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Dalla Bottega alla Grande Distribuzione 57

Nel documento Il Pane tra Tradizione e Innovazione (pagine 58-63)

2   IL PANE E I CONSUMATORI

2.4   LA VENDITA DEL PANE 57

2.4.1   Dalla Bottega alla Grande Distribuzione 57

“Dai Greci fino all’epoca moderna”61 le botteghe costituivano il

collegamento tra consumatori e produttori. La bottega è sempre stata caratterizzata da una serie di elementi come uno spazio commerciale piccolo, ma sufficiente a un territorio ristretto dal punto di vista del consumo, e una netta divisione tra venditore e consumatore. Il commerciante aveva un ruolo centrale per la scelta e l’acquisto dei prodotti da parte del consumatore. Spesso coincideva con il produttore oppure instaurava un rapporto “di fiducia” con i produttori della zona. I negozi/botteghe erano organizzati e specializzati per contenere una

61 Venturini T., capitolo 5 di Prette C., Il nostro pane quotidiano Eataly e il futuro dei

gamma ristretta di prodotti e i prodotti non erano a libero accesso, infatti, il consumatore non era libero di servirsi e muoversi all’interno del negozio. Non c’erano né la necessità né l’importanza di curare le modalità di esposizione e quindi l’immagine.

Alla fine del Settecento nascevano a Parigi i passages, che poi si diffusero a Londra e nel resto d’Europa. I passages anticiparono le dinamiche della grande distribuzione offrendo per la prima volta grandi superfici commerciali, non specializzate e improntate su luoghi di comunicazione. La nascita dei grandi magazzini avvenne in Occidente nella seconda metà dell’Ottocento. Questi hanno determinato il passaggio dalla distribuzione tradizionale, caratterizzata da piccole botteghe specializzate, alla grande distribuzione, caratterizzata da grandi superfici commerciali con ampio assortimento di prodotti a libero servizio. Tra le varie cause che hanno determinato la nascita della grande distribuzione abbiamo: la comparsa di un nuovo tipo di consumatore con nuovi bisogni62, lo sviluppo dei

trasporti (ferrovia e navi a vapore) che ha permesso di far uscire la merce e la produzione dalla dimensione locale; mentre il telegrafo ha determinato un miglioramento delle comunicazioni. Tali fattori e molti altri hanno implicato un mutamento delle forme commerciali, in quanto le botteghe non sono più adatte e sufficienti per soddisfare le nuove dinamiche di mercato.

Il grande magazzino era principalmente rivolto a prodotti per la casa. La vendita dei prodotti alimentari avveniva, invece, nei

supermercati, che si svilupparono per la prima volta negli anni Trenta negli Stati Uniti, portando all’affermazione della grande distribuzione nel mercato alimentare. Questo fenomeno era teso a rispondere alle esigenze dei consumatori in merito a risparmio economico e di tempo. Nel secondo dopoguerra è possibile parlare del processo di internazionalizzazione della grande distribuzione in quanto il supermercato, dagli Stati Uniti arriva in Europa dove si sviluppa in modo disomogeneo.

Anche in Italia, il fenomeno della grande distribuzione comincia con la comparsa dei grandi magazzini. In Italia il primo supermercato viene aperto nel 1957 a Milano63 con caratteristiche più attenuate

(superfici inferiori, carrelli più piccoli, maggiore importanza al fresco) rispetto al modello americano64. Seguono poi nel 1972 il primo

ipermercato ed euromercato e nel 1992 il primo discount Lidl. L’arretratezza del settore economico del dopoguerra, la mancanza di grandi soggetti imprenditoriali, la povertà nazionale, l’opposizione dei piccoli dettaglianti e la diffidenza di moltissimi consumatori sono tutti fattori che hanno contribuito al rallentamento del processo di diffusione di queste “nuove” realtà. E’ proprio la fitta rete di dettaglianti appoggiati dalle associazioni di categoria, dai partiti e dalle fazioni politiche che ha maggiormente ostacolato l’avvento della grande distribuzione.

