Sintesi a cura di Nazarena Marchegiani
4. Il quarto principio è quello che riguarda la maniera ossia: “cerca di es-
es-sere chiaro e ordinato nell’esposizione”.
Occorre cercare di non saltare “di palo in frasca” e questo vale anche per il cliente. È necessario fare attenzione a riportare sempre il discorso sul conte-nuto che si sta trattando e a non permettere che venga abbandonato fino a quando non si ritenga esaurito per passare poi ad un altro aspetto del tema natale. Questo principio è meno semplice di quanto sembra; nella consulenza la coerenza è fondamentale, essa rientra nei compiti strutturanti del consulen-te. Il quarto principio ci dice anche di non usare un linguaggio troppo difficile o estraneo al cliente. Spesso quello che si legge come resistenza da parte del cliente deriva semplicemente dal fatto di non essere stati compresi, magari proprio per l’uso di un linguaggio specialistico il cui significato è dato per scontato dal consulente, ma non dalla persona con cui si sta parlando. Ad esempio invece di usare il termine “depressione” si potrebbe dire “uno stato in cui si potrà sentire solo e non capito” oppure “le sembrerà di essere privo di energie”, e via dicendo.
Educazione del Consultante
Capita molto spesso che chi va dall’astrologo sembra essere interessato più che altro ad ottenere notizie sul proprio futuro, con approcci del tipo “non mi
interessa l’interpretazione del TN, io già mi conosco” eccetera. Il consulente
astrologo può imbattersi, quindi, in una tipologia di clientela che, per così dire, mira esclusivamente alla “predizione”. Può incappare in special modo in tutti quei casi – e sono i peggiori – in cui le domande del consultante vertono sulla possibilità di morte di qualcuno (rivale in amore, suocera, ecc.) oppure sul “come” ingannare meglio, ad esempio, il socio, il partner, i fratelli ed altri ar-gomenti ancora che mirano esclusivamente a nuocere agli altri. L’etica profes-sionale suggerisce sempre un possibile percorso di “aiuto”, ma impone anche di non transigere su alcuni principi morali: l’astrologo si occupa di vita e non
di mortee gli inganni fanno parte esclusivamente delle scelte personali di chi si rivolge per la consultazione. In questi casi la drasticità nel non assecondare il consultante è fondamentale.
È importante, invece, restituire una spiegazione sul giusto valore da attri-buire all’oroscopo previsionale, anche perché, quest’ultimo, è pur sempre una caratteristica dell’attività astrologica e va dunque redatto nel modo più possi-bile corretto. Attraverso un buon approccio alla lettura della simbologia astro-logica e all’uso dei cicli planetari, ad esempio, si può insegnare al consultante a capire il meccanismo che si trova alla base dei propri timori, delle proprie scelte di vita, delle proprie sconfitte ed egli si sentirebbe meno in balia degli eventi e più consapevole delle proprie responsabilità. È assolutamente fonda-mentale spiegare fin dall’inizio la vera finalità dell’Oroscopo che è soprattutto quella di migliorare la conoscenza di sé stessi. Con pazienza e metodo, dun-que, è opportuno cercare di educare il consultante ad assumere un approccio diverso verso l’Astrologia e di conseguenza verso la consultazione astrologica, spiegando innanzitutto che l’astrologo è un interprete e non un veggente; che non c’è un destino scritto che ci aspetta al varco, ma solo alcuni nodi di carattere che ci spingono – proprio perché non ne siamo sufficientemente consapevoli – in situazioni di vita ripetutamente difficili; è dunque di fonda-mentale importanza far comprendere che la scelta deve essere sempre fatta in prima persona e non delegata ad altri e tanto meno all’astrologo. L’astrologo può dare un validissimo aiuto nel far luce su “chi siamo” e su “che cosa vo-gliamo”, ma non ha potere decisionale sulla vita altrui. Ottemperando a quan-to sopra, se poi il cliente non si sente in sinquan-tonia con il mequan-todo d’interpretazio-ne degli astri e della vita, avvied’interpretazio-ne automaticamente una seleziod’interpretazio-ne naturale. Secondo la “legge” di attrazione, probabilmente, “ognuno ha l’astrologo che si merita”…
Dal punto di vista tecnico la sinastria tra il tema dell’astrologo e quello del consultante risulta essere un metodo efficace per verificare la compatibilità tra le due “essenze”. Alcuni, invece, seguono l’esempio di Evangeline Adams, os-sia erigono una carta esatta per l’ora e il luogo della prima consultazione, in-serendo in questa carta i pianeti natali del cliente per dimostrare l’aderenza tra la sua individualità di base e la situazione cosmica del momento, questo per comprendere meglio perché il cliente, anche inconsciamente, sceglie quel momento per l’incontro. Ciò che l’astrologo gli dirà relativamente alla carta natale e alle sue potenzialità, dovrà comunque servire per una costruzione po-sitiva della persona.
