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Giovanni Pelosini ha effettuato una sintesi dei contributi di:

Stefano Capitani - Fabrizio Cecchetti - Rosamaria Lentini - Lidia Fassio Cristina Negro - Giovanni Pelosini

tra simboli del Toro e consumismo; dimenticando così che il secondo segno dello Zodiaco corrisponde solo alla prima parte dell’atto “digestivo” (in cui il cibo, realtà esterna, diventa parte dell’individuo stesso), e si oppone alla parte finale (l’evacuazione delle scorie non digerite del cibo dall’individuo), che è in-vece un atto prettamente scorpionico.

Fra queste due funzioni naturali si inserisce, come fase fisiologica fonda-mentale ed intermedia al processo del consumo alimentare, la combustione metabolica vera e propria che non è né taurina, né scorpionica, ma associata al segno di Fuoco del Leone.

È il Leone, infatti, il vero signore della dissipazione energetica e quindi del consumismo, che la società occidentale ha elevato a sistema socio-economi-co, a stile di vita, a “valore”.

Ne è dimostrazione il fatto che il consumismo si sia affermato come siste-ma sociale soprattutto durante l’ultimo transito di Plutone (risorse, ricchezze) in Leone, specialmente nel secondo dopoguerra: periodo in cui alla crescita demografica planetaria si associarono un notevole sviluppo economico dei settori primario e secondario, e una sempre più diffusa propensione al prota-gonismo e all’esibizionismo.

Sappiamo che il consumismo, sfruttando il fisiologico bisogno di nutrirsi (in senso stretto e in senso lato), devia questa necessità biologica e la fa di-ventare una patologica oralità.

L’esaltazione dell’oralità cui veniamo sottoposti, soprattutto dalla pubblici-tà, permette l’incontro di due avidità: quella di colui che offre un bene o un servizio e quella di colui che lo acquista. L’aspetto più indicativo è dato pro-prio da chi, in buona fede, compra per rivendere: fenomeno che può essere esaminato e spiegato solo come un effetto del legame consumismo-oralità e al quale non è facile sottrarsi nell’ottica semplicistica dominante.

Il consumismo, inteso in senso socio-economico, fa quindi leva sul fisiolo-gico bisogno di “nutrirsi”, ma non si riduce solo a questo. Esso stimola, infatti, scientemente e subdolamente l’appetito taurino, sia attraverso la pubblicità di-retta ed indidi-retta, sia attraverso l’imposizione di modelli comportamentali sempre pronti a passare da un consumo all’altro, modelli che finiscono per es-sere percepiti come degni di stima o addirittura come esempi da raggiungere ad ogni costo.

Tale azione furbesca e sistematica di stimolo dell’appetito taurino non è da imputare al Toro, giacché per natura l’appetito non si autoalimenta se viene soddisfatto e, dopo la fame appagata, normalmente subentra la sazietà.

La diabolicità del circolo vizioso messo in piedi dal consumismo, tramite il quale l’appetito non è mai realmente saziato per il bombardamento pubblicita-rio di sempre nuovi prodotti e servizi, deriva dal segno opposto al Toro: lo Scorpione.

Sono scorpionici, oltre che gemellini, gli stratagemmi più sottili e maliziosi per raggiungere i suoi fini, spesso incentrati sul profitto e sul potere politico; ed è sempre lo Scorpione che ambisce a mercificare, a dare un prezzo a tutto, comprese le cose più sacre, riducendo la società stessa ad un colossale

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cato, ad un luogo dove le merci circolano assieme alle informazioni (Mercurio esaltato nel segno), che ingannano il buon senso taurino e finiscono per creare degli appetiti insaziabili e delle esigenze taurine di possesso effimere ed artifi-ciose.

Il Toro, in tutto questo gioco perfido e generatore di ricchezza, è solo la vit-tima designata: rappresenta il popolo bue, col suo sano istinto orale, che non s’avvede di essere turlupinato e trascinato nel gorgo dell’alienazione, dell’iden-tificazione nella merce da esso acquistata, mentre lo Scorpione è il vero deus

ex machina del perverso meccanismo che accelera (Mercurio) i processi

“di-gestivi” del povero consumatore affinché passi rapidamente ad altri prodotti da acquistare, in una rincorsa senza fine del piacere e del benessere (Giove esaltato in Toro).

È ancora un principio scorpionico che induce l’acquirente a consumare in fretta e a gettare via al più presto ciò che acquista, ossia a trasformare i beni comperati in rifiuti. Così l’oralità (indotta e non autonoma) e sfrenata del Toro si trasforma in scorpionica analità altrettanto sfrenata.