63 Da un gruppo statunitense: Supermarkets italiani, oggi Esselunga.

64 Per maggiori informazioni vedi: Venturini T., capitolo 5 di Prette C., Il nostro pane quotidiano

E’ dagli anni Settanta che tale settore iniziò a crescere giocando un ruolo chiave nell’economia italiana65. La Legge numero 426 del

1971, era stata introdotta per regolamentare un graduale sviluppo della grande distribuzione. Tale Legge si dimostrò in pratica uno dei principali ostacoli allo sviluppo, fissando il numero di esercizi, il limite massimo della superficie di vendita e le tabelle merceologiche.

A differenza di quanto avveniva nel resto d’Europa la distribuzione presentava uno stato di arretratezza. Nel 1980 il 70% dei consumi alimentari era legato ai canali tradizionali di commercio al dettaglio, il 30% era riconducibile al dettaglio organizzato e solo l’8%66 alla grande distribuzione. A partire dagli anni Ottanta il

fenomeno è diventato più visibile soprattutto a causa della chiusura di tanti piccoli commerci o della trasformazione di quelli rimasti.

Il fatto che tale processo avvenisse a rilento era dovuto alle medie dimensioni delle strutture, che creavano di conseguenza problemi di efficienza logistica e di organizzazione degli spazi, al ridotto numero di referenze rispetto alla media europea, e principalmente alla legislazione restrittiva che rendeva difficoltoso l’ingresso a imprese straniere (causa mancanza di “competenze”/

expertise).

65 Nel periodo degli anni Settanta e Ottanta il PIL prodotto da tale settore oscillava tra l’11% ed il

14%, cresceva costantemente il numero degli occupati, di contro andava riducendosi il numero dei dettaglianti.

66 Venturini T., capitolo 5 di Prette C., Il nostro pane quotidiano Eataly e il futuro dei

Nel 1994 la grande distribuzione controllava il 65% del mercato in generale e il 39% del settore alimentare. In Italia prevalevano le organizzazioni associative cioè aggregazioni di piccoli e medi commercianti (es. Sisa e Despar). Nel resto d’Europa prevalevano invece le grandi strutture centrali gestite da un unico proprietario (es. Esselunga e Coop).

A favore della grande distribuzione va il Decreto Legislativo numero 114 del 1998 (o Legge Bersani) ispirato ai principi della “liberalizzazione amministrata”. Con tale Decreto viene prevista la scomparsa delle licenze comunali per l’apertura dei piccoli negozi mentre per l’apertura di punti vendita superiori a 2500 mq2 diventava

vincolante il parere delle Regioni.

Attualmente le imprese italiane non sono ancora all’altezza degli altri gruppi stranieri poiché non sono in grado di avere una copertura nazionale; di contro, i grandi gruppi stranieri sono penetrati nel territorio italiano prendendo una posizione dominante (ipermercati e discount). Infatti l’80% del mercato è controllato da grandi imprese estere, mentre le principali imprese italiane controllano solo il 39% del mercato. “L’affermarsi della Grande distribuzione permette al consumatore di avere un’ampia offerta di prodotti in uno stesso punto vendita e a prezzi inferiori rispetto ai negozi tradizionali. Questo genera l’infedeltà della clientela, sia nei confronti della marca che del punto vendita. In questo nuovo scenario, si percepisce la nascita di

riferimenti valoriali associati al prodotto che portano a significativi cambiamenti della struttura dell’offerta”67.

La grande distribuzione non è dislocata in modo omogeneo in tutta Italia e la densità di superfici moderne è più elevata nel Nord e Centro Italia. Il supermercato è il formato dominante, seguito dall’ipermercato.

Nel documento Il Pane tra Tradizione e Innovazione (pagine 58-63)