Anche per il grande Rudhyar c’è un momento nella vita di una persona che, o da sola o per mediazione di un astrologo, la stessa diventa conscia del-la propria carta del cielo, e questo momento – o categoria di momenti – ha un significato profondo. Per un cliente che va da un astrologo professionista in qualche fase del proprio sviluppo personale, è molto importante considerare due fattori fondamentali: la carta di nascita e il momento in cui il cliente è arri-vato. In tal modo si può determinare principalmente sia il suo stadio di svilup-po – i mezzi necessari sono progressioni e transiti – sia il significato della con-sultazione, cioè la relazione fra chi cerca, il momento della ricerca e la predi-sposizione dell’astrologo a quel momento. Nell’astrologia oraria ritroviamo il risultato della questione richiesta dal consultante in VII casa.
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Psicoterapia dell’astrologo
Se per essere astrologi non è necessario essere psicologi, per fare una buona consulenza astrologica però, bisogna avere una preparazione ed una cultura, intese soprattutto in senso di “consapevolezza di sé e dell’altro”. E questo è spesso il punto dolente, perché molti astrologi, non avendo alcun tipo di cono-scenza delle principali dinamiche interiori, non hanno nemmeno consapevo-lezza dei propri bisogni e allora premono, proiettano e si identificano con il consultante. Sarebbe invece auspicabile che un professionista astrologo fosse sostenuto da una personale, precedente psicoterapia o psicanalisi, che abbia dato, insomma, consapevolezza delle proprie qualità, così come dei propri di-fetti comportamentali (ovviamente ci sono persone che hanno raggiunto un traguardo di ottimo equilibrio, senza aver mai avuto alcun aiuto esterno).
Qualsiasi professione si forma attraverso la pratica, ma nel professare l’Astrologia c’è il problema della teoria: non esiste, infatti, una scuola di for-mazione quinquennale con tanto di corsi di ulteriore specializzazione; inoltre, molto spesso, l’apprendimento della teoria risulta essere confusa proprio per-ché molte sono le scuole di pensiero e non c’è quindi un’istituzione, una strut-tura che le raccolga tutte in modo da sviluppare un programma di studi com-pleto ossia un percorso didattico prestabilito.
Quindi, quando lo studioso decide di avviarsi verso la professione di con-sulente astrologo, se non ha già un’esperienza di consulenza alle spalle, pro-veniente da un’altra professione, rischia di sbagliare l’approccio. Si trovereb-be in situazione ottimale quel consulente astrologo che s’imponga di affronta-re un baffronta-reve training personale; ciò comporteaffronta-rebbe non solo un lavoro su di sé, ma anche l’appropriarsi di certe tecniche per riuscire poi a capire se sta mettendo in atto distorsioni percettive o proiettando dinamiche personali. Po-trebbe trattarsi, ad esempio, di un particolare training di gruppo in strutture conosciute, in grado di offrire la sicurezza della validità degli operatori e riser-vato esclusivamente agli astrologi. Con il rilascio di una certificazione, il pro-fessionista astrologo si pone in una condizione privilegiata rispetto a quella dell’astrologo improvvisato e questo rafforzerebbe non solo la sua figura pro-fessionale, ma sarebbe una garanzia per il consultante e un lustro per l’astro-logia.