Il ruolo del segno del Leone si chiarisce invece nella fase storica di affer-mazione del consumismo nella società occidentale.

Al fine di evitare, o almeno posticipare, un tipo di crisi economica collega-ta al surplus produttivo sempre incombente nel sistema industriale, cioè al ri-schio di non riuscire a piazzare sul mercato i propri articoli nasce il bisogno di tenere sempre desta la domanda dei consumatori e di aprire sempre nuovi mercati, di indurre sempre nuove esigenze, magari superflue.

Il surplus, l’eccedenza e il superfluo sono aspetti evidenti del segno del Leone, così come il suo desiderio di vivere in modo scintillante, esuberante, sontuoso, magnificente, dispendioso … vale a dire nello stesso modo in cui l’occidente ha scelto di vivere nella seconda metà dell’ultimo secolo, grazie soprattutto allo sfruttamento dei combustibili fossili plutoniani.

Il consumismo sembra quindi essere un fenomeno socio-economico detta-to da più fatdetta-tori zodiacali, un mix esplosivo di valori taurini, leonini e scorpio-nici che sta squilibrando (per la lesione all’Acquario) il mondo, sia dal punto di vista sociale, sia ecologico.

Il consumismo e la società bulimica

Se le risorse, gli alimenti ed i contenuti psichici sono simbolicamente associa-ti, come suggerisce l’esempio del bambino che li attinge contemporaneamen-te dalla madre, la quale li elabora e li adatta per lui in atcontemporaneamen-tesa che cresca e pos-sa farlo autonomamente, allora nella dinamica della croce a T tra Toro, Leone e Scorpione non entrano significativamente in gioco gli altri segni, che sono preposti alla triturazione, alla digestione, alla selezione e al trattenimento di ciò che è utile, e ciò avviene sia sul piano biologico, sia su quello psicologico, in cui le difficoltà e i conflitti dovrebbero essere elaborati per poi comprendere ed elaborare le esperienze. Esiste un conflitto tra il desiderio di possedere, che si manifesta ancora sotto forma di impulso potente, e la difesa (espulsione di ciò

che è considerato negativo) in cui la stabilità viene continuamente messa in discussione dal senso di precarietà; giacché non si raggiunge un equilibrio fi-siologico.

Per esempio, negli individui bulimici, il cibo (tanto amato e tanto odiato) non può esplicare la sua funzione fino in fondo. Esso interessa, infatti, solo la prima parte del tubo digerente (bocca, esofago) e genera un’effimera sensa-zione di pienezza che fa solo crescere angoscia, senso di colpa e desiderio di autopunizione; quindi è espulso quasi interamente dalla bocca e, senza arriva-re quasi mai allo stomaco e all’intestino, non può essearriva-re digerito, metabolizza-to e assimilametabolizza-to: non nutre e non sazia.

Sul piano psicologico questa dinamica implica l’impossibilità di fare espe-rienza perchè i problemi, i conflitti, le ansie e le angosce non sono affrontati, ma sono sempre espulsi prima che possano rischiare di “distruggere”: manca quindi la maturità psicologica per affrontare il processo e portarlo a termine. Astrologicamente nei conflitti Toro-Scorpione si manifestano paura, senso di colpa e ricerca di stabilità in situazioni in cui si esprimono patologicamente le simbologie di Saturno e di Giove, magari anche del Giove sagittariano, forse assai più vorace e consumistico del Giove taurino.

Anche la società sembra essere ammalata di una continua “bulimia”, che induce all’assoluto bisogno di avere, possedere, ingurgitare, per poi espellere velocemente e creare un nuovo spazio.

In questa dinamica Toro-Scorpione entra però in gioco anche un forte meccanismo punitivo patologico inconscio, quindi in qualche modo è neces-sario “doversi liberare”, quasi sadicamente, di ciò che si è appena preso, pos-seduto, ingurgitato.

L’individuo, come la società, è fortemente “orale” ed è dominato dal biso-gno di incorporare e di divorare: in questo caso il meccanismo psicologico si fonda sull’insaziabilità e sull’avidità, a cui il Leone aggiunge l’incapacità di aspettare ed anche di scegliere.

In questa dinamica ci sono però sentimenti molto altalenanti che possono andare dalla gioia alla tristezza, dall’eccitazione all’angoscia, se non alla colle-ra; e proprio questi sentimenti sono i responsabili a livello profondo dell’alter-nanza tra l’avidità e il possesso e il rigetto brutale.

Si analizzi ora un difficile, ma non paradossale, paragone tra la psicologia della bulimia alimentare dell’individuo e la dinamica “bulimica” della nostra società.

