto la psicologia stessa non solo non ne trarrebbe nessun beneficio, ma rinnegherebbe sé stessa nell’ammettere im-mutabili e quindi prive di via d’uscita determinate situazioni. Quindi, per l’astrologia psicologica, molte dinamiche presenti nel tema natale non solo si possono assolutamente risolvere, ma anche con il tempo non presentarsi più.

A questo proposito è auspicabile una visione psicologica dei transiti e quindi l’eventualità di superamento dei vari problemi. Determinate problemati-che sembrano accompagnare le persone per lungo tempo e a livelli diversi; tuttavia scegliere di lavorarci su per comprenderne la radice può portare, gra-dualmente ed in molti casi, alla risoluzione completa e, in altri, ad una possibi-lità di “padroneggiamento” che altro non è che la capacità di convivere con certi problemi sapendo che esistono, ma che non dominano più. Senza uno di questi due passaggi non ci sarebbe alcuna possibilità di evoluzione. Ad esem-pio nel caso della gelosia: è vero che nella prima parte della vita l’istinto e l’emozione agiscono in modo compulsivo e quindi senza una azione diretta e volontaria della persona. E magari quando si presenta una situazione che su-scita il nucleo infantile e sensibile, questa reazione istintiva e compulsiva si ri-presenta: a questo punto il primo passo a livello psicologico consiste nel pren-dere coscienza che questa pulsione esiste e, in quanto compulsiva, agisce al di fuori della coscienza e senza che la persona ne abbia un controllo. Lavoran-do poi su questa emozione, ci si può rendere conto di eventuali “tradimenti” infantili che hanno poi generato la paura di essere traditi ed abbandonati. Il problema della gelosia è un problema di insicurezza e di non solidità rispetto alle proprie risorse, nonché di un nucleo molto basso di autostima che fa sì che le sicurezze e l’identità siano dipendenti da un soggetto esterno anziché da un valore e da affetti interni. La gelosia è una questione di possesso, c’è paura che venga portato via ciò che si ritiene di avere; in realtà questo non è possi-bile in quanto c’è una confusione-sovrapposizione tra l’essere e l’avere. Con l’aiuto di qualcuno si può far crescere questo nucleo svalutante e arrivare a spostare il valore dall’esterno all’interno di sé e sentirsi così più forti e meno vulnerabili all’idea di perdere qualcosa o qualcuno e, nel tempo, si potrà an-che capire an-che non si può perdere ciò an-che c’è a livello affettivo, ma solo ciò che comunque già non esiste. Diventando più forti si arriverà anche a soppor-tare l’idea che non si può trattenere con la forza o con la paura, o peggio an-cora con il controllo e la prigionia qualcuno che non vuole stare con te,

oppu-re qualcuno che non ha nessuna intenzione di tradioppu-re ma che semplicemente non può dare quella sicurezza che ognuno può trovare solo dentro di sé.

Così facendo si impara a “collaborare con l’inevitabile”, cioè la paura, il sentimento e le emozioni che sembrano incontrollabili, imparando a non pro-iettarle e trasferirle su altri all’esterno; andando avanti nel tempo e rafforzando l’Io e l’autostima, si imparerà a credere di più in sé stessi e addirittura a ridere della passata gelosia, anche perché, a quel punto, le gratificazioni arriveranno per il proprio valore, per cui controllare e possedere l’altro non è più necessa-rio, perché la paura e il senso di precarietà saranno stati affrontati e superati. Quindi i transiti, inizialmente, servono a riportare in superficie le dinamiche, esasperandole, mettendoci alla corda per far sì che, attraverso la loro pressio-ne insostenibile, noi mettiamo mano al problema; una volta compreso, elabo-rato e risolto, la pressione del transito si muoverà diversamente, tentando di allargare la consapevolezza di quel determinato simbolo al fine di lasciare in-travedere e conoscere nuove sfaccettature di quella funzione di noi stessi e co-me noi siamo in relazione con la stessa. I transiti hanno quindi una loro preci-sa intelligenza – sono infatti diretti dal Sé – che ovviamente preci-sa come utilizzarli al meglio al fine di permetterci di portare a termine il nostro Progetto e lavora-no in modo assolutamente diverso a seconda dello stato in cui ci trovalavora-no e di come noi siamo in relazione con la funzione che toccano nel momento in cui si attivano. Va specificato che la lezione è intesa come una modalità di introie-zione di un determinato aspetto psichico, rappresentato dal simbolismo plane-tario, come se non ci fosse stata l’opportunità di comprenderne bene il funzio-namento.

Esempi