Transfert e proiezioni
Il problema delle proiezioni e del transfert è un argomento molto delicato e an-che di difficile comprensione, perché, a meno an-che non si conoscano le tecni-che per codificarne i meccanismi e/o non si abbia la possibilità di avere una supervisione di tipo psicologico, il rischio per il consulente è proprio quello di trasferire al consultante gran parte delle sue problematiche personali. Il pro-blema della proiezione può essere reciproco, ma la differenza fondamentale è che l’astrologo dovrebbe essere preparato a quest’evenienza e riconoscerla; mentre è assolutamente naturale che ci siano le proiezioni del consultante
sul-l’astrologo, perché è il consultante che ha bisogno di conoscersi o che ha bi-sogno in qualche modo di “aiuto”.
In psicanalisi, per proiezione si intende il meccanismo psichico di difesa (molto spesso nevrotico o psicotico) per cui il soggetto attribuisce ad altri cer-te cer-tendenze, incer-tenzioni o conflitti che non può riconoscere in sé scer-tesso (è il fe-nomeno opposto alla introiezione). Frequentissime, sebbene lievi e inavvertite, le proiezioni anche nei comuni rapporti interpersonali. La derivazione latina del termine trànsfert (da transferre, cioè “trasferire”) indica anch’essa un con-cetto di ‘traslazione’. Il concon-cetto fu introdotto da Freud nel 1895 ed indica pro-priamente il processo di trasposizione inconsapevole, durante l’analisi, e sulla persona dell’analista, di sentimenti e di emozioni che il soggetto sentì in pas-sato nei riguardi di persone importanti della sua infanzia. Più in generale, s’in-tende l’inevitabile, anche se tenue, accompagnamento inconscio di sentimenti pregressi, che contraddistingue qualsiasi rapporto affettivo interpersonale. Il transfert può essere positivo, negativo o ambivalente.
Il problema di fondo è proprio questo: nei lavori di sostegno bisognerebbe che colui che offre consulenza avesse abbastanza chiare le proprie dinamiche, per essere in grado di affrontare al meglio la sua professione e non andare a confondere le problematiche personali con quelle della persona che ha di fron-te. Più c’è consapevolezza e capacità di accettare ciò che siamo e meno sono possibili le proiezioni.
Una delle tecniche più importanti nel consulto è la capacità discriminativa: – Ognuno di noi registra e allo stesso modo trascura qualcosa fino a non percepirla del tutto, e questo sulla base del suo modo personale di leggere la realtà. Il metodo discriminatorio, quando si fa un training di counselling, con-sente di concentrarsi ad osservare le proprie modalità di attenzione e di porta-re in primo piano la propria griglia selettiva di percezione della porta-realtà. Ad esempio, spesso l’astrologo tende a concentrarsi esclusivamente su un punto del tema, gestendo l’intero colloquio su quella problematica che a volte non è certo la più importante nella carta natale del consultante, ma probabilmente lo è, appunto, nel tema del consulente. La non conoscenza del proprio sistema percettivo, di frequente, porta a non sintonizzarsi sulla giusta lunghezza d’onda che permetterebbe di cogliere e soprattutto di sistemare le informazioni ricevu-te e di dare ad esse il giusto peso. Spesso entrano in gioco meccanismi di identificazione del consulente che finiscono per provocare distorsioni nella per-cezione interpersonale e far sottovalutare importanti aspetti del tema natale.
– Una consapevolezza del contatto è quindi auspicabile perché permette di comprendere ciò che avviene dentro di sé e di tenerlo separato da ciò che si percepisce nell’altro. A volte, durante un colloquio il consulente può provare crescenti stati di irritazione o di disorientamento di fronte al modo di parlare o di porsi del consultante. Bisogna sicuramente avere consapevolezza che que-sti stati d’animo non dipendono dall’altro e non sono causati dall’altro, ma dal-la frustrazione di una aspettativa che, inconsciamente, si era posta su di lui.
– Bisogna poi distinguere la consapevolezza dal controllo, poiché quando si passa dalla prima al secondo è già intervenuta una funzione giudicante e
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censoria che ha modificato l’interazione; a quel punto la consapevolezza deve servire a rendersi conto se si sta ancora comunicando conformemente alle proprie intenzioni.
– Un altro tratto dei consulenti astrologici consiste nel lasciar perdere i punti più spinosi della conversazione non affrontandoli: mentre questa soluzio-ne può andar besoluzio-ne soluzio-nella vita quotidiana per mantesoluzio-nere una certa formalità soluzio-nei rapporti, nella consulenza è assolutamente da evitare proprio perché l’aspetto critico dell’interazione copre, di solito, aspettative inespresse e frustrate che occorre investigare.