Innanzi tutto osserviamo che questo fenomeno è un sintomo che ha lo sco-po di sco-portare alla riorganizzazione psichica il soggetto che si sente minacciato dalla disintegrazione che prova quando deve fronteggiare qualcosa di doloroso che lo deprime. Questa patologia è in fondo un modo molto raffinato per ge-stire lo stress che, in qualche modo, permette di “bypassare” difficoltà che sembrano insormontabili ad una personalità poco strutturata. Il processo però non è mai completato fino alla “digestione” degli eventi e del vissuto doloroso, che in tal modo sarebbero elaborati, permettendo a ciò che è utile (l’esperien-za) di essere trattenuto per “espellere” solo ciò che non serve, le scorie.

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La patologia fondamentale della società consumistica è la stessa: c’è un vissuto angosciante dal quale non si riesce a liberarsi mancando obiettivi veri e senso del valore personale e della vita. Sono carenti le relazioni vere, profon-de e sane, mentre sembra essersi perso il senso profon-della partecipazione a ciò che ci circonda. Psicologicamente lo stress e le difficoltà angoscianti crescono sul terreno dell’oralità esagerata, dell’insicurezza e dell’instabilità.

L’oralità (Toro) sia sul piano psicologico, sia su quello socio-economico, è esasperata e resa iperattiva più facilmente dal consumismo proprio se esiste già un terreno di “insicurezza” e di “instabilità” (Scorpione) che, a sua volta, genera una sottile angoscia esistenziale (Toro leso).

Se questa angoscia si deve all’incapacità (recente ed attuale) della nostra società occidentale di proporre degli obiettivi veri, di dar spazio al valore per-sonale dell’individuo e soprattutto di dare un senso profondo alla vita, forse è perché questa società ha privilegiato, soprattutto negli ultimi due secoli, il no materiale, l’acquisizione concreta e il soddisfacimento dei bisogni e dei pia-ceri corporali, a detrimento di quelli relazionali, affettivi e spirituali.

Non si è voluto, o potuto, integrare nella propria coscienza Venere e Nettu-no, vale a dire certi valori dei Pesci e della Bilancia.

La ricerca della sicurezza

Il tentativo di soddisfare prioritariamente i bisogni materiali a scapito di uno sviluppo della coscienza e, più in generale, di tipo spirituale, è ciò che, a mio parere, distingue più profondamente la civiltà occidentale del XX secolo (con-sumistica) da quelle orientali.

Nel primo caso, abbiamo visto come gli individui siano indotti a perseguire una sorta di sicurezza tramite il possesso di beni; un atteggiamento deprivato di veri obiettivi e di valori, che pure li porta ben lontani dalla fiducia nel Sé e a mantenere comportamenti consumistici e poco flessibili, nonché espressioni di una reale profonda insicurezza e precarietà esistenziale.

La “sicurezza” (fra virgolette), basata per esempio sul possesso di oggetti, persone, ruoli e vincoli, è una falsa sicurezza e produce generalmente staticità nel tentativo (illusorio) di opporsi ad ogni cambiamento. È un obiettivo tipica-mente mentale che dà luogo a comportamenti, a volte eccessivi, tipicatipica-mente umani, biologicamente sconosciuti ad altre specie animali, i quali tendono istintivamente più a fluire secondo i cambiamenti sostanziali di circostanza e secondo i cicli naturali.

La vera sicurezza, come del resto la felicità, non si appoggia in realtà a niente che non sia interiore, e, per questo motivo, non teme alcuna perdita né alcun cambiamento delle condizioni ambientali, non genera rigidità, anche se può condurre alla stabilità; e ci fa muovere armonicamente nel mondo della Materia secondo le leggi della Natura, comprese quelle dell’evoluzione. Il Toro (seconda Casa) è un settore che genera per sua natura un certo tipo di “sicurezza” e “fiducia” che non collimano per niente con il concetto di “flessi-bilità” (dato che le “sicurezze” qui si cristallizzano sulle forme del

contenitore-ambiente-materno originario). Neanche il Leone (quinta Casa), spesso defini-to come moldefini-to sicuro di sé, sembra contemplare la virtù della “flessibilità”, semmai il contrario, giacché le certezze qui si fissano sulla presunzione della perfezione originaria dell’essere.

Viceversa, gli altri due segni fissi, lo Scorpione (ottava Casa) e, soprattut-to, l’Acquario (undicesima Casa) risultano molto più “mobili” e “flessibili” mentalmente, anche se, nello stesso tempo, meno “sicuri”, meno fiduciosi e meno stabili dei loro antagonisti e complementari.

Anche la ricerca della cosiddetta sicurezza è pertanto interpretabile astro-logicamente alla luce dei simboli e dei significati dei segni fissi.

L’ideale di saggezza, scaturito in questo ambito da una calibrata fusione di

modus vivendi occidentale e orientale, potrebbe generare un sentimento di

“sicurezza con flessibilità”, astrologicamente leggibile in una particolare mi-scela di fattori zodiacali opposti l’uno all’altro, e/o in aspetto di quadrato fra loro.

Ne è un esempio il tema di un grande saggio come Carl Gustav Jung (Leo-ne con ascendente Acquario e Luna in Toro): un personaggio straordinario che ha viaggiato molto anche dentro se stesso, che dona ancora generosamente agli altri i frutti del proprio lavoro e che, non a caso, iniziò un percorso cultura-le e spirituacultura-le di avvicinamento fra Oriente e Occidente.

Il tabù della morte

Viviamo in una società basilarmente “orale” e quindi gioviana, ma anche “pos-sessiva”, “contenitiva” e “trattenitrice” (simbologie di X-Demetra secondo Morpurgo) e pertanto riconducibile simbolicamente al Toro. Questo segno è affettivo (Venere), ma vincolato fortemente all’istinto di fagocitare il mondo esterno.

Ammettendo questa ipotesi come vera, potremmo dedurre che viviamo in una società vittima di un certo unilateralismo psicologico, incapace in pratica di accettare serenamente il suo opposto e complementare (lo Scorpione), os-sia la distruzione, la morte e la rinascita come fenomeni, tutto sommato, natu-rali.

La società consumistica occidentale sembra voler bandire qualsiasi forma di sofferenza, e soprattutto cancellare i concetti di invecchiamento e di morte. La conseguenza è che gli individui sono indotti a vivere soprattutto il “pome-riggio della vita” senza significato né scopo propri, come una misera appendi-ce del “mattino” (cfr. C.G. JUNG, Gli stadi della vita).

Ne L’anima del mondo Hillman fa un’interessante analisi del terrorismo che ha in questo periodo uno spaventevole impatto sull’opinione pubblica, oltre che per gli ovvi motivi, anche perché è rimasto l’unico evento a parlarci cru-delmente della morte e a farci sentire quanto essa sia vicina ad ognuno di noi in ogni momento.

L’acuto Tiziano Terzani (Un indovino mi disse, p.153-154) ragiona in tal senso:

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“O chi riflette più sulla morte? Quella per noi occidentali è diventata un ta-bù. Viviamo in società fatte di ottimismo pubblicitario in cui la morte non ha posto. È stata rimossa, tolta di mezzo. (…) Già nel corso della mia vita com’è cambiata la morte! Quand’ero ragazzo era un fatto corale. Moriva un vicino di casa e tutti assistevano, aiutavano. La morte veniva mostrata. Si apriva la ca-sa, il morto veniva esposto e ciascuno faceva così la sua conoscenza con la morte. Oggi è il contrario: la morte è un imbarazzo, viene nascosta. Nessuno sa più gestirla. Nessuno sa più cosa fare con un morto. L’esperienza della morte si fa sempre più rara e uno può arrivare alla propria senza mai aver vi-sto quella di un altro”.

Forse è proprio per questo motivo che la società occidentale ha, da una parte, dovuto vendere l’anima al diavolo mercificatore (Scorpione) per au-mentare le sue ricchezze materiali, e, dall’altra, ha rimosso il problema della precarietà esistenziale, della morte individuale e del sistema (Scorpione), au-to-condannandosi ad un’angoscia perenne, attenuabile solo ricorrendo al sud-detto meccanismo del consumismo “bulimico”.

Il ruolo dell’Acquario e i Cicli Storici

Si analizzi ora il ruolo dell’ultimo dei segni fissi. Gli aspetti sociali e individuali della dinamica del consumismo sembrano già ben evidenti nella croce a T che abbiamo esaminato, ma il vedere l’Acquario solamente come simbolo della società (cosignificante della XI Casa), ad un tempo vittima e artefice del circo-lo vizioso consumistico, appare un po’ riduttivo, ma soprattutto non soddisfa l’equilibrio zodiacale dialettico, avendo gli altri tre segni fissi ruoli attivi ben ri-conosciuti. Vero è che l’Acquario sia un segno elusivo e possa tendere, nell’ot-tica esposta, a fuggire in angoli incontaminati, a negarsi allo scontro e rifugiar-si in torri eburnee.