Come più sopra citato, la proiezione – ma non è l’unico meccanismo che può avvenire in una interazione – è dunque un meccanismo di difesa del tutto inconscio, e inconscio vuol dire che avviene al di fuori della coscienza. È im-portante sottolinearlo, proprio per mettere in evidenza che non è possibile vo-lontariamente “stare attenti” alla proiezione, poiché, come direbbe Totò a pro-posito della nebbia, “quando c’è non si vede”: in questo senso, sia il contenuto della proiezione che l’operazione stessa del proiettare ed il soggetto che pro-ietta, risultano essere al di fuori della coscienza. Sono sempre l’attenzione e la consapevolezza a poterci venire in aiuto: caratteristica della coscienza umana (che ci differenzia dalle altre specie animali) è quella di sapere e contempora-neamente provare una certa emozione; sapere di star pensando un certo pen-siero; sapere e contemporaneamente compiere un certo gesto e così via. An-che se la maggior parte della nostra giornata la passiamo in automatico, è possibile attivare la coscienza/consapevolezza come sguardo sempre presente non solo sugli altri, ma anche su noi stessi. Dunque se mi osservo mentre sen-to, penso e agisco con il cliente, posso meglio rendermi conto della natura di questi pensieri, emozioni e azioni. Ed è il tipo di emozione che provo nella re-lazione e nei confronti del cliente, o i pensieri che faccio su di lui che mi danno la misura delle mie proiezioni. Quando apro la porta e il viso di una persona mi ispira simpatia o antipatia, per fare un banalissimo esempio, è una qualità (la simpatia o l’antipatia) che non appartiene certo alla persona, ma a qualco-sa dentro di me: qualcoqualco-sa che associo, per similitudine – e i neuroni funziona-no così – a un certo tratto del viso.
A questo proposito, oltre all’ascolto e all’osservazione, sarebbe da educa-re anche la capacità del non giudizio, che non è necessariamente espeduca-resso in forma verbale, ma anche in modo involontario, per esempio con atteggiamen-ti, sguardi, impostazione della voce che, senza volerlo, vanno ad influire sullo stato d’animo del consultante, e questo per non “inclinare” o “dirigere” qualsi-voglia proiezione personale. Quello che noi vediamo è profondamente correla-to a quello che siamo, e presumiamo semplicemente che il modo in cui vedia-mo le cose sia il vedia-modo in cui esse sono realmente, ma queste non sono altro che realtà soggettive. A seconda di come la persona è posizionata verso la re-altà esterna, dunque, si potranno avere risultati o giudizi diversi. Quanto al senso etico non è da confondere dunque con il moralismo ed i pregiudizi per-sonali: non si deve mai giudicare ma cercare di capire, e questo anche davanti alle situazioni più impensabili, così da valutare con più attenzione l’altro in
quanto persona unica e irripetibile, ma soprattutto in cammino verso l’unica meta.
Ora, può accadere che se non siamo abituati a “monitorare”, nel sorgere, le nostre sensazioni ed emozioni, non ci accorgiamo che stiamo accogliendo con un certo sospetto il cliente e di conseguenza cresce l’antipatia nei suoi confronti; possiamo arrivare all’aggressività e ad un certo grado di intolleranza con frasi del tipo: “quella persona lì proprio non capisce”, “fraintende tutto ciò
che si cerca di dirle”, “ha dei modi fastidiosi”, è “noiosa”, “chissà cosa cerca”,
eccetera. La proiezione funziona pressappoco così. Le emozioni che si prova-no per i clienti prova-non vengoprova-no indotte da loro; nel corso di un primo e a volte unico colloquio, si può essere quasi certi che appartengono al consulente e che, anche se alcune sue reazioni hanno un oggettivo legame con comporta-menti particolari del cliente, semplicemente questi comportacomporta-menti sono l’esca, l’occasione per far sì che il consulente sia indotto a proiettare un perso-nale vissuto o una sua parte non molto gradita. Altrimenti non si avrebbero reazioni emotive di rilievo proprio perché non esistono legami significativi reali con quel cliente, non è possibile che ci siano. Diventa allora evidente come sia importante non solo non prescindere da queste emozioni, ma anzi utilizzarle per fare chiarezza nella relazione, una chiarezza che ovviamente è interna, ma che poi si rifletterà nella qualità di realismo, e quindi di ascolto pulito e dispo-nibile, e, nel caso dell’astrologo, di restituzione della sola simbologia espressa dalla carta, senza le personali “aggiunte”.