In questo ruolo l’Acquario è un protagonista plausibile e rappresenterebbe nella società attuale il variegatissimo mondo della “ribellione” al contesto già descritto.

Esistono, in effetti, sacche di resistenza al consumismo globale, originali sistemi esistenziali, anche se spesso sono rappresentati da realtà marginali, per non dire emarginate, in ostinata quanto, per adesso, poco vincente contro-tendenza. Ne sono esempi i fautori del boicottaggio dei consumi e del famoso

“Buy Nothing Day”, come il canadese Lasn Kalle, e anche tutta quella

varie-gata e complessa realtà che potremmo definire nel suo insieme “galassia no-global”.

Questi aspetti uraniani e nettuniani del segno, ribelli e utopici, collettivisti o misticheggianti, sempre idealisti, talvolta immaturi se non infantili, rappresen-terebbero però solo il ruolo non attivo, o, al più, quello reattivo dell’undicesi-mo segno nella dinamica dei quattro segni fissi dello Zodiaco.

L’asse Leone-Acquario nella ruota zodiacale è successivo all’asse Toro-Scorpione, e questo fatto può forse indicare il percorso che l’umanità deve af-frontare nell’affinare i modelli di strutturazione.

L’Acquario, opponendosi dialetticamente al divorante Sole leonino, contri-buisce al castello quadrato dei segni fissi che spiega il fenomeno consumistico nella sua quasi totalità. In questo contesto potrebbe addirittura rappresentare la graduale e sempre più pressante presa di coscienza collettiva della necessi-tà di una più equa distribuzione delle risorse del pianeta.

Alcuni pensano che probabilmente il sistema consumistico-capitalista ten-da a crollare sotto il suo stesso peso; ed, in effetti, è difficile immaginare un futuro in cui sette (o più) miliardi di esseri umani possano vivere in un conte-sto consumistico simile all’attuale senza che il sistema collassi.

Sembra, infatti, che le risorse del pianeta Terra possano reggere ai consu-mi “ricchi” di due consu-miliardi di abitanti al massimo, e, se la maggior parte dei ci-nesi e degli indiani (già oltre due miliardi di anime) si aggiungessero, come pare stiano incominciando a fare, ai già ricchi occidentali (oltre un miliardo), il sistema rischierebbe di crollare definitivamente.

Così, mentre la libertà che regala il Saturno acquariano non è altro che il risultato del continuo processo di rivendicazione e appropriazione dei diritti, in-dividuali e collettivi, la ribellione uraniana può essere vista come una nave rompighiaccio tesa alla liberazione ed all’emancipazione dell’umanità.

L’Acquario è sostanzialmente il simbolo di una lenta e faticosa presa di co-scienza (Saturno) collettiva (Nettuno) della necessità (Urano) di una più equa distribuzione delle risorse della Terra, in modo da evitare (Nettuno) il più a lungo possibile (Saturno) la catastrofe finale (Urano, Plutone in trasparenza) del sistema, se non addirittura dell’estinzione umana e biologica.

Il ruolo dell’Acquario è anche quello di rappresentare il cuore stesso del processo di liberazione ed emancipazione delle popolazioni umane dai modelli sociali e dagli schemi comportamentali che hanno reso la nostra specie così vincente: proliferazione, gerarchia fallocratica, obbedienza alle regole, organiz-zazione della violenza, specializorganiz-zazione dei compiti, manipolazione e sfrutta-mento della natura.

L’Acquario, infatti, tende a rifiutare l’imperativo della procreazione, a con-testare l’imposizione della gerarchia, a favorire la disobbedienza, a disappro-vare la violenza sistematica, a suggerire un maggiore eclettismo e una mag-giore transculturalità, a mettere in luce i pericoli della manipolazione e dello sfruttamento della natura. Tende in tali direzioni, anche se non segue sempre comportamenti coerenti ai suoi stessi princìpi.

Questo segno, infatti, può rappresentare contemporaneamente il più gran-de alleato gran-della procreazione, se i propugnatori di questa gli chiegran-dessero di su-perare ostacoli contingenti e naturali alla sua realizzazione, come il più geniale inventore di macchine belliche, se glielo chiedessero i guerrafondai, oppure il più formidabile ideatore delle tecnologie per manipolare e sfruttare la natura, ed altro ancora.

La sua componente idealistica e utopica uraniana, fortissima, rende l’Ac-quario una sorta di leva tecnologica capace di ribaltare il mondo e gli schemi naturali delle cose, con tutti gli impliciti rischi di distruzione (Plutone esaltato in trasparenza); mentre, solo secondariamente seppur potentemente,