Le emozioni hanno significati precisi, e si inscrivono in modalità relazionali con motivazioni diverse. Se io provo, per esempio, rabbia o fastidio, queste sono emozioni che appartengono ad una relazione di tipo agonistico o ad una di attaccamento affettivo. Nel primo caso scaturiscono da un vissuto di so-praffazione o frustrazione, nel secondo da un vissuto di abbandono o di rifiuto. In una consulenza astrologica, dunque, un eventuale sentimento di rabbia o di fastidio non avrebbe senso, ma se l’emozione c’è vuol dire che deve essere te-nuta in debito conto. Ci si può accorgere allora di stare agendo in quel mo-mento una parte che si sente, per esempio, sconfitta: ma da chi, da cosa? Non certo dal consultante, ma probabilmente da un vissuto precedente che si sta proiettando nella relazione. E se questo è il tipo di sentimento, non c’è forse da chiedersi qual’era l’aspettativa creatasi in questa relazione? forse di vincere una competizione? o di essere accuditi, nutriti ossia gratificati?
Comunque chi pratica la consulenza astrologica, proprio per la delicatezza dei temi trattati, non dovrebbe trovarsi in uno stato emotivo o psicologico alte-rato, ossia in una situazione di squilibrio esistenziale. In questo caso il rischio di proiettare problematiche personali è ancora più accentuato e l’obiettività ancor più “sfocata” a causa, appunto, di una lente poco chiara e dunque falsa-ta. È giusto porsi il problema delle proiezioni e quindi di come uno stato d’ani-mo di disagio e confusione possa influenzare l’esito della consultazione. D’al-tronde nei momenti di maggiore intensità emotiva negativa anche il comico, per esempio, non riesce a divertire come vorrebbe; il medico può fallire la dia-gnosi e l’avvocato può perdere la causa… Certamente non si può
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re ed un serio professionista astrologo si differenzia da un dilettante anche dal-la capacità, appunto, di dal-lavorare bene pur con problematiche personali in cor-so e, ovviamente, dalla consapevolezza del rischio di proiezioni. È impossibile per un astrologo trovarsi sempre in uno “stato di grazia”, tuttavia, in momenti di tensioni davvero forti – e questo fa parte della responsabilità propria del-l’astrologo – è auspicabile mettersi un attimo da parte e procedere alla solu-zione, per primo, delle proprie questioni. In ogni modo, occorre tener presente che, durante un consulto, si realizza volenti o nolenti un interscambio energeti-co pur essendo attivo un certo distacenergeti-co e energeti-controllo saturnini.
Il problema del “vampirismo”
Esiste un problema che spesso l’astrologo deve affrontare e risolvere e cioè: come difendersi dalle persone che diventano ossessive e invadenti? Persone che pretendono sempre di più in nome di una confidenza che, per convenien-za, decidono di scambiare per amicizia? Il comportamento di questa categoria di consultanti sembra essere strettamente legato al loro grado di consapevolez-za: se appartiene al tipo di individuo che si aspetta che l’astrologo risolva tutti i suoi problemi o che più semplicemente gli dica cosa deve fare o non fare, si aspetterà poi di essere consigliato anche sul vestito da indossare la mattina. Diventa dunque importante stabilire il giusto approccio con il consultante, co-me è importante rimanere fedeli ad una linea di condotta seria e responsabile.
Saper gestire il fenomeno del “vampirismo” dipende unicamente dall’atteg-giamento dell’astrologo. Se egli permette che ciò avvenga, per buona fede o per eccesso di disponibilità, scivola automaticamente in mancanza di profes-sionalità; quindi tutto dipende da come l’astrologo si pone sin da subito o da come risponde al primo sospetto di “allargamento” da parte del consultante.